martedì 10 aprile 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 84

Capitolo n. 84 - sunrise


Jared esitò.
Umori caldissimi stavano colando tra le sue gambe, ormai indolenzite, a cavalcioni su quelle di Colin.
“Tesoro …” – la voce roca dell’irlandese sembrò graffiargli il petto;
Il successivo colpo di reni, con cui il compagno si svuotò completamente in lui, per la seconda volta, apparve a Jared come l’apposizione di un sigillo definitivo.
Rivoleva la sua vita con Farrell, senza più ombre.
Jared si accasciò, ansante e febbrile, cercando la bocca dell’altro, che lo portò sotto di sé, delicatamente.
Colin faticò a separarsi da lui, brandendo i glutei dell’americano, che emise un lieve lamento, inarcando la schiena e cercandolo ancora.
“Jay …!” – nel sussurrarlo, le labbra di Farrell si contorsero, ma poi il suo volto esplose di appagamento e lascivia, per averlo penetrato nuovamente.


Robert spense le luci della cucina, raggiungendo Jude sul divano, nella semi oscurità della loro sala: la tv accesa su di un vecchio telefilm, che all’inglese non importava per niente.
Subito dopo cena aveva assistito ad una telefonata tra Downey e Chris, leggendo nelle espressioni del marito quanto fosse importante ed atteso per lui quel momento.
Sapeva che il loro era un legame innocente: ciò nonostante pensò che sarebbe stato meglio un sano tradimento fisico tra Rob e Chris, come un dente malato, ma curabile.
Una volta tolto, avrebbero superato la crisi, perdonandosi per l’ennesimo sbaglio, ricominciando più solidi ed uniti che mai.
Invece quel tarlo stava corrodendo le certezze di Law, riducendolo ad un’impotenza scarsamente sopportabile.
“Sei proprio una brava massaia Rob.”
La voce di Jude era incolore ed arida.
Le braccia incrociate sul petto, il sembiante rigido.
Downey gli si pose a fianco, aderendo con il braccio sinistro, al suo braccio destro ed idem con la gamba sinistra, alla sua destra, avvertendo il calore della pelle di Jude, attraverso la stoffa, peraltro leggera, del suo completo elegante.
Pantaloni e camicia grigio scuro, un tono che gli donava alla perfezione.
“E tu troppo in tiro per una serata in famiglia …” – replicò interdetto Robert.
Jude si alzò in malo modo, come il suo controbattere – “Esco a bere qualcosa, magari con Colin.”
“Magari Colin è con Jared ad Haiti.”
Jude lo fissò.
“Vedo che non lo sapevi, il tuo irish buddy aveva di meglio da fare che aggiornarti sui suoi legittimi spostamenti.” – ed anche Downey si sollevò, ma senza impeto, per andare da Camilla, che lo stava chiamando.
Si grattò la nuca, con desolazione, nell’allontanarsi da Jude, che era scalzo e sentiva i piedi gelidi.
Quella sensazione si era propagata velocemente sino alla sua spina dorsale, procurandogli un disagio estremo.
“A te invece le news non mancano mai dall’isola!”
Gli uscì così, quasi isterica, quella frase senza senso, come il litigare sugli spettri, che la gelosia insana si ostinava a proporre loro, consumandoli.

Camilla appoggiò la testolina sulla maxi t-shirt di Robert, seduto sul parquet, la schiena contro la tappezzeria rosa, decorata con nuvole e mongolfiere, quasi si era inciampato in quei pantaloni della Adidas, rubati a Jude.
Un abbigliamento persino goffo ed improbabile, ma su di lui sensuale, puro, come qualsiasi gesto di Robert, che annuiva alle esternazioni della sua cucciola, mentre reclamava anche “ … papi Jude …! Bello papi Jude …” – e sorrideva, indicando una scatola di cartone, tempestata di coccinelle, all’interno della quale c’erano molte foto di Law.
Downey l’aprì, tirando su dal naso, gli occhi lucidi, frugandoci dentro come un bimbo alla scoperta di un tesoro.
“Eccolo qui … papi Jude …”
Nel battere le manine, Camilla confermò il suo entusiasmo.
Era una polaroid datata, sul primo set di Holmes, uno scatto rubato a Law, mentre prendeva un tè, lo sguardo perso in quello di Robert, che gli stava spiegando una scena del film.
“Impossibile non innamorarsi di lui, vero Camy?” – le bisbigliò turbato.
Jude li spiava, sentendosi soffocare.
Corse a stringerli, baciando poi Robert, con trasporto.
I singulti di approvazione da parte di Camilla, sembravano coronare quegli attimi, fatti unicamente del loro amore infinito.
“Non … io non volevo Rob … scusami … scusami”
Jude stava piangendo, come Rob, che li cullava, i suoi punti di riferimento, dai quali traeva ispirazione e fiducia nel domani, ad ogni suo risveglio.
Sarebbe rimasto lì per sempre, se solo avesse potuto.


Geffen rincasò tardi.
Una riunione fiume nel suo studio, era stata la causa di quell’orario insolito.
Crollò in poltrona, slacciandosi la camicia, dopo avere buttato giacca e cravatta nell’ingresso, come d’abitudine.
Le scarpe volarono nell’apposita sezione dell’enorme cabina armadio ed i calzini in un cesto con la foto di Lula, che si tappava il nasino, vestito da clown.
Glam rideva puntualmente nel guardarla, sentendosi subito meglio.
“Daddy era ora …”
Kevin gli corse incontro, inginocchiandosi tra le sue gambe ed avvolgendo il suo busto, per dargli un bacio.
“Ciao piccolo …”
“Ciao Glam …”
“Ho bisogno di una doccia Kevin …” – disse piano, accarezzandogli i capelli, spargendo altri baci nel collo del bassista.
“Posso aiutarti?”
“Ok … mi tieni compagnia Kevin?”
“Certo.” – e catturandolo per i polsi, se lo portò appresso, aiutandolo poi a spogliarsi.
Kevin indossava solo una vestaglia in seta nera, una scelta non casuale per quella serata con Geffen.
L’avvocato si abbandonò alle amorevoli cure di Kevin, che non si limitò a frizionargli ogni centimetro raggiungibile anche dalla sua bocca, prodiga di baci.
Quando scivolò con la stessa all’ombelico di Glam, ondeggiandoci intorno, fino a precipitare al suo inguine, l’uomo provò come un capogiro.
“Kevin … devo stendermi …” – ansimò.
“Nessun problema.” – disse sorridente il giovane, tamponandolo con un telo, senza rendersi conto che stava anche sostenendo Geffen.
Arrivarono tra le lenzuola, provando emozioni differenti.
Kevin era in estasi nel contemplare Glam, mentre quest’ultimo riprese energie e controllo di sé, pensando ad un pessimo effetto causatogli dal calore nel box.
“Sei ancora bagnato daddy … ci penso io …”
La lingua di Kevin era generosa e caparbia, nel rincorrere goccioline di sudore ed acqua sul busto di Glam, che era eccitato e sconvolto da quelle premesse.
Si sporse verso i capezzoli di Kevin, constatando che la sua testa non dava problemi, così da permettergli di ricambiare tanta devozione.
Mentre li succhiava, Glam si ritrovò concentrato su quell’amplesso in modo nuovo: non avrebbe lasciato nulla al caso, voleva fare stare bene Kevin, come meritava.
Quando lo impalò, dopo una scrupolosa e profonda lubrificazione, affondò le unghie nei suoi fianchi, facendolo urlare di gioia.
Quella di Kevin era un’autentica arte amatoria, in quella posizione: Geffen provò gelosia, spiccava dalle sue iridi e da quello che sembrò un ruggito nel silenzio di quell’ambiente saturo del loro appartenersi – “Tu sei mio Kevin”
“Ce-certo daddy …” – gemette, sentendosi martoriare le carni non solo dal sesso di Glam, ma anche dalle sue dita invasive e pretenziose.
Con una foga straripante, Geffen gli venne dentro, completando l’atto in due fasi, sodomizzando Kevin durante gli ultimi minuti dell’orgasmo di entrambi.
In carenza di ossigeno, Glam decise di proseguire, girando Kevin, che si sarebbe lasciato fare di tutto.
“Voglio scoparti adesso …” – gli disse con un’inattesa brutalità.
Kevin serrò le palpebre, permettendogli di legarlo alla testata, con una cintura recuperata nel comodino.
Quando si accorse della luce dell’alba, i polsi erano segnati da lividi ed alcune escoriazioni: a Kevin non importava.
Il dolore, semmai, era instillato in lui dal posto vuoto accanto al suo: pensò al jet di Meliti in arrivo ed all’ovvia ragione per l’assenza mattutina di Geffen, nonostante il giorno non lavorativo.
Si rannicchiò, tornando con la mente a Colin, ma fu anche peggio.



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