Capitolo n. 65 – gold
Colin si asciugó il viso, dopo essersi sbarbato, fissando la sua immagine riflessa nello specchio del mobile, dove nascondeva sotto chiave ogni sorta di farmaco.
Fece una breve riflessione, poi ingurgitó un paio di tranquillanti, per superare indenne il momento dei saluti con Jared, che lo stava aspettando giá pronto ad andarsene, giú nella sala, dove aveva finito di preparare i bambini, ormai diretti, con Simon, alle quotidiane attivitá scolastiche.
Risalí per vedere a che punto fosse il compagno, trovandolo in ottima forma.
“La limousine della produzione è nel viale… c’è anche Claudine…” – sorrise abbracciandolo.
Colin lo bació con dolcezza, indugiando ad occhi aperti sulle espressioni compiaciute di Jared: “Ti amo anima mia…”
“Anch’io Colin…ci rivedremo presto…”
“Lo spero davvero… mi telefoni quando arrivi?”
“Certo… abbiamo ancora qualche minuto per noi?”
“Temo di no… ma possiamo prendercelo questo tempo, non credi Jay?”
“Sí Cole… sí.” – e tornó a baciarlo, accarezzandolo ovunque arrivassero le sue mani gelide.
Le previsioni meteo per Haiti non erano rassicuranti.
Il volo fece appena in tempo ad atterrare, che un principio di tempesta si avvicinó all’isola.
L’appartamento era silenzioso e vuoto, cosí come il frigorifero ed il letto, dove Jared pensava di trovare Glam, irreperibile al telefono.
L’hammer non era in garage, cosí chiamó un taxi, per arrivare alla fondazione e poi da Pamela.
“Olá chi si vede!”
“Ciao Pam… scusami, cercavo Glam… e Syria.”
“La ciqua sta riposando, ma di Geffen non so nulla, sparito el maldido!” – rise.
“Ah… ok, posso salutarla?”
“Credo che sí, prego, vi porto un caffé?”
“Ottima idea…” – rispose inquieto, per non avere trovato Glam neppure lí.
Pensó alla casetta sulla spiaggia, ma era pericoloso andarci a quel punto.
Syria lo salutó con un bel sorriso, ricambiata con molto affetto.
“Sei stato a Los Angeles? I tuoi figli stanno bene?”
“Sí, grazie… faceva caldo anche lí. Hai visto Glam?”
“Ha telefonato stamattina per sapere se avevamo bisogno qualcosa…”
“Ma tu gli hai parlato Syria?”
“Pochi secondi, voleva sapere se stavo bene… Lui è un uomo cosí buono… merita il nostro amore.”
“Sí… hai ragione…” – i suoi occhi divennero lucidi.
“Jared posso dirti una cosa?”
“Ti ascolto…”
“Perché non lo lasci libero?... Soffrirá terribilmente, ma poi si rassegnerá, lui è abbastanza adulto e maturo per farlo…”
“So che penserai che sia uno stronzo e…”
“No… no. Sei un uomo che non ha ancora trovato le risposte… secondo me ovvio. Il problema è che trascini in questa tua confusione persone che non se lo meritano.”
“Dimitri la tua casa è un porcile!”
“Accontentati ombre, prendi il tuo tè nel bicchiere e non rompere!”
“Ce l´hai un po` di vodka da mettere in questa brodaglia?”
“Sicuro Geffen… eccola.” – e sghignazzó, versandogli una dose abbondante.
“Va meglio cosí? Cicatrizza tutto quella, sai?”
“Non le mie ferite…”
“Ma che cazzo ci fai tu qui nella mia tana puzzolente? Ahahahah”
“È l’ultimo posto dove verrebbero a cercarmi.”
“Guai con la polizia?!” – domandó stupito.
“Ma no… ma quale polizia, parlo di altri guai…”
“Ohhh sí, il puttaniere che è diventato un po’…”
“Un po’ cosa? Sú dillo!” – ruggí minaccioso.
“Scopati chi vuoi, ma non guardare me!”
“Dimitri, a me manca solo piú di portare a letto te e posso anche suicidarmi! Anche se devo ammettere, hai un certo fascino ahahahha salute… mmm buona. Me ne daresti ancora un pochino?”
“Oh Signore…”
Jared tornó all’alloggio, rinunciando ad ulteriori ricerche.
Invió piú di un sms a Glam, pregando di raggiungerlo almeno il giorno seguente.
Voleva parlargli, senza sapere quale discorso intavolare, per districare la matassa che gli pesava sullo stomaco da giorni.
La violenza del vento aumentó all’improvviso, scagliando contro alle vetrate foglie e rami, provenienti dal giardino sottostante.
Jared si precipitó a chiudere le tapparelle, dopo avere acceso le luci in ogni camera.
Deglutí, cercando nevroticamente la torcia, nel caso la corrente elettrica andasse via.
Era inevitabile e la casa precipitó in un buio angosciante.
Anche l’illuminazione in strada era saltata, quindi era inutile provare a riaprire le saracinesche.
Si appoggió al muro, tremando e sudando.
La gola gli si seccó, mentre gli occhi pungevano per il pianto, che non riuscí a trattenere.
Il telefonino era isolato, forse funzionavano le chiamate di emergenza, ma era assurdo chiamare aiuto.
Il palazzo era semi deserto, ma lui ormai sentiva ogni genere di rumore, sobbalzando per ció che in realtá era frutto della sua immaginazione.
Andando a tentoni prese un cuscino dal divano, stringendolo a sé, come a cercare un conforto immaginario.
Il tonfo di vetri rotti sovrastó le altre percezioni e solo allora gridó.
Era arrabbiato e spaventato.
“Basta Jared… basta hai… hai quasi 45 anni e… e te la fai sotto per un temporale…!”
Partí un allarme a sirena ed un clacson, dalle auto giú in strada.
“Bastaaa!!!” – il suo grido era inghiottito dalla furia dei tuoni e le sagome sinistre degli oggetti presero vita sulle pareti, grazie ai flash dei lampi continui, che filtravano dalle fessure degli infissi.
Respiró profondamente, cercando un minimo di autocontrollo, ma fu inutile.
Si rannicchió in posizione fetale, sbattendo con la nuca sui gradini che portavano alla zona cucina, dal salotto.
Si massaggiava imprecando, ma quel malessere era niente in confronto al terrore, che gli soffocava l’anima.
Strizzó le palpebre, come se potesse servire a qualcosa nascondersi con la mente da quell’inferno.
Un bussare prepotente ed inaspettato lo fece trasalire.
Con le dita cercó di decifrare l’entitá della barriera tra lui e la blindata, pregando di poterci arrivare sano e salvo.
Senza neppure sapere come, arrivó alla maniglia, chiedendo chi fosse, ma solo i colpi sul legno rimbombavano insieme al resto di quel frastuono intorno.
Spalancó la porta, vedendo una figura massiccia davanti a lui, che lo prese per le braccia – “Jared!!!”
Era Glam, ma lui non lo riconobbe.
Era in preda al terrore, si accasció nell’ingresso, quasi posseduto da convulsioni incontrollate: “Non toccare mio fratello!!! Lasciaci in pace!!!” – esclamó, mentre l’altro provava a tranquillizzarlo, stringendolo sul petto.
“Jared… Jared sono io… Glam… accidenti cosa ti prende?” – disse calibrando il tono della voce, per non impressionarlo ancora di piú.
Accarezzava i suoi capelli, mentre Jared singhiozzava fuori di sé – “Shannon… mandalo via… mandalo… via…” – aggiunse flebilmente, ansimando, ormai in preda ad un attacco di panico completo.
Solo allora Geffen si ricordó dell’abuso ai danni di Jared, perpetrato da quello zio acquisito, che in seguito morí di cancro, tra parenti affranti ed ignari di quanto fosse stato brutale con ragazzi come Jared.
Lo prese in braccio, portandolo sul letto ed accendendo qualche candela, che sembró rassicurare Jared.
Tornó a prendersi cura di lui, vedendo che non gli era passata la crisi, nonostante potesse vederlo bene – “Cosa devo fare con te Jared…? Me lo spieghi…?” – quasi lo imploró, con tenerezza, trovando insopportabile ció che aveva subito e che si mescolava a quelle carenze affettive, negate da un padre assente, che forse lo aveva anche disprezzato, oltre che rifiutato.
Dal nulla alle troppe e luride attenzioni di quell’altro verme, a cui Jared si era di sicuro affezionato, sostituendolo nel proprio cuore a quel genitore, che la vita gli aveva ingiustamente negato.
Lui e Shannon erano due bambini bellissimi, derubati del bene legittimo, che solo chi ti mette al mondo puó darti.
Lo culló, finché Jared riprese coscienza della situazione: “Glam…pensavo che… io pensavo…”
“Ssssttt non dire niente… non farlo, tanto io ormai non so piú chi sono… voglio solo amarti ed accumulare sbagli finché non capiró che sará un lavoro inutile… e non me ne importa un cazzo, questa è la veritá piccolo…”
“Glam mi dispiace… mi dispiace…” – la sua angoscia si sciolse sul cuore di Geffen, che inizió a spogliarlo, mentre Jared faceva altrettanto, in modo fluido e continuo, come le spinte che un attimo dopo invasero il suo corpo.
Jared si schiudeva come quei fiori rari e preziosi, ricevendo Glam con generositá: lui lo sentiva dagli umori caldi, che anticipavano il loro orgasmo, nei quali era cosí bello perdersi, senza piú cercare ragioni, senza piú pensieri.
Sans souci.
Quindi era quella la formula?
Poteva inaridirti, poteva deluderti, poteva alienarti da ogni dignitá.
Il minimo sarebbe stato ribellarsi, imporsi, ma quel bimbo maltrattato era lui ed entrambi erano affamati d’amore da un tempo eterno, che si dilatava e li inghiottiva.
La stessa sensazione, che da orrenda diventava magnifica, materializzandosi nelle spinte progressive, che ora, continuavano a ripetersi dentro a Jared, girato su di un fianco, che mugugnava delizioso nella gola di Glam, perduto in singulti anche animaleschi, per il piacere che si era impadronito di ogni suo nervo, portandoli al limite di loro stessi, divampando e dilagando piú volte, avvinghiandosi e poi liberandosi, girandolo sotto di sé, tormentandolo con le dita, poi la bocca, poi le dita ed infine il sesso, pronto e capace di scoparlo fino allo spasimo.
Due morse afferravano i polsi di Jared, che affondava nel guanciale soffice, tutta la sua libido appagata, pretendendone ad oltranza.
Glam si svuotó nuovamente, mentre il sesso di Jared era ancora intrappolato nelle mani dell’amante, che lo finí con la bocca, ingorda di lui.
I raggi del sole dopo un uragano, sembravano sfiorare timidamente le spalle di Jared, che dormiva a pancia in giú.
Glam vi posó alcuni baci, inginocchiandosi di lato e ricoprendo il suo sembiante perfetto ed atletico, con un lenzuolo pulito.
Si abbassó sul suo collo, facendogli sentire il profumo di caffè ed il tepore delle sue premure.
Jared sorrise.
“Tu sei… il mio tutto.” - gli sussurró.
“Glam…” – si giró, sedendosi ancora confuso dal sonno e dal riverbero accecante.
Geffen avvolse tra le mani la sua nuca, delineando gli zigomi con i pollici, quasi studiasse ogni millimetro di quella perfezione – “Ti appartengo Jared… Adesso trabocco di gioia… domani impazziró dalla rabbia… il giorno seguente voleró, sognando…La veritá è che questo è il solo modo di vivere che io conosca, l’unico che abbia un senso, per me…”
“Glam io…”
“Te lo ripeto…” – sorrise abbassando la testa e poi tornando a scrutarlo – “Non dire nulla… so che mi ami ed è solo in questo modo che tu sai farlo… Solo questo Jared.” – e lo bació, tornando a possederlo per ore.
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