Capitolo n. 198 -
sunrise
Downey chiuse la
blindata, appoggiandosi al pannello serigrafato con la schiena, ancora sudata
per la corsa fatta sulla spiaggia, dopo che l’attore aveva parlato con Glam.
Abbassò le palpebre,
poi le riaprì a fatica.
Tutto era in ordine
ed un profumo gradevole proveniva dalla cucina.
Jude aveva di certo
cucinato uno dei suoi piatti preferiti.
Peccato che in quel
momento, gli desse unicamente la nausea.
“La bambina ha già
mangiato?” – chiese incolore, palesandosi nella sala.
“Rob … Bentornato”
Law andò ad
abbracciarlo, con un sorriso raggiante.
“Ciao … sì, sono qui”
– e lo spostò, senza alcuna irruenza.
Law deglutì,
fissandolo e mantenendo quella gioia, che improvvisamente sentì forzata.
“Cami ha cenato sul
divano, davanti ai cartoni … spero che”
“No, va bene,
tranquillo …” – e si diresse al frigo, per prendere una tonica.
“Ne vuoi Jude?”
“No … grazie” – e scrollando
le spalle, scelse un paio di rose bianche da una corbeille, inserendole in un’ampolla
di cristallo – “Ho apparecchiato in terrazza … è una serata bellissima …” –
disse allontanandosi, con le lacrime agli occhi.
Il rumore dei cocci,
richiamò l’attenzione di Downey, assorto in altri pensieri, distanti da quel
loro amore, che non riusciva a rianimarsi.
Era un fantasma,
vacuo ed irritante, almeno per Robert.
Law stava
raccogliendo i frammenti, nervosamente.
“Mi dispiace …”
“Jude, ti sei
tagliato?” – e nel domandarlo, si inginocchiò, per aiutarlo.
“No … no, sono altre
le mie ferite, ma tu non le vuoi vedere eppure ci sono, sai Rob?” – singhiozzò,
rialzandosi veloce, per gettare tutto nella pattumiera.
“Ti sembra giusto?” –
esclamò secco l’americano.
Jude non replicò,
dandogli la schiena.
“Ti sembra giusto,
rispondimi!” – e nell’intimarglielo, Robert gli afferrò un braccio, voltandolo
a sé.
Jude stava tremando,
sconvolto ed arrabbiato.
“Tu … tu mi hai
cancellato dalla tua vita Robert … Questo non mi sembra giusto, sei
soddisfatto?” – sibilò, liberandosi con uno strattone.
“Non è semplice
perdonarti”
“E per cosa,
sentiamo??! Per avere nutrito dei sentimenti per Colin? Per avere avuto un
debole, un’amicizia intima con lui?? Tu hai fatto altrettanto con Chris e non
dirmi che il dettaglio di non averci scopato, ha reso la tua debolezza migliore
della mia!! E per inciso nemmeno Colin ed io abbiamo scopato, è chiaro!!??” –
gli urlò, incurante del fatto di essere all’esterno.
“Insomma devo
incassare anche questo insulto e restarmene zitto, eh Jude? Scopare la tua ex,
invece, cos’era stato? Ah, aspetta, un gesto caritatevole o cosa cazzo ti eri
inventato, per prendermi nuovamente per il culo??!”
Jude sgranò le iridi,
contornate da capillari arrossati e pulsanti.
“Noi … noi avevamo
chiarito … ti avevo chiesto scusa pubblicamente …” – ribatté sommesso.
“Una tua specialità
Jude, lo riconosco!” – ringhiò ormai completamente alterato dai ricordi, che
gli pesavano più che mai.
“Sputerai su ogni mio
gesto Robert? Per farmi espiare la colpa di averti separato da Glam Geffen?? Lo
ami a questo punto??!”
“Io non voglio
parlare di lui, con te Jude” – affermò rigido.
“Sei qui per Camilla,
quindi, sei qui per non farla soffrire, è evidente, sei qui perché Foster ti ha
fatto tornare con la coda tra le gambe, mentre invece avresti preferito
infilarci qualcosa di più interessante e farti sbattere da quel fottuto bastardo
che ti ha portato via DA ME!!”
Downey gli rispose
con un ceffone, netto, bruciante, esaustivo più di qualsiasi altra obiezione
verbale.
Fu talmente irruento,
da spostare Jude contro il muro, dove, ansante, l’inglese si appoggiò con i
palmi aperti, le falangi come ramificate, le braccia abbandonate lungo il
fisico magro ed elegante, nei suoi pantaloni di lino colore sabbia e la camicia
aderente bianca, una combinazione scelta con metodo, prima che Downey
rientrasse, per piacergli: abbronzato e madido, Law era a dire poco
affascinante.
Robert non aggiunse
altro.
Passò dai fornelli,
spegnendoli, senza salvare le pietanze, ormai bruciate.
Buttò padelle e
pentole nel lavello, avviandosi poi verso la camera per gli ospiti.
Avrebbe dormito lì.
Gli scatti metallici,
che fece la chiave girando nella serratura, erano destinati a diventare un
suono, a cui Jude avrebbe dovuto abituarsi: se ne convinse immediatamente,
prima di crollare sul parquet, raccolto in una posizione fetale, che nessuno
era più disposto a proteggere.
Glam girovagava per
il giardino, alla ricerca di un po’ di calma.
Sbirciava il
cellulare ogni venti secondi, sperando di ricevere almeno un sms da Robert,
dopo avergli inviato un’e-mail, dove raccontava gli sviluppi della sua vacanza,
completamente scombussolata da Colin, Jared oltre a quel nutrito esercito di
scalmanati.
Lui era da sempre lo
zio preferito, quello che riusciva a realizzare i sogni più disparati ed anche
dopo cena, i cuccioli lo sommersero, aspettando raccontasse loro una favola oppure
una delle sue avventure rocambolesche.
Jared dormiva spesso,
dimenticandosi di mangiare e di indossare i vestiti: con una naturalezza
disarmante, girava per casa, magari cercando le scarpe per uscire, quando
neppure aveva addosso i boxer.
Colin lo rincorreva,
provando a rendere comici quegli inconvenienti, ma nei suoi pozzi di pece Glam
leggeva un’angoscia crescente.
Ed era soltanto il
primo giorno.
Downey lesse la
cronaca delle premesse di quell’estate francese, sorridendo per gli scatti ai
furgoni multicolore ed un breve video dell’arrivo alla villa, seguito da una
seconda clip sullo stato in cui versavano le camere dei bambini, dopo il loro
passaggio.
La voce di Glam era
calda e gli entrava dentro, attraverso le cuffie, collegate al pc, dove Robert
stava leggendo la posta elettronica.
“E questa è la mia …
tragica situazione Rob” – rise indolente –“Domani si va in spiaggia e faremo un
pic nic, ci sono dei bagni attrezzati anche per i gemelli … sono
simpaticissimi, sai …?”
L’inquadratura si
spostò verso uno specchio e finalmente Robert lo vide.
“Glam …”
Il suono del suo
nome, gli giunse ovattato e divorato da un singulto.
Downey sfilò
leggermente gli auricolari, sfiorando lo schermo con i polpastrelli bagnati
dalle proprie lacrime.
“Eccomi qui amore …
Approfitto di questi dieci minuti per farti un saluto … Non so quanto potrò
resistere, prima di esplodere e magari sgridarli tutti …” – ma qualcosa lo
interruppe.
Una manina spuntò sul
bordo della scrivania ed un istante dopo Geffen prese in braccio Isotta.
“Papà Glam con chi
palli??”
“Con … con zio
Robert, tesoro …” – e le diede un bacio tra i capelli, con una tenerezza, che
emozionò Downey nel profondo.
“Ciao tiooo!!” –
esordì lei, mandando dei baci buffi e colorati dalla sua risata.
“Credevo fossero
dieci minuti …” – sospirò l’avvocato.
Robert rise – “Ti
voglio bene Glam …” – disse istintivo.
“Ti voglio bene
Robert” – fu casuale, ma perfetta quanto incredibilmente simultanea, la sua
replica.
Downey compose
immediato il numero di Geffen, ma sull’ultima cifra, sentì Camilla reclamarlo,
attraverso il baby control.
Si precipitò da lei,
notando la sagoma di Jude riversa sul letto della loro stanza.
La boccetta dei
sonniferi era colma di pasticche, quindi non trasse conclusioni drammatiche,
pur rendendosi conto che il marito le assumeva regolarmente per riuscire a
prendere sonno.
“Ho sete papà …”
“Sì, ti preparo il
latte … torno subito angelo mio” – disse, abbracciandola con dolcezza, facendo
sentire a Camilla il calore del suo smisurato affetto.
“Grazie papà …” – e gli
diede un bacio sulla guancia, ancora umida di pianto.
“Tai piangendo …?”
“No, no principessa …
è un moscerino, come quella volta nel parco, ricordi?”
Camilla annuì,
arridendo a quella rassicurazione.
Downey le sfiorò la
testolina con l’ennesimo bacio, per poi sussurrarle – “Ti adoro Cami …”
“Un’ora di spinning,
un’altra di pesi … Vuoi forse partecipare alle prossime Olimpiadi, Denny?”
Lo sguardo sornione
di Tomo, sembrava quello di un gatto pigro e rilassato. Il chitarrista se ne
stava disteso sul divano, a pancia in giù, abbarbicato ad un cuscino, mentre
Denny faticava e sudava a breve distanza da lui.
“Non tutti sono magri
come chiodi, quanto te, mio bel croato!” – sbottò il giovane, passando al tapis
roulant.
“Oddio adesso corre
pure” – bofonchiò Tomo, stiracchiandosi – “Ok io ho voglia di patatine e birra
messicana!” – e ridendo volò verso la penisola, dove la friggitrice era sempre
pronta all’uso.
“Oh no, ti prego!!
Così le mie fatiche sono vane!” – urlò Denny, stringendo i pugni.
“Considerala una
prova di … resistenza!” – sogghignò l’altro, nell’immergere i bastoncini
giallastri nel cestello.
“Ok, ok smetto …” – e
spense l’attrezzo.
“Sì, ma queste ce le
mangiamo lo stesso … e poi non dovresti preoccuparti della linea Denny e semmai
evita di affaticarti … se lo vogliamo davvero questo bambino” – e lo cinse da
dietro, premendogli gli addominali scolpiti.
“Questa tua
proiezione è … semplicemente assurda!” – e si divincolò, con rabbia.
Tomo ci rimase male.
“Stavo … stavo solo
scherzando Denny …” – disse mortificato.
“Io invece su certi
argomenti non voglio fare battute, di pessimo gusto per giunta! Come se io
potessi concepire e …”
Quell’attacco,
peraltro esagerato e fuori luogo, gli morì in gola, davanti allo sguardo di
Tomo.
“Io non scherzavo,
quando ti ho chiesto di avere un bambino, Denny” – disse serio, ritrovando la
compostezza della propria età, ben superiore a quella del consorte, che si
sentì oltremodo spiazzato.
“Tomo … ecco …”
“Non posso di certo
obbligarti, anzi, sarebbe un errore madornale, però il mio era un intento d’amore
sincero, tutto qui.” – e se ne andò in terrazza.
Denny andò a farsi
una doccia, pensando a come quel progetto fosse stato realizzato da Tomo e
Shannon, senza di certo avere i problemi, che ora l’uomo stava incontrando con
lui.
Salì in accappatoio
al solarium, trovando Tomo appoggiato alla ringhiera, con una sigaretta, che
dalle dita tremanti arrivava alle sue labbra carnose, per un paio di tiri.
La spense subito,
sapendo quanto il fumo infastidisse Denny.
“Devo darti dimostrazione
dei miei sentimenti, Tomo?” – gli domandò mesto.
“No” – rispose senza
girarsi.
“Guardami”
Tomo lo fece.
“Sei tutto ciò che
amo, Denny”
“Speravo di bastarti”
Tomo prese fiato.
“Vedendoti con Josh …
e non solo con lui … Eri incantevole, come padre intendo”
“So cosa intendi,
mentre tu sai come è stata la mia infanzia e poi l’adolescenza, il mestiere di
padre non è semplice ed io non vorrei fallire o scappare, come hanno fatto in
progressione, inesorabilmente, i … fidanzati di mia madre.”
“Tu sei mio marito,
Denny, hai legittimato la nostra unione, ci hai creduto, altro che fughe” – e gli
prese i polsi, con delicatezza.
“Noi siamo adulti …
so gestire questa metà del cielo”
Tomo sorrise – “E non
vuoi conoscere cosa c’è oltre le nuvole?”
“Se non mi
interessasse, verrei cacciato dal regno, dove ogni coppia sembra affannarsi per
adottare od avere un figlio ad ogni costo?”
“Spero che … spero
che il tuo regno, sia il mio cuore … E che le scelte di chi ci circonda non
possano inficiare le nostre, Denny. Io voglio stare con te, ti amo così tanto e
non permetterò mai a nessuno di crearti un disagio o criticarti, se non vuoi
dei figli”
“Ma … ma io li voglio
… e li voglio insieme a te, ma non mi sento pronto” – il suo tono si incrinò.
“Ehi …” – Tomo lo
strinse forte, baciandolo senza ulteriori esitazioni.
Si addormentarono
sotto le stelle, senza più dirsi niente.
Nessun commento:
Posta un commento