lunedì 14 ottobre 2013

ZEN - CAPITOLO N. 198



Capitolo n. 198 – zen


Hugh si grattò la nuca, entrando nello studio del fratello.

“Mmmm dolce vita nero, pantaloni neri, scarpe e calzini neri … persino il cappotto in pelle, nero: diciamo che, a parte l’evidente lutto emotivo, stai esprimendo un’eleganza inconsueta Brendan, il che mi preoccupa non poco” – scherzò accomodandosi.
“Ciao … Hai bisogno qualcosa?” – domandò stanco, facendo finta di leggere una cartella.

“Sì, vediamo … Rivorrei indietro la mia fan girl dei Village People ad esempio … E per fortuna che hai ancora i baffi!” – e rise complice.
Brendan fece una smorfia, sbuffando – “Qualunque cosa faccia o dica, sbaglio sempre con Brent: questo è il problema”
“Diciamo che è un caso difficile, forse batte persino miss Leto” – e strizzò l’occhiolino.
“Jared? … E’ stato molto gentile con lui”
“Per il locale? Sì, non è un ragazzo malvagio, quasi cinquantenne certo, ma deve avere fatto un patto con qualche vampiro”
“Sei di buon umore, deduco che Nasir sta meglio” – e sorrise.
“Sì …” – gli occhi di Hugh si illuminarono – “Ora la smetto di fare il coglione … Scusami Brendan”
“Tu che chiedi scusa, o mio Dio … Chiamate uno specialista comportamentale” – e rise, finalmente.

“Dunque con Brent, che succede? Ne vuoi parlare?”
“E’ un casino … I segnali sono evidenti …” – divenne serio.
“Quali?”
“I suoi rifiuti, le reazioni disperate …” – il suo sguardo si intristì  – “Tanto è inutile che mi nasconda dietro ad un dito, sai? Brent è … è stato molestato, mi pare evidente”
“Da chi?”
“Non ne ho idea e neppure sino a che punto sia grave: potrebbe anche essere il padre, il che diverrebbe il colmo, per certi versi, ma non sarebbe il primo caso”
“Padre omofobo, che invece abusa del figlio prediletto? No, non quadra … Almeno per quanto so di Tomlinson senior”


Louis era rientrato in casa, trovando Harry addormentato con i libri aperti sul petto ed ai lati del corpo insaccato e semi vestito nel piumone.
Aveva spostato i suoi riccioli, baciandogli le tempie e destandolo da quel sonno profondo.

“Lou … scusa, non ho preparato la cena …” – si lamentò, senza aprire del tutto le palpebre, ma cercando immediato l’abbraccio del compagno.
“Non importa … non importa” – disse sommesso, inspirando e coricandosi, allacciato ad Haz, che sorrise, sbirciandolo dal petto, dove si era rannicchiato.
“Hai la febbre Boo …?”
“Sì … e non ho fame, scusami tu amore” – e spense la luce.
Sino al mattino.

Ora era solo, con il vassoio della colazione sul letto.
Harry era dovuto uscire presto, Hopper lo aspettava in tribunale e c’era una causa importante: il tutto scritto sopra ad un biglietto, con un cuoricino ed una faccina sorridente, sotto la tazza del latte ormai freddo.

Louis si alzò svelto, per andare a vomitare, non sapeva neppure lui cosa.
Fece il numero di Lux, ma il cellulare del francese era spento.
Da ore.

“Cosa sono queste?”
Geffen lo chiese con un sorriso, mentre Scott gli allacciava il camice sterile.
Mason ripose lo sfigmomanometro, guardando anche lui nel bicchierino, che l’avvocato teneva tra le dita gelide – “Le capsule anti vomito Glam …”
“Ah ok … Scotty hai finito di vestire la sposa?” - “Sì brontolo … Come va il formicolio alle spalle?”
“Insomma … forse avrei bisogno di Tommy … Oh, guardalo lì”
Il terapista era oltre il vetro e lo salutò.

“Chi manca?” – domandò l’oncologo, sempre con gentilezza.
“Non saprei Jim … vedo anche Jude adesso …” – notò con un lieve stupore.
Law attivò l’interfono – “Ciao Glam, mi manda Rob, ti vado bene lo stesso?” – e gli sorrise quanto Tom.

“Altro che … solo che non potete entrare qui …”
“Ti aspetto, per accompagnarti a casa …” – replicò l’inglese.
“Ok, ti ringrazio”

“Bene … ora stenditi e fai un bel respiro …” – disse Mason attaccando altri sensori al busto di Geffen.
Scott lo accompagnò con le mani lungo le braccia, come se fosse un neonato sul fasciatoio: quell’associazione di idee balenò nella mente di Glam, facendolo ridere di nuovo.

“Cosa gli hai dato Jim? Un siero per l’allegria?” 
“No Scott, ma sono felice che l’umore sia alto …”
“E che dovrei fare? Piangere tutto il tempo? Come siete noiosi” – sottolineò il paziente, lanciando un’occhiata affettuosa a Tommy, un po’ scosso per quella situazione.
Jude lo prese sotto l’ala, paterno – “Vedrai che andrà tutto bene” – gli bisbigliò, imponendosi di non pensare alla diagnosi di Mason, forse con l’assurda speranza che potesse servire ad annullarne l’essenza totalmente negativa.

“E’ una chemio come le altre, ma la devi fare in isolamento, come vedi Glam”
“Sì, ma gli effetti collaterali?”
“La nausea dovrebbe essere sedata dal farmaco, che hai appena assunto: per il resto non dovresti avere problemi di sorta, perché è un protocollo schermo, lo chiamiamo così”
“Per evitare il diffondere delle metastasi o meglio rallentarlo, giusto?”
Mason annuì.
“Ok … vediamo che  succede, in fondo mi sento un po’ cavia”
“Stai tranquillo, io non me ne vado da qui” – gli mormorò Scott, dandogli una carezza sulla fronte.
“Sono circondato da bei ragazzi, cosa potrebbe andare storto?” – e rise meno convinto.
Sopraggiunse anche Lux, ma Geffen non se ne avvide: si rilassò, dopo che Jim spense le lampade centrali, attivando un fascio di luce celeste.

Se ne andò, lasciando che Scott prendesse posto su di una poltroncina al fianco di Glam, coricato su di un materassino ergonomico, studiato apposta per farlo stare più comodo possibile, durante quell’ora e mezza di tortura.

Kevin si unì al resto degli amici, che approfittò di un divanetto, per leggere qualcosa e chiacchierare, nel frattempo che il liquido di due flebo andava ad esaurirsi con estrema lentezza.
La seduta sarebbe durata sino ad ora di pranzo, ma non avevano alcuna fretta.


“Le birre sistematele da quella parte, grazie … Ok, dove devo firmare?”

Brent appose uno scarabocchio su di un foglio, uno dei tanti in quella mattinata, dove il via vai di fornitori si susseguiva al Dark Blue.
Con Louis avevano deciso di inaugurare il locale per San Valentino, dopo qualche giorno di vacanza in Colorado, su invito di Meliti.

Era una tradizione spostarsi sulle nevi di Aspen e fu divertente scoprirsi entrambi appassionati di snow board, quando Harry e non solo.

“Ti sei sistemato bene figliolo”
La voce inconfondibile del vecchio Tomlinson, improvvisa alle sue spalle, lo riportò di colpo alla realtà.

“Papà …?!” – disse come strangolato, dopo essersi voltato a fissarlo.
“Già … Ho fatto un po’ fatica a trovarti, ma ci sono riuscito come vedi” – e gli sorrise, restando fermo in mezzo alla sala deserta.
“Sì, vedo”
“Ok … Non sei stato molto generoso in telefonate Brent” – aggiunse pacato, spostandosi  verso il bancone e posando il cappello d’ordinanza; era ovviamente in divisa,  non se ne separava mai.

“Ho avuto parecchio da fare”
“Non ne dubito” – tossì, tradendo un certo nervosismo, mentre si appollaiava su di uno sgabello, puntandolo – “Comunque è stato scioccante sapere della tua … malattia”
“E’ un diabete di tipo due, nulla di grave” – precisò il giovane, aprendogli una bibita e porgendogliela, senza riprendere colore sulle gote asciutte.

“No, grazie, magari dopo …”
“Ok” – e si ritrasse, mettendo una distanza come di sicurezza tra loro, dirigendosi alla macchina del caffè, che stava pulendo accuratamente.

“Certo credevo tornassi alla base Brent”
“A fare cosa? … C’è solo deserto intorno”
“Ma c’ero io” – puntualizzò serio – “E poi un ristorante potevi aprirlo anche lì, ti avrei aiutato e”
“No, grazie. Preferisco provarci qui a Los Angeles, ci sono più prospettive e poi c’è Louis e voglio ricostruire un rapporto con lui” – puntualizzò, stupendosi di quanta decisione stava mettendo nelle proprie affermazioni.

Tomlinson senior ne fu turbato, ma non si scompose affatto.

“Louis? … Davvero? E magari ora mi dirai che questo sarà un punto di ritrovo per checche” – e rise volgare.

“No, non lo è affatto!”
Sembrò un tuono: Louis era sbucato sulla soglia; Brent non lo aspettava.

Era incazzato marcio, per quel senso di disprezzo, con il quale le parole del genitore lo avevano investito.
Incazzato per come Vincent lo aveva fatto sentire, mandandolo via la sera prima, inveendo contro sé stesso e contro il giovane, su quanto si dovessero vergognare per il tradimento ai danni di Harry.

Incazzato nero per come quel bastardo, appollaiato su di uno sgabello, avesse rovinato la sua intera esistenza, condannandolo a vendersi per potere studiare ed anche mangiare a volte, facendo coppia con uomini non sempre eticamente corretti, uno su tutti Ivo Steadman.

Le sue dita affusolate si chiusero a pugno, ma il suo stomaco tremò appena Tomlinson si rivolse a lui con scherno – “Eccolo qui, il piccolo topo di fogna … E tu vuoi recuperare cosa, eh Brent? Sei forse impazzito?” – e rise.
Rise ancora.
E Louis desiderò fosse l’ultima volta, quella.

Gli si scagliò contro ed un urlo assordante uscì dalla sua gola asciutta.
C’era troppa differenza di corporatura tra i due e quello rimaneva un militare addestrato, che ancora faceva le marce con le reclute, spronandole a non mollare nemmeno se immersi nel fango.

E l’olezzo di quel fango, sembrava ancora intossicargli le narici, anche se Lou non si era mai cimentato in un ben che minimo addestramento, al contrario di Brent, pietrificato nell’assistere a quella scena.
Per poco.

Tomlinson lo accolse con un pugno nello stomaco, poi un ceffone in pieno viso, infine un calcio nel fianco, dopo che Lou era atterrato sul pavimento appena lavato.

Colto alla sprovvista, però, anche l’uomo si ritrovò nella stessa condizione, dopo alcuni secondi, durante i quali Brent gli aveva letteralmente spaccato una sedia sul dorso robusto, assestato un sinistro e poi un destro, per poi finirlo con un colpo di tacco sul mento.

Sanguinante ed incredulo, Brent Tomlison senior, ora, lo stava guardando, tastandosi l’addome e la fondina: la sua pistola non c’era.

Era puntata su di lui da quel ragazzino, cresciuto tra ordini e disciplina e che non riconosceva più.

Di Louis, invece, non si curava affatto, nonostante il secondogenito fosse in pieno affanno, senza riuscire a recuperare un respiro regolare.

Brent jr corse a chiudere la serranda, poi tornò ad un paio di metri dal colonnello.

“Non muoverti! NON PROVARCI STRONZO!!”
Avrebbe voluto occuparsi di Louis, ma era troppo sconvolto ed oltre modo determinato a porre fine a ciò che lo tormentava da anni.
Da quando Lou se n’era andato.
Da quando lui ed il padre lo avevano costretto a farlo.

“Br … Brent … stai scherzando … vero?”


“Ok gente guido io …”
Geffen fu risoluto, mentre si toglieva il cappotto, dopo avere congedato Kevin con un affettuoso abbraccio ed un bacio a fior di labbra.
“Ciao tesoro, saluta Tim e soldino, ok?” – gli disse con sconfinata tenerezza, mentre il bassista tratteneva a stento la commozione, stretto a lui.

“Abbi cura di te daddy … ci vieni in montagna?”
“Certo … L’ho promesso anche a Lula” – e sorrise, mettendosi alla guida.

Brendan uscì dagli ascensori, facendo un cenno al gruppo di amici.
“Me lo date un passaggio?”
“Certo, sali dietro con Vincent …” – poi si rivolse a Law – “Devo portarti da Robert subito o mangi con noi Jude?”
“E’ con le bimbe, anche Lyllibeth, a Malibu, quindi sono libero … Dove andiamo?”
“Il Dark Blue avrà qualcosa per noi, Vincent?”
Lux avvampò – “Non ne ho idea Glam ...”
“Proviamoci, al massimo potremo ripiegare su Barny … Ok, andiamo.”










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