Capitolo n. 308 – zen
I profili di Shan e
Tomo si incastrarono, le loro lacrime si mescolarono, non senza ridere
nevroticamente, mentre il batterista chiedeva scusa al compagno di una vita,
per non avergli detto niente.
Leto era già stato
trasferito nel reparto di Stuart, per i primi accertamenti pre operatori: aveva
deciso tutto velocemente, per porre fine a quell’angoscia e curarsi senza
perdere tempo.
“Perdonami Tomo … Ero
così spaventato …”
“Ti capisco e poi ora
siamo qui, combatteremo insieme, ok?” – gli disse dolce, non senza baciarlo con
tenerezza ed appartenenza assolute.
Rice era in
corridoio, appoggiato al muro, lo stomaco sottosopra; non avrebbe sopportato di
perdere Shan e lo disse al croato, appena si ritrovarono stretti l’uno
all’altro, per consolarsi e farsi coraggio a vicenda.
“Grazie per essergli
stato vicino, Owen” – esordì sincero il chitarrista.
“Sai che gli voglio
bene e poi noi siamo una famiglia … In un certo senso …” – arrossì.
“Certo che la siamo”
– Tomo sorrise, asciugandosi il volto teso – “Con i nostri figli, con tutte le
nostre discussioni, i litigi, i casini” – rise un po’ isterico, cercando una
moneta per il caffè.
Shan lo aveva
reclamato, in attesa dei prelievi di rito.
“Sarebbe bello essere
impelagati con uno dei nostri pasticci piuttosto che questo, Tomo” – replicò
sconfortato, frugandosi anche lui nelle tasche.
“Ne usciremo, andrà
tutto bene e se non ci crediamo noi, Shan non potrà avere la determinazione
necessaria quindi a testa alta, pugni chiusi, ok Owen?”
“Ok … Io sono
pronto.”
La villa di Meliti
era immensa ed Harry ci si perse un paio di volte.
L’alloggio che gli
era stato assegnato, dava sul parco degli agrumi, dove i bimbi, compresa la sua
Petra, si erano riuniti per un allegro pic nic serale.
“Tu non scendi?”
Antonio arrivò a
sorpresa, con un sorriso e due bicchieri di cognac d’annata.
“Ciao nonno …” – ad
Harry faceva un po’ strano salutarlo così, ma gli veniva spontaneo, per quanto
avesse un disperato bisogno di radici e tradizioni.
In fondo quel nucleo
non era un surrogato, anzi.
Era ciò che di più
solido e concreto, Harry e non solo lui, potesse avere trovato come rifugio,
focolare domestico, senso si aggregazione e sostegno reciproco.
“Beviamo questo? L’ho
aperto apposta per te, per darti il benvenuto, anche se preferirei saperti nel
loft, con Louis” – disse serio, accomodandosi.
“Ti ringrazio, non
dovevi …”
“E forse anche tu non dovevi essere così drastico” – bissò
con un sorriso.
“So che abbiamo una
figlia e che certe decisioni andrebbero ponderate con maggiore raziocinio, ma
ero e sono così stanco Antonio …”
“Pretendere di essere
i destinatari esclusivi di un sentimento come l’amore, è un azzardo, sai?”
“Questo lo accetto,
però poi occorre prendere delle decisioni, fare un passo indietro, non tenere
il piede in due scarpe!”
“Lux non è mai stato
davvero un pericolo per voi, Harry … Vi ha dato il massimo, si è preso un
calcio multiplo nelle cosiddette palle ed ha trattenuto non solo il fiato, ma
anche un bel “Andate a quel paese
entrambi!”, non trovi?” – e rise bonario.
“Lui forse non ci
credeva sul serio e si è fatto da parte o forse amava troppo Boo e l’ha
assecondato in ogni cosa, anche rasentando l’assurdo …” – disse lieve.
“Vincent è un adulto,
doveva farsi da parte, in presenza di
un legame quale è il vostro: alla fine la corda si è spezzata, Louis ne è il
responsabile, dovrà penare a sufficienza e poi crescere, ma non essere severo,
non fare sempre il primo della classe Haz, perché avete Petra e lei non
capirebbe certe strategie, ne soffrirebbe e basta: io l’ho vista con i suoi
papà, siete indispensabili ed adorabili direi …” – e si accese il consueto
sigaro.
“Anche tu ci hai
aiutati in maniera … esagerata …”
“Non sarei il
patriarca del secolo, non credi?” – e ridacchiò soddisfatto, scorgendo l’arrivo
di Louis nel giardino sottostante.
Styles perse un
battito.
Jared si abbarbicò al
fratello, che lo avvolse, nel silenzio di quella camera, dove i loro respiri si
mozzavano ad ogni pensiero triste e non detto ad alta voce.
“Sei stanco Shan?”
“Un po’ … E’ l’emozione,
lo stress temo … Certo mi sto cagando sotto” – rise leggero, senza allentare la
morsa sul corpo di Jared, che mai gli era sembrato così minuto.
“Hai chiamato mamma?”
“No Jay … Fallo tu,
per favore …”
“Non voglio
spaventarla, diciamole solo che devi farti un’operazione alle vertebre, non
sarebbe la prima volta …” – propose quasi con timidezza.
“E quando farò le
chemio, perderò i capelli, cosa le racconterai? Che voglio fare un remake di
Kojak?” – scherzò simpatico.
“Ok … Sei sempre il
mio animale, mi freghi senza via di scampo” – e lo guardò, alzando il capo
verso il suo volto ispido, ma abbronzato.
“Ti amo tanto Jay” –
sospirò, rannicchiandosi di più.
“Anch’io Shan … Anch’io.”
Colin condì l’insalata,
senza badare alle smorfie di Glam.
Con loro c’erano
anche Kevin, Tim e Lula.
“Papi vorrebbe le
patatine fritte!”
“Mi leggi nel
pensiero soldino? O sei tu a volerle?” – Geffen rise.
Il nuovo anti vomito,
prescrittogli da Scott stava funzionando, ma l’aroma dell’aceto proprio lo
infastidiva.
Si alzò, arrivando al
piano cottura, per accendere la friggitrice, mentre Tim cercava la busta nel
congelatore, lì accanto.
“Grazie tesoro … Ci
pensi tu?”
“Sì Glam, non
preoccuparti” – il ragazzo gli sorrise.
Kevin li osservava e
Farrell analizzava l’insieme di quella strana aggregazione, dove l’affetto ed
il rispetto, avevano spazzato via gelosie e rancori.
Lula prese la sua
pianola, intonando un brano della sua terra, un po’ agrodolce.
Sembrava una ninna
nanna.
“Hai bevuto Haz …?”
Louis lo chiese
debole, a poca distanza dalle labbra di Styles, che si schernì.
“No, ma figurati, è
Antonio che ha aperto una bottiglia della sua collezione e mi ha offerto un
sorso … Ecco, sì, solo uno, anche se avrei voglia di ubriacarmi, sono sincero” –
ed indietreggiò di un metro, verso le panchine, senza accomodarsi affatto.
Boo lo seguì, le mani
nelle tasche del giubbino aderente, inadatto all’orario ed alla frescura
serale.
“Ho giocato con
Petra, prima, mi chiedeva del lavoro … Cosa le hai raccontato?” – domandò più
teso.
“Che stai per
laurearti e che dobbiamo lasciarti tranquillo …”
“Lei era dispiaciuta,
pensava di darmi fastidio, questo lo sai, Harry?”
“Certo, si è
lamentata anche con me ed io l’ho messa sul ridere e dovresti farlo anche tu” –
obiettò, ma senza alterarsi.
“Non c’è nulla da
ridere!” – sibilò avvampando.
Styles si mise seduto,
i palmi freddi sulle ginocchia – “E’ sempre così, nelle separazioni, non dico
di esserci abituato, però c’è chi se ne occupa a studio ed abbiamo anche una
psicologa”
“Ti ha dato lei
questi consigli genitoriali?”
“No. Ci sono arrivato
da solo, per il bene di nostra figlia e, se te ne fossi dimenticato, quello ad
avere incasinato le cose sei tu, accidenti!” – e lo fissò, rigido.
“Ma non me ne sono
andato …”
“Fisicamente, può
darsi, ma con la testa ed anche il cuore, sì!”
“Io non amo più
Vincent …”
“Strano Louis, per
come sei geloso di lui e Zayn non si direbbe”
“Non è gelosia è
semplice delusione per la sua incoerenza!”
“Ma che diavolo stai
dicendo??!”
“Vincent diceva delle
cose e, come ogni adulto incontrato sul mio cammino, ha disatteso ogni cosa,
parlava a vanvera o per un secondo fine!”
“Hai maturato questa
teoria per farti perdonare da me …?” – bissò con stupore ed indignazione.
“Ti sto dicendo come
stanno le cose, però tu non vuoi starmi a sentire, per te io ti sto ingannando,
ma ti ho sposato, ho scelto di avere una bimba insieme a te”
“Se ci rifletti, Boo,
in ogni cosa, in ogni fottutissima tua scelta, c’era Vincent di mezzo!”
“Come avrebbe potuto
esserci un padre!”
“Un padre non ti avrebbe portato in una Spa
a scopare, pochi giorni prima del nostro matrimonio!”
“Già, in pratica
mentre tu finivi tra le lenzuola con Sylvie, senza nemmeno un briciolo di
rimorso e di buon senso per le conseguenze!!”
“Ecco, lo vedi Lou,
abbiamo combinato unicamente disastri, quindi non potevamo che finire così!”
“Per me non è finito
un bel cazzo di niente, ok??!”
Adesso erano in
piedi, speculari, arrabbiati e bellissimi.
La pioggia iniziò a
cadere, inghiottendo il loro pianto.
Lux si appoggiò con
la tempia destra ai glutei sodi di Zayn.
Il giovane, a pancia
in giù, sembrava essersi assopito da almeno un’ora.
“Che c’è Vincent …?”
Malik lo sussurrò,
abbracciando il cuscino.
“Rien …”
“Sai, anche se stiamo
insieme da poco, credo di conoscerti abbastanza bene” – e, sorridendo, si girò
in suo favore, accogliendo sull’addome tonico, la nuca del compagno.
“Beccato allora …” –
Lux sorrise, un po’ amareggiato.
“A cena volevi dirmi
qualcosa …? Poi non l’hai fatto, come mai?”
“Veramente volevo
darti una cosa … Ma mi è mancata … l’ispirazione giusta”
“Per colpa mia?” –
rise.
“No … No Zayn, tu non
centri …” – inspirò, sedendosi.
“Ehi dove vai?”
“Ho voglia di fumare,
esco in terrazza, scusami, torna a dormire tesoro”
“No tu ora me lo
dici!” – e lo trattenne per un braccio, in maniera un po’ infantile, ma
determinata.
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