Capitolo n. 63 – gold
Jared e Glam tornarono all’appartamento nel pomeriggio, dopo essere passati alla fondazione a ritirare della corrispondenza.
“Sicuro di volermi fare da infermiere, Jared?”
“Sí, sicuro… tra poco arriva Rodriguez per cambiarti il tutore, almeno cosí mi ha detto.”
“Dovrebbe essere meno ingombrante, comunque fa meno male.”
“Ne sono felice…” – sorrise, baciandolo.
Il medico fu puntuale, accompagnato da una sorpresa per Geffen.
“Lula! E tu cosa ci fai qui?”
“Mi mancavi tanto daddy…” – disse con uno dei suoi sorrisi irresistibili, come gli occhioni grandi, neri ed intensi.
“Tesoro…” – lo strinse, inondandolo di baci.
Sembrava assorbirlo con il suo amore paterno.
Jared li guardava sereno, commuovendosi, senza farsi accorgere.
Quando Sebastian se ne fu andato, Geffen accese la tv sul canale dei cartoni, con grande gioia del bimbo, che aggrappato al suo collo, non smetteva di guardarlo – “Che c’è piccola peste?”
“Quando torna Kevin…?” – chiese a bassa voce.
“Non lo so…magari gli telefoniamo domani…” – replicó incerto.
“Ma…ma lui vuole davvero essere il mio papá?”
Glam si irrigidí, imbarazzato, per molte ragioni – “Lula quello che posso dirti è che sicuramente io saró il tuo papá… se mi vuoi.” – rise, facendogli l’occhiolino.
“Sííí!” – e lo assalí con la propria gioia infinita.
Jared si intromise solo a quel punto, quasi a disagio – “Allora facciamo la pizza ragazzi?”
Lula approvó radioso, mentre Glam si strofinó gli occhi stanchi – “Per te va bene?” – domandó calmo – “Sí Jared, ti ringrazio…”
Shannon spostó i capelli dal volto di Tomo, affondato nel suo collo.
Lo bació, facendo durare quel contatto per un tempo, che il compagno accolse come un miracolo.
Avevano fatto l’amore su quel pavimento e fu l’unico modo per fare uscire Tomo da una crisi devastante, che stava facendo precipitare anche Shan in uno sconforto assurdo.
“Andiamo a prendere nostro figlio, amore…?”
“Sí Tomo… andiamo… Avvisa il suo asilo, ci prendiamo una vacanza, te lo avevo promesso, ricordi?” – sorrise accarezzandogli la fronte.
“Ai Caraibi…?” – disse stupito.
“Sí… chiamo l’agenzia, compreremo quello che ci serve sul posto… fai solo un bagaglio veloce per Josh, con tutte le medicine, non serve altro.”
“Ok… ok grazie… grazie.”
La sua rabbia si era sciolta, nella calda illusione che tutto sarebbe tornato come prima, nessun rancore, nessun rimorso, Tomo voleva solo Shannon al proprio fianco, in quella vita che gli dava tante sicurezze: rinunciarvi sarebbe stato peggio che morire.
“Contento di dormire con il tuo papá?”
Jared sorrise a Lula, che sgambettava sotto al lenzuolo, a fianco di Geffen, che si sentiva un peso sul cuore e non poteva parlarne con lui.
“Aspetta, ho una cosa per te…” – e tornó alla scrivania, dove stava stampando gli scatti fatti per Haiti, da raccogliere in un album, che avrebbe regalato a Geffen per il suo compleanno.
“Cos’è zio Jared?” – domandó Lula quando rientró in camera – “Una foto di una persona a cui vogliamo tutti un mondo di bene…”
“Kevin!!” – disse il bimbo entusiasta.
“La mettiamo qui… sul comodino, cosí controlla che il tuo daddy non ti prenda a calci mentre dormi…” – si sforzó di ridere, arruffando i capelli di Lula.
“Ora dormi… ciao cucciolino…”
“Ciao zio…” e gli diede un bacio.
“Jared…”
“Ciao Glam… riposati…” – sorrise, annuendo allo sguardo interrogativo di Geffen, come se tutto andasse bene, ma non era davvero cosí e lo sapevano entrambi.
Jared si assopí nervosamente sul divano, posizionando la sveglia del cellulare all’alba.
Lula prese due fette della torta, lasciata sul tavolo pronto per la colazione, mentre Glam scaldava un po’ di latte, impaziente di leggere la lettera, che Jared gli lasció sotto il cuscino, prima di uscire.
§ Sto facendo del male a troppe persone…
Sono confuso e terribilmente triste… Spero di ritrovare il tuo abbraccio, quando torneró lunedí. Potevo inventarmi una malattia di Becki o Violet, ma tu non meriti queste menzogne…Ti amo tanto Glam…Tuo J §
Colin ciondolava con i piedi a mollo in piscina, leggendo il copione del film che avrebbe iniziato a girare la settimana successiva.
Sentí qualcosa, non capí, ma si giró di scatto, verso il viale.
“Jared…?!” – mormoró, alzandosi per andare da lui, che con la sua sacca stava avanzando sorridente.
“Avevo… avevo bisogno di stare un paio di giorni con te… e con i nostri figli...” – sembró una richiesta remissiva.
Colin lo strinse a sé e fu la risposta migliore, resa ancora piú gioiosa da un bacio che tolse il respiro ad entrambi.
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