Capitolo n. 261 – zen
Quella foto lo aveva
aiutato a non morire.
Vincent l’aveva
guardata ogni notte, mentre gli spari e le grida dei mercenari, si avvicinavano
sempre di più al suo accampamento in Africa.
Aveva scelto di
allontanarsi da Louis, facendosi da parte, per compiere una buona azione,
preferendo quel gesto al buttarsi via in qualche locale della Costa Azzurra, in
una primavera ormai prossima alla fine.
I primi giorni, alla
missione, si rivelarono intensi, ma tranquilli.
Durò tutto troppo
poco.
I volontari avevano
danneggiato il mercato nero, ma, soprattutto, il commercio illegale di avorio
ed armi.
Entrambi erano stati
debellati per anni, ma l’alternarsi di leader diversi al governo, aveva mandato
all’aria un ordine pubblico assai precario, facendo ripiombare quella parte di
mondo nella miseria e nell’illegalità più totali.
Il sorriso di quello
scatto, adesso, sembrava essersi spento, sul volto addormentato di Louis,
ignaro dell’arrivo di Lux.
Vincent aveva fatto
una lunga doccia, rimandando il loro incontro.
Del resto era molto
tardi.
Boo aveva parlato con
Brent, promettendogli di non fare sciocchezze.
La boccetta dei
sonniferi era vuota, ma solo per un caso: ne erano rimasti due e Pana li aveva
dati a Louis.
Brent si allarmò,
notandola sul comodino, però il fratello lo rassicurò con un mesto – “Non voglio morire, voglio solo dormire …”.
In un certo senso,
era già morto, dal pomeriggio alla
End House, in quella saletta, in presenza di Sylvie ed alla sua scomoda rivelazione.
Avvolto da un telo bianco,
dalla vita in giù, la pelle bruciata dal sole, i capelli ondulati sino alle
spalle, gli occhi vividi, sul viso ancora un po’ scarno, Lux restava immobile,
ad osservare son petit.
Pervaso da
un’emozione lacerante, che gli aveva fatto sussurrare il suo nome, tra i
singhiozzi, mentre vedeva il mondo intorno andare a pezzi, le persone
chiedergli aiuto, l’odore del sangue ed il sapore della sabbia, Vincent
sembrava essere sopravvissuto ad un incubo.
Chiuse gli occhi, poi
li riaprì: Louis c’era, esisteva, era lì, a pochi passi da lui.
Voleva solo
abbracciarlo, sentire il profumo della sua pelle, posandovi un bacio innocente,
assorbendone tutto il bello, che solo Boo aveva saputo infondergli.
Tutto inutile.
Appena gli si coricò
accanto, il ragazzo percepì subito la sua presenza, senza neppure schiudere le
palpebre tremolanti.
“Vincent …” – mormorò
rapito, come da un sogno.
“Ciao Louis … amore
…”
Era la prima parola,
che esplodeva dal suo cuore, arrivando oltre loro, come un affascinante e
variopinto gioco pirotecnico.
Si strinsero forte,
lasciandosi andare ad un pianto liberatorio.
Felici per essersi
ritrovati, dopo uno scambio fitto di e-mail e messaggi, ma nessuna telefonata.
Ascoltarsi faceva
così male: le loro voci sarebbero state sconvolte dalla lontananza, dal timore
di non vedersi più.
Si guardarono.
Finalmente.
Quindi si arresero.
All’intrecciarsi dei
loro corpi, al fondersi, come se non avessero mai smesso di fare l’amore,
dall’ultimo volta.
L’avevano quasi
cancellata dai reciproci pensieri, guardando avanti.
Rassegnandosi, per
Lux.
Cominciando una nuova
vita, con Harry, per Louis.
Tutto inutile.
Anche questo.
Baciarsi era così
importante.
Si scambiavano l’aria
indispensabile a sopravvivere.
Erano l’uno, la vita
dell’altro.
Quella che poteva
apparire ad entrambi una dipendenza, era semplicemente una connessione.
Un innesco
primordiale, dove le membra di Louis cedevano ad ogni sollecitazione, godendo a
pieno di quanto Vincent sapeva fargli provare.
Come nessuno.
Boo doveva accettare
anche questa realtà.
Doveva capire quale
differenza corresse tra Styles e Lux.
La schiena del
giovane, schiacciata contro la testata imbottita, sussultava ad ogni spinta di
Vincent, inginocchiato, con Louis seduto sopra le gambe piegate, mentre quelle
esili di son petit, gli cinturavano il busto madido ed indomito, così le sue
braccia tatuate.
Vennero una prima
volta, poi una seconda, immersi tra numerosi cuscini, di cui Boo si circondava,
come a sentirsi meno solo.
Lux perse il
controllo dei propri fianchi, di nuovo tra le sue gambe, febbrile, nella sua
virilità ritrovata.
Si baciavano,
contemplandosi, in un disperato splendore, fatto anche di lacrime, di una gioia
screziata dal rimorso.
O dal rimpianto.
“E’ la solitudine,
che ti uccide … Lo sono stato per così tanto tempo, sai Lou …?”
Vincent parlava, ora,
guardando il soffitto, la testa dell’altro sotto il braccio sinistro, la
propria mano a sfiorargli di tanto in tanto i capezzoli, in uno strano tremore.
Era ancora debole.
“Certo conoscevo
gente … Di passaggio … Mi deprimevo, ma sorridevo, aspettando di raggiungere
Jacques … Tu questo lo sai, mon petit” – sospirò dolce, dandogli un bacio sulla
tempia destra – “E poi tu spalanchi una porta ed arrivi come una giornata di
sole in pieno inverno … Che nessuno si aspetta”
Boo chiuse gli occhi
e li riaprì.
Vincent era lì,
esisteva e non se ne sarebbe più andato via.
Mai più, ne era
certo.
Sylvie lo accolse in
pantofole e vestaglia di flanella, piuttosto grossolana per la sua eleganza
innata.
“Che sono quelli?” –
chiese svogliata, tornando sul divano, cambiando canale alla tv.
“Potresti spegnerla
…?” – domandò afflitto Styles, sprofondando in una poltrona laterale.
“Ok … Come ti va?”
“Di merda. Questi sono
i documenti per il divorzio, che Louis mi ha fatto consegnare da Denny” –
spiegò secco, portandosi appresso quel plico, come un macigno incatenato ai
suoi polsi.
“Tuo marito vuole
proprio chiudere con te” – ribatté perplessa, cercando uno snack salato, tra
quelli sparsi sul tavolino davanti a lei.
“Alain?”
“Ha dormito da un compagno
di asilo, fanno un torneo di atletica, stamattina … Vuoi venire a vederlo?” –
chiese più gentile.
“No … Non so se”
“Già e poi perché
dovresti?” – lo tagliò sarcastica.
Haz la puntò.
“Forse non ti rendi
conto di quanto tu mi abbia rovinato la vita”
“Siamo stati complici
Styles!”
“Tu sei più grande di
me, sei una donna, che è pure diventata madre presto, di logica avresti dovuto
prendere una pillola, non ti facevo così sprovveduta, accidenti!” – e scattò in
piedi, pronto ad andarsene.
In realtà non sapeva
neppure perché fosse andato lì.
In fondo, però, tutti
sembravano avergli voltato le spalle.
In realtà parte della
famiglia si era stretta intorno a Louis, a Palm Springs, quasi per una
coincidenza, ma, di sicuro, aleggiava un rimprovero generale, negli sguardi di
chiunque Harry incrociasse.
Robert si era
dimostrato più disponibile degli altri, ad ascoltarlo e persino quasi a
consolarlo.
Ciò non sembrò
sufficiente ad Harry: lo avevano come isolato, per un’azione, dalle conseguenze
pesantissime.
Sylvie andò a
vestirsi, liquidandolo con un – “Inutile prendersela con me ed il bambino: te l’ho
già detto una volta, vedi di crescere Harry, perché anche se non abbiamo una
relazione, dovrai essere padre e con questi presupposti, non penso proprio tu
ne abbia le capacità”
Con Louis le avrebbe
avute; Styles lo pensò, evitando di dirlo.
“Devo andare … Ci
vieni al lavoro nel pomeriggio?”
“No, ho preso una
settimana di ferie, devo fare delle visite”
“Ti accompagno”
“No, grazie Harry,
hai un influenza talmente negativa sui miei nervi, che preferisco evitarti” –
ribatté delusa.
“Sylvie non è il caso
… Ecco io ero fuori di me, per la separazione, per Louis … Ce la metterò tutta,
non voglio un ulteriore fallimento, almeno come genitore … Se me lo permetterai”
– sorrise mortificato.
“Vedremo. Ti
telefono, ok? La strada per uscire la conosci, arrivederci”
“Sì … A presto allora
… ciao Sylvie” – e se ne andò.
Lux allungò la mano,
accorgendosi del posto vuoto accanto a sé.
Si stropicciò gli
occhi arrossati, vedendo Boo, nudo e bellissimo, in piedi davanti alla
finestra.
Faceva caldo, ma l’addome
di Vincent stava tremando.
“E’ stata l’ultima
volta Boo, vero?”
Il giovane non si
scompose, forse neppure lo stava ascoltando.
“Ho chiesto il
divorzio ad Harry …”
L’affarista si mise
seduto sul bordo.
“Tesoro non hai
risposto”
“Che faremo l’amore?”
– replicò, guardandolo.
“Che faremo qualsiasi
cosa insieme, Louis”
“Io … io non so cosa
dirti, perché sento che sarei incoerente … Potrei dirti di sì e poi tornare
subito a letto con te … Oppure no e fuggire chissà dove … Sto andando alla
deriva, Vincent ed ho tanta paura”
Lux gli volò quasi
addosso, prendendolo sul petto, con quella veemenza affettuosa, che Boo
agognava.
“Io non te lo
permetterò … E non provo alcuna gioia, nel sapere che vuoi lasciarlo … io non
ci riesco mon petit”
“Uno di noi due dovrà
farlo: decidere … Anche di rimanere da solo … E tornare al punto di partenza …”
Pana bussò lieve.
“Vincent dovresti
venire alla nursery … Petra chiede di te, si è svegliata” – disse il maori oltre
la porta, rimasta chiusa.
Louis sgranò i suoi
fanali su Lux – “Petra?”
“Tesoro volevo
scrivertelo … Volevo che tu lo sapessi, ma non sapevo come fare …”
“E’ nella nursery? E’
… è una bambina …?!” – e si distaccò da lui con stupore, ma sorridente.
“Un’orfana, avuta da
una ragazza stuprata dai mercenari quattro anni fa … Abitava al villaggio, ma è
rimasta uccisa durante l’ultima rappresaglia, da cui mi sono salvato … L’ho
portata con me, non so neppure perché … Non c’era altra scelta, comunque”
“Posso vederla?”
“Assolutamente sì,
amore mio … Lei ti conosce, sai?”
Appena li vide
entrare, la piccola tese le manine a Vincent, chiamando però Louis con un
sonoro “Boo!”
L’aveva riconosciuto,
grazie a quella foto, che Lux le aveva mostrato più volte, parlandole di lui.
“Oh mio Dio …” –
mormorò il ragazzo.
“E’ uno splendore lo
so …”
“Sì Vincent, ma
questi occhi …”
“Credo fossero del
padre …” – gli sussurrò, mentre la cucciola giocava con il ciondolo della
catenina di Louis.
Era un dono di Harry.
E Petra,
probabilmente, era un dono di Vincent.
Forse.
LA FOTO DI LOUIS ...
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