Capitolo n. 201 -
sunrise
“E’ l’imbarazzo e poi
quella … quella sottile rabbia, che inquina ogni pensiero ed ogni gesto, sai? …
Quando ci si saluta, facendo finta che vada bene così ed invece è uno schifo,
Jay …”
“So cosa si prova …
un vicolo cieco Glam …”
Parlavano, come non
facevano da un tempo immemore.
Erano soli, alla
villa, mentre Colin e gli altri avevano preferito la spiaggia, nonostante il
cielo minacciasse un temporale imminente.
“Mi dispiace Glam …”
– e gli diede una carezza sulla nuca, posando poi la sua guancia sulla spalla
dell’avvocato, mentre stavano seduti sul divano della sala, dove giocattoli e
vestiti non riuscivano a trovare una collocazione.
Era un allegro bailamme
di colori e profumi, di cocco e di mare.
“Adesso Robert è a
Parigi?”
“Sì, aveva preso
un’auto a noleggio e l’ho accompagnato, per stare insieme a lui sino alla fine,
anche se vederlo partire è stata una pessima idea”
Jared si strinse
nelle spalle, raccogliendo le gambe, nel distaccarsi da Geffen, assorto in un
dolore palpabile.
Il leader dei Mars aveva
una barba incolta, sul volto leggermente colorito e più sano, rispetto ad una
settimana prima.
Stava decisamente
meglio.
“Le stesse azioni,
che si ripetono Glam … è terribile”
“Già, come quando ti
portavo in aeroporto ad Haiti e tu rientravi a Los Angeles, la mia vita è fatta
di frammenti ciclostilati, ciclici … odiosi!” – sibilò con rabbia, alzandosi.
“Dove vai …?” –
chiese il cantante, con timidezza.
Glam gli sfiorò i
capelli, piegandosi per posarvi un bacio, intenso ed affettuoso – “Ti porto a
fare un giro, non voglio ammuffire qui, andiamo da Colin”
“Lui vorrebbe …” –
esitò.
“Cosa piccolo? Che
vivessimo insieme, come ora? Alla End House? Vuoi averci accanto entrambi, per
non fare altre cazzate? Devo ancora sgridarti a dovere per non avermi chiesto
aiuto, evitando la droga, sappilo” – disse diretto, ma il suo tono era dolce,
quanto sfinito.
“Colin ha tanta
paura, quanto me, Glam …”
“Non sono il
pilastro, che credete … Non sono niente Jared, ora meno che mai, perché con
Robert potevo fermarmi anch’io ed avere accanto un’anima gemella: spero che la
mia sincerità non ti ferisca, considerato che mentirti mi sembra così
riprovevole, dopo quanto abbiamo condiviso, tu ed io”
“Ci … ci siamo amati
così tanto Glam …” – mormorò, fissando il vuoto e sciogliendo due lacrime da
quei cristalli di zaffiro, illuminati dal sole, che non si arrendeva alle nubi.
Geffen si
inginocchiò, liberando il viso di Jared da una frangia ribelle – “Tu sarai
sempre speciale, per me, non dimenticarlo e, per quanto mi hai voluto bene,
cerca di starmi vicino, visto che sono a terra, completamente: puoi farlo,
Jay?”
Leto annuì,
appendendosi al suo collo, affondandoci la nostalgia, che gli attanagliava la
gola asciutta.
Il suono del
cellulare di Glam si insinuò in quel loro momento, slegando il loro abbraccio.
“E’ Robert … Sì,
pronto”
“Glam, ma Rob cosa ti
ha detto?!”
Colin era disperato,
almeno quanto Geffen e Jared, durante il tragitto verso Nizza, da cui sarebbero
decollati per Londra.
“Pochi dettagli,
l’auto di Owen ha sbandato in una curva, c’erano dei rami sull’asfalto, per una
mezza bufera e lui voleva evitarli, ma è finito in un fossato, capottandosi e
Jude è sbalzato fuori … Ha avuto la peggio, Rice non ha nemmeno un graffio, grazie
alle cinture”
“E Jude non le
aveva?”
“No Jared … Si erano
incontrati in un pub, per caso”
“Erano ubriachi
quindi?!” – “Jude di certo, mentre Owen in dosi minime … Comunque li vedremo
presto, adesso calmati Colin, accidenti!”
Quel corridoio verde
sapeva di disinfettante.
Robert era
rimpicciolito, sulla panchina in acciaio e legno di faggio, creata da un
designer, da quello che raccontava un visitatore alla moglie annoiata, piazzati
davanti a lui.
C’erano persone che
diventavano logorroiche, nei momenti di tensione.
Downey era talmente
ammutolito, da volere scomparire da quel contesto, se solo avesse potuto.
Alzava lo sguardo ad
ogni tintinnio dell’ascensore, nella speranza di vedere apparire Geffen ed alla
fine fu così.
Gli corse incontro,
con passi pesanti ed afflitti.
“Glam … grazie per
essere qui” – e scoppiò a piangere.
“Tesoro come sta
Jude?” – chiese guardandolo, mentre con un fazzoletto gli tamponava quei
rivoli, sulle guance segnate dall’insonnia.
“Il trauma celebrale
in principio sembrava molto grave, ma per fortuna l’ematoma si è riassorbito
immediatamente con i farmaci ed un intervento: è in coma … come si dice …” –
esitò come un bimbo durante un’interrogazione scolastica.
“Coma pilotato …” –
disse flebile Jared.
Downey lo abbracciò e
con lui anche Colin, distrutti dalla preoccupazione.
“Scusatemi …
scusatemi”
“Per cosa Rob …?” –
domandò commosso Farrell.
“Jude è lì da solo,
senza di me …” – disse come alienato.
Geffen lo riprese
sotto l’ala, con tenerezza – “Adesso cerco il primario e proviamo a capire
quando potremo fargli visita, ok? Tu rimani qui con Jared e Colin, prendetevi
un caffè, cosa ne pensi Robert?”
“Ok … ok, grazie …”
“Non devi
ringraziarmi: farei qualsiasi cosa per te. Andrà tutto bene, te lo prometto” –
e gli diede un bacio sulla tempia destra, prima di allontanarsi.
Shannon arrivò nel
tardo pomeriggio.
“Fratellino …”
“Shan …” – si
strinsero, trepidanti.
“Come sta Jude?”
“Lo fanno dormire …
come è successo con me”
“Sì Jared … Ed Owen?
Sono qui per lui i miei ex suoceri mi hanno avvisato e sono andato a prendere
July, con Josh …”
“Capisco … Lui se l’è
cavata con una distorsione alla caviglia, lo dimettono oggi”
“Ok, vado a salutarlo
…”
“Ortopedia, terzo
piano … sono felice di vederti Shannon”
“Tu come stai?”
“Ho fatto dei progressi,
Colin me lo dice ad ogni risveglio …” – e sorrise, cercando lo sguardo nel
compagno, poco distante.
“Non avevi bisogno di
questo stress, perché non torni a casa?”
“Voglio rimanere …
vedere Jude …”
“E Robert?”
“Distrutto … Ha
incontrato Glam, a Biot, in segreto insomma, con la scusa del lavoro per l’ultimo
film …”
“Le menzogne
presentano il conto prima o poi, lo so alla perfezione.” – disse mesto.
“Vai da Owen adesso,
gli farà piacere”
“Lo credi? Ne dubito …”
Rice stava zoppicando
tra il comodino e l’armadio.
La governante della
madre gli aveva portato una borsa piena di vestiti e ricambi, completamente
inutili.
Brontolava a bassa
voce, infastidito da tante premure non richieste.
Era assillato al
pensiero di Jude e quando si ritrovò ad un metro gli occhi di Shannon, che lo
stavano fissando, il cuore gli saltò in gola.
“Ciao Owen, come ti
senti …?”
“Perché sei qui,
cazzo?!”
“Mi ha telefonato tuo
padre … July è con me, nell’alloggio di Josh, volevo lo sapessi, così da
poterla raggiungere, visto che è molto agitata … ti adora”
“Con Josh?! Ma sei
impazzito, lui è un estraneo!”
“C’è anche tua mamma
con loro … Sapevo che non avresti gradito, ma July è anche mia figlia” – disse svuotato,
sedendosi.
Rice crollò sulla
lettiga, in lacrime – “Non volevo che finisse così … io non volevo Shan …”
Il batterista,
smarrito, si avvicinò, abbracciandolo per consolarlo.
“Jude se la caverà …”
“Parlavo … parlavo di
noi Shan …” – e lo guardò, dandogli poi una carezza sullo zigomo sinistro.
Shan sospirò amaro – “Abbiamo
avuto parecchie occasioni e le abbiamo sprecate Owen: prendiamoci la colpa a
metà e proviamo ad andare avanti, crescendo la nostra July, senza deluderla.”
“Allora abbiamo
ancora qualcosa di nostro …?”
“Sì, a prescindere
dalla tua stronzaggine” – e rise.
Rice poggiò la fronte
sul petto dell’americano, inspirando il suo profumo speziato.
“Ti ho amato
tantissimo Shan … mi manchi … mi manchi da morire” – e lo baciò, ricambiato, ma
senza capire se era un gesto ispirato dalla compassione o da un minimo interesse
anche da parte dell’ex.
Shan si distaccò
brusco, strizzando le palpebre.
“Josh non merita
questo! Devo andare”
“Shan … ti prego …”
“Questo è l’indirizzo
Owen, sarai il benvenuto, nella speranza che tu non faccia piazzate onnipotenti,
perché sono queste tue manie di grandezza ad avermi stancato ed avere
polverizzato l’amore che io nutrivo per te!” – e sparì nel corridoio, con l’animo
a pezzi.
“Signor Downey mi
segua, suo marito si è svegliato e ripete il suo nome da almeno dieci minuti …
E’ sedato, non lo stanchi, mi raccomando”
Robert abbandonò le
ali di Geffen, che lo aveva quasi cullato sino a quel momento, provando a
sollevarlo dal senso di colpa, devastante ai suoi sensi.
“Glam …” – lo guardò scosso
ed ad entrambi sembrò fosse l’ultima volta, come un addio inatteso.
“Jude è tornato … per
te amore.”
Quella frase, a
Downey, diede l’impressione di un’onda, che si portava via dalla spiaggia tutto
ciò non fosse in grado di ancorarsi alla sabbia.
Fuori ricominciò a
piovere.
“Colin vado a cercare
un hotel … ne ho visto uno qui vicino …”
“Sì Jared, ok … Prendi
un taxi, però …” – replicò indeciso se lasciarlo andare da solo – “O vai con
Glam … ma dov’è finito?”
Pov Glam Geffen
La
strada è vuota.
Ci
rivedo la mia vita, come è ritornata, adesso.
L’improvvisa
mutazione, mi aveva del tutto illuso.
Pozzanghere.
Suoni
di clacson, mentre cammino, senza sapere dove andare, come se mi importasse.
No,
non mi importa più, ora che le caselle di questo mosaico sono tornate al loro
posto, mentre quella assegnata a me resta nella scatola.
Vorrei
vederne la copertina, forse per capire se ha ancora un senso rimanere su questo
tavolo oppure lasciare che la sorte, annoiata giocatrice, mi getti in un
cestino oppure in una di queste grate, dalle quali si alza un vapore acre, di
zolfo e polvere.
Cammino.
La
pioggia accarezza i miei pensieri, non so più neppure se sono tristi.
Vorrei
piangere e non ci riesco.
Lascio
alla rabbia il potere di condurmi, non so neppure dove.
I
miei vestiti pesano, la mia testa pesa, le mie mani, che pochi istanti prima ti
stavano accarezzando.
Il
tuo calore … e non ho mai avuto niente di te, quando avevo tutto …
Verde.
Giallo,
rosso … mi fermo.
Chi
incontro mi guarda, come se fossi un pazzo.
Un
pazzo che cammina senza un ombrello.
A
me non serve.
Odio
questa città.
Odio
questa pioggia.
Odio
il mio pianto ed i singhiozzi, ora,
appoggiato a questo muro, contro il quale mi nascondo, come se la notte
potesse inghiottirlo, con me, portandoci lontano da qui … Niente ha un senso.
Niente
§
“Glam!”
Jared lo afferrò,
spostandosi con lui sotto ad una pensilina.
“Jared … sei fradicio
…” – disse ridacchiando, come se fosse alticcio, mentre invece era l’isteria
della vergogna, che Geffen sentiva divorarlo inesorabile.
“Togliamoci da qui o
ci ammaleremo sul serio!”
Lo trascinò verso l’ingresso
dell’albergo, che aveva notato mentre transitavano dall’aeroporto, per giungere
alla clinica.
“Due suite, grazie …”
– chiese Leto, porgendo alla reception i documenti e la carta di credito.
“Benvenuti …”
“Sì, grazie …
potreste mandarci degli abiti?”
“Sì, certo signor
Leto, scelga pure” – e gli porse un tablet.
Jared sorrise, quelle
diavolerie gli piacevano.
Il temporale
peggiorò.
“Ho preso una una
tuta anche per te, Glam …”
“Ti ringrazio” –
ribatté assente, spogliandosi.
Jared gli porse un
accappatoio.
“Fai una doccia calda”
“Dovresti farla anche
tu, vai nella tua stanza, qui me la cavo Jay”
“Sì … ma non ne sono
sicuro”
“Prenderai una
polmonite, muoviti su …” – insistette stancamente.
I lampi fendevano l’aria,
una finestra si spalancò, facendo sobbalzare Jared, che si precipitò a
chiuderla, mentre la luce andava via.
“Miseria …”
“Non spaventarti è
solo un black out”
Jared gli si appese
al collo, impaurito – “Promettimi di non fare sciocchezze Glam … promettilo!”
“Qui l’unica
sciocchezza la stai facendo tu con questi cenci inzuppati addosso!”
Jared lo guardò,
rimanendo aderente al suo busto: si tolse il giubbetto in jeans e la t-shirt,
poi slacciò i jeans larghi, che gli scesero sino alle caviglie.
“Jared …”
Li scalciò via, con
le scarpe, non aveva altro, se non la sua nudità perfetta ed asciutta.
“Ho … ho freddo Glam …”
Geffen era rimasto
con i boxer, quasi pronto a lavarsi, prima di quell’inconveniente.
Si era distratto,
insieme a Jared, che ora restava appoggiato con i palmi al suo petto: Glam era immobile,
ma visibilmente emozionato.
Lo avvolse, per
riscaldarlo: si baciarono.
Jared, con gemiti
leggeri, scivolò in ginocchio, liberando Glam dall’intimo, con un movimento
fluido e capace, quanto quello con cui iniziò a leccare e baciare la sua
erezione.
Geffen gli sfiorava
la nuca, poi le gote arrossate e piene, mentre il cantante pompava e succhiava
con gioia, quell’eccitazione virile e smaniosa di avere di più.
Nella mente dell’uomo,
ogni cosa si era azzerata.
La sua ragione non
era riuscita ad imporsi, nessun barlume di buon senso sembrava ormai abitare il
suo cuore e la sua anima, sconfitti ed alterati dalla delusione.
La pioggia batteva
sui vetri, con la stessa furia con cui Geffen fece aggrappare a sé Jared,
addossandolo proprio a quella vetrata, per penetrarlo con un unico affondo.
“Glam …!!”
I tuoni coprirono i
loro ansiti scabrosi, che aumentavano ad ogni spinta di Geffen.
Jared sembrava un
burattino, in balia del suo carnefice e nessuno come lui sarebbe potuto esserne
più felice.
Era una sensazione
meravigliosa ed appagante, più di qualsiasi stupefacente.
Jared stava volando,
anche se il suo corpo fragile sussultava su quel membro turgido ed ingrossato
dai suoi lamenti lussuriosi.
Glam lo leccava nel
collo, strattonandogli indietro la testa, con la mano sinistra arpionata alle
chiome di Jared, che sorrideva e poi schiudeva la bocca, in cerca di ossigeno,
spalancandola poi lascivo, per l’orgasmo ormai dilagante in entrambi.
Provò a toccarsi, per
finirsi, ma si riempì la mano del suo stesso seme, abbondante e caldissimo,
quanto quello con cui Glam lo stava sporcando.
Le ossa gli dolevano,
ma a Geffen non sembrava importare, almeno non intenzionalmente.
Ebbe cura di porre un
cuscino sulla moquette, prima di sottomettere Jared ai piedi di una poltrona e
sodomizzarlo con una lentezza quasi irritante.
Gli afferrò i polsi,
incrociandoli dietro alla schiena: Jared mordeva il bordo imbottito di quella
seggiola in stile barocco, senza comunque protestare.
A Glam ci volle poco
per venire nuovamente, ma preferì farlo sulle labbra dell’amante, giratosi in
ginocchio tra le sue cosce madide e robuste, pronto ad assecondare ogni sua
richiesta, anche la più dissoluta: non si risparmiò, infatti, ad ingoiare e
saziarsi di lui, con ingordigia.
La corrente non era
stata ancora ripristinata ed i contorni della camera divennero liquidi e
pulsanti, mentre Geffen, tra le sue gambe, lo baciava compulsivo ed affamato di
lui, dopo essersi allungati sul letto.
Jared avrebbe voluto
cristallizzarsi in quel frangente, che dentro sé stesso ambiva da quando Glam
gli era volato via dalle mani: non aveva rimorsi, come se i suoi sentimenti,
mai sopiti, potessero legittimarlo in ogni scelta.
“Voglio solo che tu
sia felice, Glam …” – gli sussurrò nella gola, pervaso dall’altro, in ogni
terminazione nervosa, sublimata da quella perversione, che non conosceva un
epilogo definitivo.
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