giovedì 19 giugno 2014

ZEN - CAPITOLO N. 315

Capitolo n. 315 – zen



Ci era tornato.

Se ne stava seduto in un angolo, tra una chaise long, in similpelle dorata, piuttosto pacchiana ed un attaccapanni nero, in tinta con altre suppellettili di quel boudoir del terzo millennio.

Colin parlava, un po’ a ruota libera, un po’ trattenendosi ed arrossendo.

Si sentiva bene e si sentiva male, con quel ragazzino spaparanzato sul letto, sa pancia in giù, il sedere perfetto all’aria, gli occhi attenti sull’attore, dal quale si sarebbe lasciato fare di tutto.

Se solo Farrell avesse voluto.

L’irlandese, invece, sembrava non pretendere nulla.

“Vuoi bere qualcosa?” – chiese in una pausa Kirill, madre russa, padre americano “Erano due spie, sai?” – rivelò, i nonni adottivi glielo dicevano spesso, ma, probabilmente era una balla, era stato semplicemente abbandonato.

“Sì dell’acqua oppure una cola … Fai tu” – Colin sorrise timido, prendendo fiato.

“Vuoi che facciamo come l’altro giorno …?” – bissò di rimando, altrettanto esitante, porgendogli la bibita, con un mezzo sorriso.

“No … No, però ti pago lo stesso …” – Farrell avvampò, sentendosi un vero coglione.

Cosa ci faceva lì, era la prima domanda.
Cosa voleva?

Praticamente meno di nulla, se non scappare e stare un po’ con un estraneo, perché chiunque in famiglia gli ricordava ciò che stava accadendo a Glam ed a Shannon.

Jared ne avrebbe sofferto?
Colin se lo chiedeva ogni due secondi e la pelle, il profumo di quel giovane lo stavano confondendo, adesso, che gli era troppo vicino.

“Il mio capo ha detto che dovevo darmi da fare di più … Per spillarti una cifra diversa” – rise, tornando al proprio posto, sul letto disfatto, ma pulito.

Era una bugia.

“Ti do più soldi allora …” – tossì, quasi strozzandosi.

“Vuoi che chiami una delle ragazze …?”

“No”

“Non ti piacciono più le donne?”
Era curioso.

“Non come pensi tu …” – sorrise – “Forse ne ho avuto sempre paura, ci andavo da ubriaco, quasi mai da sobrio e poi … Poi mi facevo di qualsiasi cosa”

“Di Jared non avevi paura?”

“Eccome” – rise stavolta, più rilassato, ma oltremodo malinconico – “Un terrore fottuto … E’ sempre stato troppo per me … E quando si è innamorato di un altro, forse ho anche pensato che potevo liberarmi dall’amore e dal senso di possesso, che ci univa dal primo istante”

“Ci scopi ancora?”

Colin lo guardò – “Sì … E’ sempre straordinario, forse è ciò che ci riesce meglio” – inspirò, dando un ulteriore sorso.

Silenzio.

Un cicalino ruppe l’atmosfera di imbarazzo.

Kirill rispose all’interfono – “No … Ne abbiamo ancora per una mezz’ora” – poi scrutò Farrell, le iridi liquide, come a chiedere una conferma e lui annuì.

“Ti ringrazio” – sbuffò – “… di solito è il giorno di Sven ed è un vero maiale”

“In che senso?”

“Non posso dirtelo” – si morse le labbra.

“Digli che pago il resto del pomeriggio”

“Ed a che servirebbe? Domani torna” – sorrise – “Comunque grazie … Non me lo aspettavo, sei … gentile.”



“Shan perderà i capelli …”
Glam lo disse massaggiandosi l’addome sotto il maglione in lana grossa, comprato a Dublino, anni prima, con Kevin, che ne aveva uno uguale.

Robert si girò sul fianco – “Ti fa male?”

“No” – sorrise – “Ho la digestione lenta, faccio come … Napoleone?”

“Lui aveva mal di fegato” – Downey rise, accoccolandosi sotto la sua ala.

Allungati sopra al divano del salotto, erano nel cottage, dove Geffen incontrava di solito Jared.
In un certo senso un sacrilegio, averci portato Robert, ma era il posto giusto, al momento giusto, trovandosi entrambi in città.

Law li avrebbe raggiunti alla End House, per cenare con gli altri, ma era ancora presto per andarci.

“Jude finisce il doppiaggio oggi, poi vorrebbe andare a Londra dai figli”

“Lo accompagni?”

“Non lo so ancora Glam”

“Vacci e basta”

“Ok … Sei incazzato per Shan?”

“Sì, non doveva succedere”

“L’importante è che guarisca, poi i capelli ricresceranno” – provò a sdrammatizzare, ma sempre con quella compostezza educata, che ammaliava il prossimo.

“A me non è capitato … Con le chemio intendo …”

“E cosa c’era da perdere, hai quattro peli in testa, zuccone!”

Risero.
Si strinsero.
Un po’ di più.



Jared lo aiutò a farsi la doccia, insaponandolo come se fosse un bimbo.

Shan rideva, mentre Tomo prendeva gli asciugamani.

“Cos’ha? Non dice niente …” – si lamentò il batterista, bisbigliando al fratello quella sua perplessità sul compagno.

“Penso sia in ansia per te … Ora vi lascio da soli, così parlate”

“Sta arrivando anche Owen, tra poco …”

“Lo blocco io” – disse un po’ rigido il cantante – “Apprezzo ciò che fa per te, Shan, però è cotto perso di te e non vorrei”

“Zitto”

Tomo era nuovamente in bagno con loro ed avvolse Shan in un telo, abbracciandolo con tenerezza.
Si baciarono.

Jared sorrise e scivolò via.



Styles gli allacciò le scarpe, inginocchiato ai suoi piedi, mentre Louis rimaneva seduto in una poltrona, dove c’erano ancora i vestiti di entrambi.

Avevano fatto l’amore tutto il giorno, senza dirsi molto.

“Ora vuoi dirmi cosa ci vai a fare in Cile?” – Harry si alzò, posando un bacio tra i capelli del suo sposo, poi sulla fede, che gli aveva infilato all’anulare il giorno delle nozze.

Era struggente, nella sua bellezza, nell’imponenza elegante del suo corpo, mentre quello di Boo sembrava consumarsi, giorno dopo giorno.

“E’ per l’università … Te l’ho detto” – disse stanco.

“Stai sparendo, te ne rendi conto? Dovresti andare in una clinica o semplicemente consumare pasti decenti!” – si alterò, tormentandosi le mani.

“Tu mi hai lasciato ed ora ti vengono i sensi di colpa Haz …?” – sorrise alienato.

“Perché Zayn? Cosa ti è saltato in mente? Ce ne sono altri? Dimmelo prima di farmi diventare lo zimbello della città!”

“Cambi discorso Haz??”

“Ora la colpa è mia, dunque??!” – ruggì esaurito, schiantandosi contro la parete, palpebre serrate, contro pugni chiusi, fiato corto, sudore e lacrime, a lacerare il suo viso bellissimo, adulto.

“No … non è colpa tua Harry … Sono io la puttana, non preoccuparti … Io finisco sempre per fare cose sbagliate … Non sono fatto per la felicità, non ci sono abituato … Non me la merito.”



Il suo bacino era stretto, così il resto di Kirill.

Si coprì il volto con le braccia incrociate, come a difendersi dalle emozioni che provava.

Colin lo guardava, incapace di frenarsi, prendendolo con vigore, tanto da perdere il controllo dei propri fianchi, così perfetti, così invadenti.

“Il … il preservativo si è” – gemette sotto di lui, quell’esserino, che poteva essere suo figlio, le labbra schiuse, in carenza di ossigeno, ma talmente piene di vita.

“Al diavolo!” – Farrell sembrò ringhiare, perché era incazzato con sé stesso e se lo tolse, riaffondando, in un abisso di umori e di accoglienza puri.

Kirill si appese al suo collo, stremato da un orgasmo continuo, che raggiunse l’apice, mescolandosi a quello di Colin, che gli venne dentro come una furia.

Poi tornò ad essere dolce, come quando gli diede un bacio improvviso, coricandosi accanto a lui, forse stanco di ammirare la sua innocenza.

Tutto sbagliato, si ripeteva.

Kirill era una marchetta.
Semplicemente questo.

Doveva farselo, pagare ed andarsene.
Si sarebbe sentito meglio.

Invece Farrell stava da cani.
Ora.



“Un’adozione, tu e Tim, ma è fantastico”
Il sorriso di Geffen era radioso.

Kevin lo abbracciò, così il suo consorte, in attesa di dirlo a Lula.

“Soldino esulterà, vero daddy?”

Glam sgranò i suoi opali celesti – “Sì … sì è ovvio tesoro … Avete iniziato le pratiche?” – e si rivolse a Tim.

“Non ancora … Comunque Kevin ed io stiamo valutando anche Haiti ed il suo orfanotrofio …”

“Ottima idea, sì … Ottima idea” – concluse assorto l’avvocato.

Jared chiese a miss Wong di Colin, poi si unì a loro nel living.

Robert preparava gli aperitivi, provando a chiamare Jude.

Al terzo tentativo l’inglese gli rispose, finalmente.

“Amore scusami, ero ancora in sala registrazione …”

“Ciao, nessun problema, tutto bene?”

“Sì, passo a fare ancora una commissione ed arrivo”

“D’accordo, tanto manca anche Colin … A dopo, ti bacio”

“Ciao Robert, anch’io …”


Law sapeva bene che Farrell era in ritardo quanto lui.

Parcheggiò davanti ad un distributore di benzina chiuso e strinse il volante.

Colin se ne stava addossato allo sportello del passeggero, una tonica mezza vuota tra le dita gelide.

“Tu sei uno stronzo, questo lo sai, vero irish buddy?” – esordì il biondo, con foga.

“Senti Jude …”

“Togliersi la protezione, bella idea, con uno che si prostituisce, se li usano c’è un motivo, lo sai o no, cazzo??!!” – sbraitò, puntandolo, nel girarsi a suo favore.

“Fosse solo questo il problema …”

“Ce ne sarebbero altri, sentiamo??! Ti sei innamorato di una troietta??!”

“Jude smettila …” – replicò afflitto – “… Vorrei solo capire perché faccio queste cose … perché mi riduco in questa maniera …”

Law ripartì, sgommando.

L’ultima cosa che voleva era discutere con Robert, facendogli pensare che anche lui si distraesse, nell’attesa che quell’agonia terminasse.

Mentalmente si maledisse, per pensare di Geffen in quel modo, però non trovava alternative.
Non più.






RODRIGO GUIRAO DIAZ E' IL NOSTRO KIRILL ;-)



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