Capitolo n. 93 - sunrise
Robert si soffiò il naso, asciugandosi il volto, mentre se ne stava rannicchiato in un angolo della biblioteca della End House.
“Scusami Glam … sono così arrabbiato e … e de-deluso” – singhiozzò, provando un malessere fisico generale.
“Ora calmati Robert … vuoi venire qui? Portaci Camilla, prenditi un paio di giorni con Jude, così parlate.” – disse calmo Geffen.
“Non gli basta mai quello che faccio, è … è faticoso, cioè lo sento così ed è orribile, perché ogni cosa che realizzo è per lui, prima ancora che per nostra figlia!” – gridò piano.
“Comprendo la situazione, non meriti un simile trattamento, ne abbiamo parlato a lungo e sai quanto ci tenga a te Rob.” – disse amareggiato, mentre Kevin sistemava le cose del compagno nell’armadio.
“Ora … ora la smetto …” – rise nervoso – “Non ci volevo neppure venire a questa cena, ma Colin e Jared hanno insistito tanto.”
“Forse è stata invece una buona idea, almeno all’inizio …”
“Infatti Glam, lui e Colin stanno a confabulare come due adolescenti, ho sempre rispettato la loro amicizia, credo che persino a Jared dia fastidio, io invece mi sforzo, invece dovrei fare come lui e dargli due ceffoni quando se li merita, specialmente con Xavier!” – esclamò, infervorandosi nuovamente.
Geffen sorrise – “Me la immagino la rissa generale … Poi Jared che prende per i capelli Jude o viceversa, è già successo” – rise, infastidendo Kevin, che preferì tornare in salone con Lula, a guardarsi dei cartoni.
“Infatti, dovrei scriverci una sceneggiatura.”
“Dammi un secondo … Kevin!?”
Il giovane tornò – “Che c’è?” – domandò incolore.
“Potresti mettere a letto nostro figlio, vorrei parlarti di una cosa importante.”
Kevin lo scrutò, scuotendo la testa – “Non stasera daddy, sono stanchissimo ed anche tu dovresti dormire, Scott è stato chiaro.”
“Ok … come vuoi … Robert devo andare.”
“Certo … che coglione, non ti ho neppure chiesto come stai …”
“Va meglio, ma tienimi aggiornato, ok?” – disse con una velata dolcezza.
“D’accordo … magari mi servi come difesa, quando lo avrò affettato!”
“Mi raccomando, pezzi piccoli!”
Risero insieme, per poi salutarsi.
Jude camminava nel parco, scrutando le evoluzioni delle fontane, arabescate di luci e colori, grazie alle numerose luminarie, installate dal signor Wong.
Prese il cellulare e compose il numero, che più amava.
“Dove sei tesoro …?” – chiese con imbarazzo.
“Nello studio di Colin”
“Hai una voce strana Rob”
“La solita quando ti diverti ad umiliarti, perché dev’essere così, altrimenti perché lo faresti Jude?”
“Umiliarti …? Non era mia”
“Sì che la era, cazzo!” – esplose.
Law inspirò.
“Sono al gazebo delle rose gialle … ti prego raggiungimi, altrimenti salgo immediatamente” – quasi implorò.
Robert avrebbe voluto stringerlo e baciarlo, ponendo fine a quella guerra fredda, ma non era così semplice.
Kevin spense la luce, accucciolandosi tra le braccia di Glam.
Gli dava le spalle, come a non volere cogliere nel suo sguardo qualcosa, che già lo allarmava.
Quel discorso che Geffen aveva intenzione di fargli, l’aveva soltanto rimandato.
Pesava come un macigno sul cuore di Kevin, almeno quanto il segreto, che si portava dentro.
Si voltò di scatto, per rivelarglielo: non ne poteva più.
Glam dormiva sereno, sembrava sorridergli.
“Daddy …” - mormorò lui, dandogli poi un bacio salato sulle labbra morbide, che questa volta non si schiusero.
Jude si tormentava le mani, nell’attesa di Robert, che arrivò con passo spedito.
Downey possedeva quella verve nei gesti e nei comportamenti, che era divenuta il segreto del suo carisma interpretativo, qualunque personaggio affrontasse.
In realtà, sul set, non esistevano sfide impossibili, ma quella che si accingeva ad a combattere ora, gli sembrava già persa in partenza.
Gli occhi di Jude lo investirono, con la loro bellezza, frammentata in mille dubbi.
L’inglese si alzò dalla panchina, dove Robert lo costrinse a risedersi.
“Adesso mi ascolti Jude! Parleremo di Christopher una volta per tutte!”
“Dove sono finiti Colin?”
“A spasso in giardino … a discutere presumo.” – rispose Colin sconsolato.
Jared dava la camomilla ad Isotta, che lo guardava sognante.
“Siete bellissimi …” – aggiunse l’irlandese.
“Grazie amore … i gemelli?”
“Dormono, anche Amèlie, persino Camilla; ho detto a miss Wong di sistemarla nella camera di Becki e Violet.”
“Hai fatto bene Cole, lasciamo che i genitori si … sfoghino.” – e sorrise poco convinto.
Farrell andò a sedersi sulla poltroncina della nursery, senza mai perdere di vista Jared.
“Notizie di Glam?” – chiese improvviso.
“E’ alla Joy’s House, salvo imprevisti.”
“Pensi che Scott l’abbia trattenuto?”
“No, speriamo trascorra il Natale con noi … sì, insomma, in famiglia Colin.”
“Staremo insieme, nessun problema.” – e volò a stringerli, baciando Isy tra i capelli soffici, almeno quanto la bocca di Jared, dove si perse, provando una malinconia struggente.
“Ok Rob … parliamo di Christopher.”
“Perfetto. Vuoi sapere se ci ho scopato? No! Se l’ho baciato? No! Se gli voglio bene? Sì, un bene immenso, ma come ad un figlio, accidenti!”
Law si allontanò verso le siepi, poco distanti.
“Avrei preferito se te lo fossi portato a letto.” – rivelò sfinito.
“Non voglio parlare con la tua schiena Jude” – disse avvicinandosi.
“ED IO NON VOGLIO PERDERTI!” – gli urlò in faccia, mentre la sua stava andando a fuoco.
Downey allargò le braccia, vibranti di costernazione.
“Spiegami … Jude spiegami il motivo in base al quale tu puoi avere il privilegio di condividere una particolare intimità con Colin e con Xavier, mentre io dovrei cristallizzarmi in funzione di te, cosa che peraltro faccio perennemente!?”
Law prese fiato, cercando una motivazione corretta.
“Tu gli parli con amore Rob … Ti precipiti quando Chris ti cerca. Lo rendi prezioso agli occhi di chi vi guarda.”
“Di chi ci guarda? Intendi ad esempio Colin?”
“Non accusarlo ingiustamente, lui ti tiene la parte ad ogni mia crisi.”
“Quello accusato ingiustamente, qui, sono soltanto io Jude.” – ribattè serio.
“Tu … tu sei mio Rob … me ne sono convinto nell’attimo in cui ci siamo innamorati …” – disse commosso.
Downey precipitò sull’erba fresca di rugiada notturna.
“Mi stai distruggendo Jude con questa gelosia … E mandi in frantumi anche il nostro matrimonio, te ne rendi conto?”
Law si mise in ginocchio, prendendo le mani di Robert, che si rifiutava di incrociare i reciproci sguardi.
“Ho … ho perso me stesso Rob … Non riesco neppure a respirare se penso che tu ed io un giorno potremmo …” – non riusciva a dirlo.
“Separarci?” - chiese severo.
Jude assentì, poggiando la fronte sulla spalla di Downey.
Robert esitò, ma le sue braccia erano come attirate da una calamita invisibile, che gli imponeva di stringere a sé Jude, il suo Jude.
“Andiamo via Robert … con nostra figlia …”
“Mi proponi una fuga?”
“No. Un viaggio. Vorrei che anche tu riuscissi ad innamorarti di nuovo … ma di me Rob.”
Downey boccheggiò, esausto – “Tu continui a credere che io mi sia innamorato di Chris … Se insisti, me ne convincerò anch’io, è questo che vuoi Jude?”
“No …” – rispose in lacrime.
“Ascolta … forse …” – tornò a guardarlo, accarezzandogli le braccia, come a consolarlo – “Forse dovremmo andare in terapia Jude, Brandon potrebbe aiutarci.”
“Non ho bisogno di lui per capire quanto sta diventando malato il mio amore per te Robert, ma io di questo vorrei anche morirne, sapendo che era giusto così … era giusto sfidare il mondo, sapendo che non mi avresti mai lasciato andare senza di te, era giusto adottare una bimba come la nostra Camilla, combattendo un’ulteriore battaglia … Ti … ti ho mai raccontato di come certi ex amici mi hanno insultato, sapendo che stavamo insieme? Per non parlare di quelli che mi dileggiavano, visto che avevo scelto di amare un ex drogato, un ex ubriacone, uno come te … Ho fatto a botte con quei bastardi, prendendo le tue difese, come neppure avrei fatto per i nostri figli … perché sono nostri, vero Rob? Perché sei tu la mia unica, vera, famiglia.”
Downey annuì, percorso da una scossa elettrica, che gli faceva pulsare le iridi di inchiostro, increspate di stelle: quelle in cui si stava specchiando Jude, con le proprie, riaccese su di loro, come mai prima di allora.
Si baciarono, spogliandosi lentamente, sulle tavole in legno di quel tempio, testimone di un amplesso profondo, talmente bello da cancellare i livori e le incomprensioni delle ultime settimane, come per incanto.
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