lunedì 17 settembre 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 197

Capitolo n. 197 - sunrise


Era il silenzio.
Una morsa di gelo, gli attanagliava il cuore, impedendo a Robert di respirare regolarmente.
Sì, era il silenzio: all’interno di quell’auto, dove Glam era salito un paio di volte, lasciando nel vano di destra un sacchetto di caramelle all’eucalipto, per quella tosse fastidiosa, che disturbava Downey, dopo l’intervento di biopsia.
Lì, adesso, mancavano i suoi sorrisi, le sue battute, se Rob non vedeva un semaforo oppure sbirciava il fondoschiena di qualche bella ragazza sul boulevard, fasciato in jeans bianchi o minigonne stretch, tornate di moda.
Poche settimane, per innamorarsi e poi lasciarsi.
Il fiato dell’attore sembrava rovente, forse stava per avere un malore, però poi una telefonata sembrò salvarlo.
Era Geffen, inaspettatamente.

“Ciao piccolo, tutto bene? Sei arrivato a casa?” – chiese calmo, le dita gelide, a stringere quel bberry, dove almeno la voce di Robert c’era, così una sua foto, tra mille, scattate nei momenti più impensabili, durante il suo soggiorno a Palm Springs.
“Amore …”
Era reciproco, identificarsi, come un istinto consolidato, in quel termine, così perfetto ai loro cuori.
“Manca poco … un isolato … Mi sono fermato a … a pensare Glam”
“A volte è meglio spegnere l’interruttore” – disse timido e per nulla convinto.
“Mai.”
“Ok” – sorrise – “Sono … sono in aeroporto”
“Così presto?” – chiese in ansia.
“Abbiamo anticipato di un’ora e mezza il decollo, con il jet di Antonio”
“Sì quell’aereo è come una seconda casa … ne sono successe di tutti i colori lì” – rise strangolato dal dispiacere, senza reprimere oltre le lacrime.
“Non volevo farti piangere Robert”
“Non ho mai smesso … e vivo … vivo in maniera odiosa questi attimi, come se fossero innaturali … Ho tanta paura di … di peggiorare le cose, con Camilla.”
“Devi farmi una promessa allora Rob”
“Come quando non stavamo insieme?” – ribatté diretto, come se fossero ancora una coppia.
Geffen boccheggiò, rivivendo la loro prima volta, mentre i suoi sensi convogliavano totalmente in quel frammento di memoria, impresso a fuoco nella suo corpo esausto.
“Robert so che non sarà semplice … Però se questo immenso dolore adesso ci sembra insormontabile, con … con i giorni le cose andranno meglio … E perché ciò avvenga” – deglutì, sforzandosi oltre ogni energia – “… tu dovresti ritrovare l’armonia, che ti univa a Jude … Lui ti ama, anche se le sue scelte, talvolta, sono state discutibili o … o cattive” – più parlava e più si rendeva conto di essere entrato in un vicolo cieco, ma, con rassegnazione, si aggrappò all’unico motivo, che controbilanciasse tanta disperazione.
“Robert tua figlia, vostra figlia, merita il meglio da voi: Jude saprà dimostrarti di essere degno di questa famiglia e di un marito straordinario, quale tu sei, da quando vi siete incontrati ed … ed innamorati perdutamente.”
Downey era sceso dall’auto, dirigendosi dritto verso l’oceano.
I gabbiani volteggiavano a breve distanza, litigandosi in uno stridio assordante, le carcasse di alcuni pesci, dimenticati da un pescatore distratto.
Il vento gli mozzava il fiato, ma mai quanto lo sconforto, che gli stava strappando via l’anima.
“Io … io sono arrabbiato Glam! IO SONO COSI’ ARRABBIATO!! Porco cazzo, perché devi sempre essere tu a rimetterci eh??!! Con Jared, con Kevin, CON ME!!?? E’ ASSURDO!!”
“Robert …”
Le gambe di Downey vacillarono, le sue urla erano lacerate dall’aria salmastra, il suo pianto scheggiato da folate di sabbia e gocce di mare improvvise.
Si rannicchiò contro ad un pilone in cemento, al quale era giunto senza neppure rendersene conto.
“Sto così male Glam … Non lasciarmi …”
“Io non ti lascerò mai Robert! Dove sei, ti raggiungo!” – esclamò preoccupato.
“No … non posso permettermi di ferirti di nuovo … Ho già distrutto la nostra storia …”
“Robert non ho mai amato nessuno così, prima … Nessuno”
“Lo so amore … Ora … in qualche modo … tornerò da Camilla”
“Sì … so che lo farai”
Era la scelta migliore, Glam se lo ripeteva ad oltranza.
“Glam …”
“Mandami un sms quando sei al sicuro, prometti”
“Te lo prometto … ciao Glam”
“Ciao tesoro …” – e riattaccò, piegandosi su sé stesso, mentre rimaneva seduto su di una panchina, in quell’hangar, che credeva deserto.


Tim prese un’altra Red Bull, raggiungendo Jimmy, allungato sul letto, nel suo loft.
“La Joy’s House è una reggia, ma questo è il mio rifugio” – disse, strappando la linguetta e porgendo la lattina a Jimmy, che ne bevve un paio di sorsi, senza smettere di fissarlo.
Avevano fatto un po’ di kick boxing, nella mini palestra attrezzata nel soppalco.
“Dovremmo docciarci” – propose timido il più giovane.
Tim lo scrutò, con una velata malizia, poi scoppiarono a ridere, riabbracciandosi.
Indossavano solo i boxer e quell’immagine riportò entrambi al loro primo incontro, quando il “vecchio” di Jim, in vena di una serata scabrosa, assoldò Jimmy perché facesse sesso con il compagno, davanti ai suoi occhi sudici.
Era così acerbo, ma non disorientato, quando si presentò a Tim, che perse un battito per quella bellezza così ribelle.
Fecero l’amore e questo infastidì parecchio quel milionario gretto ed insolente.
Tim se ne fregò, urlandogli in faccia che gli faceva schifo, poi sparì con Jimmy per un fine settimana a Miami, tornando di fretta quando il proprietario del bordello gli sguinzagliò alle costole un paio dei suoi tirapiedi.

“Scott ti tratta bene?”
“E’ gelosissimo … certo mi sta dimostrando di tenere a me, sai? Già a Boston, in pratica, i suoi colleghi hanno capito come funzionasse tra noi … Mi teneva per mano, mi baciava, incurante di certi commenti un po’ perplessi” – e rise, spostando le ciocche della frangia di Tim, che gli stampò un bacio nel collo.
“Kevin è stupendo, però quando corre da Glam … ecco mi fa girare le palle!”
“Ti credo … anche Scott appena lo sente al telefono si scioglie …”
Risero come bambini.
Si accucciolarono, strusciando le rispettive erezioni, come due adolescenti alla scoperta di una dimensione tanto sconosciuta quanto eccitante.
Tim gli diede un secondo bacio sotto il mento, meno innocente del precedente, anche se a loro quell’alchimia sembrava tale, nonostante un livello pericoloso di intimità, appena ritrovato.
“Noi … noi potremmo trovarci qui, ogni tanto Jimmy e … e parlare … confidarci, ne ho bisogno”
“Ok …” – gli sorrise – “Credo di avere …” – ansimò lieve – “… la stessa esigenza Tim”
Il baciarsi davvero suonava come un atto illecito, quindi si coccolavano, complici, ma l’urgenza di procurarsi un piacere fisico ebbe il sopravvento.
Si masturbarono a vicenda, dopo avere curiosato sotto alla barriera sottile dei boxer griffati, come due incorreggibili monelli.
Si sentivano appagati, per quel loro segreto, che avrebbero custodito ad ogni costo.


“Colin …?!”
“Ciao Glam …”
Il suo sorriso, sul volto abbronzato e reso carismatico da quella cuffia chiara, oscillava tra il sollievo di avere trovato Geffen ancora lì e la richiesta di un aiuto, che Farrell non poteva chiedere ad altri.
“Sto per andare in vacanza, come mi hai trovato?” – domandò incuriosito.
“E’ stato Kevin … Glam ascolta, so che stai passando un periodo … complicato”
“Ti ha detto anche questo?”
“No, veramente ne ha parlato con Jared, in clinica … hanno fatto pace”
“Ne sono felice Colin.”
“Ja-Jared non sta ancora bene …” – balbettò, sistemandosi accanto a lui.
“Lo immagino”
“Ed io … io mi deprimo quando non riesce ad essere … il mio Jared, il nostro Jared, capisci Glam?” – e si commosse.
Geffen lo avvolse – “Cosa posso fare?”
“Forse … io, ecco, forse dovevo chiedere a Brandon e”
“Cosa posso fare, Colin?”


Si chiamava Bernard e procurò due furgoni Wolksvagen degli anni settanta, dimenticati nell’officina di un cugino di Parigi.
C’era posto per tutti: Glam, Lula, Colin, Jared e tutti i loro figli, compresi Yari e Misaki, entusiasti di nuotare nel Mediterraneo.
“Chi ci vedrà penserà di avere un’allucinazione … figli dei fiori mode on!” – esultò Jared, sotto lo sguardo carezzevole e perso per lui di Colin, mentre Glam sbuffava divertito.
“Non ci credo …” – sussurrò a Lula, che saltellava, tenendo per mano Violet.
I bimbi gli stavano facendo festa, per averli ospitati in quella villa incantevole.
“Et voilà monsieur Geffen! Spero le piaccia, villa Cloè ha un roseto incredibile, vinciamo tutti gli anni il concorso, sa?”
“Sì, è una dimora … ideale per essere felici” – e pensò a Robert, a ciò che avrebbero potuto costruire proprio lì, con i loro cuccioli e forse accogliendo un nuovo bambino.
Colin lo oltrepassò, bisbigliandogli un “Grazie Glam … ti sono debitore”
Geffen gli diede un buffetto sul mento, scrutando poi la serenità di Jared, che gli corse incontro, arrivando dall’ampio giardino, costellato di aiuole fiorite, circondate da sentieri in ghiaia chiara e sminuzzata.
“Glam non riesco a crederci … grazie, grazie di cuore” – e si aggrappò a lui, che con qualche esitazione gli donò uno dei suoi abbracci caldi e paterni.
La migliore medicina per Jared e, probabilmente, anche per Colin.








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