Capitolo n. 254 – zen
Jared rimase da solo
con Glam per alcuni minuti.
L’avvocato gli si
avvicinò, un po’ instabile sulle gambe.
“Non stancarti …” –
gli mormorò il cantante, appena fu vicino, dandogli anche una carezza sullo
zigomo destro.
L’uomo sorrise
affaticato, poi prese un respiro più profondo, come il suo sguardo su Leto.
“Ti ho amato per
svariate ragioni, alcune evidenti, altre meno …”
Jared sorrise a
propria volta, senza dominare un fremito alle proprie dita affusolate.
“Oggi ti sei superato
…”
“Ho dato
semplicemente voce alle mie emozioni, Glam ed alle mie intenzioni”
“Sì, è chiaro … Ed è
stato toccante”
“Tu avresti forse
reagito più d’istinto, ho visto come li hai folgorati con un’occhiata e non ti
nascondo che ho provato la stessa rabbia appena ho visto Yari e Misaki in
ospedale”
“Forse hai ragione
tu, anzi, di sicuro è così … Odiare non serve a niente, anche se si è subito un
torto, anche se siamo stati fatti a pezzi dalle scelte altrui o dalla sorte”
“Non è così semplice,
Glam, non so fino a che punto sarò abbastanza ragionevole”
“Hai dato loro una
possibilità preziosissima, Jay, per cui rimanda l’incazzatura se e quando gli
assistenti sociali ti consegneranno una relazione pessima sugli sviluppi di
questa cricca”
Leto rise leggero –
“Tu non aspetti altro?”
Geffen gli fece un
occhiolino simpatico, avviandosi verso il corridoio – “Tra sei mesi non avrò
più nemmeno il fiato per insultarli” – e se ne andò.
Jared lo rincorse
svelto, per poi abbracciarlo forte, quasi addossandolo alla parete.
Glam inclinò la
testa, con una serenità inattesa.
“Angelo mio …” –
disse piano, stringendolo dolcemente.
Colin li scorse da
lontano, dopo essere uscito in terrazza a controllare l’arrivo degli ultimi
ospiti in giardino.
Sentì gli occhi
pungere, ma non disse niente, sparendo al piano di sotto.
Downey aggiustò il
colletto della camicia a Jude, sistemandolo a dovere fuori dalla scollatura a V
del suo maglioncino in cotone.
Era incantevole.
“Grazie Rob …” – gli
bisbigliò nel collo l’inglese, posando poi un bacio, in quella porzione di
pelle, così profumata e liscia, da eccitarlo spasmodicamente.
Fare sesso era
argomento spinoso, ancora per poche settimane, fortunatamente e lui si
crogiolava in fantasie erotiche, quando l’americano, con il quale scambiava
carezze e fantasie verbali, nel cuore della notte ed ad ogni alba.
Erano di nuovo
complici, come mai si sarebbero aspettati ancora, da quell’incredibile
esistenza.
Downey si guardò in
giro, un po’ assorto.
“Che succede amore? Aspetti
qualcuno?”
“No Jude … E’ che ho
sentito una strana telefonata tra il nonno e, credo, Vassily”
“Di che si tratta?”
“Francamente temo che
Vincent Lux sia in pericolo e che Vas sia andato a salvarlo, con Amos e Peter
…” – rivelò con discrezione.
“Cavoli … Louis lo
sa?”
“Non credo proprio,
ma finché non avremo dei riscontri certi, meglio tacere”
Law annuì, alzandosi
insieme al consorte dalla panchina: Colin stava arrivando con in braccio
Isotta.
Al fianco del padre,
inoltre, Rebecca avanzava allegra ed intenta a spingere il passeggino con i
gemelli, andando fiera di quel ruolo di sorella maggiore.
“Eccolo qui il
festeggiato” – esclamò Jude, accogliendolo sul petto, mentre Robert spargeva
coccole ai cuccioli di Farrell.
La sua espressione
era un po’ tirata ed UK buddy la notò al volo.
“Che c’è?” – gli
chiese a mezza voce, spostandosi con lui di qualche metro.
“No, nulla, è stato
un pomeriggio intenso e poi il mio pensiero è con Yari e Misaki, preferirei
essere da loro”
“Sicuro?” – gli
sorrise.
“Certo Jude, non
preoccuparti … Comunque grazie, ci sei sempre quando serve … Come state, a
proposito?” – cercò di cambiare discorso.
“Un po’ stressati
dall’astinenza, ma gratificati durante la convalescenza, se mi passi la rima” –
rise – “A Palm Springs non ci manca nulla e poi Rob può rimanere del tempo
accanto a Glam …” – e lo guardò con tenerezza – “… gli vuole bene ed io quanto
lui, ormai …”
“Già … oramai”
Louis notò il suo
improvviso pallore e la sostenne, prima che Sylvie crollasse in un angolo del
salone degli specchi.
“Miseria, ho avuto un
capogiro”
“Tranquilla, andiamo
in bagno, ti prendo dell’acqua”
“Sei davvero gentile
Louis, ma posso farcela … credo”
Boo rise,
accompagnandola in quella che era un’autentica reggia, travestita da toilette.
“Eccoci qui … Ora
mettiti comoda e dimmi se vuoi chiamare un medico: magari cerco Scott” –
propose, passandole anche una salvietta umida.
La ragazza si tamponò
le tempie, imbarazzata – “No, è passato, credimi …”
“Vuoi mangiare
qualcosa?”
“No, per carità
Louis, tutto mi dà noia” – bissò schietta.
Poi si morse il
labbro inferiore.
Quello di Louis ebbe
un lieve tremito – “Sai, dai tuoi sintomi, potresti essere incinta, non credi?”
– e sorrise un po’ spaesato.
Nella sua mente si affacciò
la consapevolezza che, almeno ufficialmente, Sylvie non avesse alcun legame.
Forse, però, non la
conosceva così bene.
Forse.
Harry lo stava
cercando e, sentendo le loro voci provenire da quella camera, ebbe un’esitazione.
All’affermazione del
marito, Styles ebbe come un guizzo allo stomaco, che gli fece oltrepassare
quella soglia, in maniera inopportuna.
Sylvie ebbe un
sussulto e Louis lo scrutò perplesso.
“Haz che modi …
Potevi anche bussare”
“Cosa succede?”
Sylvie si alzò,
ricadendo subito – “Maledizione” – mormorò affranta, il pianto in gola,
“Ma che cos’hai?!” –
insistette più inquieto Harry, facendo allarmare Louis, per questa reazione
inspiegabile.
“Aspetto un bambino,
ok?? Volete lasciarmi in pace?!” – e diede loro la schiena, quasi
rannicchiandosi contro il bracciolo sinistro, allontanandosi frettolosa da Boo,
che adesso li stava guardando entrambi.
“Perché fai così
Harry …?”
“Così come Lou?!”
“Così …” – e sembrò
che l’aria dai suoi polmoni fosse stata risucchiata da qualche forza esterna ed
incontrollabile.
“Volevo solo sapere
cosa …”
“E’ incinta, ecco cos’ha
Sylvie” – e si alzò, puntandolo – “E tu sembri troppo coinvolto in questa tua
curiosità …” – quindi deglutì.
“Louis ascolta”
“Avete una relazione?”
“Stai fraintendendo
tutto Boo”
“Mio Dio …” – e le
sue palpebre si chiusero, su di loro, che se ne stavano come incastrati in un
frammento di scena, la peggiore a cui Louis potesse assistere.
“E’ accaduto una
volta sola, ok? Quando abbiamo vinto quella causa e tu …” – Styles in crisi di
ossigeno provò a schiarirsi le idee – “E tu eri con Vincent alla Spa, per … per
il suo regalo” – balbettò sul finale, gesticolando appena.
Louis riaprì gli
occhi.
E loro due erano
ancora maledettamente lì; non si trattava quindi di un incubo.
“Una volta sola …
Harry, cosa cazzo significa una volta sola!!??”
Esplose.
Glam era salito in
cerca di Kevin, per chiedergli di accompagnarlo alla villa; era esausto.
Comprese d’impatto
ciò che si stava consumando oltre quella porta rimasta aperta.
Louis strinse i
pugni.
“Voi due avete
scopato?? Mentre tu ed io ci eravamo impegnati a sposarci?? DIMMELO HARRY!!”
Le parole non avevano
più un senso, rimbombavano semplicemente all’interno di quel contesto lussuoso,
fatto di marmi e fregi dorati.
Styles provò ad
azzerare la distanza, colpevole anche di un silenzio, che lo condannava senza
appello.
“NON TOCCARMI!”
Boo si divincolò da
quel tentativo di abbracciarlo, librandosi verso l’uscita, di quel palcoscenico
impietoso.
Si scontrò quasi con
Glam, le iridi invase da un pianto esasperato.
Harry lo aveva
mortificato di nuovo.
Fuggì via, con i suoi
sogni, che non esistevano più.
Un temporale scoppiò
su Los Angeles.
In realtà Louis non
sapeva dove andare.
Oltre i cancelli
della End House sembrava esserci il vuoto, lasciato dai passanti, rifugiatisi
nei locali della costa e dalle auto, diradatesi nei parcheggi dei centri
commerciali poco distanti da quella zona residenziale ed esclusiva.
Era quasi sera.
Era quasi buio.
Le nuvole avevano
nascosto il sole, fuori e dentro di lui.
Si erano portate via
ogni fantasia, costruita su di un progetto, ora, all’apparenza impossibile,
sebbene solo quel mattino, con Harry, Louis pensasse già a come chiamare il
bimbo, che avrebbero adottato.
Era come un volare di
farfalle travolto da una tempesta.
Nessuna di esse si
sarebbe salvata.
La macchina che si
fermò oltre lui, a pochi metri, che camminava sul marciapiede, fradicio e senza
più lacrime, gli sembrò un dejà vu.
Lo sportello si aprì,
ma non poteva essere Vincent, questa volta.
Lux stava cercando di
fuggire dall’accampamento, dato alle fiamme dai guerriglieri, ma Boo non poteva
saperlo.
Il sorriso di quell’uomo,
che lo raccolse, non era cattivo, bensì impacciato.
Ripartì alla svelta,
un po’ nervoso, tanto che i kleenex, che porse al giovane, gli caddero tra i
sedili.
“Come ti chiami?”
Boo guardò avanti a sé,
senza vedere in realtà molto.
“Louis … mi chiamo
Louis”
“Io sono Dexter, dove
andiamo?”
“Dove vuoi …”
“Ti senti bene? No, perché
hai un’aria strana, forse questo nubifragio ti ha colto di sorpresa … Ti porto
dove vuoi”
“Non fa differenza” –
replicò come un automa, senza alcun potere decisionale.
Il suo cellulare
continuava ad illuminarsi nel taschino della camicia zuppa, che gli si incollava
addosso persino sensuale, su quel suo corpo esile, che sembrava ricurvo su sé stesso.
Era Harry che lo
stava cercando disperatamente.
“Qualcuno ti chiama,
ragazzino …”
“No … Non è nessuno …
Nessuno”
Poi richiuse gli occhi.
Vassily gridò il suo
nome, appena Peter venne colpito ad un fianco.
Con uno sforzo
inverosimile, l’ex marine lo raccolse sulle spalle, senza smettere di sparare
con una mitragliatrice pesante, ma non per lui.
Amos coprì loro la
fuga, mentre Lux li sollecitava a risalire sull’elicottero.
Il velivolo era a
pieno carico e sembrò ergersi dall’inferno, sbucando tra le fiamme ed il cielo,
invaso da cenere e vento.
“Peter resisti!” –
disse come allucinato il sovietico.
Era un gigante, ma,
piegato sul suo compagno, sembrò un bambino spaventato, da ciò che poteva
accadere al ragazzo che amava.
Lo consolò, premendo
sulla ferita.
Vincent lo dissetò.
“Grazie …”
“Sono io che ti
ringrazio, Vas … A te, ad Amos ed al tuo Peter … Vedrai che si salverà”
Il francese era
sfigurato dalla sete e dalla carenza di sonno.
L’ultima settimana
era stata un incubo.
Con lui, i superstiti
erano una dozzina scarsa.
Il campo base, con il
pronto soccorso mobile e la riserva di cibo e medicinali, era ormai uno scheletro
di impalcature annerite, tra le macerie.
Il suo lavoro e
quello dei volontari venne annientato senza alcuno scrupolo.
Senza alcuna pietà.
Vincent era vivo per
miracolo e voleva riabbracciare Louis.
Ad ogni costo.
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