venerdì 14 marzo 2014

ZEN - CAPITOLO N. 261

Capitolo n. 261 – zen



Quella foto lo aveva aiutato a non morire.
Vincent l’aveva guardata ogni notte, mentre gli spari e le grida dei mercenari, si avvicinavano sempre di più al suo accampamento in Africa.

Aveva scelto di allontanarsi da Louis, facendosi da parte, per compiere una buona azione, preferendo quel gesto al buttarsi via in qualche locale della Costa Azzurra, in una primavera ormai prossima alla fine.

I primi giorni, alla missione, si rivelarono intensi, ma tranquilli.
Durò tutto troppo poco.

I volontari avevano danneggiato il mercato nero, ma, soprattutto, il commercio illegale di avorio ed armi.
Entrambi erano stati debellati per anni, ma l’alternarsi di leader diversi al governo, aveva mandato all’aria un ordine pubblico assai precario, facendo ripiombare quella parte di mondo nella miseria e nell’illegalità più totali.


Il sorriso di quello scatto, adesso, sembrava essersi spento, sul volto addormentato di Louis, ignaro dell’arrivo di Lux.

Vincent aveva fatto una lunga doccia, rimandando il loro incontro.
Del resto era molto tardi.

Boo aveva parlato con Brent, promettendogli di non fare sciocchezze.

La boccetta dei sonniferi era vuota, ma solo per un caso: ne erano rimasti due e Pana li aveva dati a Louis.
Brent si allarmò, notandola sul comodino, però il fratello lo rassicurò con un mesto – “Non voglio morire, voglio solo dormire …”.

In un certo senso, era già morto, dal pomeriggio alla End House, in quella saletta, in presenza di Sylvie ed alla sua scomoda rivelazione.


Avvolto da un telo bianco, dalla vita in giù, la pelle bruciata dal sole, i capelli ondulati sino alle spalle, gli occhi vividi, sul viso ancora un po’ scarno, Lux restava immobile, ad osservare son petit.

Pervaso da un’emozione lacerante, che gli aveva fatto sussurrare il suo nome, tra i singhiozzi, mentre vedeva il mondo intorno andare a pezzi, le persone chiedergli aiuto, l’odore del sangue ed il sapore della sabbia, Vincent sembrava essere sopravvissuto ad un incubo.


Chiuse gli occhi, poi li riaprì: Louis c’era, esisteva, era lì, a pochi passi da lui.
Voleva solo abbracciarlo, sentire il profumo della sua pelle, posandovi un bacio innocente, assorbendone tutto il bello, che solo Boo aveva saputo infondergli.


Tutto inutile.

Appena gli si coricò accanto, il ragazzo percepì subito la sua presenza, senza neppure schiudere le palpebre tremolanti.

“Vincent …” – mormorò rapito, come da un sogno.
“Ciao Louis … amore …”

Era la prima parola, che esplodeva dal suo cuore, arrivando oltre loro, come un affascinante e variopinto gioco pirotecnico.

Si strinsero forte, lasciandosi andare ad un pianto liberatorio.
Felici per essersi ritrovati, dopo uno scambio fitto di e-mail e messaggi, ma nessuna telefonata.

Ascoltarsi faceva così male: le loro voci sarebbero state sconvolte dalla lontananza, dal timore di non vedersi più.

Si guardarono.
Finalmente.

Quindi si arresero.
All’intrecciarsi dei loro corpi, al fondersi, come se non avessero mai smesso di fare l’amore, dall’ultimo volta.
L’avevano quasi cancellata dai reciproci pensieri, guardando avanti.

Rassegnandosi, per Lux.
Cominciando una nuova vita, con Harry, per Louis.


Tutto inutile.
Anche questo.


Baciarsi era così importante.
Si scambiavano l’aria indispensabile a sopravvivere.

Erano l’uno, la vita dell’altro.

Quella che poteva apparire ad entrambi una dipendenza, era semplicemente una connessione.
Un innesco primordiale, dove le membra di Louis cedevano ad ogni sollecitazione, godendo a pieno di quanto Vincent sapeva fargli provare.
Come nessuno.

Boo doveva accettare anche questa realtà.

Doveva capire quale differenza corresse tra Styles e Lux.

La schiena del giovane, schiacciata contro la testata imbottita, sussultava ad ogni spinta di Vincent, inginocchiato, con Louis seduto sopra le gambe piegate, mentre quelle esili di son petit, gli cinturavano il busto madido ed indomito, così le sue braccia tatuate.

Vennero una prima volta, poi una seconda, immersi tra numerosi cuscini, di cui Boo si circondava, come a sentirsi meno solo.
Lux perse il controllo dei propri fianchi, di nuovo tra le sue gambe, febbrile, nella sua virilità ritrovata.
Si baciavano, contemplandosi, in un disperato splendore, fatto anche di lacrime, di una gioia screziata dal rimorso.
O dal rimpianto.


“E’ la solitudine, che ti uccide … Lo sono stato per così tanto tempo, sai Lou …?”
Vincent parlava, ora, guardando il soffitto, la testa dell’altro sotto il braccio sinistro, la propria mano a sfiorargli di tanto in tanto i capezzoli, in uno strano tremore.

Era ancora debole.

“Certo conoscevo gente … Di passaggio … Mi deprimevo, ma sorridevo, aspettando di raggiungere Jacques … Tu questo lo sai, mon petit” – sospirò dolce, dandogli un bacio sulla tempia destra – “E poi tu spalanchi una porta ed arrivi come una giornata di sole in pieno inverno … Che nessuno si aspetta”

Boo chiuse gli occhi e li riaprì.
Vincent era lì, esisteva e non se ne sarebbe più andato via.
Mai più, ne era certo.



Sylvie lo accolse in pantofole e vestaglia di flanella, piuttosto grossolana per la sua eleganza innata.

“Che sono quelli?” – chiese svogliata, tornando sul divano, cambiando canale alla tv.

“Potresti spegnerla …?” – domandò afflitto Styles, sprofondando in una poltrona laterale.

“Ok … Come ti va?”

“Di merda. Questi sono i documenti per il divorzio, che Louis mi ha fatto consegnare da Denny” – spiegò secco, portandosi appresso quel plico, come un macigno incatenato ai suoi polsi.

“Tuo marito vuole proprio chiudere con te” – ribatté perplessa, cercando uno snack salato, tra quelli sparsi sul tavolino davanti a lei.

“Alain?”

“Ha dormito da un compagno di asilo, fanno un torneo di atletica, stamattina … Vuoi venire a vederlo?” – chiese più gentile.

“No … Non so se”

“Già e poi perché dovresti?” – lo tagliò sarcastica.

Haz la puntò.

“Forse non ti rendi conto di quanto tu mi abbia rovinato la vita”

“Siamo stati complici Styles!”

“Tu sei più grande di me, sei una donna, che è pure diventata madre presto, di logica avresti dovuto prendere una pillola, non ti facevo così sprovveduta, accidenti!” – e scattò in piedi, pronto ad andarsene.

In realtà non sapeva neppure perché fosse andato lì.

In fondo, però, tutti sembravano avergli voltato le spalle.

In realtà parte della famiglia si era stretta intorno a Louis, a Palm Springs, quasi per una coincidenza, ma, di sicuro, aleggiava un rimprovero generale, negli sguardi di chiunque Harry incrociasse.

Robert si era dimostrato più disponibile degli altri, ad ascoltarlo e persino quasi a consolarlo.

Ciò non sembrò sufficiente ad Harry: lo avevano come isolato, per un’azione, dalle conseguenze pesantissime.

Sylvie andò a vestirsi, liquidandolo con un – “Inutile prendersela con me ed il bambino: te l’ho già detto una volta, vedi di crescere Harry, perché anche se non abbiamo una relazione, dovrai essere padre e con questi presupposti, non penso proprio tu ne abbia le capacità”

Con Louis le avrebbe avute; Styles lo pensò, evitando di dirlo.

“Devo andare … Ci vieni al lavoro nel pomeriggio?”

“No, ho preso una settimana di ferie, devo fare delle visite”

“Ti accompagno”

“No, grazie Harry, hai un influenza talmente negativa sui miei nervi, che preferisco evitarti” – ribatté delusa.

“Sylvie non è il caso … Ecco io ero fuori di me, per la separazione, per Louis … Ce la metterò tutta, non voglio un ulteriore fallimento, almeno come genitore … Se me lo permetterai” – sorrise mortificato.

“Vedremo. Ti telefono, ok? La strada per uscire la conosci, arrivederci”

“Sì … A presto allora … ciao Sylvie” – e se ne andò.



Lux allungò la mano, accorgendosi del posto vuoto accanto a sé.

Si stropicciò gli occhi arrossati, vedendo Boo, nudo e bellissimo, in piedi davanti alla finestra.

Faceva caldo, ma l’addome di Vincent stava tremando.

“E’ stata l’ultima volta Boo, vero?”

Il giovane non si scompose, forse neppure lo stava ascoltando.

“Ho chiesto il divorzio ad Harry …”

L’affarista si mise seduto sul bordo.

“Tesoro non hai risposto”

“Che faremo l’amore?” – replicò, guardandolo.

“Che faremo qualsiasi cosa insieme, Louis”

“Io … io non so cosa dirti, perché sento che sarei incoerente … Potrei dirti di sì e poi tornare subito a letto con te … Oppure no e fuggire chissà dove … Sto andando alla deriva, Vincent ed ho tanta paura”

Lux gli volò quasi addosso, prendendolo sul petto, con quella veemenza affettuosa, che Boo agognava.

“Io non te lo permetterò … E non provo alcuna gioia, nel sapere che vuoi lasciarlo … io non ci riesco mon petit”

“Uno di noi due dovrà farlo: decidere … Anche di rimanere da solo … E tornare al punto di partenza …”


Pana bussò lieve.

“Vincent dovresti venire alla nursery … Petra chiede di te, si è svegliata” – disse il maori oltre la porta, rimasta chiusa.

Louis sgranò i suoi fanali su Lux – “Petra?”

“Tesoro volevo scrivertelo … Volevo che tu lo sapessi, ma non sapevo come fare …”

“E’ nella nursery? E’ … è una bambina …?!” – e si distaccò da lui con stupore, ma sorridente.

“Un’orfana, avuta da una ragazza stuprata dai mercenari quattro anni fa … Abitava al villaggio, ma è rimasta uccisa durante l’ultima rappresaglia, da cui mi sono salvato … L’ho portata con me, non so neppure perché … Non c’era altra scelta, comunque”

“Posso vederla?”

“Assolutamente sì, amore mio … Lei ti conosce, sai?”


Appena li vide entrare, la piccola tese le manine a Vincent, chiamando però Louis con un sonoro “Boo!”

L’aveva riconosciuto, grazie a quella foto, che Lux le aveva mostrato più volte, parlandole di lui.

“Oh mio Dio …” – mormorò il ragazzo.

“E’ uno splendore lo so …”

“Sì Vincent, ma questi occhi …”

“Credo fossero del padre …” – gli sussurrò, mentre la cucciola giocava con il ciondolo della catenina di Louis.

Era un dono di Harry.

E Petra, probabilmente, era un dono di Vincent.
Forse.



 PETRA


LA FOTO DI LOUIS ... 








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