lunedì 3 settembre 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 186

Capitolo n. 186 - sunrise


Riunirsi a villa Meliti non sembrò la migliore delle idee appena Robert e Jude si incrociarono nel corridoio degli arazzi, ma la situazione sembrò peggiorare appena si palesò Colin, accompagnato da Jared, come se fosse la sua ombra.
Downey non salutò nessuno, tirando dritto verso il salone, dove Antonio stava offrendo un drink a Brandon, convocato per sedare gli animi in modo professionale, nel caso di crolli emotivi o sfoghi di ira prevedibili.
Tutti temevano la reazione tardiva, ma ovvia, da parte di Downey contro Farrell, ma l’americano appariva invece di ghiaccio, anche se dentro si sentiva morire: ad ogni sguardo con Geffen, il suo stato d’animo andava a consolidarsi in quel dolore talmente acuto da togliergli la capacità ricettiva verso l’esterno.
A tratti la vista gli si annebbiava, le voci si diradavano, anche se le parole e gli scambi di battute erano in realtà esigui.

Glam controllò i messaggi, mentre Jude lo stava fissando dal principio: l’inglese era pallido, ma quando i suoi cieli screziati si scontravano con quelli offuscati di Robert, le sue gote avvampavano ed il respiro gli si mozzava.
Jared versò dell’acqua, porgendola a Colin, per poi accomodarsi sul divano accanto a lui, accarezzandogli la schiena ed appoggiando la fronte alla sua tempia destra sudata e lucente, come il resto del suo volto bellissimo, ma teso allo spasimo.
Farrell avrebbe voluto correre alla polizia e quando vide l’agente speciale Costa, quasi provò sollievo: si sarebbe consegnato a lui, appena Scott avesse confermato la sua colpevolezza.
Una parte di Colin desiderava ardentemente di finire dietro le sbarre, per sparire alla vista dei suoi familiari e degli amici, che ormai lo consideravano un mostro, anche coloro i quali si ostinavano a proteggerlo, come il fratello e le due sorelle.
La madre, invece, era stata tenuta all’oscuro di quelle orribili vicende e fatta rientrare in Irlanda, con Steven, il consorte di Eamon.


“La mia presenza è in via informale, ma, in caso di denuncia, procederò di conseguenza.” – disse Costa accomodandosi ad una scrivania.
Antonio annuì, scrutando le espressioni di Jared, semplicemente disperate.
Scott arrivò, con il responsabile del laboratorio analisi, che avrebbe perfezionato le pratiche dell’FBI, nel caso l’inchiesta fosse arrivata alle peggiori conseguenze.


“Buongiorno a tutti.” – mormorò Scott, posando una valigetta ed il portatile a fianco di Costa, che li salutò senza troppi convenevoli.
“Perfetto, siamo pronti per controllare i risultati e le relative evidenze dei vostri referti.”
“Sono due per l’esattezza” – precisò Scott, estraendo diversi plichi da una busta giallognola.
“Il primo” – proseguì – “si riferisce ad un frammento di pelle repertato sullo zigomo sinistro del paziente: la risultanza è … positiva, il campione corrisponde al DNA del signor Farrell”
Una lacrima scese dagli occhi di Jared: Colin era cristallizzato, mentre Glam sembrava in agonia per non potere essere accanto al leader dei Mars, vedendolo in quella condizione penosa.
Robert perse un battito e le sue mani si chiusero a pugno.
Jude abbassò le palpebre, tremando, nel ripensare a quel colpo, violento ed improvviso, subito senza avere il tempo di reagire ed evitare il peggio.
“Passiamo al secondo rilievo …” – Scott prese fiato.
“Tracce di … tracce di sperma” – il suo tono divenne professionale, con estremo sforzo – “tracce ematiche, repertate …” – posò il foglio, come se un pudore improvviso lo avesse investito, impedendogli di continuare, ma fu solo per un interminabile istante.
“Rilievi non corrispondenti al campione di DNA del signor Farrell. Jude, non è stato Colin a stuprarti, gli esami sono stati ripetuti tre volte, qui ci sono le sequenze, per chi volesse contestarle.”

La stanza sembrò essere percorsa da una scia di elettricità dirompente.
Colin scattò in piedi, portandosi dietro Jared, che dapprima lo strinse e poi per la tensione scoppiò a piangere.
Jude perse i sensi.
Tutti lo soccorsero, tranne Robert, che trovò l’uscita quasi a tentoni, in quella confusione, per poi ritrovarsi in un bagno a vomitare e singhiozzare, provando delle fitte ovunque.
Sentì le mani forti di Geffen sollevarlo, le sue ali avvolgerlo, ma aveva soltanto voglia di urlare, senza riuscirvi minimamente.
Brandon apparve dal nulla, con una salvietta intrisa di acqua gelida.
“Glam fallo stendere … Rob, Robert! Guardami, avanti, coraggio” – e lo tamponò, facendogli inghiottire una pastiglia violacea, che sembrò spingerlo in una dimensione di serenità artificiale, ma oltremodo efficace.


Kevin portò un caffè a Glam, che vegliava Robert, addormentatosi in una delle camere per gli ospiti.
“Grazie tesoro … Hai saputo?”
“Sì, da Cody …”
“Dov’è Colin?”
“E’ nel parco con Jared: stanno abbracciati sotto alla quercia preferita da Lula, da almeno un’ora … saranno imbalsamati”
Glam rise piano, quasi istericamente – “Per molto meno si potrebbe impazzire ed io non so come reagirà Robert … Dio mio” – e si piegò sul bordo del letto, appoggiando la faccia alle proprie braccia incrociate.
Kevin posò un bacio sulla sua nuca – “Daddy … devo … devo dirti una cosa … verresti di là, per favore …?”

Quando chiusero la porta, Kevin prese i polsi di Geffen, delicatamente.
“E’ … è solo il mio punto di vista daddy, però tu ieri mi chiedevi cosa sarebbe accaduto nel caso di una verità alternativa: beh è uscita fuori, forse Jared se la sentiva, forse è stato l’unico a crederci, ma i test non mentono. Jude è stato stuprato, non devi dimenticarlo, specialmente tu che hai raccolto le sue confidenze e che … che hai vissuto questo dramma con … con me” – deglutì a vuoto.
Geffen lo strinse forte.
“Tesoro mio … Kevin, io non volevo che tu lo rivivessi!”
“Ed io non voglio che tu soffra, messo in mezzo da Robert e Jude, dai sentimenti che provi per … Daddy ti stai innamorando di lui, vero?” – domandò triste, tornando a guardarlo, ma senza staccarsi da Glam, che chiuse gli occhi, cingendo lento il collo di Kevin da dietro,facendo aderire i rispettivi volti, sfiorando quello del suo ex affettuosamente.
“E’ … è Jared, la persona che devo togliermi dal cuore: a causa sua ho perduto già così tanto e non riuscirò mai ad avere un equilibrio, una serenità Kevin … Grazie per non avermi lasciato, per esserci ancora intendo …” – lo strinse maggiormente, ma in realtà si stava aggrappando a lui, lo faceva da una vita, spesso egoisticamente e senza meritare l’amore del bassista, costantemente pronto a perdonarlo, anche per il bene di Lula.
Geffen lo sapeva: iniziò a piangere sommessamente e Kevin asciugò ogni lacrima, con le sue dita incerte, ma coraggiose, per l’ennesima volta.
“Ti adoro Kevin …”
“Lo so daddy … anch’io, del tuo stesso amore” – e con rinnovata complicità, senza trascendere minimamente, Kevin tornò ad appoggiare il suo orecchio sul cuore di Geffen, che lo cullò, colmo di gratitudine.


Una volta rientrato, Glam non trovò più Robert.
Lo cercò al piano, finché la voce di Costa non lo richiamò al fondo dello scalone in legno massiccio.
“Abbiamo bisogno di lei avvocato” – gli sorrise, mentre Geffen lo raggiungeva.
“Spero che la notizia sull’innocenza di Colin ti abbia tolto un peso Glam”
“Sono scioccato e, credimi, ne sono felice soltanto per i suoi figli”

Downey era in poltrona, accanto a Meliti.
Geffen gli andò subito vicino.
“Ehi, mi sparisci da sotto il naso …”
“Ciao Glam … Ora so cosa fare” – disse calmo.
“Che intendi …?”
Colin e Jared si unirono a loro, così Scott e Cody.
Costa si accese una sigaretta, appoggiandosi allo stipite – “Manca solo il signor Law … Ah eccolo”
Jude, sorretto da Vassily, fece il suo ingresso, a testa bassa.
Robert stritolò i braccioli, ma non riuscì ad andare da lui, per dirgli qualcosa, qualunque cosa.

Jared prese la parola, stupendo gli astanti.
“Ho discusso con il detective Costa di alcuni argomenti, ho risposto ai suoi quesiti ed ora parlo anche a nome di mio marito: Colin si sente profondamente in colpa, per avere percosso Jude, facendolo svenire e quindi … quindi consegnandolo alla barbarie del suo assalitore. Ho …” – deglutì, tormentandosi le mani, come se stesse pregando – “Ho pensato che se questa persona, quella notte, fosse nell’ombra, all’interno della nostra casa, questa terribile tragedia, forse, sarebbe accaduta ugualmente. Colin non si dà pace in ogni caso ed io per primo chiedo perdono a Jude, per averlo insultato … Il … il mio punto di vista è inficiato da deplorevoli circostanze personali …” – i suoi occhi divennero lucidi e si diressero a quelli di Glam, che si dimenticò di respirare.
Pamela li interruppe, facendo passare miss Wong, convocata dallo stesso Costa, su suggerimento di Jared.
La signora si approcciò timidamente, con la sua consueta educazione: prese posto accanto a Colin, accarezzandogli il braccio e sorridendogli.

“Miss Wong abbiamo bisogno del suo aiuto”
“Sì agente Costa, certo …”
“Oltre a lei ed a suo marito, chi era presente la sera dell’aggressione al signor Law, presso la End House?”
“C’erano i bambini … Rammento mr Law, stava cercando il signor Farrell … Gli dissi di andare all’ala ovest, perché era lì che Colin si trovava o almeno mio marito l’aveva visto dirigersi in quella direzione …”
“E nessun altro?”
La donna inarcò le sopracciglia sottili.
“No, no ovviamente c’erano i body guard … Anzi, per la precisione, Richard era dalla madre a San Diego, quindi c’era unicamente Simon” – sorrise.
“Simon? Per cui la sorveglianza era ridotta” – dedusse Costa.
“Non saprei … No, guardi, Simon è molto vigile, è preciso nel suo ruolo, vero signor Farrell?”
Colin annuì – “Simon vale per tre … E’ in gamba” - disse mesto.
“E’ un ex marine” – intervenne Vassily, quasi con orgoglio, seppure di differente nazionalità.
“Ok, ma la proprietà è immensa” – contestò il funzionario FBI, ma nessuno era persuaso.
“Ci sono allarmi ovunque, come è possibile che un estraneo sia entrato in casa nostra?” – chiese Jared.
“Magari un tecnico, un operaio, miss Wong è possibile?”
“No, mi spiace, non a quell’ora e poi c’era un temporale tremendo … I bimbi erano un po’ spaventati e …” – le sue pupille sembrarono guizzare – “E proprio Simon li rassicurò, sì fu così … Poi, però, volle occuparsi anche del signor Farrell, era in pensiero per lui … Simon disse che … fatemi riflettere … Sì, insomma disse di averlo visto malconcio, sconvolto, ecco sì, disse questo e poi uscì a cercarlo!” – affermò come soddisfatta, ma poi aggiunse – “Era talmente in ansia che non bevve neppure il mio tè, sa? Del resto come avrebbe potuto, mangia sempre quella liquerizia, ha un sapore …”
“Liquerizia …?”
La voce di Jude sembrò giungere dall’oltretomba.
Era un dettaglio, quell’aroma così inconfondibile, rimasto sulla sua pelle, ma confuso ad altri odori, più sgradevoli, che ora, però, gli giunse nelle narici con una nitidezza sconvolgente.

Jared si raggelò.
“Non è … non è possibile … Simon?”
Colin si alzò, cingendolo – “No, non ci credo, ma non ha senso …”
Downey si erse a propria volta, rivolgendosi a Costa.
“Servirà un campione del suo DNA: penserò io a stanarlo” – disse convinto.
Geffen lo prese per una mano – “Rob, non sei nelle condizioni di intervenire”
“Non sono mai stato tanto pronto Glam! Voglio la verità, voglio il responsabile di chi ha fatto del male al padre di mia figlia.” – disse con fermezza.
Law provò una gioia acuta, ma un istante dopo, un’amarezza sconcertante.
“Robert …” – e nel dirlo, Jude allungò le dita verso il suo petto, dopo avere azzerato la distanza tra loro.
L’occhiata di Downey fu destabilizzante, ma mai quanto le sue esternazioni.
“Non toccarmi Jude. Sarò sincero, come ho sempre fatto con te: è per me, solo per me, che andrò sino in fondo a questa storia.”
Fece due passi, puntando Colin: gli assestò un destro sulla mascella, da farlo sanguinare: nessuno glielo impedì, seguendolo poi, con lo sguardo, mentre si dirigeva all’uscita.










NELLE FOTO RDJ / GARY DOURDAN è l'agente Costa e Chris O'Donnell è Simon

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