lunedì 21 febbraio 2011

GOLD - Capitolo n. 76

Capitolo n. 76 – gold



Le scintille nel caminetto volteggiavano per pochi secondi, per poi venire aspirate sú nella canna fumaria, senza lasciare alcuna traccia.
Shannon, dopo una lunga doccia, coperto solo da un telo nero di spugna, cosí morbida da ricordare la ciniglia, sembrava ipnotizzato.
“Sei qui con me, nella nostra casa piccolo?...”
La voce di Rice era calda, alle sue spalle, forse vagamente preoccupata, per quei continui dissapori, da quando Shan aveva lasciato la propria famiglia.
“Scusami per prima… ho fatto solo un giro, ho bevuto una tequila e…”
“E poi cosa Shan?” – gli mormoró, facendogli sentire il proprio respiro sulla spalla destra, che bació con delicatezza.
“E mi sono fatto di nuovo un po’ di male…Suonavano i ragazzi che ho fatto vincere in quello show televisivo, li ho salutati e poi mi sono accorto che tra il pubblico c’erano anche Tomo e Chris. Forse non dovrei piú parlarti di loro, ma non voglio nasconderti il motivo per il quale mi sento cosí… fuori posto.” – ammise mestamente, restando immobile.
Owen andó a sedersi in poltrona, con estrema calma, accendendosi una sigaretta – “Fumi, Shan?”
“No, grazie.”
“Allora sentiamo, cosa facevano? Ridevano, parlavano… scopavano?”
Shan si irrigidí, immaginando che proprio in quel momento potessero fare tutte quelle cose, in fondo era il naturale epilogo di quella serata, dopo quei baci, quell’intesa alla quale il suo ex doveva per forza arrendersi.
“Se ne sono andati quasi subito… anzi, penso abbiano litigato, cosí Chris è fuggito e Tomo … quando sono ripartito, avevano giá fatto pace, baciandosi sotto la pioggia…” – finalmente si voltó, fissando Rice – “Una scena incantevole. Spezzava il cuore.”

Iron man era un film che Jude rivedeva spesso insieme a Robert, facendosi un sacco di risate.
Sul divano, avvinghiati e caldi, nei sorrisi, negli sguardi, forse il film non era davvero la loro prioritá.
Law giocava con la felpa del compagno, frugandoci sotto, come un bambino curioso – “Cazzo quanto eri sexy…” – “Esattamente quando?” – rise Robert, visto che la sequenza era quella dove veniva catapultato contro un muro, durante i primi esperimenti del suo strano cyborg.
“Sempre… ogni fottutissimo istante della tua vita…” – ansimó Jude, scivolando veloce tra le gambe di Rob, che serró le palpebre, immaginando le intenzioni dell’altro.
I suoi pantaloni arrivarono alle ginocchia, con un gesto deciso da parte di Jude, che si liberó della camicia, lasciando scoperta quella pelle dorata, da quando si abbronzava al sole della California.
Downey escluse l’audio, gettando via il telecomando, quella proiezione era troppo chiassosa.
Lui godeva anche dei minimi gemiti del piccolo Jude, che ormai si era impadronito del suo sesso, con esperta capacitá di portarlo in uno stato di estasi assoluta.
Robert ricordava a valanga tanti episodi del passato, come quando erano agli inizi della loro relazione.
Jude combinava ancora dei casini, tradendo Sienna, con donne di passaggio o amicizie occasionali.
Downey volle essere comprensivo, pensava che a trentotto anni il suo ragazzo inglese, avesse un bisogno fisico di divertirsi, lui soffriva e ci passava sopra, certo non avrebbe sopportato un altro uomo nella vita di Jude, lo avrebbe ucciso, ne era sicuro.
Erano solo stati equivoci, sbandate senza senso, matasse che Law dovette sbrogliare con la Miller inferocita, c’era quasi da ridere.
Quando decisero di avere un figlio, lo fecero insieme.
Erano perplessi, indecisi, ma le loro donne insistevano, Robert aveva solo Indio, giá grande, mentre per Jude sarebbe stato il quinto bimbo.
Partirono per una vacanza, separatamente, che doveva essere di quindici giorni all’inizio, poi si ridusse a dieci, poi sette, ma dopo tre, nel cuore della notte con una scusa assurda Jude trascinó Sienna al resort dei coniugi Downey, ricongiungendosi al suo adorato uomo del cuore.
Susan e l’amica armeggiavano con test di ovulazione, mentre i loro “bravi ragazzi” si erano rifugiati in un bungalow davanti all’oceano, strappandosi i vestiti di dosso per planare su di un materassino da piscina matrimoniale, perfetto per un amplesso indimenticabile.
Jude respirava cosí intensamente, Robert tra le sue gambe lo ammirava, agognandolo, indeciso se succhiargli i capezzoli od il membro, ugualmente turgidi e dolenti, tanto da farlo urlare appena la sua bocca prese una decisione.
Erano pazzi, se lo ripetevano di continuo.
Al loro ritorno, dopo poco piú di un mese, i test di gravidanza furono positivi e loro passarono un fine settimana tra le montagne francesi, a piangere, dopo avere finto molta gioia sia con Susan che con Sienna.

Jude si sollevó, voleva sentirlo dentro, sembró ringhiarlo quel pensiero lussurioso, mentre Robert gli toglieva i jeans, per farlo suo – “A… aspetta Jude… aspetta un…Jude!!” – lui non voleva rimandare, era cosí gratificante essere posseduti senza ulteriori attenzioni.
Artiglió la nuca di Robert, investendolo con i propri occhi di ghiaccio, che si sciolsero nel piombo fuso di quelli di Downey – “Sono tuo… hai capito Rob…? tuo…!” –

Chris appoggió la guancia sinistra sul petto di Tomo, aderendo ad esso con la propria schiena, immersi nella vasca del bagno della mansarda.
Candele accese, musica a volume minimo, un’esecuzione al pianoforte di un compositore, amico della band dei Mars.
Chris stese le braccia, accompagnato dalle mani di Tomo, che lo bació sul collo, avvolgendolo poi, cercando le sue labbra, che Chris gli donó generosamente.
Girandosi come al rallentatore, si accovacció su di lui, fermandosi poi per vedere dove Tomo volesse arrivare.
Lui affondó le dita nei fianchi del cantante, sollevandolo, per ritrovare la sua erezione, che non esitó a stimolare ulteriormente, con baci, leccandola voluttuoso, fino ad impadronirsene totalmente.
Pompava piano, ma progressivo.
Chris gridava il nome di Tomo, che non smise finché l’orgasmo del giovane pervase la sua gola.

Colin guardava Jared giá da mezz’ora.
Dormiva sereno, avrebbero trascorso la domenica al mare, con James ed Henry, oltre alle bambine, senza nessun altro, se non i body guard.
Gli zaffiri raccolsero i primi raggi di luce, cosí il sorriso di Jared incontró quello di Colin.
Forse quella scena si era ripetuta migliaia di volte, in tanti anni, ma Farrell voleva viversi il piú possibile quella breve permanenza del compagno alla End House.
“Dormito bene cucciolo?”
“Ciao Colin… ti ho sognato…”
“Io lo faccio anche ad occhi aperti…” – sorrise, baciandolo.
Il suo corpo lo reclamava, ma Jared non si sentiva ancora a posto.
Poche ore prima era stato nuovamente lui a fare l’amore a Colin, prendendosi la massima cura del piacere reciproco, senza permettere a Farrell di sottometterlo.
“Vado a farmi una doccia… mi tieni compagnia?”
“Ok Jared… andiamo…” – sussurró, senza nascondere delusione ed amarezza, per averlo violato in quel modo assurdo.

La giornata era splendida.
Charly, l’assistente a tempo pieno di James, lo portó in braccio, dopo una breve camminata, fino al gazebo allestito sulla spiaggia privata dove Colin portava sempre la famiglia.
Era di un produttore amico della coppia, un piccolo paradiso nascosto da folta vegetazione e due scogliere imponenti, sopra alle quali sorgeva una villa ultra moderna, al momento occupata solo dal personale di servizio, che preparó un ottimo pranzo.
Jared lo abbracció forte, portandolo subito al tavolo degli scacchi, dove il ragazzino, ormai tredicenne, aveva sviluppato un autentico talento.
Parlava pochissimo, ma i suoi occhi e le espressioni cosí simili a quelle del padre, esprimevano gioia ed affetto verso i genitori, che lo accudivano senza lasciare trapelare l’angoscia sul suo futuro.
“Charly grazie per ció che fai… James ha preso le pastiglie per l’epilessia…?”
“Certo Colin, non temere, James è in forma, abbiamo fatto gli esercizi e la muscolatura è tonica… Non ha piú avuto attacchi, anche Julian non lo lascia mai solo…”
“Julian è un uomo fantastico, la mia ex ha avuto fortuna nell’incontrarlo e cosí nostro figlio…”
Henry lo pregó di andare a fare una nuotata con lui, mentre Becki faceva le treccine alla sorellina Violet.
Quella giornata fu troppo breve.
“Ti porto a cena fuori Jared… i ragazzi tornano a casa con Charly, Simon e Richard, noi facciamo un giro, ti va?”
Erano giá lungo la costa, Colin guidava sereno.
“Sí tesoro, ma non facciamo tardi, domani ci alziamo presto…”
“Certo, come potrei dimenticarlo?...” – replicó scrollando le spalle e sospirando.
“Colin ascolta…”
“Non roviniamoci la serata, ti prego Jared… Era solo… tu sai cosa provo, sai cosa… tu sai tutto di me… da quando sono nato…” – rise, sforzandosi di spostare il discorso su qualsiasi altro argomento.
“Magari… ci saremmo amati giá dalla culla…”
“Sicuramente… Cosa ne pensi di Villa´s?”
“Ok, perfetto… non ci veniamo da un secolo Cole.”
“Sí, l’ultima volta abbiamo…” – si interruppe di colpo – poi ridacchió – “Come potremmo scordarcelo Jay?”.
Era stata una delle loro follie, fare l’amore nell’abitacolo del fuoristrada, due anni prima, mentre fuori una pattuglia della polizia stava multando tutti.
Il carro attrezzi agganció anche il loro mezzo in divieto e si ritrovarono nel piazzale del deposito della stradale, i cancelli chiusi sino al mattino dopo, salvati anche in quell’occasione da Geffen, che svegliarono verso le due.
Si portó appresso anche Kevin, che rideva come un pazzo insieme a Jared per l’accaduto, mentre Colin si prostrava in scuse con Glam.
Era stato il loro tempo migliore, quello in cui condividevano un’amicizia solida, che sembrava svanita in fondo all’orizzonte, che ora Geffen stava guardando, facendo cadere l’ennesimo bicchiere di whisky, abbandonato sui gradini della veranda della casetta di legno, in piena solitudine.



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