lunedì 31 marzo 2014

ZEN - CAPITOLO N. 269

Capitolo n. 269 – zen



Harry affondò un altro bacio, nella bocca di Louis, mentre i propri fianchi facevano lo stesso, tra le sue gambe tremanti.

Boo era stremato e felice.
Il marito lo aveva amato sino all’alba, nella piena tranquillità del loro loft, dov’erano tornati insieme a Petra.

“La nostra bambina … E’ incredibile”
Styles non smetteva di ripeterlo.

La piccola dormiva tranquilla, dal baby control nessun segnale di capricci.

Era stupenda anche sotto quel profilo, almeno per quella prima notte, nella casa dei suoi nuovi papà.
Quella parola inorgogliva entrambi ed Harry, in giacca, cravatta e ventiquattrore, dopo colazione, li aveva salutati con un piglio disinvolto, ma anche navigato, almeno agli occhi di Louis, che lo guardava andare in studio.

Sembrava che quella scena si ripetesse da anni, mentre invece era unicamente un giorno.
Uno dei tanti, che la coppia si augurava di rinnovare, vedendo Petra crescere, non senza un fratellino.
Harry lo disse subito a Louis, nell’entusiasmo del ritorno a casa.

Il futuro paleontologo era in piena caos emozionale, ma non certo per la loro riconciliazione.
Quella lo rendeva appagato e sereno.
Era ben altro, che ancora gli dava ansia, nonostante le rassicurazioni sciorinate da Lux al telefono, come una cantilena, la sera precedente, quando Petra volle dare la buonanotte al suo zio preferito.

Lo scambio di battute tra gli adulti fu velato di imbarazzo e costernazione.
La solidità di Vincent era solo apparenza ben costruita, ma Louis sapeva che il francese non ci credeva affatto.
Era ancora troppo presto.



I suoi occhi azzurro cielo puntavano una cosa qualsiasi, da quando l’affarista si era seduto in poltrona, all’altro capo della scrivania di Hugh Laurie.

Lo psicologo, nell’assoluto silenzio di quella seduta, quasi giunta al termine, un po’ prendeva appunti, un po’ guardava il soffitto ed infine Lux, in totale scena muta.

Lo sguardo liquido, di chi aveva pianto, le dita intrecciate, nervose, il respiro mozzato, appena un pensiero particolare si affacciava alla sua mente, di certo rivolto a son petit, ma che non gli usciva per nulla.

“Ok … tempo scaduto …” – mormorò Laurie, perplesso.

“Ti ringrazio …” – Vincent si alzò lento – “Posso tornare lunedì?”

“Come no, siamo sempre aperti” – sorrise a metà.

La porta si schiuse ed in corridoio stazionava Mason, pronto per andare a pranzo con il compagno, che gli fece un cenno benevolo.

Lux scivolò via.


Nasir giocava con i cubi di plastica, rubati al nido dell’ospedale.
Jim e Hugh preferivano tenerlo lì, vicino a loro, raggiungibile in qualsiasi pausa o cambio turno.

Erano realizzati, alla vista di chiunque ed isolati in un mondo a parte, nell’interagire amorevole e piuttosto inconsueto, per chi conosceva Laurie.

Certo il suo sarcasmo e l’ironia mai mancavano anche al cospetto di Mason, che si sarebbe dispiaciuto ed allarmato del contrario, però le espressioni tenere dell’analista, rivelavano il suo attaccamento puro al consorte, fatto di mille gesti e premure, quasi impercettibili, ma concreti.

“E’ stato un po’ assurdo, sai Jim, anche se non è il primo paziente che se ne sta zitto in questo modo …” – quasi si lamentò, rammaricandosi di non avere fornito un sostegno adatto a Lux.

“Deve sbloccarsi o forse non accadrà mai, però insieme a te si sentiva al sicuro, compreso insomma … O no?”

“Chi può dirlo …? Varcata la soglia, Vincent ha nascosto il proprio dolore dietro agli occhiali scuri ed ad un sorriso di circostanza, mentre ti salutava educato, vero?”

“Sì, è gentile, lo si capisce da mille dettagli, anche se di certo è stato una canaglia, magari quando faceva il poliziotto … “

“Louis, volente o nolente, gli ha spezzato il cuore, punto”

“Non con intenzione, forse perché troppo giovane …”

“Il fatto è che Louis ama Harry e viceversa o … quasi”

“Quasi?! Che dici?” – Mason rise poco convinto.

“Ha messo incinta Sylvie, insomma ci ha provato, ha sperimentato, ha curiosato nelle mutandine di un’avvenente mamma single, senza pensarci troppo! Interroghiamoci su questo fatto o meglio, che lo faccia Louis!” – affermò perentorio, ma a bassa voce.

Jim scosse la testa – “Lo ripeto, sono poco più che adolescenti, insomma non possiamo ritenerli adulti, nonostante Harry sia un talento e Louis ad un passo dalla laurea … Devono crescere ed accumulare ulteriori esperienze”

“Non ora che hanno Petra: ti rendi conto del gesto di Lux?”

“E’ stato paterno, ha confermato la sua devozione a Louis, anzi all’idea di volerlo felice, anche nelle vesti di padre, anche se non insieme a lui”

“Ed i Re Magi portarono doni al bambinello!” – Laurie ringhiò.

“Te la prendi troppo, hai una cotta per Vincent?”

“Eh?? Cosa c’era nel tuo caffè?!” – e gli diede un bacio intenso e meraviglioso.

Jim sentì le farfalle nello stomaco, dopo tutti quegli anni gli sembrò un miracolo.
Così come le risa gioiose di Nasir, che l’oncologo mise velocemente tra sé e Hugh, stringendoli entrambi, con infinito affetto.



Il ragazzino gli aprì, sorridente e composto.

Geffen inspirò, esitando un attimo, poi entrò.

“Mi chiamo Hiroki, benvenuto”

Il legale lo scrutò – “E sei nipote di Kiro, davvero?”

“Figlio di sua sorella”

“Sì, capisco … Permesso …”

“Prego”

Su di una tv al plasma scorrevano immagini di una fioritura straordinaria, rosa e bianca, una distesa immensa di alberi.

“Sakura, lo spettacolo di primavera dei ciliegi di Tokio, io vengo da lì …” – spiegò.

Il giovane indossava dei pantaloni in lino, poco sopra la caviglia ed una t-shirt, entrambi bianchi, camminava scalzo sul parquet lucido ed aveva un buon profumo.

Era bellissimo e fragile, come quei fiori, pensò Glam, seguendolo.

“Faccio strada, se hai sete o fame, non hai che da chiedere”

“Solo un po’ d’acqua, ti ringrazio” – chiese allungandosi poi su di un letto senza cuscini o lenzuola, se non quello che rivestiva il materasso, ampio e comodo.

Hakiro gli procurò un guanciale, recuperandolo da un baule in legno massiccio.

Gli arredi erano scarni, ma di pregio.

Probabilmente il tempo per le pulizie era esiguo.
L’ordine dominava ogni dettaglio.

“Faccio in un secondo Glam … che nome strano”

“E’ un acronimo …” – replicò distratto.

“Il mio significa abbondante gioia, ma anche forza”

“E tu sei così Hiroki …?” – lo guardò dritto negli occhi scuri, come quelli di Robert.

“Ci provo” – e scrollò le spalle.

“Qui ci sono i soldi …” – Geffen glieli porse, un po’ a disagio.

Hiroki sembrò contarli, ma solo con le iridi attente – “Ma sono troppi …” – e fece per restituirgliene una parte.

“No, tienili pure … E non farti strane idee, non pretendo nulla di più, di quanto Kiro mi ha accennato …” – e deglutì a vuoto.

Hiroki arricciò il naso – “Lo zio Kiro dice che tu sei un virtuoso, ma adesso mi ricordi uno scolaro il primo giorno di scuola” – disse limpido, senza provocazione alcuna.

Geffen rise – “Mai fatto cose del genere, anche se tuo zio mi sta aiutando, per questo cancro, per i dolori, capisci?”

Il giapponese annuì – “Dopo il trattamento di oggi, ti sentirai meglio, anche se per pochi giorni”

“Giorni? Addirittura?”

“Sì, però brucerai prima la tua vita Glam … Questo lo sapevi?”

“Non mi importa … Non voglio diventare il peso di nessuno”

“Forse esageri … Vado e torno, spogliati, avrai caldo, puoi tenerti l’intimo oppure toglierlo, cerca di essere a tuoi agio” – e gli passò un telo di spugna candido.

In fondo al corridoio c’era una mensola.
Sopra di essa il necessario per preparare una dose di eroina pura.
Una merce tanto illegale, quanto preziosa, per chi la spacciava.
Kiro era uno di questi.

Hiroki si riavvicinò a Geffen.

“Ok … L’iniezione puoi farla dove vuoi” – e gli mostrò gli avambracci segnati.

Il giovane sembrò commuoversi, mentre si inginocchiava al centro del materasso.
Posò un bacio su quella pelle martoriata, lasciando Glam un po’ stranito.
Era dolce nei suoi modi gradevoli, ma non impostati.

Solo il laccio emostatico infastidì l’avvocato; era troppo stretto.

E doveva esserlo anche Hiroki, se solo lui avesse avuto l’azzardo di scoprirlo, fisico permettendo.
Glam era a pezzi.


“Ora rilassati … Che bei tatuaggi …”

Geffen socchiuse le palpebre, sentendosi pervadere da un calore piacevole.

“Tu ne hai?”
“Alcuni, sì … Posso?” – e lambì l’asciugamano, posato sui fianchi di Geffen, con le dita affusolate.

“Certo …” – bissò lui, flebile, come impaurito.

Le labbra di Hiroki erano morbide.
La sua bocca, caldissima.

Sapeva come dare piacere ad un uomo, l’aveva imparato presto.

Il patrigno lo adorava, così che quel loro legame divenne sempre più torbido, da quando Hiroki aveva sedici anni.

Fu straziante lasciare la città natale e quella persona, così matura ed avvenente, il suo maestro in ogni piccola e grande cosa: nessuna violenza, nessuna costrizione.

Hiroki gli era devoto ed ogni notte si coricava insieme a lui, mentre la madre, un’aristocratica vezzosa e frigida, si imbellettava nei suoi appartamenti, per recarsi a feste, dove il marito non amava andare.

Lui scriveva, era archeologo e filosofo.

Forse l’aveva sposata più per Hiroki, suo studente, che perché realmente innamorato di lei.

Lei che li aveva divisi, minacciando di denunciare entrambi alle autorità locali.

Kiro promise un lavoro serio, ma poi Los Angeles travolse e divorò il destino di Hiroki.
Il patrigno si impiccò due mesi dopo la sua partenza.
Lui precipitò nell’inferno delle dipendenze e della prostituzione.

Kiro lo salvò, ma solo a metà.

Quello strano mestiere, in compenso, gli permetteva di vivere al sicuro da un mondo, dove si stava rovinando inesorabilmente.

Disintossicato e senza pendenze legali, Hiroki si rivelò perfetto: un pusher di alto livello.
Quello a cui unicamente tipi come Geffen, potevano accedere.



Geffen che stava venendo, copioso, ma in preda anche ad allucinazioni dai contorni incandescenti.

Hiroki gli si appoggiò sul petto e lui lo chiamò più volte Jared.
Lo strinse forte.
Infine si assopì.

Hiroki lo lavò, senza svegliarlo, poi si alzò per andare alla blindata.
Qualcuno aveva suonato.
Gli appuntamenti della giornata, però, erano finiti.

Schiuse con stupore le labbra, ancora speziate dal sapore di Glam, controllando dallo spioncino chi fosse.

Aprì.

“Salve … Io mi chiamo Jared”

“Sì, ti conosco” – lo interruppe, spostando la scollatura della maglietta verso destra, per rivelare a Leto un tatuaggio.

Provehito in altum.





 KOIKE TEPPEI è HIROKI, special guest solo per questo capitolo :)


SAKURA TIME ...



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