Capitolo n. 198 – zen
Hugh si grattò la
nuca, entrando nello studio del fratello.
“Mmmm dolce vita
nero, pantaloni neri, scarpe e calzini neri … persino il cappotto in pelle,
nero: diciamo che, a parte l’evidente lutto emotivo, stai esprimendo
un’eleganza inconsueta Brendan, il che mi preoccupa non poco” – scherzò
accomodandosi.
“Ciao … Hai bisogno
qualcosa?” – domandò stanco, facendo finta di leggere una cartella.
“Sì, vediamo …
Rivorrei indietro la mia fan girl dei Village People ad esempio … E per fortuna
che hai ancora i baffi!” – e rise complice.
Brendan fece una
smorfia, sbuffando – “Qualunque cosa faccia o dica, sbaglio sempre con Brent:
questo è il problema”
“Diciamo che è un
caso difficile, forse batte persino miss Leto” – e strizzò l’occhiolino.
“Jared? … E’ stato
molto gentile con lui”
“Per il locale? Sì,
non è un ragazzo malvagio, quasi cinquantenne certo, ma deve avere fatto un
patto con qualche vampiro”
“Sei di buon umore,
deduco che Nasir sta meglio” – e sorrise.
“Sì …” – gli occhi di
Hugh si illuminarono – “Ora la smetto di fare il coglione … Scusami Brendan”
“Tu che chiedi scusa,
o mio Dio … Chiamate uno specialista comportamentale” – e rise, finalmente.
“Dunque con Brent,
che succede? Ne vuoi parlare?”
“E’ un casino … I
segnali sono evidenti …” – divenne serio.
“Quali?”
“I suoi rifiuti, le
reazioni disperate …” – il suo sguardo si intristì – “Tanto è inutile che mi nasconda dietro ad
un dito, sai? Brent è … è stato molestato, mi pare evidente”
“Da chi?”
“Non ne ho idea e
neppure sino a che punto sia grave: potrebbe anche essere il padre, il che
diverrebbe il colmo, per certi versi, ma non sarebbe il primo caso”
“Padre omofobo, che
invece abusa del figlio prediletto? No, non quadra … Almeno per quanto so di
Tomlinson senior”
Louis era rientrato
in casa, trovando Harry addormentato con i libri aperti sul petto ed ai lati
del corpo insaccato e semi vestito nel piumone.
Aveva spostato i suoi
riccioli, baciandogli le tempie e destandolo da quel sonno profondo.
“Lou … scusa, non ho
preparato la cena …” – si lamentò, senza aprire del tutto le palpebre, ma
cercando immediato l’abbraccio del compagno.
“Non importa … non
importa” – disse sommesso, inspirando e coricandosi, allacciato ad Haz, che
sorrise, sbirciandolo dal petto, dove si era rannicchiato.
“Hai la febbre Boo
…?”
“Sì … e non ho fame,
scusami tu amore” – e spense la luce.
Sino al mattino.
Ora era solo, con il
vassoio della colazione sul letto.
Harry era dovuto
uscire presto, Hopper lo aspettava in tribunale e c’era una causa importante:
il tutto scritto sopra ad un biglietto, con un cuoricino ed una faccina
sorridente, sotto la tazza del latte ormai freddo.
Louis si alzò svelto,
per andare a vomitare, non sapeva neppure lui cosa.
Fece il numero di
Lux, ma il cellulare del francese era spento.
Da ore.
“Cosa sono queste?”
Geffen lo chiese con
un sorriso, mentre Scott gli allacciava il camice sterile.
Mason ripose lo
sfigmomanometro, guardando anche lui nel bicchierino, che l’avvocato teneva tra
le dita gelide – “Le capsule anti vomito Glam …”
“Ah ok … Scotty hai
finito di vestire la sposa?” - “Sì brontolo … Come va il formicolio alle
spalle?”
“Insomma … forse
avrei bisogno di Tommy … Oh, guardalo lì”
Il terapista era
oltre il vetro e lo salutò.
“Chi manca?” – domandò
l’oncologo, sempre con gentilezza.
“Non saprei Jim …
vedo anche Jude adesso …” – notò con un lieve stupore.
Law attivò
l’interfono – “Ciao Glam, mi manda Rob, ti vado bene lo stesso?” – e gli
sorrise quanto Tom.
“Altro che … solo che
non potete entrare qui …”
“Ti aspetto, per
accompagnarti a casa …” – replicò l’inglese.
“Ok, ti ringrazio”
“Bene … ora stenditi
e fai un bel respiro …” – disse Mason attaccando altri sensori al busto di
Geffen.
Scott lo accompagnò
con le mani lungo le braccia, come se fosse un neonato sul fasciatoio:
quell’associazione di idee balenò nella mente di Glam, facendolo ridere di
nuovo.
“Cosa gli hai dato
Jim? Un siero per l’allegria?”
“No Scott, ma sono
felice che l’umore sia alto …”
“E che dovrei fare?
Piangere tutto il tempo? Come siete noiosi” – sottolineò il paziente, lanciando
un’occhiata affettuosa a Tommy, un po’ scosso per quella situazione.
Jude lo prese sotto
l’ala, paterno – “Vedrai che andrà tutto bene” – gli bisbigliò, imponendosi di
non pensare alla diagnosi di Mason, forse con l’assurda speranza che potesse
servire ad annullarne l’essenza totalmente negativa.
“E’ una chemio come
le altre, ma la devi fare in isolamento, come vedi Glam”
“Sì, ma gli effetti
collaterali?”
“La nausea dovrebbe
essere sedata dal farmaco, che hai appena assunto: per il resto non dovresti
avere problemi di sorta, perché è un protocollo schermo, lo chiamiamo così”
“Per evitare il
diffondere delle metastasi o meglio rallentarlo, giusto?”
Mason annuì.
“Ok … vediamo
che succede, in fondo mi sento un po’
cavia”
“Stai tranquillo, io
non me ne vado da qui” – gli mormorò Scott, dandogli una carezza sulla fronte.
“Sono circondato da
bei ragazzi, cosa potrebbe andare storto?” – e rise meno convinto.
Sopraggiunse anche
Lux, ma Geffen non se ne avvide: si rilassò, dopo che Jim spense le lampade
centrali, attivando un fascio di luce celeste.
Se ne andò, lasciando
che Scott prendesse posto su di una poltroncina al fianco di Glam, coricato su
di un materassino ergonomico, studiato apposta per farlo stare più comodo
possibile, durante quell’ora e mezza di tortura.
Kevin si unì al resto
degli amici, che approfittò di un divanetto, per leggere qualcosa e
chiacchierare, nel frattempo che il liquido di due flebo andava ad esaurirsi
con estrema lentezza.
La seduta sarebbe
durata sino ad ora di pranzo, ma non avevano alcuna fretta.
“Le birre sistematele
da quella parte, grazie … Ok, dove devo firmare?”
Brent appose uno
scarabocchio su di un foglio, uno dei tanti in quella mattinata, dove il via
vai di fornitori si susseguiva al Dark Blue.
Con Louis avevano
deciso di inaugurare il locale per San Valentino, dopo qualche giorno di
vacanza in Colorado, su invito di Meliti.
Era una tradizione
spostarsi sulle nevi di Aspen e fu divertente scoprirsi entrambi appassionati
di snow board, quando Harry e non solo.
“Ti sei sistemato
bene figliolo”
La voce
inconfondibile del vecchio Tomlinson,
improvvisa alle sue spalle, lo riportò di colpo alla realtà.
“Papà …?!” – disse
come strangolato, dopo essersi voltato a fissarlo.
“Già … Ho fatto un
po’ fatica a trovarti, ma ci sono riuscito come vedi” – e gli sorrise, restando
fermo in mezzo alla sala deserta.
“Sì, vedo”
“Ok … Non sei stato
molto generoso in telefonate Brent” – aggiunse pacato, spostandosi verso il bancone e posando il cappello
d’ordinanza; era ovviamente in divisa,
non se ne separava mai.
“Ho avuto parecchio
da fare”
“Non ne dubito” –
tossì, tradendo un certo nervosismo, mentre si appollaiava su di uno sgabello,
puntandolo – “Comunque è stato scioccante sapere della tua … malattia”
“E’ un diabete di
tipo due, nulla di grave” – precisò il giovane, aprendogli una bibita e
porgendogliela, senza riprendere colore sulle gote asciutte.
“No, grazie, magari
dopo …”
“Ok” – e si ritrasse,
mettendo una distanza come di sicurezza tra loro, dirigendosi alla macchina del
caffè, che stava pulendo accuratamente.
“Certo credevo
tornassi alla base Brent”
“A fare cosa? … C’è
solo deserto intorno”
“Ma c’ero io” –
puntualizzò serio – “E poi un ristorante potevi aprirlo anche lì, ti avrei
aiutato e”
“No, grazie.
Preferisco provarci qui a Los Angeles, ci sono più prospettive e poi c’è Louis
e voglio ricostruire un rapporto con lui” – puntualizzò, stupendosi di quanta
decisione stava mettendo nelle proprie affermazioni.
Tomlinson senior ne
fu turbato, ma non si scompose affatto.
“Louis? … Davvero? E
magari ora mi dirai che questo sarà un punto di ritrovo per checche” – e rise volgare.
“No, non lo è
affatto!”
Sembrò un tuono:
Louis era sbucato sulla soglia; Brent non lo aspettava.
Era incazzato marcio,
per quel senso di disprezzo, con il quale le parole del genitore lo avevano
investito.
Incazzato per come
Vincent lo aveva fatto sentire, mandandolo via la sera prima, inveendo contro sé
stesso e contro il giovane, su quanto si dovessero vergognare per il tradimento
ai danni di Harry.
Incazzato nero per come
quel bastardo, appollaiato su di uno sgabello, avesse rovinato la sua intera
esistenza, condannandolo a vendersi per potere studiare ed anche mangiare a
volte, facendo coppia con uomini non sempre eticamente corretti, uno su tutti
Ivo Steadman.
Le sue dita
affusolate si chiusero a pugno, ma il suo stomaco tremò appena Tomlinson si
rivolse a lui con scherno – “Eccolo qui, il piccolo topo di fogna … E tu vuoi
recuperare cosa, eh Brent? Sei forse impazzito?” – e rise.
Rise ancora.
E Louis desiderò
fosse l’ultima volta, quella.
Gli si scagliò contro
ed un urlo assordante uscì dalla sua gola asciutta.
C’era troppa
differenza di corporatura tra i due e quello rimaneva un militare addestrato,
che ancora faceva le marce con le reclute, spronandole a non mollare nemmeno se
immersi nel fango.
E l’olezzo di quel
fango, sembrava ancora intossicargli le narici, anche se Lou non si era mai
cimentato in un ben che minimo addestramento, al contrario di Brent,
pietrificato nell’assistere a quella scena.
Per poco.
Tomlinson lo accolse
con un pugno nello stomaco, poi un ceffone in pieno viso, infine un calcio nel
fianco, dopo che Lou era atterrato sul pavimento appena lavato.
Colto alla
sprovvista, però, anche l’uomo si ritrovò nella stessa condizione, dopo alcuni secondi,
durante i quali Brent gli aveva letteralmente spaccato una sedia sul dorso
robusto, assestato un sinistro e poi un destro, per poi finirlo con un colpo di
tacco sul mento.
Sanguinante ed
incredulo, Brent Tomlison senior, ora, lo stava guardando, tastandosi l’addome
e la fondina: la sua pistola non c’era.
Era puntata su di lui
da quel ragazzino, cresciuto tra ordini e disciplina e che non riconosceva più.
Di Louis, invece, non
si curava affatto, nonostante il secondogenito fosse in pieno affanno, senza
riuscire a recuperare un respiro regolare.
Brent jr corse a
chiudere la serranda, poi tornò ad un paio di metri dal colonnello.
“Non muoverti! NON
PROVARCI STRONZO!!”
Avrebbe voluto
occuparsi di Louis, ma era troppo sconvolto ed oltre modo determinato a porre
fine a ciò che lo tormentava da anni.
Da quando Lou se n’era
andato.
Da quando lui ed il
padre lo avevano costretto a farlo.
“Br … Brent … stai
scherzando … vero?”
“Ok gente guido io …”
Geffen fu risoluto,
mentre si toglieva il cappotto, dopo avere congedato Kevin con un affettuoso
abbraccio ed un bacio a fior di labbra.
“Ciao tesoro, saluta
Tim e soldino, ok?” – gli disse con sconfinata tenerezza, mentre il bassista
tratteneva a stento la commozione, stretto a lui.
“Abbi cura di te
daddy … ci vieni in montagna?”
“Certo … L’ho
promesso anche a Lula” – e sorrise, mettendosi alla guida.
Brendan uscì dagli
ascensori, facendo un cenno al gruppo di amici.
“Me lo date un
passaggio?”
“Certo, sali dietro
con Vincent …” – poi si rivolse a Law – “Devo portarti da Robert subito o mangi
con noi Jude?”
“E’ con le bimbe,
anche Lyllibeth, a Malibu, quindi sono libero … Dove andiamo?”
“Il Dark Blue avrà
qualcosa per noi, Vincent?”
Lux avvampò – “Non ne
ho idea Glam ...”
“Proviamoci, al
massimo potremo ripiegare su Barny … Ok, andiamo.”
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