Capitolo n. 255 – zen
“Io
non credo alla felicità, come moto perpetuo dell’animo … Credo sia come la scia
di una cometa: in realtà ne vediamo unicamente la coda e lo stupore, quell’attimo
esatto in cui ne percepiamo la bellezza e l’inafferrabilità … Ecco, in quel
breve lasso di tempo, io credo di essere stato felice”
Le parole di Ivo
Steadman, lambirono i pensieri di Louis, senza un perché.
Le aveva pronunciate
in un pomeriggio assolato, standosene alla finestra della camera, presa in una
locanda, quando portò Louis in Inghilterra, con Tim nel cuore ed il suo
studente preferito tra le lenzuola.
Fumava l’ennesima
sigaretta, nudo e stagliato contro quella luce dorata, che lo rendeva così
simile ad un demone, in volo verso un paradiso immaginario.
Quel Dexter stava
parcheggiando, nel piazzale prospiciente un lussuoso motel, la radio accesa, a
basso volume.
“Qui va bene?” –
chiese un po’ agitato.
“Cosa?” – bissò flebile
il ragazzo, intirizzito, nonostante il riscaldamento al massimo.
L’altro stava
sudando, ma non si lamentava.
Aveva comunque fretta
di entrare in quel posto sconosciuto a Louis.
“Prendere una suite
qui, di solito i tizi che faccio salire sul boulevard vogliono venirci, è
pulito, elegante” – spiegò trafelato.
Poi aggiunse – “In
effetti erano spariti, per questa pioggia, solo tu sei rimasto in giro” – e rise
nervoso.
“Già”
L’uomo lo fissò,
finalmente.
“Perché tu sei come
loro, giusto?”
Gli balenò un dubbio,
ma in fondo pensava che Louis fosse fatto di qualche cosa, non era poi così
strano.
Di conseguenza Dexter
provò a giocarsi un’ultima carta, per sciogliere la situazione.
“Ho della coca, magari
ce la sniffiamo insieme, che ne dici Louis?”
Boo era rimasto al
quesito precedente.
“Sì … Sono come loro,
anche Harry lo dice” – mormorò, come svuotato.
“Harry? Il tuo
protettore?”
Louis avrebbe riso
forte, se non fosse stato per quella fitta nel petto, che gli toglieva il
respiro.
“No … Sarebbe un
paradosso”
“Ah capisco …”
In realtà Dexter non
ci stava capendo niente, ma quando dei fari rimasero accesi dietro di loro,
ebbe un sussulto.
Erano due macchine,
di grossa cilindrata.
Ne discesero tre
uomini.
Uno era armato ed
aveva la pettorina dell’FBI.
“Scendi con le mani
alzate!” – gli gridò.
Uno più alto si
diresse verso il lato passeggero, spalancando la portiera.
“Louis vieni via
subito!”
Era Daniel, mentre
Rossi faceva lo stesso al lato opposto.
L’ultimo era Brent,
che prese subito tra le braccia il fratello, piangendo il suo nome – “Boo, mio
Dio, ci siamo presi un tale spavento … Avanti coraggio, ci sono Brendan e Glam,
andremo da lui, ok?”
Louis non proferiva
parola, mentre Dexter era un fiume in piena di “… Ma che cazzo volete da me??
Io non lo conosco, io non sono nessuno, penserete mica che lo abbia rapito??!
Ho moglie e figli a San Francisco!”
“Allora tornaci di
corsa, stronzo!” – gli sbraitò in faccia David, mentre Kurt allacciava la
cintura di sicurezza a Louis e Pana gli dava da bere.
Poi fu il buio, per
quel cucciolo d’uomo.
Il suo cellulare non
aveva mai smesso di illuminarsi, finché non si scaricò di colpo.
“Accidenti, ora c’è
la segreteria!”
Harry aveva
accompagnato a casa Sylvie.
La ragazza si
tormentava le pellicine delle unghie, scrutando l’oscurità oltre il finestrino,
costellato di minuscole gocce d’acqua.
Erano fermi sotto al
suo palazzo.
“Ok, io vado” –
inspirò, cercando la maniglia.
“Co come ti senti?” –
domandò impacciato.
Sylvie lo puntò
greve.
“Me la saprò cavare e
mi dispiace di avertelo fatto sapere in quel modo”
“Potevi almeno
aspettare di essere sola con me, cazzo!” – si riaccese, pensando allo sguardo
di Louis.
Haz si sentì morire
in quell’istante.
La ragazza ridacchiò
esasperata – “Quanto sei infantile e patetico!” – sbottò.
Styles prese fiato.
“Scusami, posso
capire come ti senta …”
“Infatti! Ho già
cresciuto un figlio da sola, non mi ci voleva questo casino, dovevo essere più
attenta, sono stata una stupida totale!” – ed iniziò a piangere.
Harry le porse il
fazzoletto che aveva sempre nel taschino della giacca.
“Calmati … Non fa
bene al bimbo … credo … e poi non è una stronzata
lui … o lei … ecco non so, si potrebbe già sapere?”
“Ma cosa, cazzo??!”
“Il … il sesso del
nascituro … di quanti mesi sei?” – chiese timido.
Sylvie si tamponò le
guance arrossate – “Non lo so esattamente … Cioè devo fare ancora delle
analisi, non mi ricordavo la data dell’ultima mestruazione, durante le visite
ti fanno un sacco di domande …” – spiegò sconvolta.
Harry aprì lo
sportello – “Andiamo, dai, così ti stendi …”
“Ok … Ti ringrazio …”
Brendan gli spostò i
capelli ormai asciutti dalla fronte, sedendosi sul bordo del letto, dove Louis
stava riprendendo energie e lucidità, accudito come se fosse un neonato.
Quella nuova vita,
però, non gli piaceva affatto.
“Ecco ora tu vedi
questa cosa nel peggiore dei modi, ma Harry non ha smesso di amarti, anzi … Ha
commesso un errore, ti ha fatto un torto, è palese, però, insieme, potrete
trovare una soluzione, uniti più di prima, anche nell’affetto verso questa
creatura, che, non dimenticarlo mai, non ha alcuna colpa”
Laurie gli parlò con
quel tono caldo e lieve, osservato da Rossi, che Louis cercava a tratti, con
quei due spicchi di cielo.
“Mi … mi porteresti
ancora del tè, Brendan, per favore?”
“Certo, vado e torno”
– gli sorrise amorevole.
In fondo tutti,
amavano Louis.
Dave chiuse la porta.
“Se Brendan facesse
una cosa del genere, Brent lo ammazzerebbe” – sussurrò rannicchiandosi in
posizione fetale.
Rossi annuì,
prendendo una seconda coperta.
“Hai freddo? Stai
tremando …”
“Sì Dave … potresti
dirgli di smetterla, comunque?”
“A Brendan? Certo” –
sorrise – “… è che lui vorrebbe aiutarti, come il resto di noi”
“Lo so …”
Geffen bussò,
scortato da Robert e dai muffin al cioccolato, preparati da Pamela, rimasta in
cucina con i gemelli.
Lula li precedeva.
“Ciao Boo …” – e gattonò
sino a lui, dandogli poi una carezza.
“Ehi soldino …”
Louis lo strinse
forte, liberando un pianto trattenuto troppo a lungo.
Downey posò il
vassoio, bisbigliando agli amici che era meglio andarsene.
Furono d’accordo, ma Lula
restò.
“Fuori ci sono di
nuovo le stelle” – esordì il piccolo – “Il temporale è passato, sai?”
“Non per me Lula …
Meritavo questa umiliazione?”
Soldino lo guardò – “Papà
ha fatto spesso pasticci, ma papi Kevin lo adora ancora oggi e non perché è
malato: un motivo ci sarà” – sottolineò simpatico.
“Se tu potessi fare
una magia e riportare indietro il tempo …” – ribatté un po’ incolore.
“Devi dormire Louis …
E non permettere a questa angoscia di deturpare il tuo bellissimo cuore …”
“Ci ha già pensato
Harry …”
“Lui ti sta pensando
e ti cerca … Presto arriverà da te”
“Non lo voglio più
vedere, diglielo …”
Lula scosse i suoi
riccioli – “Ora torno da papà …”
“Posso chiederti un
favore?”
“Certo”
“Mi presti il tuo
tablet, soldino?”
Glam riattaccò
pensieroso.
Jude prese posto
accanto a Rob, sul divano davanti a quello occupato da Geffen e Kevin e Rossi.
Tim stava parlando
con Kurt in veranda.
“E’ successo un bel
guaio in Africa …” – e li aggiornò con le novità appena ascoltate da Meliti.
“Quindi Peter è
ferito?”
“Sì Dave, hanno fatto
sosta a Barcellona, in una clinica privata di un parente di Antonio, così non
faranno domande inutili e scomode …”
“Vincent come sta?” –
chiese Kevin.
“Disidratato,
malnutrito, però è vivo e vegeto … Almeno questo”
Il telefono squillò
di nuovo.
Geffen rispose
scocciato, vedendo il nome sul visore.
“Harry non adesso, ci
sentiamo domani, Louis è qui, non temere per lui!” – gli disse secco, ma Styles
non si sarebbe arreso tanto facilmente.
“Non credere di
potermi estromettere, è il mio matrimonio, non una faccenda di lavoro e se è
per questo puoi anche licenziarmi, hai capito??!!”
Sylvie lo guardava,
appoggiata allo stipite del living, con una tazza di tisana tra le dita gelide.
Era spaventata nell’udire
la voce di Glam, tuonare attraverso il ricevitore.
“Bastardo ha
riattaccato! Io vado a Palm Springs”
“Non sarebbe meglio
aspettare Harry …? Lasciare che Louis si tranquillizzi …”
“No! Non possono
farmi questo, chi credono di essere??! Louis è mio marito, io lo amo e non sono
disposto a perderlo, sia chiaro!”
“Sì … certo, è chiaro
… Buona fortuna Harry.”
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