venerdì 27 aprile 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 96

Capitolo n. 96 - sunrise


“Dov’è Camilla?”
Downey arrivò alle spalle di Jude, concentrato su qualcosa nel parco: era affacciato alla finestra della camera, che di solito occupavano a Villa Meliti.
L’inglese ebbe un sussulto.
“Amore …” – si voltò, fissando Robert, accennando un sorriso – “E’ con le figlie di Glam, mi pare voglia raccontare ai piccoli una favola.”
“Ok …” – replicò Downey, le mani in tasca, lo sguardo volutamente in giro per la stanza.
Jude si avvicinò, posando i palmi tiepidi sulle spalle del compagno, che agganciò le proprie intorno alla vita del biondo.
“Qualcosa non va Rob?”
“Sai … è come se una patina si fosse posata sul nostro amore libero … Era così, un tempo, carico di allegria, di … di pazzia Jude.” – disse, gli occhi lucidi, all’improvviso, come quelli di Law, che inspirò.
“Cosa dovremmo fare per riprenderci noi stessi Robert? Aiutami … ed io lo farò, io … io farò qualsiasi cosa per te.”


Arabeschi con l’indice destro, ecco ciò che disegnava Dean sul petto di Sam.
“Non dormi …?”
“No Sammy.”
“Aspetti mezzanotte?” – e sorrise, baciandolo tra i capelli.
“Forse” – sorrise a propria volta.
“Manca poco Dean.”
“Faccio una doccia!” – e si alzò di scatto.
“A quest’ora? … Io non riesco a stare sveglio invece …” – e si assopì.
Dean rise, cercando degli asciugamani puliti nel cassettone.

L’acqua era come una carezza, ma gli mancavano quelle di Sammy.
A Dean sembrò di sentire un tonfo, aprì l’anta del box e chiuse l’acqua: c’era solo silenzio.
Si tamponò alla meglio e ritornò di corsa ad accoccolarsi sotto l’ala massiccia di Sam, che quasi russava per la stanchezza.
Controllò l’ora: erano da poco passate le undici.


“Jared, posso?”
La smorfia da canaglia stampata sul volto di Kurt era irresistibile.
“Sì, certo, ho quasi finito …”
Il cantante dei Mars era alle prese con Thomas.
“Quella cos’è?”
“Camomilla, ha una colica … come la tua, di prima, Kurt.” – e ridacchiò complice.
“Touchèz!” – e con fare simpatico, andò a sedersi sul davanzale, dove stava Jared.
“Ok a posto … Tienilo un secondo tu” – e gli passò il cucciolo di Farrell.
“Bellissimo … come i suoi papà.” – disse Kurt, incantato.
“Io centro poco, stavolta …”
“Non credo, sai? Il vostro amore plasma i bambini che amate.” – replicò Kurt sereno.
“Bella teoria … Vuoi un po’ di latte caldo?”
“Oddio siamo tornati all’asilo e manco me ne sono accorto!” – e rise sornione.
Jared ne versò in un solo bicchiere – “Ok, per te gin?”
“Adesso si ragiona! Si è addormentato …”
“Mettilo nella culla con Ryan, grazie.”
“Ho saputo di Carmela … pazzesco, ma il nonno ha il suo fascino.”
“Vero … come hai tu, del resto.”
“Vuoi provocarmi, Jared?” – chiese, puntandolo.
“Vorrei sapere cos’hai combinato prima di arrivare qui, con Denny per giunta.”
Kurt fece spallucce, sigillando l’uscita – “Mi sono fatto fare un pompino al Dallas!” – esordì, facendo sputare la bevanda a Jared, che sbarrò le palpebre, incredulo.
“Ma non da Denny, scemo!!” – rivelò Kurt, sghignazzando.
“E da chi allora?!”
“Da … non lo conosci, si chiama Tim, un vecchio amico.”
“Vecchio?”
“No, a dire il vero avrà venticinque anni, ma che ti frega Jay?”
“Era … era solo per parlare.” – ribattè incerto.
“Sei diventato rosso, da non credere … con tutte le stronzate che abbiamo fatto durante il corso delle rispettive esistenze Jay Jay Leto …”
“Si vede che sono cambiato.” – disse velatamente polemico.
“Nessuno cambia, in questa città.”


Isotta era appesa al collo di Geffen, circondato dagli altri bambini, attenti ad ascoltare ogni singolo passaggio della storia, che l’avvocato stava raccontando loro, sprofondato in poltrona.
Lula girava le pagine, mentre Violet, con Rebecca, distribuiva biscotti.
Il resto degli adulti si serviva al buffet, chiacchierando sui progetti più disparati e sulla gravidanza di Carmela, che aveva allietato la serata.
Kevin scrutava le espressioni del marito, colme di dolcezza ed amore, ma non per lui, non come in passato.
Il giovane avvertiva un sottile imbarazzo in Glam, oltre al proposito di parlargli, cosa che Kevin gli aveva impedito, approfittando della confusione legata alle feste.
Probabilmente Geffen aveva intuito il tradimento di Kevin, ma non sapeva come affrontarlo: questa era la spiegazione, che il bassista preferiva, quindi si impose di rivelare la verità il giorno seguente.
Incrociando gli occhi gioiosi di Lula, però, cambiò nuovamente idea.


“Hai parlato con Chris?”
Robert annuì, ravvivando il caminetto.
Con Jude erano finiti nell’ala opposta a quella del ricevimento, dove avevano scovato un salottino accogliente, che ricordava ad entrambi le suite di un hotel londinese, destinazione di incontri clandestini, all’inizio del loro legame.
“Con il fuso orario, ad Haiti è già Natale da quasi tre ore. Ti salutano, lui e Steven.”
“Qui manca poco …”
“Sì Judsie, quindici minuti … Ho recuperato questo” – ed estrasse dalla giacca un albero di Natale in cartoncino, ritagliato e decorato da Camilla.
“Fantastico!” – e rise solare.
Robert lo guardò, inclinando il capo – “Mi sono innamorato di questo, Jude.”
Law ebbe un istante di stupore – “Di … di cosa Rob?”
“Del tuo modo di ridere. Sai, lo notai mentre giravamo il primo film su Holmes. Nel corso delle settimane, questo tuo modo di ridere andava cambiando, con un netto miglioramento.” – ed ammiccò.
“Sì, ero … ero sempre più felice … mi stavo innamorando di te e questo sentimento mi faceva sentire leggero, solo che …”
“Dimmi, ti ascolto …”
“Solo che ero spaventato Robert … ma mai come in questo momento.”
“Di cosa hai paura Jude?” – domandò smarrito.
“Sarai sincero, se ti chiedo una cosa, vero Rob?”
“Assolutamente”
“Tu sei restato con me solo … solo per Camilla? Per la … nostra bambina?” – il suo fiato si mozzò.
Downey era visibilmente sbigottito.
“Cos’è questa Jude? Una farneticazione?!” – inveii, afferrandogli gli zigomi, costringendolo contro la parete, come se schiacciando il corpo di Law, Robert potesse fargli uscire quell’eresia dall’anima.
“Rob …”
“Ma cosa ti salta in mente amore?!”
“Passi ore con Geffen, forse a … a parlare di un divorzio …”
Downey lo avvolse, energicamente, frantumando le sue angosce.
“L’argomento è stato quello, hai ragione Jude, ma riguardava solo lui e Kevin, accidenti!”
“Co-cosa?” – balbettò, per poi sorridere, cercando la bocca di Robert – “Giura …” – mormorò baciandolo.
Downey corrispose a pieno quel contatto, ma quando se ne distaccò, la sua faccia era corrucciata – “Io posso giurartelo Jude … questo è il vero problema, però, la tua mancanza di fiducia e la necessità di continue conferme da parte mia.”
L’americano sciolse il loro intreccio, facendo un passo indietro.
“Rob era un modo di” – ma cercando ossigeno, le dita sulla nuca, le iridi colpevoli, Law fece la propria ammissione – “E’ vero. Penso di conoscerne il motivo recondito, Robert: sono io quello che ti ha tradito, spesso e nel peggiore dei modi e non esiste ladro, che non tema di essere derubato … Sono uno squallido ipocrita, immaturo e … e stronzo.”
Downey si morse le labbra, soffocando un sorriso triste.
“Il Jude che conosco io e per il quale ho deciso di cambiare la mia vita, non è l’uomo di cui parli … Non lo riconosco e neppure voglio frequentarlo, quindi devi ridarmi il vero Jude, quello che si tolse immediatamente la sciarpa, per proteggermi dal freddo, in quella notte a Londra, sul tetto di una locanda, dove abbiamo poi fatto l’amore … Tu devi farlo, se mi ami ancora.”
Law annullò quell’insignificante spazio, a metà del quale i reciproci respiri si scontravano per poi mescolarsi – “Lo farò Robert.”






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