sabato 8 settembre 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 191

Capitolo n. 191 - sunrise


Kevin si strofinò le ginocchia, inquieto, poi scattò dalla poltrona, appena Glam varcò la soglia della propria camera, seguito da Robert, che si era dimenticato di avvertirlo del suo arrivo con Tim, la sera precedente.
“Daddy …”
“Kevin ciao … Cosa ci fai tu qui?” – il suo sorriso era bonario, quanto felice nel vederlo.
Geffen lo abbracciò, ma a Downey sembrò che il giovane si fosse precipitato tra quelle ali celate dalle maniche ampie dell’accappatoio, ma pure sempre visibili nella loro prestanza confortante.

“Daddy ero in pensiero … come stai? Come sta Jared?”
“Ha chiesto di te …” – disse staccandosi lento, per cercare la biancheria nel cassettone stile impero, ma Kevin lo aveva preceduto, disponendo sul cuscino dei boxer ed un vogatore, una vecchia abitudine casalinga, tra loro.
Robert si sentì di troppo, ma senza gelosie: guardava ai due, come un esempio da imitare; in compenso sapeva che li univa, dopo tante traversie, un affetto pulito ed intenso.
Una carezza di Glam, sul suo avambraccio destro, calda e sicura, gli fece cambiare idea.
“Oh grazie … cercavo giusto questi, voglio dormire sino a stasera” – disse assorto, prendendo i pantaloncini ed infilandoseli, senza curarsi molto della propria temporanea nudità, mentre era seduto sul bordo del materasso.
Kevin e Robert si scambiarono un’occhiata rapida ed indefinibile.
“Dicevi di Jared …?”
“Era nel delirio, piangeva e ti cercava …”
“Mi dispiace daddy” – e si commosse, inaspettatamente.
Il suo rapporto con Jared era andato sgretolandosi negli ultimi due anni e, se un tempo si consideravano alla stregua di due fratelli, poi era subentrato il rancore, a tratti l’odio, nonostante avessero anche consumato una relazione clandestina.
Kevin si sentiva smarrito.
“Ehi … vieni qui” – Geffen si alzò, riprendendolo a sé, per sedare quelle sue inutili ansie.
“Potrete recuperare presto Kevin, spiegarvi, è tempo che succeda, tra voi”
“Io … io gli voglio bene Glam … a … a Jared” – balbettò, raramente gli ricapitava, quando era sotto forte stress.
“E lui ne vuole a te, ne sono certo, giusto Robert?”
Geffen cercò il suo appoggio e Downey non lo deluse.
Diede a propria volta una carezza sulla nuca di Kevin, che gli sorrise – “Jared sarà il primo a riconoscerlo, te lo confermerà e potrete ricominciare … Stai tranquillo tesoro”

Ricominciare.
Colin se lo ripeteva nel dormiveglia.
Jared respirava a fatica e gli venne somministrato dell’ossigeno.
Eppure lo stava guardando, cercando le sue mani.
L’attore si sporse dalla sedia, poi l’incollò al lato del suo capezzale, per non perdersi una sola espressione di Jared.
Lui si tolse la mascherina, poi gli sfiorò le guance arrossate ed ispide.
“Ti amo Cole …” – sussurrò debole.
“Amore … anch’io ti amo Jay” – replicò emozionato.
Colin gli baciò i polpastrelli, poi i polsi, arrivò alla sua bocca asciutta, ma i baci non si fermarono.
Erano attenti, intrisi di premure.
“Asp-aspetta Jay” – e con un guizzo chiuse a chiave -“Vadano al diavolo!” – mormorò, tornando da lui, spogliandosi completamente.
Jared era nudo sotto a quel camice sterile, legato da semplici laccetti posteriori, che l’irlandese sciolse in un baleno.
“Sentimi Jared … sentimi, io sono qui … e qui …” – aderì al compagno, soffiandogli quelle parole tra le spalle e le orecchie, in un aroma di caffè appena accennato.
Il calore del suo corpo, sembrò donare sollievo a quello gelido di Jared in più punti.
I suoi piedi si scaldarono in fretta, così le sue mani ed il ventre.
L’ultima cosa che poteva accadere era l’eccitarsi reciprocamente, ma i loro sensi rispettarono anche quel richiamo inesauribile.
“Mi ami ancora, Cole …” – disse con un vago stupore.
“E come potrei smettere? Come Jay, come …?” – lo baciò di nuovo, permettendo al tepore di invaderlo.
“Mi sei mancato Colin … mi sei … mancato …” – la voce di Jared andava affievolendosi, il sedativo della fleboclisi faceva effetto, anche se in ritardo.
Era blando, Foster glielo aveva precisato, ma indispensabile a riposare il cuore di Jared dopo troppe sollecitazioni.
Si addormentò o forse perse i sensi, Colin si spaventò, ma quando Jared si rannicchiò meglio, inspirando con un sorriso tutta l’aria nuova di quel bellissimo giorno, ad entrambi sembrò di rinascere.


“Io … io torno da Tim, daddy”
“Ok … spero che il bambino non nasca oggi … o almeno che sia dopo il tramonto … voglio … devo riposare” – e chiuse gli occhi.
Kevin gli baciò una tempia – “Notte daddy”
Era già crollato.
Robert si fece da parte, per lasciarlo passare, ma poi afferrò la maniglia e se la chiuse alle spalle, una volta che furono in corridoio.
“Ti preparo un caffè, Kevin?” – domandò pacato.
“Sì, volentieri … però se vuoi rimanere … Se … Se gli stai vicino, lui si sentirà meglio.” - disse con aria triste.
Downey prese fiato, sgranando le iridi vivaci – “Glam ti adora, Kevin”
“Scusami Robert, non ho alcun diritto”
“Di fare cosa?” – ribatté dolce.
Kevin lo osservò, bissando la sua gentilezza - “Tu … tu sei parte di lui, più di quanto tu stesso non riesca ancora a credere, sai?”
“Se fosse così, per me sarebbe una gioia Kevin”
“Sarà così” – e sorridendo, si avviò al piano superiore, dove Tim stava giocando con Lula e Camilla.

Jimmy gli stava seduto a cavalcioni sulle gambe da circa dieci minuti.
Aspettava.
Glabro e bellissimo, la pelle dorata, le labbra gonfie, per averglielo succhiato con metodo e soddisfazione reciproca: “Mi piace farlo” – disse fissandolo, continuando a stuzzicare l’erezione di Scott, in balia di una confusione paradossale per la sua esperienza.
“Fare cosa?”
Jimmy inarcò un sopracciglio: l’intelligenza di Scott era stata decantata ad ogni saluto da parte di colleghi ed amici, durante la cena post convegno, dove tutti si chiedevano chi fosse quello splendido giovane al suo seguito.
Chi pensava fosse il figlio tenuto segreto, chi un segretario, chi uno studente, ma nessuno immaginava la verità.
Per certi argomenti, invece, il suo dottore non gli appariva altrettanto illuminato.
La risata di Jimmy riempì la stanza di colori.
“Ok, sono un coglione, ma tu … tu mi mandi nel pallone scricciolo”
Se un altro avesse proferito un simile termine nella sua direzione, Jimmy lo avrebbe preso a calci negli stinchi, ma dalla sua bocca, con quel suono avvolgente, persino casto, si sarebbe fatto dire di tutto.
Lo baciò, cercando qualcosa sotto al proprio cuscino, preventivamente nascosto mentre Scott si lavava i denti.
Era del gel lubrificante.
“Tu lo usi quando … quando fai le ecografie, ci scommetto e poi” – gli stava ansimando tra le labbra ed il collo taurino – “… poi ti partono mille fantasie, vero doc? Ebbene preparati a viverne una: la più sporca di tutte!” – sussurrò sensualmente.
“Sei … sei terribilmente arrapante Jimmy … ma … ma non c’è niente di sporco tra di noi”
Il ragazzo si bloccò, quasi si spense. Buttò il tubetto a lato e si spostò, andando a sedersi sul davanzale, dove si accese una sigaretta.
Quindi guardò distrattamente Scott, sollevatosi con il busto, girato sul fianco sinistro, con aria delusa – “Ok, qui non si fuma” – e schiacciò la Marlboro in un piattino da caffè.
“Ho … ho rovinato tutto, perdonami” – disse serio l’uomo, sedendosi a quel punto.
“No … No, il fatto è che possiamo anche scopare, non moriremo per questo e mai penserò a te come uno che si approfitta o che mi considera una puttana, ok Scott?!”
“Non è questo … io”
“Io cosa, cazzo!!”
“Jimmy, tu sei così giovane …”
“Ma cosa vuol dire??” – sbottò, rivestendosi solo con i jeans.
“Dove stai andando?” – chiese, abbandonando quel giaciglio lussuoso e comodo.
“A farmi un giro, magari uno stronzo che vuole farmi lo trovo in questa città di merda!!”
“Io ti prenderei a schiaffi per come rivolti le cose Jimmy!!”
“E fallo allora, grand’uomo, cosa credi che non sappia difendermi eh?? Non ho conosciuto che bastardi nella mia vita a quanto pare!!” – gli sbraitò ad un centimetro dal volto esterrefatto, per quel crescendo di invettive ed astio.

Scott lo afferrò per le spalle, ributtandolo tra le lenzuola disfatte, baciandolo con una foga dissennata.
Gli scese i pantaloni leggermente larghi, sui fianchi, fin sotto i glutei, brandendoli con caparbietà, senza mai staccarsi da lui, che si era aggrappato al suo busto, con braccia e gambe, convulsamente.
Staccò il tappo di quel gel, mentre cercava di aprirlo e si imbrattò le dita della mano destra, infilandole capace nella fessura di Jimmy ed andando a toccarne la prostata, lo fece urlare di un piacere assurdo.
Con la mano libera gli tolse quell’indumento posticcio e gli aprì le cosce, continuando ad incedere e ritrarsi con le falangi bagnate dagli umori del compagno, ad un passo dallo strappare le coltri, per l’eccesso di orgasmi continui, in grado di farlo piangere e venire, come mai gli era successo prima.
Quando si sentì avvolgere, capì che Scott era uscito da lui e si preparava a prenderlo, come Jimmy agognava da giorni.
“Voglio guardarti scricciolo, mentre ti arrivo in fondo, mentre scopiamo e ci amiamo, voglio farlo sempre, quando staremo insieme e ti fiderai di me, hai capito Jimmy?” – e gli lappò le vene del collo, pulsanti e febbrili.
Jimmy annuì tremante, percependo la punta gonfia del sesso di Scott indugiare, ma per un attimo davvero breve.
Ne seguirono delle spinte quasi timide, come gli occhi celesti del medico, che boccheggiava inebriato da scosse appaganti, finché non vinse qualunque incertezza: “Sei mio … Jimmy … Jimmy”
Scott si impadronì di ogni suo gemito, inghiottendolo con baci ingordi di lui.
Raggiunsero il culmine quasi all’unisono: Scott fu il primo, ma poi, a sublimare quella loro prima volta, decise di finire Jimmy nella propria bocca, scioccandolo letteralmente.
Lo fecero ancora due volte, prima di addormentarsi, sfiniti, ad un minuto dal sorgere del sole su Boston.








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