giovedì 6 settembre 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 188

Capitolo n. 188 - sunrise


“Vado a farmi una doccia”
Le azioni di Robert erano pervase da una frenesia nevrotica, che Glam non osava interrompere, come se una corrente perpetua alimentasse la consapevolezza dell’attore nel compiere un qualsiasi gesto, dopo il confronto con Simon e la risoluzione definitiva del mistero sull’aggressione ai danni di Jude.
Lo seguì in camera, semplicemente per dirgli – “Rob, se hai bisogno di qualcosa”
L’attore si stava spogliando o meglio, sembrava strapparsi i pochi indumenti di dosso, prima i pantaloni, i calzini, le scarpe, infine la camicia e la t-shirt, non senza graffiarsi: il suo respiro aumentava, la sua ira stava dilagando, senza parole, come un vulcano, pronto ad eruttare, ma chiuso da un macigno, di rancori, rimorsi, abbandono.
Le lacrime iniziarono a sgorgare, nel tremore di quel viso così bello, anche se non più giovanissimo.
Le rughe nuove, che lo solcavano, erano unicamente dovute allo stress per la separazione, alle cure per la malattia debellata sul nascere, ma a Downey il domani appariva oscuro ed anche l’essersi salvato, gli pesava come un rammarico: forse era meglio andarsene.
Per sempre.

L’urlo che gli salì dalla gola, liberatorio e lacerante, riempì la camera del suo livore verso il destino avverso.
Se almeno avesse potuto uccidere quel pazzo, che gli aveva portato via Jude, in una spirale altrettanto insensata, dove il suo compagno aveva cercato assurdamente conforto tra le braccia di chi pensava l’avesse stuprato, come ad esorcizzare un incubo, al quale voleva sottrarsi insieme al suo adorato irish buddy.
Quei termini buffi, ora erano talmente odiasi da diventare nauseanti nel cervello di Robert, che si aggrappò al collo di Glam, prontamente intervenuto a sorreggerlo.
Geffen non avrebbe mai rinunciato a salvarlo da sé stesso e da quelli, che un tempo credeva essere parte della sua famiglia.
Loro, Jared, Colin, Jude, li avevano traditi entrambi, nella maniera peggiore.


“E’ … è finita Cole …”
Jared glielo sussurrò, in un respiro bagnato dalle lacrime, che l’attore sentiva scorrere al centro del proprio petto, dove il compagno aveva affondato il viso ancora sconvolto.
Nel buio della loro stanza, rimanevano stretti, l’uno all’altro, nudi sotto le lenzuola profumate di pulito, come se fossero rientrati in una dimensione di pace familiare, di abitudini, al sicuro in quell’edificio, dove si annidava il pericolo e la follia.
“No amore … i miei eccessi hanno portato dolore nelle vite di altre persone, oltre a noi … Se il matrimonio tra Jude e Robert finirà, è per colpa mia, soltanto mia”
Jared lo guardò, accendendo dei led laterali azzurrognoli: “Dovremo convivere con queste responsabilità, anche quella di non avere compreso l’indole di Simon, il suo … il suo malsano attaccamento per me, Cole”
“E tu con il mio ennesimo tradimento Jay … come puoi avermi perdonato, non merito più niente dal tuo cuore … Quando ho visto Costa, speravo mi arrestasse, così da liberarti di me e potere vivere con chi ti ha sempre rispettato, con Glam” – disse con le iridi increspate di lacrime rese a tratti luccicanti da quel riverbero.
“Glam … Glam se n’è andato Colin … Lui si è liberato di me ed anche tu lo farai quando …” – si mise seduto al centro, stringendosi nelle spalle – “Quando saprai del modo in cui mi sto buttando via da mesi” – iniziò a singhiozzare sommessamente, vergognandosi nel profondo.
Colin lo cinse da dietro, baciandolo poi sugli zigomi, raccogliendo il suo volto con la mano sinistra, sfiorando le tempie di Jared, infine le sue labbra, dove i rispettivi pianti sembrarono confluire in un’unica disperazione.
“Hai … hai ricominciato con gli psicofarmaci Jared …? O … O peggio?” – aveva il terrore di saperlo.
“Ho … ho preso della droga Colin … ero … ero schiacciato da un’angoscia incontrollabile … ero solo e”
“Ed io distante, a preoccuparmi più del malessere di Jude, che del tuo … sono un bastardo Jared, sono uno stramaledetto bastardo!” – sibilò livido.
“Ho … ho bisogno di aiuto Cole”
“Tesoro … perdonami … come abbiamo potuto ridurci in questo modo piccolo? … Faremo il necessario, per guarirti e poi …” – deglutì fissandolo – “Poi me ne andrò per sempre, sul serio, se tu me lo chiederai … anche se sarà come morire Jared, io non sono niente senza di te ed i nostri bambini … niente, assolutamente niente”
Quelle parole, che un giorno qualcuno aveva scritto in un semplice copione, per la sequenza più drammatica di Alexander, tornavano ad affacciarsi nelle loro esistenze, messe davanti alla prova più dura.
Delle altissime torri, dalle quali avrebbero visto il loro mondo, rimanevano macerie e polvere: Jared si sentiva soffocare, per l’indescrivibile dispiacere di essere divenuto un tossico, altri termini non ne esistevano per descriverlo ormai, unito alla pressante malinconia di non potere più contare su Glam o almeno così lui credeva.


Un lungo bagno caldo, riportò un minimo di serenità nell’animo di Robert.
Geffen era rimasto con lui, immergendosi e lavando con cura i capelli brizzolati e morbidi dell’attore, accoccolato tra le gambe di Glam, che non badava alla reciproca nudità: era come una svolta, nella loro sfera intima, ma nessuno dei due sembrava averne pudore, non finché non si misero a letto.
“Non hai mangiato nulla Rob”
“Perché tu sì …?”
“Certo … un enorme cheese burger: non te ne sei accorto? Mentre ti facevi la messa in piega”
Scoppiarono a ridere, allungati paralleli sul fianco, mantenendo una certa distanza, intervallata da cuscini, di varie dimensioni.
Downey non riusciva a smettere, quel riso era convulso ora, uno scarico di tensione, che alla fine sfociò in un inevitabile pianto.
Geffen lo abbracciò, non senza timore.
Robert, contrariamente all’amico, sembrò sigillarsi a lui.
“Vorrei … vorrei scomparire Glam … vorrei fondermi con te, guardare il mondo attraverso i tuoi occhi, sentirmi al sicuro finalmente”
“Tesoro ci sono molte persone, in questo mondo che ora ti spaventa così tanto, che ti adorano e che hanno fiducia in te, dai tuoi figli, a Christopher, ai tuoi nipoti” – sorrise pensando a Lula, ma anche a Clarissa – “… a questo … a questo pazzo, che non sapeva che, a pochi passi da lui, c’era la persona più meravigliosa che avesse mai incontrato” – lo guardò, con dolcezza e Downey si perse in quel contatto visivo, come se stesse scoprendo un Glam, che nessuno conosceva.
“Posso … posso toccarti …?” – domandò flebile, arrossendo vistosamente.
Geffen sorrise triste – “Se … se dicessi no, ti arrabbieresti? Lo faccio per il tuo bene, ma soprattutto per il mio, visto che … che io non saprei fermarmi e … e ti farei l’amore sino all’alba Robert … certo soltanto se anche tu lo volessi”
Downey si rannicchiò sul suo cuore – “Nessuno mi ha mai rispettato come hai appena fatto tu Glam … tante persone parlano di te, di come il tuo carattere non sia corretto, ma nessuno ti conosce … a parte … forse …”
“Jared? Probabilmente quelle stesse persone pensano che lui ha avuto il meglio di me, che fosse giusto o sbagliato non l’ho scoperto neppure dopo tante delusioni, sai Rob …?”
“Posso … rimanere qui …?”
“Certo …” – e lo strinse con la premura di farlo stare più comodo possibile, aggiustandogli i guanciali dietro la schiena – “… lo … lo facevo anche per Jared, le sue ossa spigolose, la sua pelle pallida”
“Amo la tua sincerità Glam”
“Spero di non deluderti Robert: non me lo perdonerei.”


L’aveva spiato ad ogni risveglio, prima che il sole sorgesse.
Robert era affascinante, anche nelle sue fragilità, nel tremolio delle sue palpebre, nelle espressioni corrucciate e poi sciolte quasi in un sorriso: Glam non ne perdeva un solo movimento, poi riprendeva sonno, tenendogli la mano, sentendola tiepida, anche se scarna.
Avrebbe chiesto a Scott di visitarlo, di prescrivergli un ricostituente.
I suoi pensieri ripiombarono su Jared, sui suoi sorrisi, sulle sue scenate, su come sapeva farsi perdonare tutto con una semplice occhiata.
Lo amava ancora così tanto.

Tè e biscotti, a Robert avrebbero fatto piacere, con un po’ di latte.
Geffen sorrise, preparando il vassoio quotidiano per la colazione di Downey: iniziavano ad avere delle abitudini.
Era gradevole, rassicurante.
Il campanello alle otto e trenta un po’ meno.
Glam sbuffò, nel rispondere ed accendere il monitor.
Fu sorpreso nel constatare che si trattava di Jude, con in braccio Camilla: aprì immediatamente.

“Ciao Glam …”
“Tio Glam!!”
“Ciao … ciao Camy, come sei bella …” – era in imbarazzo, ma accolse tra le sue braccia la figlia di Jude e Robert, che si protese verso di lui gioiosa.
“Scusa per l’intrusione … per non averti avvisato, ma il cellulare di Robert è spento e non sapevo come raggiungervi … E non ho chiesto a Pamela, prima di lasciare villa Meliti.”
“Sì … capisco … qui ci sono tutti i miei numeri” – e gli porse gentile un biglietto da visita, dopo averlo pescato da una scatola in ebano, dove probabilmente Geffen teneva prima dei sigari.
Downey si palesò improvviso e piuttosto sconcertato.
“Jude … ?!”
“Buongiorno Rob” – si girò di scatto, con un sorriso, gli occhi colmi di emozione – “Sono … sono tornato con Camilla a casa nostra … lo stavo spiegando a Glam”
La bambina, ormai seduta sul divano, provò a correre da Robert, non senza difficoltà motorie, dovute alla sindrome di Angelman.
Geffen sentì una fitta, pensando a come invece Lula si muoveva disinvolto e sicuro, nuotava, correva, saltava, tutte azioni che Camilla non avrebbe mai potuto fare allo stesso modo.
Deglutì a vuoto, vedendo anche com’era granitico Robert, nell’interagire con Jude, ma in compenso assai tenero con Camilla.
“Hai … avete fatto colazione?” – domandò, cercando di spezzare quella tensione palpabile.
“Camy sì, certo … io un caffè …” – e si appoggiò ad uno sgabello, per un lieve capogiro.
Glam se ne preoccupò più di Robert – “Ti preparo una cioccolata, ok? Non è l’ideale con questo caldo Jude, però ti ritemprerà”
“Ti ringrazio …”
“Non avresti dovuto guidare in queste condizioni” – sbottò severo Robert.
Jude lo guardò smarrito – “Hai … hai ragione, so che lo dici per Camilla … Non accadrà più”
“Rob nella cameretta di Lula ci sono dei giochi … Se vuoi mostrarli a Camilla”
“Sì Glam, vado …” – replicò cambiando tono.
Jude stritolò il bordo della penisola, trattenendo un’invettiva, poi trangugiò la bevanda, nonostante fosse bollente.

Suonarono nuovamente.
“E’ un porto di mare questo posto …” – si lamentò Geffen, ma una parte di lui ringraziava l’ignoto visitatore.
La sensazione di sollievo durò pochissimo: era Colin.
“Glam ci sei?”
“Ciao Colin, che succede?”
“Puoi uscire un attimo?”
“Sì, arrivo”

Farrell aveva le mani in tasca, stava appoggiato al muro di cinta ed ebbe un sussulto quando il cancelletto si aprì elettronicamente.
“Colin, ma …?”
“So di essere l’ultima persona che tu avrai voglia di vedere, però sto … sto portando Jared alla clinica Foster e lui voleva salutarti …”
“Jared …?”
“E’ in auto, si sente a disagio … andiamo via subito, ho paura che vada in astinenza”
Quindi Colin sapeva.
Glam si precipitò alla vettura, aprendo lo sportello lato passeggero.
Jared era lì, raccolto in posizione fetale verso il finestrino.
“Tesoro …!”
Gli venne spontaneo, come la scarica, che gli percorse il tragitto dal cuore al cervello.
“Ciao Glam … mi dispiace …”
Geffen lo strinse, commosso ed agitato quanto lui – “Jay … sono qui, andrà tutto bene”
“Grazie … e scusami … scusami” – piangeva piano, annaspando quasi per percepire a pieno quel sembiante così solido, che sapeva di buono, del suo tutto.
“Jared sono … sono io che ringrazio te, per avere mantenuto la promessa di ricoverarti”
Si guardarono: Jared gli sorrise, indebolito e spento, ma pur sempre e miracolosamente incantevole.
I suoi polpastrelli delinearono il profilo di Geffen, quindi si assopì, sussurrando un “Ti amo …”
Glam lo ricompose, assicurandosi che la cintura fosse allacciata correttamente, togliendosi la felpa, profumata del suo dopo barba e, ponendola tra la nuca e la guancia destra di Jared, gli diede un bacio leggero, che Colin non poteva vedere, a causa dei vetri oscurati, ma che non l’avrebbe comunque fatto irritare.
Adesso dovevano andare.





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