giovedì 13 settembre 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 194

Capitolo n. 194 - sunrise


Fu la brezza mattutina a svegliarlo: Robert schiuse il sipario, su quelle che a Glam apparivano sempre come gemme di quarzo liquido, incontrando il suo sguardo, rapito ed assorto.
Un velo di tristezza, però, lo rivestiva, nel suo celeste bellissimo.
“Ehi …”
“Ehi, buongiorno tesoro” – disse piano l’avvocato, dandogli una carezza.
Erano allungati e girati sul fianco, specularmente.
Le braccia arrotolate ai cuscini, le dita si toccavano a tratti, le loro gambe erano ancora intrecciate, calde ed umide, sotto le lenzuola in seta verde smeraldo
“A cosa pensi Glam …?” – chiese incerto l’attore, avvicinandosi alle sue labbra, per dargli un bacio altrettanto timido.
“A … a mio padre …”
Il suo tono si incrinò, più per un senso di rabbia, piuttosto che di commozione, che stava comunque risalendo alle sue iridi, in preda al tremolio di ricordi scomodi.
“Mi … mi picchiava sempre … Anche senza motivo” – corrugò la fronte spaziosa, come a cercare una spiegazione postuma.
“Mi dispiace”
“Sì, è … è terribile non avere l’amore di chi ti mette in questo strano mondo Robert … Forse ci penso, perché è arrivato Jay Jay … Ho tolto lo stesso amore ai miei figli, sai? Probabilmente avevo paura di amarli nel modo sbagliato, così marcivo in un’indifferenza assurda … Almeno finché non è arrivato Lula nella mia vita …” – sorrise, perché quel bimbo era una sorgente di gioia per Geffen – “Ci siamo innamorati appena ci siamo scelti, anzi, lui mi ha scelto … Ed io non ho più avuto scampo” – finalmente rise, ma la sua mente precipitò nuovamente nel passato.
“Che le cose andassero bene o male, lui se la prendeva con me, dopo avere bevuto pesante, certo, ma non è una buona ragione … Mia madre non faceva niente, a lei bastava il lusso, che mio padre le elargiva generosamente … Io non so neppure perché ho fatto l’avvocato, cioè forse era destino …”
Geffen sentì come un fiume di parole, sgorgargli dallo stomaco, verso chi meglio sapeva ascoltarlo, senza interrompere, se non con un abbraccio, avvolgente, in una situazione quasi capovolta, dove Robert, così minuto, diventava immenso, rassicurante, insostituibile.
Si baciarono, intensi: Glam si tranquillizzò, poi pianse nell’incavo del collo di Downey, che non aveva mai smesso di accarezzargli i capelli rasati ed in ordine.
“Grazie Rob … ti voglio così bene”
“Anch’io Glam … per sempre”


Jude si precipitò alla porta.
Forse era Robert, arrivato in anticipo.
Il suo sorriso quasi si spense, quando si ritrovò davanti, inaspettatamente, Rice e July.
“Ciao Jude, ti disturbiamo?”
“Owen … ?!” – fu quasi un sussurro, poi li fece accomodare, scusandosi.
“Eravamo da queste parti e la mia principessa voleva salutare Camilla … abbiamo preso croissant e muffin al cioccolato …” – spiegò con un sorriso simpatico.
“Certo … è che stavo aspettando Rob … Oggi viene qui, finalmente”
“Direi che è perfetto Jude.”
“Ti faccio un caffè, Camy è nella sua stanza, dorme ancora … Verso le dieci dobbiamo portarla ad un controllo da Foster e non si veste se non c’è Robert, almeno quando andiamo dal dottore” – e ricambiò il sorriso, seppure in modo impacciato.
Owen prese posto al tavolo della cucina, sorseggiando un espresso eccellente.
“Buono …”
“Merito di questa” – e Jude indicò la macchinetta – “L’abbiamo comprata a Roma, con Robert … secoli fa” – e tirò su dal naso.
Era a pezzi.
“Jude sai … E’ doloroso vederti così”
“E’ … è penoso, vorrai dire” – e scrollò le spalle, accomodandosi a lato di Rice.
“Sai ho un peso qui, me ne vorrei liberare, perché non trovo giusto il modo in cui ti trattano da quando … Sì insomma hai capito Jude” – sbottò con rammarico.
“Ti … ti ringrazio … Ho tradito le aspettative di tutti, a quanto pare”
“Sono una famiglia, un clan, dove ogni cosa ruota intorno a Jared: sì, ma cazzo, anche tu sei stato violentato!”
Le bimbe erano dal lato opposto dell’attico e non potevano fortunatamente ascoltarli.
Law deglutì a vuoto, impallidendo.
“Owen … non vorrei parlarne”
“Sì, ti comprendo e poi non certo con me”
“Guarda che a me va benissimo affrontare qualsiasi argomento con te, anzi, sono felice di questa visita”
“Felice è una parola grossa Jude” – sorrise scanzonato.
“Mi … mi hanno giudicato, senza appello”
“Sì, avrai anche fatto degli sbagli, dopo, però chi non li fa? E’ il mio ex cognato, gli voglio bene, ci mancherebbe, ha persino rischiato di morire qualche giorno fa, però trovo insopportabile come chiunque perdoni a Jared anche la cazzata di drogarsi, mentre con te sembra quasi che non esistano giustificazioni, quando invece ci sono, cazzo!”
“Ho saputo di Jared … da Xavier … viene a trovarmi ogni tanto, si preoccupa, è un tesoro”
“Sì, lui e Phil sono ottime persone, ma dovresti affrontare il resto di questa tribù sciroccata e farti valere!”
“Io … io rivoglio soltanto Robert … soltanto lui, Owen” – disse convinto, ma fissando il vuoto, tormentandosi i polsi.
“Devi avere pazienza e superare l’ostacolo Glam Geffen …”
“Sono inseparabili Owen, Rob è a Palm Springs e … e se solo penso al fatto che lui possa averlo toccato, che possa … E’ successo, me lo sento, Robert ora è suo …” – sibilò livido, ma poi un senso di smarrimento sembrò impadronirsi del suo discorso – “Glam non lo lascerà andare … Robert è diventato il centro del suo mondo … ne sono certo, perché è così che funziona con lui … E’ così, che Robert ti fa sentire, credimi Owen … ed io l’ho buttato via … Non sono più niente … niente.”


“Ecco, a posto, c’è un po’ d’aria fuori”
Geffen sorrise, annodando un pullover in cotone sopra le spalle di Robert, che lo scrutava incantato.
“Lei è il papà più attraente del pianeta mr Downey, lo sa?” – e rise, prendendogli il viso tra le mani.
“Glam … voglio baciarti” – disse in un soffio.
“Anch’io” – e lo fece, lasciando che durasse il più possibile.

Presero poi alcuni doni per Camilla e si avviarono verso Los Angeles.
Glam gli passò un berretto bianco, identico al suo – “Fa un po’ checca, cosa ne pensi Rob?”
“Ah non saprei … se è un Gucci, fa sempre fico a prescindere ahahahah”
Sembravano due ragazzini.
“Diciamo che ripara dal sole, quando usi una decappottabile” – e nel sussurrarglielo, dandogli un altro bacio nel collo, mentre Robert si allacciava la cintura, Geffen azionò il tettuccio elettronico della sua Ferrari.
Downey si sporse, aprendo di poco la camicia di Glam, per dargli un bacio sul cuore, sentendo la sua pelle calda sulle proprie labbra tumide.
Sfiorò il capezzolo con la guancia sinistra, dove la barba ben delineata a pizzetto, provocava un lieve solletico all’altro, che perse un battito.
Geffen richiuse la serranda del garage e spense sia l’auto che le luci intorno.
Dalle finestre a lucernaio, il sole filtrava sotto forma di fasci, simili a quelli prodotti dai riflettori cinematografici.
C’era un riverbero strano ed un profumo di menta gradevole, emessa da alcuni vaporizzatori per ambiente, sempre accesi.
“Com’è che si abbassano questi sedili …?” – domandò ansante l’attore, sovrastando Glam, in preda ad un’eccitazione spasmodica.
Robert gli salì sopra a cavalcioni, dopo essersi spogliati in meno di un minuto, dei pochi abiti indossati.
Nudi ed incastrati in quell’abitacolo sportivo e scarno di accessori, si distesero sulle pregiate sedute in pelle, avvinghiandosi in un groviglio di sudore, baci, gemiti: si mordevano, baciavano, leccavano, finchè Downey si lasciò impalare, con un’urgenza sconvolgente per entrambi.
Geffen sollevò i fianchi, provando ad avere cura di non essere troppo irruento, ma a Robert non importava niente, anzi, desiderava proprio il contrario.
“Dobbiamo anche scopare Glam … per conoscerci davvero”
Geffen annuì, sconvolto da quel suo cavalcare libero e maestoso.
Robert non aveva alcuna remora nel consolidare la loro unione, completando una conoscenza intima, senza più limiti.
Mentre si divoravano con baci bollenti, le mani di Glam cercarono di soddisfare l’erezione di Robert, con pieno successo.
Da lì a poco, anche l’avvocato raggiunse l’apice e fu talmente copioso, da gocciolare tra le cosce magre, ma allenate di Robert, che urlò dal piacere, toccato ripetutamente nella porzione più sensibile, che in lui pulsava per il piacere eccessivo.

Quando tutto sembrò finire, Robert gli crollò tremante addosso: Glam sorrise, cullandolo, appagato come non mai.
“Piccolo noi … noi dovremmo tornare in casa … e farci una doccia”
“No”
“Robert …”
“Voglio che lui senta che sono tuo … anche se non gli permetto più nemmeno di sfiorarmi Glam … Perché quando sono con te, a lui io non ci penso più, voglio che tu lo sappia” – e tornò a guardarlo, ad un millimetro dal suo volto madido, fisso e sicuro.
“Tu sei … bellissimo Robert” – e lo baciò, assecondandolo, con sconfinata gratificazione.



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