Capitolo n. 256 – zen
Il suv di Harry
sembrava correre incontro alla luna, appesa al cielo, sopra Palm Springs.
La villa di Geffen
era tutta illuminata, ma l’ingresso sembrava un ostacolo insormontabile, se
nessuno gli avesse aperto quel grande e massiccio portone in acciaio.
Il ragazzo suonò e fu
Lula a rispondergli.
Il bimbo fece
scattare l’apertura, andandogli anche incontro con un sorriso, non senza
prenderlo subito per mano, conducendolo verso il patio deserto.
Il respiro di Styles
era greve ed imbarazzato.
Lo sguardo di Lula,
in compenso, era sereno: lo fece accomodare accanto a sé, su di un divanetto,
indicandogli poi la spiaggia e l’alta marea.
Soldino sorrise.
“Ora, comunque, non
potrai fare niente per portarlo via da qui …” – esordì improvviso, senza
guardarlo.
Harry deglutì a vuoto
– “Posso almeno parlargli per pochi minuti? Solo un paio e poi giuro, me ne
vado via e lo lascio in pace”
Un’ombra alle loro
spalle, prese forma sul fascio di luce, che invece era antistante le figure di
Lula ed Harry.
“Hai giurato molte
cose, Haz: perché dovrei crederti anche questa volta?”
La voce di Louis era
ferma, anche se il suo addome fremeva, sotto la camicia aperta.
Aveva unicamente
quella ed un paio di pantaloncini, oltre alle infradito, che Pana gli aveva
prestato.
Styles scattò in
piedi e Lula se ne andò.
I due rimasero
immobili, vitrei, come gli occhi di Boo.
“Vorrei abbracciarti …
Io voglio abbracciarti” – Harry non riuscì a proseguire, come se gli avessero
staccato un pezzo di vita dal petto, ansante sotto la t-shirt nera ed aderente;
non si era di certo cambiato, dopo la festa, tenendo addosso dei jeans scuri e
modaioli, in una mise che gli stava d’incanto.
Era bello da togliere
il fiato, così Louis, che restò zitto.
Gli esplodeva tutto
dentro ed avrebbe voluto così tanto assecondare la richiesta di suo marito.
Stringerlo forte.
Suo
marito …
Quei due termini
galleggiavano nel suo cuore, senza una meta precisa.
Avevano preso il
largo, perdendo il senso di ciò in cui credeva Boo.
“Chiederti perché lo
hai fatto forse sarebbe il minimo …”
Gli uscì lieve quella
domanda, per non andarsene via subito, per rimanere lì a fissare il ragazzo che
amava.
Lo amava e basta; non
avrebbe smesso.
Ne era certo.
“E’ … è stata una
debolezza Boo, una follia …”
“Sono giustificazioni
banali … Sforzati un minimo” – bissò sarcastico.
“No, sbagli, non ne
sono in grado … Posso unicamente scusarmi e riconoscere il mio errore, che
adesso sta mandando in pezzi la nostra vita Louis”
“Infatti non esiste
più … quella vita, che volevamo insieme o almeno così credevo” – e chiuse le
mani a pugno.
Come sarebbe stato
bello risolvere ogni cosa, con una bella zuffa.
“Io amo te, amo te …
Louis non è cambiato niente!”
“E’ cambiato tutto
invece ed è cambiato come tu in fondo in fondo desideravi, ma non lo ammetterai
mai: eppure c’è stato un precedente e proprio con Sylvie, l’hai dimenticato?
Quella signora che vi scambiò per una coppia e quindi per i genitori di Alain e
tu non la smentisti, anzi, ti lusingò quella sua lecita deduzione”
“Quello fu un
equivoco, come la mia reazione del resto!”
Sembrava un cucciolo
di tigre, caduto in una fossa tra un branco di leoni, anche se Louis era uno
solo, ma nei suoi occhi divampava una tale ostilità, da fare sentire Harry così
inferiore e colpevole.
Eppure lui si sarebbe
difeso strenuamente per riprenderselo.
Usare Lux come
argomentazione gli apparve inadeguato e fuori luogo.
Qui si trattava dell’esistenza
di un bambino, non di sentimenti da mettere in discussione, anche se tutto
sembrava troppo grande e complicato, per loro, quella notte.
“Peccato che ora l’equivoco, Harry, stia crescendo nella
pancia di una ragazza, che ti ha sempre incuriosito e probabilmente attratto:
hai il cervello di un uomo geniale, ma rimani un ragazzino confuso, che non
accetta la propria omosessualità e che ha cercato il riscatto tra le gambe di
una donna, per di più già madre!” – sibilò sul finale, come se un’ondata di
veleno avesse investito ogni sua cellula.
Gli sembrò persino
che quella voce, non gli appartenesse; un secondo Louis, più aspro e disincantato,
materializzatosi come per magia, a difendere il vero Boo, indifeso e distrutto
dagli eventi.
Harry, infatti, lo
stava guardando come se fosse uno sconosciuto.
“Tu adesso sei solo
incazzato Louis e ti senti bistrattato da un ruolo, che doveva essere il tuo,
nei nostri progetti, ma che nessuno ti nega, anzi, lo ripeto, è con te che io
voglio un figlio, accidenti!”
Due lacrime
traboccarono dalle sue iridi azzurre, sino a quell’istante aride come il
deserto: Boo si sentì mancare, perché era un supplizio.
Sentirselo dire, quel
ragionamento crudele, che gli corrodeva il cervello e lo stomaco da ore, fu
terribile.
Insostenibile.
“Louis …”
“Vattene via …
VATTENE VIA!!!”
Il suo grido mandò in
frantumi il silenzio intorno a loro.
Robert, dal solarium,
scese piuttosto in fretta, ma senza alcuna prepotenza.
“Harry, per favore,
ora dovresti tornare a casa …” – gli disse con tono paterno, mentre Louis era
già sparito al piano di sopra.
“Sì Robert … sì,
chiedi … chiedi scusa a tutti … chiedi scusa a Glam …” – disse come frantumato.
“Lo farò, ma non è
necessario: capisco il tuo sconforto e so, come del resto sa anche Louis,
quanto lo ami”
“Non l’ho amato
abbastanza … E’ evidente … Non avrei mai dovuto combinare questo casino, non
avrei dovuto rovinare il nostro legame ed anche l’esistenza di Sylvie, anche se
è responsabile quanto me, ma ciò non mi consola affatto”
“Sì, certo …”
Downey non sapeva più
cosa aggiungere, in pieno disagio.
“Diresti a Boo che lo
chiamerò ogni giorno?”
“Ok …”
“E che tornerò qui
tra una settimana, se lui non vorrà vedermi prima, ok?” – ed un nodo alla gola
lo strangolò, così come il pianto, che non si curò di ricacciare indietro.
“Sì, lo farò Harry …”
L’attore lo abbracciò.
“Mi dispiace Robert …”
“Lo so … Forse
potresti fermarti, sei così sconvolto, lo chiederò io a Glam, non mi dirà di no”
“Impossibile … Non credi?”
– sorrise, sfigurato dalla mortificazione, poi si allontanò.
Kurt gettò gli abiti
in un angolo, poco distante da quelli di Rossi, piegati in ordine sopra una
sedia.
“Se ne sta andando …”
“Chi, amore?”
“Harry … Lascia il
campo di battaglia, batte in mesta ritirata …” – sospirò.
“Ti dispiace?”
“Un po’ sì, anche se
ha fatto una stronzata …”
“Ne facciamo tutti,
solo che questa ha avuto delle conseguenze” – sbuffò, riponendo il libro nel
comodino, per poi spegnere la luce centrale.
“Dormiamo tesoro?
Sono a pezzi …”
“Sì Dave …”
Il giovane ripensò a quella che lui aveva commesso insieme a
Jared.
Durante il party,
Rossi tenne un comportamento civile, ma distaccato, anche se il leader dei Mars
avvampava ad ogni occhiata del profiler.
“Per fortuna ce l’hai
sempre con te, David …”
“Cosa?”
“La tua tenuta FBI …”
Rossi storse
leggermente le labbra, avvolgendo il compagno, appena coricatosi, aderendo al
suo fianco.
“Ne vuoi parlare
Kurt? Togliamoci questo peso, avanti …” – propose calmo.
“Quale peso?”
“Il mio ruolo nella
squadra di Hotch, la mia consulenza, alla quale non ho mai messo la parola fine”
– fu più esaustivo e diretto.
Del resto odiava i
discorsi inconcludenti.
“A me sembra di non
averti mai ostacolato per questo o criticato Dave, insomma io l’ho accettata
questa tua cazzo di passione!” – e si mise seduto.
Rossi sorrise,
prendendo qualcosa dal cassetto.
Si erse anche lui,
posando un bacio sulla spalla sinistra di Kurt.
“Io invece temo di
non averti mai dato abbastanza sicurezza piccolo … Ed è stata una mancanza così
grave: tu meriti il meglio e forse sono arrogante nel pensare che chiederti di
diventare tuo marito, lo sia in effetti …” – e gli porse un cofanetto,
aprendolo e mostrando le fedi, che aveva acquistato in centro.
Kurt perse un
battito.
“Mio Dio … Io … io
non lo merito Dave …” – mormorò in preda ad un’emozione indescrivibile.
“Tu lo meriti più di
chiunque, te lo assicuro tesoro mio”
Si baciarono intensi.
La luna sparì dietro
ad una nuvola, ma nessuna stella si spense, restando a guardare il loro amarsi,
fatto di un’appassionata ed esclusiva tenerezza.
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