mercoledì 18 giugno 2014

ZEN - CAPITOLO N. 314

Capitolo n. 314 – zen



Scott gli diede un buffetto e Louis avvampò, sotto lo sguardo vigile e preoccupato di Harry, che teneva Petra sul petto.

“Le hai prese le pastiglie?”

“Sì …”

“E le gocce?” – il medico rise.

Boo storse le labbra, in quel modo adorabile, che fece sciogliere il cuore a Styles e ridere la loro cucciola.

“Ok con questa iniezione metteremo le cose a posto, dopo di che sei pronto per il tuo viaggio in Cile”

“Quale viaggio?” – mormorò alle loro spalle Haz.

Scott si morse la lingua e Louis perse un battito.



Quella mano era fresca: Shan aprì gli occhi lentamente.

“Glam …?!” – sussurrò, arridendo alla sua presenza a sorpresa.

“Bentornato tra noi …”

“Come ti senti?” – chiese velatamente in ansia, notandolo sulla sedia a rotelle.

“Motorizzato, come vedi, quasi bionico” – rise – “E tu?”

“Rotto, dalla testa ai piedi … Domani mi faranno anche la prima chemio”

“Andrà tutto a meraviglia Shan”

“E mio fratello?”

“Un delirio” – ammiccò – “Gliela abbiamo fatta grossa stavolta, siamo complici” – scherzò affettuoso.

“Direi proprio di sì … Mi dispiace, è distrutto”

“Tu guarirai, lui si riprenderà da questo periodo difficile, le cose si risolveranno …” – e tirò un sospiro – “… te lo prometto Shannon”

“So che tu sei uno che mantiene ciò che dice, in genere”

“In genere sì, ci provo almeno …”

“Allora resta con noi Glam”

“Un po’ di me vi rimarrà, attraverso i miei figli, che anche tu crescerai”

“Non possiamo farcela senza di te, anche se almeno una volta nella vita, credo, ognuno di noi ti avrebbe strangolato volentieri” – rise con gli occhi lucidi.

“Anche tu?”

“No, non me ne ricordo … Sarà l’anestesia?”

“Senza dubbio, sarà l’anestesia” – e risero insieme.



Colin pagò il ragazzo, senza guardarlo.

Lui non aveva volto, non aveva un sorriso, ma solo una bocca, che gli aveva dato piena soddisfazione.

Scoparselo era fuori questione.
I preservativi sulla mensola lo disgustavano, così come sé stesso, mentre si riallacciava camicia e pantaloni.

“Mai stato con uno così fico … E famoso”

“Cosa?” – nemmeno si girò.

Voleva dimenticarsi all’istante di essere stato in quel club privato.
Ci aveva visto entrare Owen, dopo averlo incrociato ad un semaforo.

Farrell lo aveva seguito senza saperne il motivo, forse per semplice curiosità, perché quel quartiere era nuovo e totalmente sconosciuto all’attore.

“Con uno ricco sì, qui ci viene solo gente così”

Il giovane insisteva nell’intavolare una conversazione, quello era pur sempre Colin James Farrell, un suo idolo, c’erano persino i dvd dei suoi film sopra al comodino, dal quale si poteva azionare il lettore a distanza e vedersi una proiezione in santa pace, tra un cliente e l’altro.

“Scusami ho fretta devo tornare in ospedale e”

“Per tuo cognato?” – gli sorrise.

“Sì …” – il disagio fu forte: la sua vita era nella testa degli altri, nelle loro conversazioni, nei loro giudizi, mentre lui non sapeva nulla del suo interlocutore o del prossimo in generale, della cassiera al market, piuttosto che il buttafuori del locale, dove mangiava con Jared regolarmente.

“Abbi pazienza è che sono sempre da solo, per la giornata, non parlo granché con nessuno, alla sera sono stanco morto … Comunque grazie, mi hai dato più di quanto io” – rivelò composto, ma con una serenità inusuale.

“Figurati” – lo interruppe brusco l’irlandese, fissandolo.

“Vorrei baciarti … Sei così … Ecco, sono un deficiente, lo so” – arrossì, andando in bagno e chiudendosi la porta a chiave, lo salutò frettoloso – “Buona fortuna Colin, tanto mi sa che non ci rivedremo più.”

Farrell fuggì letteralmente via, dandosi del coglione, del bastardo, del pazzo furioso.

L’auto di Rice non era più nel parcheggio sotterraneo ed i vetri scuri del fuoristrada di Colin erano stati provvidenziali anche a quell’incrocio, ma avrebbe voluto sprofondare.

Certo se lo avesse incontrato sarebbe stato a dire poco imbarazzante, però il desiderio di entrare in quel posto, prevalse, come un demone dispettoso.

Il cellulare iniziò a vibrare.
Era Jared.



Hugh si grattò la nuca, in un moto tipico della sua gestualità.

“Sposare Pamela??!”

Geffen rise – “E’ un’idea che”

“Era l’idea di cui mi parlavi la volta scorsa??!”

“Infatti, la stavo … Coltivando”

“Ah sì? Mi hanno detto che si è giusto liberato un posto da giardiniere al manicomio criminale di Baltimora” – soffiò l’analista, pulendosi le lenti degli occhiali.

Laurie trattava Glam come un paziente qualsiasi: niente cancro, niente morte, sui quali piagnucolare.

Le sedute erano state impostate su quel ritmo e non la smettevano mai di punzecchiarsi e divertirsi.

“Va bene doc, prenderò in considerazione questa proposta di impiego, ma, come vedi, sono un po’ … impedito”

“Ci attacchi il tosaerba a quel coso e vedrai che numeri!”

“Ottimo spunto … Tornando alla mia futura moglie …”

“Credevo parlassi di Jared”

“Lui e Robert li ho sposati così tante volte …”

“Per finta Glam!”

“No, nel mio cuore per davvero ed ora … Tornando seri per almeno cinque minuti”

“Ti ascolto” – bissò serio.

“Mi ha dato quattro figli meravigliosi ed è come se glielo dovessi, poi adoro Pam, voglio che sia lei la mia … la mia vedova, anche per questioni economiche …”

“Le tue ex potrebbero rivendicare qualcosa?”

“Non si sa mai, anche se ho sistemato già le cose a dovere … Poi c’è un’altra cosa, ma non riesco ancora a parlarne”

“Io sono qui Glam, però”

“So di non avere molto tempo doc, non ci dormirò sopra, te lo garantisco”

“Ok Glam … La tua tribù è sospesa in un vuoto dove non c’è più spazio per versare lacrime, in un silenzio assordante … Penso a Jared, ma anche a Robert e Colin, senza contare Jude, ma soprattutto Kevin …”

“So che avrai cura di loro Hugh”

“Penso a Lula”

Geffen strinse il bordo del tavolo, le iridi tremanti – “Io penso a lui ogni giorno, credimi.”



Jamie fece una spaccata in aria, sembrò volare e l’atterraggio da manuale, con due piroette sul posto ed un inchino, chiusero la sua breve esibizione, davanti ad una giuria di esperti.

Erano insegnanti di danza navigati e lo applaudirono, conoscendo perfettamente la sua storia clinica.

Hopper ebbe un fremito, dallo stomaco alla gola, Kurt era come imbambolato, in attesa che qualcuno parlasse.

I due se ne stavano dietro le quinte, muti come pesci.

Jam si sollevò, con l’eleganza e la fierezza di chi aveva vinto una battaglia, anche se la guerra, forse, era perduta, per quel provino.

Si sbagliava.

“Cross lei ci lascia sempre con il fiato sospeso: è incredibile” – esordì il presidente della commissione.

Era l’ultima esibizione del pomeriggio.

“La parte è sua, congratulazioni” – e gli allungò la mano, che Jamie corse a stringere, come le restanti, in successione, leggiadro e felice, fino all’abbraccio di Hopper e Kurt, quasi sul punto di piangere, come il suo migliore amico.

“Dio, sei stato un angelo, sei stato superbo” – Marc lo baciava, singhiozzando, Kurt gli scompigliava i capelli, con una profusione di coccole adoranti.

“Andiamo dalle bimbe? Dave ci aspetta con loro e Martin” – esclamò il ballerino, entusiasta e con il fiato corto, più per l’emozione, che per gli sforzi appena compiuti.

Prese poi sotto braccio i suoi cavalieri e si diresse ai camerini per cambiarsi.


C’era già un po’ di Natale nell’aria, novembre volgeva alla fine e nessuno lo avrebbe rimpianto, in quell’anno da dimenticare.








Nessun commento:

Posta un commento