martedì 4 settembre 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 187

Capitolo n. 187 - sunrise


“La videocamera ed il microfono sono di ultima generazione Robert”
Il detective Costa gli infilò una semplice stilografica nel taschino sinistro della camicia.
“Ed i battiti del mio cuore non si sentiranno?” – domandò perplesso Downey.
“No” – Costa sorrise.
“Comunque è vecchio stile 007, mi darete anche la scarpa con il tacco, come telefono?”
Geffen rise, scrollando la testa – “Quello che mi piace di te è come riesci a sdrammatizzare ogni situazione … o quasi” – ed inspirò, guardandolo con dolcezza.
L’attore sgranò le sue iridi scure e liquide, per molte emozioni, ma, specialmente, per il rammarico che sentiva nei riguardi di Jude, affacciato al balcone della sua camera a villa Meliti.

Erano scesi nel parco, in una sorta di summit, per confezionare la trappola a Simon.
Jared si avvicinò timidamente.
“E … e se non fosse lui? Ci avete pensato?”
“Il DNA saprà darci la risposta definitiva” – replicò Costa, scrutando la sua ansia palpabile, identica a quella impressa negli occhi di Farrell, poco distante.

Law li raggiunse.
Costa sembrava disapprovare la sua aggregazione, ma poi non pose ulteriori obiezioni: partirono verso la End House.
Colin era stato medicato da Brandon ed un vistoso cerotto gli copriva lo zigomo sinistro.
Volle guidare ugualmente.
Appena giunto ai cancelli, si accorse che c’era Richard.
“Buongiorno, cosa è successo signor Farrell?”
“Un incidente sul set, nulla di grave” – e gli sorrise tirato.
“Sei solo? Dov’è Simon?” – intervenne Jared.
“E’ il suo giorno di riposo, ma è alla dependance credo, per i suoi allenamenti”
“Ok, a più tardi, ciao Richard.”

Parcheggiarono, aggiornando Costa, Robert e Glam, mentre uscivano dalla loro auto.
Jude viaggiava con Vassily, Peter e Brandon, sull’hummer blindato di Geffen e non smetteva di fissare Downey: lo seguì velocemente, bloccandolo prima che ponesse in atto quel piano, per il quale Law aveva più di un timore fondato.

“Te-tesoro … aspetta!”
Senza sfiorarlo, ancora intimorito dalle parole con cui l’americano lo aveva congedato in precedenza, Jude gli si parò davanti, sconvolto.
“Jude io devo andare” – gli disse calmo, con la morte nel cuore per come lo percepiva distrutto, in quella loro simbiosi, che mai si sarebbe spenta.
“Rob … Robert” – abbassò le palpebre, liberando due lacrime terribilmente affrante – “Io ti amo” – glielo disse tornando a guardarlo.
Downey sentì come una fitta al braccio destro, nel tentativo di reprimere un semplice gesto: dargli una carezza.
La stessa gli morì dentro, come era avvenuto con molte altre cose.
Riprese il cammino verso la sua destinazione.

Vassily recuperò Jude, portandolo nel salone, dove Costa accese tre portatili, dagli schermi di notevoli dimensioni.
Attivò l’audio e controllò la pistola d’ordinanza, rimettendo la sicura prima di riporla.
“Oh mio Dio …” – sussurrò Jude.
“Prepariamoci al peggio … Forse stiamo correndo un rischio inutile” – disse improvviso, ma ormai era tardi ed obiettivamente era meglio vigilare su di un confronto tra Robert e Simon, che avrebbe avuto luogo comunque, prima o poi.

Il body guard indossava dei pantaloncini e nient’altro.
Sollevava pesi, ascoltando musica a basso volume dei Mars.
Jared se ne stupì: la visuale della scena era nitida.

Robert chiese permesso, salutandolo.
“Signor Downey … Buongiorno, ha bisogno di me?” – domandò incuriosito l’uomo, alzandosi.
Era sudato, affascinante e simpatico, con quel sorriso perfetto e gli occhi di un azzurro penetrante.
“Ciao Simon … Sì, in effetti ho bisogno di te.”
“Mi dica, se lo beve un drink alla frutta?”
“No … magari dopo”
“Ok … La ascolto” – e scrollò le spalle larghe.
“Ho … ho smarrito una cosa importante e forse tu puoi aiutarmi a ritrovarla.”
“Qui alla End House?”
“Sì. Nell’ala ovest.”
Simon posò il bicchiere gigante in cartoncino colorato, riprendendo posto sulla panca per gli addominali.
“Va bene … Ma di cosa si tratta esattamente?”
“La mia dignità Simon”
L’ex marine inarcò un sopracciglio, schiudendo le labbra ben disegnate.
“Sinceramente non la comprendo signor Downey” – esordì serio, afferrando un bilanciere.
“Ecco vedi Simon” – e prese a propria volta una seggiola, accomodandosi – “mio marito ed io, siamo sempre stati un’unica persona, un unico cuore, un’unica anima e coscienza.”
Simon sorrise – “So che vi amate moltissimo e … e non capisco come mai vi siete separati”
“Ne sei al corrente?” – domandò con un sottile sarcasmo.
Simon strinse le narici, in maniera quasi impercettibile.
“Io so tutto. Sempre.” – affermò freddamente.
“Voci di corridoio?” – Robert rise, nervoso a quel punto.
“No. Per il lavoro che faccio, vede signor Downey” – e si rialzò lento, gettando l’attrezzo sul pavimento – “… io devo avere il pieno controllo di quanto accade in questa proprietà.”
“Sì … sì ne sono consapevole” – replicò serafico, restando seduto.
“Cosa diceva della sua anima, del suo cuore …?”
“Sì … Giusto. Era per spiegarti che ciò che investe lui, investe anche me.”
“I suoi giochi di parole sono affascinanti, come la sua arte, l’ho adorata in Holmes, sa? Ora, però, veniamo al motivo della sua venuta, quello vero, intendo” – e si piazzò a mezzo metro da lui.
“Hai ragione Simon, esiste una ragione precisa.”
Simon si passò i palmi sul centimetro di capelli, appena rasati, poi sbuffò.
“Le … le racconto una storia, signor Downey.”
Robert ebbe un sussulto, perché colse nel suo tono una sfumatura diversa e di per sé inquietante.
“D’accordo …”

Il suo sembiante scultoreo iniziò a girovagare per la stanza, mentre parlava.
“Io ero un militare. Mi congedai, insieme a Richard, eravamo colleghi e compagni di avventura. Accettai l’incarico in questa famiglia a dire poco … bizzarra, lo ammetto” – sorrise, ripensando al suo primo incontro con Colin e Jared.
“I miei … titolari, ma vede, posso considerarmi uno di loro, dopo tanti anni, furono sinceri da subito e celebrità del genere avrebbero potuto assumermi senza dare alcuna spiegazione personale … Invece ci fu sintonia immediata, specialmente perché sotto le armi, il mio migliore amico era gay e perse la vita per …” – deglutì a vuoto – “Per la sua voglia di vivere … Che infastidiva tre bastardi, tre luridi rifiuti umani” – iniziò ad alterarsi, poi si zittì, passando le dita su di un manubrio lucente in acciaio – “Tre esseri inutili, signor Downey, che io ho consegnato alla giustizia”
Simon gli stava dando la schiena, ma si girò di scatto – “Non quella degli uomini, sarebbe stato inutile, l’esercito è omofobo ed ipocrita da secoli. Nessuno lo sa, ufficialmente la loro jeep è finita in un dirupo e di quei bastardi è rimasta solo la cenere, ma prima … Prima hanno ricevuto una sana lezione dal sottoscritto, sana e … definitiva.”
Si morse le labbra, poi prese fiato.
Robert immaginò come avesse potuto prevalere contro tre uomini senza alcun complice, ma da quanto narrava, Simon era l’unico responsabile di quel triplice omicidio.
“Ti sei vendicato, quindi …”
“Non sono gay, ma amavo quel ragazzo, per quello che sapeva dirmi, per come riusciva ad ascoltarmi, senza pretendere nulla in cambio” – divenne dolce, lo sguardo perso in frammenti di memoria sbiaditi.
“E’ … è una storia triste, Simon”
“Triste e tragica, lo ammetto, ma quando fui chiamato a riconoscerlo all’obitorio … Lo avevano massacrato di botte, rendendolo un ammasso di carne ed ossa spezzate, i bulbi oculari fuori dalle orbite …” – la commozione sembrò prevalere, ma una luce acuminata si insinuò nei suoi specchi, divenuti di ghiaccio.
“Tagliai loro la gola, non senza rendere una parte di quella sofferenza. Li sodomizzai, con qualcosa che assomigliava a questo” – e brandì l’asta di metallo, sulla quale le sue falangi si erano soffermate a lungo.
“E’ … è orribile” – Downey si alzò, provando un tremore allo stomaco.

Dall’interno della villa, Costa ed il resto dei presenti avevano perso più di un respiro nell’apprendere di quell’abominio.
Videro Simon crollare su di un divanetto, dove si tamponò con un asciugamano, dopo avere ingoiato a fatica una seconda bevanda energetica.

“Jude … il mio Jude meritava dunque una simile punizione?” – chiese Robert, con il cuore impazzito per le pulsazioni
“Jude … Jude Law, UK buddy” – Simon rise amaro – “Ora le dirò di lui e di Colin, sono così simili, nei loro egoismi, nella loro meschinità”
“Credo di conoscere Jude meglio di chiunque” – sembrò protestare.
“No mr Downey, non penso, sa? Lei e Jude arrivaste nella vita di Colin per un film, in quell’anno a dire poco … umiliante per Jared. Una produzione di successo, che portò Colin lontano da qui.”
“Jared ne soffrì, ebbero una crisi, ma non certo per colpa di Jude!”
“Jared era a pezzi e così volò ad Haiti. Lei ha idea di quante volte io abbia pregato che Glam Geffen lo tenesse con sé su quell’isola??!!” – la sua voce si elevò ad ogni sillaba.
“Glam …?”
“SI’ ACCIDENTI!”
“Ja-Jared tornò da Colin, con Isotta … lo perdonò …” – balbettò flebile.
“Ma certo, Colin James Farrell si imbottì di ansiolitici, divenne come d’abitudine la vittima sacrificale, quando invece era Jared quello da proteggere e salvare da lui, non il contrario!! Invece Jude lo giudicò, Colin lo punì! STUPRO’ JARED, LUI TOCCO’ IL MIO JARED!!”
“Simon, ma allora …”
“Quel tossico ed il suo Jude, mr Downey, si coalizzarono, anche alle sue spalle, prendendo in giro sia lei che Jared, ma non lo capisce??!!”
Simon scagliò la bottiglietta di Gatorade contro la parete dietro a Robert, avanzando verso di lui.
“Tu ami Jared quindi …?” – chiese, restando immobile.
“Samuel … Samuel aveva gli stessi occhi … identici, glielo giuro … Certo non era bello come Jared, ma … La stessa gentilezza, la stessa fragilità … A me sembra persino di sentire la sua voce, così simile a quella di Jared, quando lui mi parla, quando …” – iniziò a piangere, poi riprese con più veemenza.
“Veniamo al sodo mr Downey!” – quasi ruggì – “E’ stata la mia occasione ed io l’ho colta al volo! Colin appena vide Jude esanime sul tappeto, fuggì via, forse credendo di averlo ucciso, ma la sua mente era così confusa da quel mix di alcol e psicofarmaci, che per una strana combinazione non ricordò nemmeno un dettaglio, cosa che non avevo previsto, ma in quell’istante avevo ben altro a cui pensare!”
Robert chiuse gli occhi, immaginando ciò che il suo interlocutore stava per dirgli, spietatamente.
“Constatai che Jude aveva perso i sensi e nessuna sollecitazione sembrava destarlo da quello che sembrava uno stato di coma: non ho premeditato quello che avvenne in seguito, sa? Eppure sembrava un incastro magistrale: Jude avrebbe passato il medesimo inferno di Jared, credendo che fosse stato Colin a farglielo subire!”
Robert riaprì gli occhi.
“Ho sempre difeso Jared, me ne sono andato da Los Angeles quando la situazione con lui e Colin era degenerata, allontanando la nostra famiglia dai loro casini, criticando il comportamento di Jude, lo ammetto, ma mai e sottolineo MAI, avrei inferto al mio sposo una punizione simile, almeno secondo i tuoi parametri malati Simon!” – strinse i pugni, i denti, irrigidendosi.
“Per Jared io farei invece anche l’azione più bieca o malvagia, non me ne importa un cazzo delle conseguenze, né per chi ci andrà di mezzo e tanto meno per me: vuole uccidermi mr Downey?!” – lo sfidò prendendo dal giubbetto lasciato su di un tavolino la sua inseparabile Beretta, porgendogliela – “AVANTI MI FACCIA VEDERE COSA FAREBBE LEI PER L’UOMO CHE AMA!”

“ROBERT NOO!!!”
Le grida di Jude non potevano arrivare sino a loro per fermarli e probabilmente lui avrebbe avuto la stessa sorte, nonostante la corsa forsennata verso il villino di Simon e Richard.
Jared lo inseguì, via via gli altri, capeggiati da Costa, armatosi, ma quello che arrivò per primo, dopo Law, fu Vassily.

Robert e Simon sembravano statici, l’arma era ancora nella mano destra del secondo, che non si curò minimamente di loro.
“Ormai è finita mr Downey, lo sappiamo entrambi, ma ha l’opportunità di essere un vero uomo, MI FACCIA VEDERE!!” – ed agitò la pistola, ma Downey diede un calcio netto al polso di Simon, con una mossa di Wing Chun, arte marziale alla quale si dedicava da anni.
Con una foga inaudita, ma precisa, lo afferrò per il collo, riducendolo a terra con uno sgambetto veloce, che gli fece perdere l’equilibrio, nonostante Simon fosse più alto e massiccio.
Le dita di Robert si conficcarono nella gola dell’avversario, le cui braccia erano rese innocue dalle ginocchia dell’americano, sedutoci sopra, dopo essersi messo al contrario, rispetto al petto di Simon, che si alzava ed abbassava come un mantice; in compenso le sue gambe lunghe e muscolose erano pronte a capovolgere la situazione, ma l’arma puntata da Costa lo indusse a rimanere fermo.
“Non farlo, non esiterò, sappilo!” – gli intimò l’agente.
“Dammi un motivo per il quale non debba spezzarti il collo” – sibilò Downey, glaciale e determinato, premendo sul pomo di Adamo di Simon, cingendogli con l’altra mano la nuca.

“Robert lascialo andare … Ti prego, non merita la tua vita, pensa a Camilla” – lo supplicò Jude, facendosi avanti.
Jared era stranito: fissava Simon, che sembrò cercare il suo sguardo, sperando forse in un’approvazione al suo delirio.
“Tu … tu non meritavi questo” – ribatté Robert, inghiottendo un singulto rassegnato, nel liberare Simon da quella morsa letale.

Costa lo ammanettò, coadiuvato da Vassily.
“Jared … io l’ho fatto per te … per te”
“Simon …” – mormorò il leader dei Mars, dandogli poi una carezza, che Robert colse come un oltraggio estremo a Jude, al quale lui l’aveva negata.
“Siete … siete spregevoli … Siete assurdi!!” – esplose, rivolgendosi sia a Jared, che a Colin, ma poi coinvolse anche Jude, visto che Downey materializzò nella propria mente l’incontro clandestino, tra questi e l’irlandese, provando un senso di rabbia incontrollabile.
Geffen sembrò coglierlo e decise di abbracciarlo, protettivo e presente – “Andiamo via Rob …” – disse pacato, mentre i suoi palmi caldi correvano dai capelli alla spina dorsale dell’amico, esausto.
“Vorrei … morire Glam”

Con quella frase, sembrò calare un sipario su quel giorno terribile, dove la vendetta aveva avvolto l’amore, in un sudario tetro, senza risparmiare nessuno.










Nessun commento:

Posta un commento