Capitolo n. 314 – zen
Scott gli diede un
buffetto e Louis avvampò, sotto lo sguardo vigile e preoccupato di Harry, che
teneva Petra sul petto.
“Le hai prese le
pastiglie?”
“Sì …”
“E le gocce?” – il medico
rise.
Boo storse le labbra,
in quel modo adorabile, che fece sciogliere il cuore a Styles e ridere la loro
cucciola.
“Ok con questa
iniezione metteremo le cose a posto, dopo di che sei pronto per il tuo viaggio
in Cile”
“Quale viaggio?” –
mormorò alle loro spalle Haz.
Scott si morse la
lingua e Louis perse un battito.
Quella mano era
fresca: Shan aprì gli occhi lentamente.
“Glam …?!” –
sussurrò, arridendo alla sua presenza a sorpresa.
“Bentornato tra noi …”
“Come ti senti?” –
chiese velatamente in ansia, notandolo sulla sedia a rotelle.
“Motorizzato, come
vedi, quasi bionico” – rise – “E tu?”
“Rotto, dalla testa
ai piedi … Domani mi faranno anche la prima chemio”
“Andrà tutto a
meraviglia Shan”
“E mio fratello?”
“Un delirio” –
ammiccò – “Gliela abbiamo fatta grossa stavolta, siamo complici” – scherzò affettuoso.
“Direi proprio di sì …
Mi dispiace, è distrutto”
“Tu guarirai, lui si
riprenderà da questo periodo difficile, le cose si risolveranno …” – e tirò un
sospiro – “… te lo prometto Shannon”
“So che tu sei uno
che mantiene ciò che dice, in genere”
“In genere sì, ci
provo almeno …”
“Allora resta con noi
Glam”
“Un po’ di me vi
rimarrà, attraverso i miei figli, che anche tu crescerai”
“Non possiamo farcela
senza di te, anche se almeno una volta nella vita, credo, ognuno di noi ti
avrebbe strangolato volentieri” – rise con gli occhi lucidi.
“Anche tu?”
“No, non me ne
ricordo … Sarà l’anestesia?”
“Senza dubbio, sarà l’anestesia”
– e risero insieme.
Colin pagò il
ragazzo, senza guardarlo.
Lui non aveva volto,
non aveva un sorriso, ma solo una bocca, che gli aveva dato piena
soddisfazione.
Scoparselo era fuori
questione.
I preservativi sulla
mensola lo disgustavano, così come sé stesso, mentre si riallacciava camicia e
pantaloni.
“Mai stato con uno
così fico … E famoso”
“Cosa?” – nemmeno si
girò.
Voleva dimenticarsi
all’istante di essere stato in quel club privato.
Ci aveva visto
entrare Owen, dopo averlo incrociato ad un semaforo.
Farrell lo aveva
seguito senza saperne il motivo, forse per semplice curiosità, perché quel
quartiere era nuovo e totalmente sconosciuto all’attore.
“Con uno ricco sì,
qui ci viene solo gente così”
Il giovane insisteva
nell’intavolare una conversazione, quello
era pur sempre Colin James Farrell, un suo idolo, c’erano persino i dvd dei
suoi film sopra al comodino, dal quale si poteva azionare il lettore a distanza
e vedersi una proiezione in santa pace, tra un cliente e l’altro.
“Scusami ho fretta
devo tornare in ospedale e”
“Per tuo cognato?” –
gli sorrise.
“Sì …” – il disagio
fu forte: la sua vita era nella testa degli altri, nelle loro conversazioni,
nei loro giudizi, mentre lui non sapeva nulla del suo interlocutore o del
prossimo in generale, della cassiera al market, piuttosto che il buttafuori del
locale, dove mangiava con Jared regolarmente.
“Abbi pazienza è che
sono sempre da solo, per la giornata, non parlo granché con nessuno, alla sera
sono stanco morto … Comunque grazie, mi hai dato più di quanto io” – rivelò composto,
ma con una serenità inusuale.
“Figurati” – lo interruppe
brusco l’irlandese, fissandolo.
“Vorrei baciarti …
Sei così … Ecco, sono un deficiente, lo so” – arrossì, andando in bagno e
chiudendosi la porta a chiave, lo salutò frettoloso – “Buona fortuna Colin,
tanto mi sa che non ci rivedremo più.”
Farrell fuggì
letteralmente via, dandosi del coglione, del bastardo, del pazzo furioso.
L’auto di Rice non
era più nel parcheggio sotterraneo ed i vetri scuri del fuoristrada di Colin
erano stati provvidenziali anche a quell’incrocio, ma avrebbe voluto
sprofondare.
Certo se lo avesse
incontrato sarebbe stato a dire poco imbarazzante, però il desiderio di entrare
in quel posto, prevalse, come un demone dispettoso.
Il cellulare iniziò a
vibrare.
Era Jared.
Hugh si grattò la
nuca, in un moto tipico della sua gestualità.
“Sposare Pamela??!”
Geffen rise – “E’ un’idea
che”
“Era l’idea di cui mi parlavi la volta
scorsa??!”
“Infatti, la stavo …
Coltivando”
“Ah sì? Mi hanno
detto che si è giusto liberato un posto da giardiniere al manicomio criminale
di Baltimora” – soffiò l’analista, pulendosi le lenti degli occhiali.
Laurie trattava Glam
come un paziente qualsiasi: niente cancro, niente morte, sui quali
piagnucolare.
Le sedute erano state
impostate su quel ritmo e non la smettevano mai di punzecchiarsi e divertirsi.
“Va bene doc,
prenderò in considerazione questa proposta di impiego, ma, come vedi, sono un
po’ … impedito”
“Ci attacchi il
tosaerba a quel coso e vedrai che numeri!”
“Ottimo spunto …
Tornando alla mia futura moglie …”
“Credevo parlassi di
Jared”
“Lui e Robert li ho
sposati così tante volte …”
“Per finta Glam!”
“No, nel mio cuore
per davvero ed ora … Tornando seri per almeno cinque minuti”
“Ti ascolto” – bissò serio.
“Mi ha dato quattro
figli meravigliosi ed è come se glielo dovessi, poi adoro Pam, voglio che sia
lei la mia … la mia vedova, anche per questioni economiche …”
“Le tue ex potrebbero
rivendicare qualcosa?”
“Non si sa mai, anche
se ho sistemato già le cose a dovere … Poi c’è un’altra cosa, ma non riesco
ancora a parlarne”
“Io sono qui Glam,
però”
“So di non avere
molto tempo doc, non ci dormirò sopra, te lo garantisco”
“Ok Glam … La tua
tribù è sospesa in un vuoto dove non c’è più spazio per versare lacrime, in un
silenzio assordante … Penso a Jared, ma anche a Robert e Colin, senza contare
Jude, ma soprattutto Kevin …”
“So che avrai cura di
loro Hugh”
“Penso a Lula”
Geffen strinse il
bordo del tavolo, le iridi tremanti – “Io penso a lui ogni giorno, credimi.”
Jamie fece una
spaccata in aria, sembrò volare e l’atterraggio da manuale, con due piroette
sul posto ed un inchino, chiusero la sua breve esibizione, davanti ad una
giuria di esperti.
Erano insegnanti di
danza navigati e lo applaudirono, conoscendo perfettamente la sua storia
clinica.
Hopper ebbe un
fremito, dallo stomaco alla gola, Kurt era come imbambolato, in attesa che
qualcuno parlasse.
I due se ne stavano
dietro le quinte, muti come pesci.
Jam si sollevò, con l’eleganza
e la fierezza di chi aveva vinto una battaglia, anche se la guerra, forse, era
perduta, per quel provino.
Si sbagliava.
“Cross lei ci lascia
sempre con il fiato sospeso: è incredibile” – esordì il presidente della
commissione.
Era l’ultima
esibizione del pomeriggio.
“La parte è sua,
congratulazioni” – e gli allungò la mano, che Jamie corse a stringere, come le
restanti, in successione, leggiadro e felice, fino all’abbraccio di Hopper e
Kurt, quasi sul punto di piangere, come il suo migliore amico.
“Dio, sei stato un
angelo, sei stato superbo” – Marc lo baciava, singhiozzando, Kurt gli
scompigliava i capelli, con una profusione di coccole adoranti.
“Andiamo dalle bimbe?
Dave ci aspetta con loro e Martin” – esclamò il ballerino, entusiasta e con il
fiato corto, più per l’emozione, che per gli sforzi appena compiuti.
Prese poi sotto
braccio i suoi cavalieri e si diresse ai camerini per cambiarsi.
C’era già un po’ di
Natale nell’aria, novembre volgeva alla fine e nessuno lo avrebbe rimpianto, in
quell’anno da dimenticare.
Nessun commento:
Posta un commento