venerdì 6 giugno 2014

ZEN - CAPITOLO N. 308

Capitolo n. 308 – zen



I profili di Shan e Tomo si incastrarono, le loro lacrime si mescolarono, non senza ridere nevroticamente, mentre il batterista chiedeva scusa al compagno di una vita, per non avergli detto niente.

Leto era già stato trasferito nel reparto di Stuart, per i primi accertamenti pre operatori: aveva deciso tutto velocemente, per porre fine a quell’angoscia e curarsi senza perdere tempo.

“Perdonami Tomo … Ero così spaventato …”

“Ti capisco e poi ora siamo qui, combatteremo insieme, ok?” – gli disse dolce, non senza baciarlo con tenerezza ed appartenenza assolute.

Rice era in corridoio, appoggiato al muro, lo stomaco sottosopra; non avrebbe sopportato di perdere Shan e lo disse al croato, appena si ritrovarono stretti l’uno all’altro, per consolarsi e farsi coraggio a vicenda.


“Grazie per essergli stato vicino, Owen” – esordì sincero il chitarrista.

“Sai che gli voglio bene e poi noi siamo una famiglia … In un certo senso …” – arrossì.

“Certo che la siamo” – Tomo sorrise, asciugandosi il volto teso – “Con i nostri figli, con tutte le nostre discussioni, i litigi, i casini” – rise un po’ isterico, cercando una moneta per il caffè.

Shan lo aveva reclamato, in attesa dei prelievi di rito.

“Sarebbe bello essere impelagati con uno dei nostri pasticci piuttosto che questo, Tomo” – replicò sconfortato, frugandosi anche lui nelle tasche.

“Ne usciremo, andrà tutto bene e se non ci crediamo noi, Shan non potrà avere la determinazione necessaria quindi a testa alta, pugni chiusi, ok Owen?”

“Ok … Io sono pronto.”



La villa di Meliti era immensa ed Harry ci si perse un paio di volte.

L’alloggio che gli era stato assegnato, dava sul parco degli agrumi, dove i bimbi, compresa la sua Petra, si erano riuniti per un allegro pic nic serale.

“Tu non scendi?”
Antonio arrivò a sorpresa, con un sorriso e due bicchieri di cognac d’annata.

“Ciao nonno …” – ad Harry faceva un po’ strano salutarlo così, ma gli veniva spontaneo, per quanto avesse un disperato bisogno di radici e tradizioni.

In fondo quel nucleo non era un surrogato, anzi.
Era ciò che di più solido e concreto, Harry e non solo lui, potesse avere trovato come rifugio, focolare domestico, senso si aggregazione e sostegno reciproco.

“Beviamo questo? L’ho aperto apposta per te, per darti il benvenuto, anche se preferirei saperti nel loft, con Louis” – disse serio, accomodandosi.

“Ti ringrazio, non dovevi …”

“E forse anche tu non dovevi essere così drastico” – bissò con un sorriso.

“So che abbiamo una figlia e che certe decisioni andrebbero ponderate con maggiore raziocinio, ma ero e sono così stanco Antonio …”

“Pretendere di essere i destinatari esclusivi di un sentimento come l’amore, è un azzardo, sai?”

“Questo lo accetto, però poi occorre prendere delle decisioni, fare un passo indietro, non tenere il piede in due scarpe!”

“Lux non è mai stato davvero un pericolo per voi, Harry … Vi ha dato il massimo, si è preso un calcio multiplo nelle cosiddette palle ed ha trattenuto non solo il fiato, ma anche un bel “Andate a quel paese entrambi!”, non trovi?” – e rise bonario.

“Lui forse non ci credeva sul serio e si è fatto da parte o forse amava troppo Boo e l’ha assecondato in ogni cosa, anche rasentando l’assurdo …” – disse lieve.

“Vincent è un adulto, doveva farsi da parte, in presenza di un legame quale è il vostro: alla fine la corda si è spezzata, Louis ne è il responsabile, dovrà penare a sufficienza e poi crescere, ma non essere severo, non fare sempre il primo della classe Haz, perché avete Petra e lei non capirebbe certe strategie, ne soffrirebbe e basta: io l’ho vista con i suoi papà, siete indispensabili ed adorabili direi …” – e si accese il consueto sigaro.

“Anche tu ci hai aiutati in maniera … esagerata …”

“Non sarei il patriarca del secolo, non credi?” – e ridacchiò soddisfatto, scorgendo l’arrivo di Louis nel giardino sottostante.

Styles perse un battito.



Jared si abbarbicò al fratello, che lo avvolse, nel silenzio di quella camera, dove i loro respiri si mozzavano ad ogni pensiero triste e non detto ad alta voce.

“Sei stanco Shan?”

“Un po’ … E’ l’emozione, lo stress temo … Certo mi sto cagando sotto” – rise leggero, senza allentare la morsa sul corpo di Jared, che mai gli era sembrato così minuto.

“Hai chiamato mamma?”

“No Jay … Fallo tu, per favore …”

“Non voglio spaventarla, diciamole solo che devi farti un’operazione alle vertebre, non sarebbe la prima volta …” – propose quasi con timidezza.

“E quando farò le chemio, perderò i capelli, cosa le racconterai? Che voglio fare un remake di Kojak?” – scherzò simpatico.

“Ok … Sei sempre il mio animale, mi freghi senza via di scampo” – e lo guardò, alzando il capo verso il suo volto ispido, ma abbronzato.

“Ti amo tanto Jay” – sospirò, rannicchiandosi di più.

“Anch’io Shan … Anch’io.”



Colin condì l’insalata, senza badare alle smorfie di Glam.
Con loro c’erano anche Kevin, Tim e Lula.

“Papi vorrebbe le patatine fritte!”

“Mi leggi nel pensiero soldino? O sei tu a volerle?” – Geffen rise.

Il nuovo anti vomito, prescrittogli da Scott stava funzionando, ma l’aroma dell’aceto proprio lo infastidiva.

Si alzò, arrivando al piano cottura, per accendere la friggitrice, mentre Tim cercava la busta nel congelatore, lì accanto.

“Grazie tesoro … Ci pensi tu?”

“Sì Glam, non preoccuparti” – il ragazzo gli sorrise.

Kevin li osservava e Farrell analizzava l’insieme di quella strana aggregazione, dove l’affetto ed il rispetto, avevano spazzato via gelosie e rancori.

Lula prese la sua pianola, intonando un brano della sua terra, un po’ agrodolce.

Sembrava una ninna nanna.





“Hai bevuto Haz …?”
Louis lo chiese debole, a poca distanza dalle labbra di Styles, che si schernì.

“No, ma figurati, è Antonio che ha aperto una bottiglia della sua collezione e mi ha offerto un sorso … Ecco, sì, solo uno, anche se avrei voglia di ubriacarmi, sono sincero” – ed indietreggiò di un metro, verso le panchine, senza accomodarsi affatto.

Boo lo seguì, le mani nelle tasche del giubbino aderente, inadatto all’orario ed alla frescura serale.

“Ho giocato con Petra, prima, mi chiedeva del lavoro … Cosa le hai raccontato?” – domandò più teso.

“Che stai per laurearti e che dobbiamo lasciarti tranquillo …”

“Lei era dispiaciuta, pensava di darmi fastidio, questo lo sai, Harry?”

“Certo, si è lamentata anche con me ed io l’ho messa sul ridere e dovresti farlo anche tu” – obiettò, ma senza alterarsi.

“Non c’è nulla da ridere!” – sibilò avvampando.

Styles si mise seduto, i palmi freddi sulle ginocchia – “E’ sempre così, nelle separazioni, non dico di esserci abituato, però c’è chi se ne occupa a studio ed abbiamo anche una psicologa”

“Ti ha dato lei questi consigli genitoriali?”

“No. Ci sono arrivato da solo, per il bene di nostra figlia e, se te ne fossi dimenticato, quello ad avere incasinato le cose sei tu, accidenti!” – e lo fissò, rigido.

“Ma non me ne sono andato …”

“Fisicamente, può darsi, ma con la testa ed anche il cuore, sì!”

“Io non amo più Vincent …”

“Strano Louis, per come sei geloso di lui e Zayn non si direbbe”

“Non è gelosia è semplice delusione per la sua incoerenza!”

“Ma che diavolo stai dicendo??!”

“Vincent diceva delle cose e, come ogni adulto incontrato sul mio cammino, ha disatteso ogni cosa, parlava a vanvera o per un secondo fine!”

“Hai maturato questa teoria per farti perdonare da me …?” – bissò con stupore ed indignazione.

“Ti sto dicendo come stanno le cose, però tu non vuoi starmi a sentire, per te io ti sto ingannando, ma ti ho sposato, ho scelto di avere una bimba insieme a te”

“Se ci rifletti, Boo, in ogni cosa, in ogni fottutissima tua scelta, c’era Vincent di mezzo!”

“Come avrebbe potuto esserci un padre!”

“Un padre non ti avrebbe portato in una Spa a scopare, pochi giorni prima del nostro matrimonio!”

“Già, in pratica mentre tu finivi tra le lenzuola con Sylvie, senza nemmeno un briciolo di rimorso e di buon senso per le conseguenze!!”

“Ecco, lo vedi Lou, abbiamo combinato unicamente disastri, quindi non potevamo che finire così!”

“Per me non è finito un bel cazzo di niente, ok??!”

Adesso erano in piedi, speculari, arrabbiati e bellissimi.

La pioggia iniziò a cadere, inghiottendo il loro pianto.



Lux si appoggiò con la tempia destra ai glutei sodi di Zayn.

Il giovane, a pancia in giù, sembrava essersi assopito da almeno un’ora.

“Che c’è Vincent …?”

Malik lo sussurrò, abbracciando il cuscino.

“Rien …”

“Sai, anche se stiamo insieme da poco, credo di conoscerti abbastanza bene” – e, sorridendo, si girò in suo favore, accogliendo sull’addome tonico, la nuca del compagno.

“Beccato allora …” – Lux sorrise, un po’ amareggiato.

“A cena volevi dirmi qualcosa …? Poi non l’hai fatto, come mai?”

“Veramente volevo darti una cosa … Ma mi è mancata … l’ispirazione giusta”

“Per colpa mia?” – rise.

“No … No Zayn, tu non centri …” – inspirò, sedendosi.

“Ehi dove vai?”

“Ho voglia di fumare, esco in terrazza, scusami, torna a dormire tesoro”

“No tu ora me lo dici!” – e lo trattenne per un braccio, in maniera un po’ infantile, ma determinata.




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