Capitolo n. 318 – zen
Liam gli si avvicinò
porgendogli un sacchetto colmo di biscotti appena sfornati.
“Li prepara mio
padre: è più gay di me, però non lo ammetterà mai” – sorrise pacato,
accomodandosi accanto a Louis, che lo stava guardando stranito, anche per la
sua spontaneità.
Payne era un tipo
dall’aria semplice, concreta e molto dolce.
La sua schiettezza
sgorgava dai suoi modi e dalle sue parole, come acqua di sorgente.
“A proposito” –
proseguì – “… ti ringrazio per la rivelazione di prima: è stata illuminante ed
esaustiva, forse una sorta di tua rivendicazione”
“No, è stato solo un
dispetto ed ora mi sento un coglione” – bissò asciutto, esitando sul prendere
una di quelle delizie, che Liam stava sgranocchiando tranquillamente.
“Come dovrebbe
sentirsi Lux o come si chiama?”
“Si chiama Vincent”
“E’ una brava
persona”
“Che tu farai
soffrire, ne sono certo”
Erano seduti intorno
ad uno dei fuochi, che venivano accesi poco distante dall’accampamento.
Era buio pesto.
“Perché dici questo,
Louis?” – chiese più serio.
“Ho visto come
guardavi Zayn, anche un cieco lo capirebbe”
“Ci siamo appena
conosciuti … Dio santo come corri con la fantasia”
“Questione di
istinto, so di che parlo: in compenso è buffo, perché Malik ed io abbiamo avuto
due uomini in comune”
“Davvero …?”
“Certo, uno è stato
un certo Steadman, l’altro Lux”
“Non penserai mica
che io divenga il terzo della serie?” – rise – “Nessun pericolo, non mi piace
entrare nelle relazioni altrui: tu sei sposato, Zayn fidanzato” – e tossì, una
briciola gli era andata di traverso.
Boo scosse la testa e
poi se ne andò.
Voleva chiamare Harry
e vedere anche Petra, via pc.
Gli mancavano da
morire.
“Dove stai andando?”
Zayn glielo chiese
restando immobile davanti alla cerniera della tenda, che aveva appena chiuso,
mentre Vincent raccoglieva poche cose in una sacca.
“Nel paese qui sotto,
mi cerco un hotel per stanotte, poi domani vedrò il da farsi” – replicò senza
guardarlo.
Avrebbe voluto
urlare, prenderlo anche a schiaffi, fargli male, quindi era meglio andarsene,
perché quello non sarebbe stato più
lui e forse Lux non voleva neppure dare la colpa esclusivamente a Zayn: erano
un insieme di cose, che lo stavano logorando, da tempo.
“Io … io non ho fatto
nulla di male Vincent” – protestò, riprendendo fiato e colore.
Lux si girò,
osservandolo – “Non importa Zayn … Non pretendo che tu vada a spiattellare il
tuo privato al primo sconosciuto che passa, però nei tuoi occhi ho visto
qualcosa che non mi è piaciuto, che mi ha ferito”
Malik provò ad
azzerare la distanza, ma Vincent si spostò sopra ad una branda, per allacciarsi
le scarpe.
“Louis invece si è
vantato di avere avuto una relazione con te, vero? Mentre io”
“Boo non se ne
vergogna, è diverso” – ribatté alzandosi, gli zigomi spigolosi, i capelli
tirati indietro con il gel che usava insieme al suo cucciolo dallo sguardo
liquido e sensuale, dalla bocca perfetta, che, anche in quell’istante, avrebbe
catturato con baci infuocati e struggenti.
“Mi stai lasciando?!
Io non mi vergogno del nostro legame, cazzo!! Questo lo stai dicendo tu
Vincent!!” – e lo spintonò, provando a trattenerlo.
“E tu invece non hai
detto niente Zayn, quando era il momento per farlo: tutto qui.” – lo gelò, con
una freddezza granitica, quindi se ne andò, sparendo nell’oscurità, verso il
parcheggio delle jeep.
Geffen avanzò curioso
in quell’ambiente disadorno di mobili ed una tappezzeria decente.
Il parquet
scricchiolava, c’erano unicamente lampadine appese un po’ ovunque ed aria di
chiuso.
Styles spalancò le
finestre e gli fece strada.
“Ok, ok, lo so, non è
il massimo, però gli darò una sistemata in men che non si dica!” – affermò
entusiasta.
Glam si grattò la
nuca, guardandosi in giro – “C’è almeno una sedia? Devo schiantarmici sopra,
anche per riprendermi dal resto della tua … sorpresa”
Harry si affrettò a
procurargliene una, prendendola da uno sgabuzzino colmo di cianfrusaglie.
“Il quartiere è sano,
in ordine, vicino al tribunale”
“Sì dei minori Haz,
lo so, poi c’è anche l’istituto di Miss. Gramble …”
“Appunto!” – e
sospirando, si piazzò sopra ad un davanzale impolverato.
“E con quali soldi
avvierai la tua nuova … attività?”
“Con quelli di questo
assegno” – e lo mostrò a Geffen – “Me l’ha firmato Hopper, la mia …
liquidazione” – e storse le labbra, imbarazzato.
“Sì, ma senti”
“No Glam … Piacerà a
Louis, voglio ripartire da qui, facendo gavetta e difendendo i più deboli, te
l’ho spiegato in auto” - disse convinto.
“Certo io lo
apprezzo, credimi, però eri il mio … delfino, insomma un erede straordinario,
più completo del sottoscritto, con la tua preparazione in diritto
internazionale” – ribatté asciutto, ma con gli occhi lucidi.
La volontà di Harry
lo stava commuovendo e, più di tutto, la voglia di fare progetti, per Louis,
per sé, per Petra: già solo il fatto di poterlo fare era incredibilmente bello
ed all’improvviso impossibile per Geffen.
“I diritti dei
deboli, degli emarginati, troveranno una soluzione tra queste mura … Certo
cadono a pezzi, comunque ho già un aiutante, tra poco arriva” – e sorrise
radioso – “Inoltre tuteleremo le coppie gay, lesbiche, trans, che non riescono
ad adottare un bimbo, perché gli ostacoli là fuori sono parecchi, mica hanno i
nostri … ehm, vostri soldi”
“D’accordo mi hai
convinto … Peccato, ma il mio studio sarà sempre aperto a te ed a chi vorrai,
se assumerai qualche nuovo legale, insomma non potrai mica fare tutto da solo?”
“Permesso, si può?”
La sua voce era
squillante, il suo abbigliamento assurdo: un ragazzino piombò nel bel mezzo
della loro conversazione, sventolando una bandiera arcobaleno – “Questa dove la
metto?” – chiese con un bel sorriso.
Era biondo, carino,
nei suoi pantaloni fucsia attillati, la t-shirt verde mela, il berretto rosso
fuoco.
“Glam ti presento
Niall … Il mio segretario tutto fare”
“Ciao …” – mormorò
incerto Geffen.
“Salve! Stia comodo,
lei è il boss di Harry, sì, sì, ne ho sentito parlare, ha visto che fico questo
posto?!” – e gli stritolò la mano.
“Uno sballo direi …
Tu saresti …”
“Un attivista Lgbt,
non si vede!? Tutti dovrebbero fare coming out, lei ha provveduto giusto?”
Styles, seppure
paonazzo, era terribilmente divertito.
“Assolutamente sì …”
– Glam inspirò – “Che dite ordiniamo da mangiare? Anzi, no, vi porto fuori …”
“C’è la rosticceria
di zia Sally qui all’angolo, ci andiamo?” – propose Niall, sgranando i suoi
fanali.
“Vada per la zia Sally, ti somiglia?” – chiese Glam, velatamente
preoccupato.
“Al cento per cento!”
La panchina era
sempre quella.
Così l’azzurro di
quel cielo, sopra l’oceano.
“Stare in mezzo ai
giovani è bello, sai Rob? Ti infonde molta ispirazione”
Downey lo scrutò,
sorridendo, dopo avergli preso il polso destro tra le dita.
“Sì, lo so Glam … E
le polpette di zia Sally?” – sogghignò adorabile.
Geffen si ossigenò –
“Dio sembrava di stare in una camera a gas, tra friggitrici accese e fumanti …
Non le digerirò mai più … I miei vestiti sono da buttare”
“In effetti non si
può più mangiare all’aperto … Hai parlato con Pam?”
“Ci vado adesso … Per
questo ti ho cercato, se mi accompagnassi almeno tu” – e gli sorrise complice.
“Ok Glam … Meglio che
ti cambi, altrimenti ti dice no di botto” – rise.
“Tu lo faresti?” – e
lo fissò.
Con amore.
“No … Ti direi sempre
di sì, non ho mai smesso e tu questo lo sai …” – replicò intenso, ma senza
enfasi alcuna.
Si baciarono.
Colin passò a
ritirare delle medicine per Shannon, direttamente da Mason.
Attese fuori lo
studio per pochi minuti, salutando Laurie, in transito con Nasir al seguito,
che camminava buffo, intralciato dal pannolino, visibile sotto la sua salopette
in jeans.
Era adorabile:
Farrell gli diede un paio di coccole, sotto lo sguardo innamorato di Hugh – “Jim
si libera tra un minuto, sta parlando con quel simpaticone di Sven Somerhalder”
“Sven?”
“Sì, è un
ricercatore, ha messo a punto dei vaccini innovativi, però ha qualcosa che non
mi è mai piaciuto … Ah eccoli”
Colin fissò quel tipo
dall’aria molto elegante, ma ambigua.
Forse non era lo Sven, di cui gli aveva parlato Kirill,
però quanto l’attore se lo ritrovò nel parcheggio sotterraneo dell’ospedale, la
tentazione di seguirlo fu incontenibile.
Il medico si fermò
dopo un isolato: c’era un ragazzo appoggiato ad un muro, con un giornale in
mano: faceva finta di leggerlo ed appena si accorse della vettura di
Somerhalder, vi salì veloce, ma non abbastanza per non farsi riconoscere.
Era Kirill.
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