Capitolo n. 192 – zen
Scott si strappò la
mascherina, raggiungendo Jared, Kevin e Tim, in fibrillazione, nella sala di
attesa per i familiari dei pazienti.
Leto gli volò
incontro, seguito a ruota dal bassista ed il compagno, oltre modo teso per
l’esito del doppio intervento.
“Come stanno?” –
chiese il cantante, in piena ansia.
“Colin una roccia …
Glam ha avuto un arresto cardiaco, ma è con noi, in coma farmacologico per
sicurezza …” – ed inspirò, frustrato da ciò che sapeva alla perfezione potesse
accadere a Geffen.
“Mio Dio …” – mormorò
Kevin e Tim lo strinse.
Jared stava piangendo
– “Posso vederli? Possiamo …?”
“Colin è in una
camera sterile, ma puoi accedere, con le dovute precauzioni, per almeno
ventiquattro ore, mentre per Glam solo attraverso il vetro … Mi dispiace”
Brendan stava
fissando il vuoto, seduto sopra ad un divanetto, nel corridoio adiacente le
sale operatorie.
Nasir era in una di
quelle, la numero cinque, da almeno due ore.
Jim e Steven lo
stavano operando, mentre Hugh si era sistemato in un angolo, in tenuta
chirurgica, per non perdere un solo minuto di quel drammatico frangente.
Si sarebbe potuto
avvicinare, sedendosi ai lati della lettiga, verso la fine: Mason glielo aveva
promesso.
“Ciao …”
“Brent …?” – e si
alzò, abbracciandolo, commosso.
“Ci sono novità?” –
domandò gentile il soldato: era in divisa, lo stavano aspettando alla base
cittadina, dove il generale gli avrebbe consegnato il congedo per motivi di
salute.
“Grazie per essere
qui …” – disse lo psicologo, tornando a guardarlo.
“Ti ho mandato
un messaggio …”
“Ho
dimenticato il cellulare in auto e non volevo scendere, magari succede qualcosa
…” – e tirò su dal naso, senza rendersi conto che aveva preso tra le sue, le
mani di Brent.
“Ok …” – e,
deglutendo a vuoto, il giovane abbassò lo sguardo, percependo una sensazione
gradevole, per la leggera pressione dei pollici dell’altro sul dorso e poi sui
polsi, di quelle sue estremità affusolate e morbide.
“Brent”
“Sì …?!” –
ebbe un sussulto, riprendendo a fissarlo, intenso.
“Devo … devo
parlarti, ma non è questo né il momento e né il luogo giusto”
Lui non disse
nulla: non ci riusciva, la gola gli si era asciugata e le pulsazioni sembravano
scalpitare all’interno della sua esile cassa toracica.
Brendan
sorrise a metà – “Sempre che ti importi”
“Certo che mi
importa!” – ribatté il ragazzo, tirando fuori tutto il fiato che aveva in
corpo.
L’uomo annuì –
“Quasi mi vergogno per la gioia che provo, sai? Per ciò che sta passando mio
fratello …”
“La … gioia?”
– quasi sussurrò flebile.
“Certo … Credi
di non meritarla?” – chiese limpido ed emozionato.
Brent si
distaccò, stringendo le dita a pugno, facendo anche un passo indietro,
guardando altrove – “A volte te ne esci con delle storie assurde” – sbottò
risentito.
“Ma … cosa
avrei detto di tanto assurdo?” – replicò Brendan, con scalpore.
Tomlinson jr
fuggì via, senza dargli alcuna spiegazione.
Il bip alle
spalle di Laurie indicò di colpo l’apertura delle ante scorrevoli: il trapianto
si era concluso.
“Sono stato
sgarbato Louis, volevo chiederti scusa”
Lux mostrò ciò
che aveva dietro la schiena, rilassandosi da quella postura impettita, al
cospetto di Lou, appena uscito dall’università.
Un grande mazzo
di rose bianche, costellato di cioccolatini e bon bon, incartati in stagnola
colorata di mille nuance, originali ed invitanti.
“Oh cavoli …
Vincent”
Il suo sorriso
tempestò quell’attimo di uno splendore inenarrabile dal cuore di Vincent, colmo
di ammirazione e passione.
Tenerle a bada
diveniva sempre più complesso ed il francese avrebbe voluto dirglielo.
Invece cadde
in un compromesso diplomatico da antologia.
“Spero che
siano ai gusti preferiti da te ed Harry” – e sorrise, senza mai perdere
quell’aria da canaglia innamorata, che rapiva ogni respiro a Louis, che neppure
lo stava ad ascoltare.
I pensieri,
accavallatisi nella sua mente, lo stavano portando a mille fantasie.
“Allora …
pace, mon petit?”
“Pace …? Mai
stato arrabbiato con te”
“Neppure io …
Sono scorbutico, come ogni ex sbirro” – scherzò, ma Louis lo stava
scrutando, come a cercare i suoi veri
pensieri, nascosti dietro a quelle frasi di convenienza.
“Ogni volta
che mi vieni a cercar Vincent, mi sento così confuso, ma, ti prego, non
smettere … E parlami, parlami davvero”
L’affarista
prese fiato.
“Mi sento
consumare, come una candela: se non la spengo, non riuscirò a ritrovare me
stesso, perché non esisterò più … Mi riferisco a quel Vincent, che amavi tanto
e”
“Io non
smetterò di amarti” – puntualizzò diretto – “… ed avrò cura di te, ma credo
nella mia storia con Harry e vorrei il tuo appoggio”
“Ce l’hai mon
petit” – disse sconfortato, andando ad accomodarsi sopra una panchina.
Il ragazzo lo
affiancò.
“Ho … ho colto
una certa intesa tra voi, del resto siete andati da mio padre, coalizzati,
senza accordi, in un’iniziativa comune …”
“Faremmo
qualsiasi cosa per te … questa è la verità.”
Louis lo
guardò, dandogli una carezza sulla schiena.
Vincent si
sentì come afferrare lo stomaco, da una presa invisibile, poi una sensazione
piacevole lo pervase, dalla gola, all’inguine.
Troppo
pericoloso.
“Ti
accompagno?”
“Hai fretta? …
Volevo passare dall’ospedale … Per Nasir”
“D’accordo mon
petit … Andiamo.”
“E’ faticoso
per te, vero cucciolo?”
Erano seduti
su di un tronco, guardavano l’oceano: la spiaggia era bianca, abbacinante, come
solo ad Haiti.
Lula arricciò
il nasino – “Non così tanto …”
Geffen sorrise
– “Noi potremmo”
“No, no, nuooo”
– replicò lui simpatico, alzandosi, per appendersi al suo collo.
Glam si
sollevò, portandoselo dietro, dandogli un bacio sulla guancia sinistra, per poi
stringerlo forte: vedeva la propria ombra, alta, massiccia, al punto da
inghiottire completamente i contorni della figura del suo soldino di cacio.
Iniziò a
piangere – “Lula …”
Kevin, dall’altra
parte della lastra, lo stava chiamando, ma, nonostante il figlio avesse
attivato l’interfono, Glam sembrava non riuscire a sentirlo: ripeteva il nome
di Lula, singhiozzando.
Un rumore
secco distrasse il bassista: la cornetta stava ciondolando contro la parete:
Kevin rivolse nuovamente lo sguardo verso l’ex e lo vide sorridere, con il bimbo
abbarbicato sul suo petto, accolto dalle sue ali.
“Mio Dio Lula,
esci, i batteri, non puoi!” – esclamò, ma un tocco ai suoi jeans, all’altezza
dei polpacci, lo fece sobbalzare nuovamente.
“Papake
abbassa la voce, se no svegli papi”
“Lula …?!” –
mormorò stranito.
Controllò
Geffen e lo vide assopito, con la maschera dell’ossigeno ben sistemata ed i
tracciati regolari, sui vari monitor.
Entrò un’infermiera,
con una tuta quasi spaziale: rimosse alcuni aghi e controllò ulteriormente la
pressione.
Sorrise,
facendo un segno di ok a Lula, che ridendo le rispose allo stesso modo, non
senza uno dei suoi saltelli.
“Papi è fuori
pericolo … Ora viene Scott e te lo dice”
“Accidenti a
questi temporali ed a queste strade tutte uguali! E a questo navigatore del
cazzo!”
Brendan
ringhiò, tornando sulla via maestra, scegliendo la direzione opposta a quella
precedente.
Vide un
cartello con le indicazioni del presidio militare e si tranquillizzò.
“Era ora …
Certo che mi rispondessi al telefono Brent” – si lamentò – “Miseria, parlo
anche da solo, la diagnosi potrebbe essere delle peggiori …” – e rise.
La sua provvisoria
allegria si smorzò appena lo vide.
Il capitano
stava rannicchiato di traverso su di una panchina, fradicio, la sacca con gli
effetti personali accanto ai piedi, la camicia privata, come norma, dei gradi.
Senza un
impermeabile, una giacca, un cappello: se fosse stato nudo sarebbe stato
meglio, perché quegli abiti zuppi, sferzati da un’aria gelida, a quell’ora di sera, potevano fargli buscare
una polmonite.
Laurie si
precipitò da lui, imprecando.
Lo raccolse,
spingendolo quasi sull’auto, buttando sul sedile posteriore quello zaino, di
per sé inutile ormai.
“Sei
impazzito??”
Brent non gli
diede retta, tremando come una foglia.
Brendan
riscese, recuperando una coperta nel vano bagagli.
“Avanti lascia
che”
“Ti sto
rovinando i sedili … quest’auto costerà una cifra che …”
“Poi magari mi
avvisi quando la smetterai di dire stronzate, eh Brent? Con una e-mail, un sms,
un piccione viaggiatore!”
Era incazzato
nero.
Ripartì
sgommando, dirigendosi al suo loft, senza che il ragazzo proferisse una
sillaba.
Appena varcata
la soglia, Brent si avvicinò al caminetto già acceso con un telecomando a
distanza, poggiando la fronte al muro, chiudendo gli occhi e rimanendo zitto.
Brendan non
capiva se lo avesse spaventato, inveendo come avrebbe fatto il padre, ma, si
augurava, come un qualsiasi amico di buon senso avrebbe fatto, ritrovandolo in
quelle condizioni.
“Ti preparo un
bagno caldo, spogliati subito, qui ci sono un accappatoio e delle ciabatte, con
questo pensa ai capelli … Cos’altro? Non mi viene in mente nulla, sarà pronto
tra due minuti, ok?” – disse più calmo.
Brent fece un
cenno, ancora a palpebre serrate.
Ubbidì, senza
discutere, anche se gli ribolliva dentro una rabbia eguale a quella di Brendan,
ma di tutt’altra natura.
“Se adesso
ridi … Perché io ti conosco re d’Irlanda sai?”
Il tono
minaccioso di Jared, era semplicemente annullato dalla felicità debordante dai
suoi zaffiri, mentre accudiva Colin, in ottima forma, anche se in convalescenza
obbligata.
“Sarà mica per
… questo enorme profilattico in cui ti sei dovuto infilare per entrare qui? Ahahahah”
“Lo sapevo …
Lo sapevo! E ringrazia che non ti posso fare il solletico!”
“Da te mi
farei fare qualunque cosa Jay Jay …”
“Cavoli …”
“Che c’è?”
“E’ un secolo
che non mi chiami così …”
Anche l’attore
sorrise – “Magari per non confonderti con il piccolo di Sveva e Glam … A
proposito come sta? Qui nessuno vuole dirmelo …”
“Il suo cuore
si è fermato durante l’intervento, ma poi tutto si è risolto ed ora è in
isolamento …”
“Capisco … Vai
a vederlo Jay, io me la cavo …”
Leto deglutì a
vuoto – “Tra un po’ … magari …”
“Vai” – e gli
sfiorò il volto, amorevole.
La schiuma
lambiva le piastrelle.
“Uhm … ho
esagerato” – disse assorto Brendan, accovacciato sopra al tappeto di spugna.
“Un po’ …
anche il profumo …”
“Era scritto
in Cinese, l’ho scoperto poi con il traduttore del mio tablet, lasciato nel
comodino: gelsomino selvatico.”
“Sei uno
smemorato cronico” – Brent abbozzò un sorriso, poi si immerse totalmente,
tappandosi le narici con l’indice ed il pollice sinistri.
Quando tornò
su, Brendan era sparito.
Il giovane si
sporse, sbirciando verso il living, sul quale la porta era rimasta spalancata,
ma sembrava deserto.
C’era una luce
soffusa, rimandata dall’acquario illuminato di blu cobalto.
Uscì lento
dall’acqua, afferrando un telo, usandolo per avvolgersi dai fianchi in giù.
Circospetto
avanzò verso l’ampia camera, notando un tavolo basso con delle candele accese,
un vassoio con un paio di flute e delle tartine, all’apparenza squisite.
Stava morendo
di fame, in effetti.
“Dobbiamo
festeggiare Brent”
“Cazzo!” – strepitò,
visto che Brendan era sbucato da dietro, senza alcun preavviso.
“E …
sciogliere questa tensione …” – aggiunse pacato l’analista.
Brent si girò
di scatto, il respiro corto – “Magari con un bel massaggio!” – sbottò provocatorio
ed irritato, forse anche dal fatto che l’altro fosse rimasto unicamente con i
jeans, scalzo ed a torso nudo, quanto lui.
Brendan scosse
il capo – “Come dovrei fare con te?” – domandò arrendendole, non senza
fissarlo.
L’altro
avvampò.
“Ho … ho
esagerato, perdonami … Tu mi hai salvato, portato qui e”
“Salvato
Brent? Da cosa?” – chiese incuriosito.
“Mi sarei
preso un accidente e poi ero senza un soldo per il taxi, ho dimenticato il
portafogli da Meliti” – spiegò un po’ concitato.
“Tu hai
dimenticato cosa?” – e scoppiò a ridere – “E sarei io quello sbadato!”
Brent storse
le labbra, grattandosi la nuca – “Touchèz …” – ed inspirò, rendendosi conto che
Brendan gli era ad un palmo dalla bocca.
Quella di
Laurie sapeva di buono, un misto di liquerizia e menta, Brent non sapeva
identificarne l’aroma preciso.
Perso in quell’indagine
mentale, appena tornò a guardare dritto nelle iridi di Brendan, le vide come
fondersi alle proprie.
Le loro
bocche, adesso, erano unite, in un primo contatto: lieve, dolcissimo.
Massaggiandola
con la propria, Brendan schiuse quella di Brent progressivamente.
Con le dita posate
intorno al collo del giovane, con delicatezza, Brendan indugiò, senza neppure
combattere con la sua lingua: si stavano assaporando, come rapiti dalle
medesima emozione pura.
Laurie scivolò
via, ma di poco: quindi fece per affondare di nuovo, scambiando l’inclinazione
reciproca, quasi a cogliere ogni angolazione di quell’anfratto caldo ed umido,
perpetrando il loro primo bacio, in un senso di infinito, che fermò i battiti
di entrambi a quell’istante, ormai indimenticabile.
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