Capitolo n. 195 – zen
“Louis vuole
sposarsi”
Lux interruppe il
silenzio, sceso nella stanza, dopo che anche Geffen aveva riattaccato la
propria telefonata con Robert.
“Ah … Con chi, con
te?” – e l’avvocato lo puntò, l’aria stanca e depressa.
“No”
“Resta solo Harry” –
e si allungò sopra il divano, dopo avere scalciato via le scarpe.
“Infatti” – il
francese sospirò, controllando se lo champagne era effettivamente finito,
scrollando la bottiglia a testa in giù.
“Ne ordino
dell’altro, se vuoi, Vincent”
“Meglio lasciare
stare, siamo già abbastanza sbronzi”
“E stronzi” – Glam
ridacchiò, poi prese un lungo respiro e si assopì.
Immediatamente.
Harry gli stava
leccando la porzione di pelle tra il collo e la spalla sinistra, mentre i suoi
fianchi divampavano tra le gambe magre, ma capaci di stritolargli il bacino, al
quale Louis si era come appeso, durante il reciproco divenire.
Per quest’ultimo
spontaneo, tanto lo stava facendo godere Haz, colpendo la sua prostata al
limite di ogni decenza, mentre per il più giovane era un’estasi totalizzante,
dalla nuca alla punta dei piedi, vibrando lungo l’intera spina dorsale ed
oltre.
“Girati …” – ansimò
Harry.
“Mi … mi vuoi
ancora?” – gemette l’altro, tremando mentre gli ubbidiva felice, ma confuso da
troppe sensazioni intossicanti.
“Certo, ti voglio
così per tutta la vita Boo Bear” – e saldò le loro labbra in un bacio
mozzafiato.
“Hai l’aria stanca …”
Jared glielo disse
mentre stava cambiando Amy nella nursery della End House.
Farrell annuì, gli
occhi cerchiati, per un principio di anemia.
Mason li aveva
rassicurati, non era necessaria neppure una trasfusione, ma l’attore si sentiva
debole e spaesato.
Si abbracciarono
“Come ti senti Jay?”
– chiese preoccupato, guardandolo.
“Tu … sei in pena per
me, quando dovresti pensare a ristabilirti, amore” – replicò commosso.
“So quanto sia
devastante il pensiero di Glam e della sua sorte, non posso fare finta di
niente o minimizzarlo” – inspirò greve, staccandosi dal marito, non senza una
carezza sul suo petto scarno, sotto la maglietta bianca, di due taglie più
grandi.
O forse tre.
“Io … io non riesco
ancora a crederci, sai?”
“Temo stia succedendo
a tutte le persone che lo amano Jay …”
“Lui ci ha esclusi
tutti” – sorrise sconsolato.
“Vi ha … ti ha
abbandonato?” – chiese debole.
“Già come mio padre,
ma è così diverso … Non posso fare paragoni, non devo più Cole”
“Non devi più farti
del male” – e si appoggiò al muro, incrociando le braccia.
“E’ come un tunnel” –
mormorò fissando il vuoto – “Purtroppo alla fine non c’è una luce, ma tenebre
spaventose”
“Simmetria perfetta
Jared” – e gli tese le braccia, per poi avvolgerlo, paziente ed innamorato.
Brendan si alzò con
cautela.
Disattivò le luci
dell’acquario, incastrato nella parete divisoria tra il living e la sua camera,
dai quali lo si poteva ammirare, inondati dalla luce bluastra dei led,
incantati dallo spettacolo dei pesci tropicali.
Prese una sigaretta
dei jeans ed uscì in terrazza, per non infastidire Brent, profondamente
addormentato.
La notte era gelida e
l’analista si pentì subito di avere indossato unicamente un paio di jeans e
delle infradito, dalle quali raramente si separava quando era in relax.
Si girò per scorgere
il profilo del suo ragazzo e pensarlo
tale gli piaceva da impazzire.
Peccato che
l’ambiente oltre la vetrata scorrevole, fosse immerso nel buio più assoluto.
Spense la Camel,
udendo un lieve lamento: forse Brent stava sognando.
Fece un passo, quasi
inciampando: imprecò, ma nulla in confronto alla reazione di Brent, svegliatosi
improvviso, senza alcun punto di riferimento.
Si agitò come se
stesse affogando in quell’oscurità, scoppiando anche a piangere, mentre
chiedeva aiuto, in modo disperato.
Laurie accese subito
una lampada in un angolo, precipitandosi a controllare cosa stesse succedendo a
Brent, ormai nel panico.
“Tesoro calmati!!” –
gli urlò in faccia, scuotendolo.
“Non … non voglio
stare qui … io” – respirò a fatica, gli occhi sbarrati, come se non
riconoscesse quel luogo e soprattutto Brendan.
“Brent guardami!”
“Cosa …? Brendan …
Mio Dio …”
“Piccolo io non
sapevo che avessi questa fobia, perdonami” – replicò angosciato.
“Fobia …? No” – reagì
deciso – “No, era un incubo, nessuna fobia” – e si alzò brusco.
“Brent …”
“Voglio andare a
casa” – disse cercando i propri abiti.
“A casa? Quale casa
Brent?!”
“Da Meliti” – ribatté
fissandolo, quasi ostile.
Laurie si mise le
mani tra i capelli.
“Io credevo rimanessi
qui, credevo che noi fossimo una coppia, cazzo!”
“Solo perché mi hai
scopato credi di decidere per entrambi? Sbagli di grosso!” – era ormai vestito
e, senza concedere repliche, se ne andò in tutta fretta.
Scott verificò la
pressione di Colin e gli somministrò alcuni complessi vitaminici.
Jared fece una breve
passeggiata nel parco, insieme a Jimmy.
“E’ presto, vi
abbiamo tirati giù dal letto, scusaci”
“Nessun problema,
l’importante è che Colin si senta meglio” – replicò limpido ed innocente.
Leto lo scrutò,
notando per l’ennesima volta la somiglianza con suo marito.
“Sai, se potessi
spegnere questo male che ho dentro Jimmy, farei qualunque cosa, anche la più
stupida, come farmi”
“Non dire cazzate”
“Già … mi scoppia la
testa, credimi”
Si fermarono,
speculari.
“Jared non devi
mollare, non questo giro”
“In che senso?” –
sorrise.
“Se il destino di
Glam è segnato, tu dovrai accettarlo, senza tormentarlo con il tuo rammarico,
le tue paranoie: lui dovrebbe farsi carico anche di questo peso e non è giusto”
– disse serio.
“Io vorrei salvarlo”
– obiettò.
“Non in questa
maniera Jared: quando si è malati ci si vergogna, ci si nasconde, anche a sé
stessi, ci si logora ed incattivirsi è la reazione finale: tu non potrai
salvarlo da questa agonia, te lo assicuro, ma potresti mitigare i suoi giorni,
facendogli sentire il tuo affetto, la tua presenza, per poi renderti conto che
non servirà a molto, perché sarà sempre peggio”
“Ne parli come se ci
fossi passato Jimmy …”
“Infatti … Un mio
amico, malato di Aids”
“Mi dispiace …”
“Si era persino
rimpicciolito di statura, la schiena curva, perché troppo esile, il suo fisico
statuario prosciugato all’inverosimile … Rimasi con lui sino all’ultimo,
lavandolo ed accudendolo come se fosse un bambino, ma lui mi scacciava, provava
a picchiarmi, mi sembrava come un burattino a cui avevano tagliato i fili …
scomposto, disarmonico …”
“E’ terribile …” – i
suoi zaffiri si colmarono di lacrime.
“Ero così stanco,
demotivato, perché sapevo che non sarebbe servito, che avrei fallito, però non
volevo fargli credere che anch’io mi ero arreso, come stava facendo lui … La
sera in cui morì, provai un senso di liberazione, mi sentii alla stregua di un
mostro, però tutti mi ripetevano che ero stato esemplare nel mio comportamento,
nella mia dedizione ed io avrei voluto urlare che si sbagliavano, che ero un
bastardo …”
“Ma non lo eri, non
potevi considerarti tale!”
“Questo lo so Jared …
Il fatto è che per stargli accanto, smisi di vendermi, di drogarmi per quel
periodo … Lui salvò me, non il contrario e fu paradossale, fu ingiusto, visto
che poi non riuscii a mantenermi pulito. In nessun senso.”
Leto lo strinse,
spontaneo, vibrante.
“Tu non devi
rimproverarti nulla Jimmy … Nulla.”
Scott li raggiunse,
provando fastidio nel vederli tanto intimi, sebbene fosse consapevole del
livello di amicizia tra il leader dei Mars ed il suo compagno ritrovato, con
immensa gioia.
“Io avrei finito … se
vogliamo andare a fare colazione …” – disse quasi impacciato il medico,
incrociando i carboni liquidi di Jimmy, che si diresse veloce da lui, cercando
le sue ali forti ed il suo petto spazioso.
“Fermatevi qui, la
signora Wong avrà già preparato per un esercito …” – propose Jared, non senza
imbarazzo.
“No, ho promesso a
Jimmy di portarlo sulla scogliera”
“Sì, sì certo Scott …
Grazie, per tutto …”
“A proposito è
arrivato Jude: è insieme a Colin, adesso.”
“Ok … li raggiungo …
Buona giornata …” – e si allontanò a passo svelto.
Geffen aprì la porta
in accappatoio.
Si era appena fatto
una doccia, rasato, non senza avere ingerito un paio di cachet, che già
facevano effetto sulla sua emicrania post sbornia.
Aveva ancora lo
spazzolino di traverso in bocca e le palpebre spalancate, quando Downey varcò
la soglia della suite, senza neppure salutarlo.
Si piantò in mezzo al
salottino, fissandolo, con aria stizzita.
“Allora non scherzavi
Rob …”
“Buongiorno.”
“E dove sono i
rinforzi?” – rise, con quell’espressione da canaglia, che l’amico gli avrebbe
voluto rompere in mille pezzi.
O coprire di baci …
“Basto io”
“Già … Basta lui …
Potevi almeno vestirti da Iron Man, tanto siamo a Las Vegas, qui sono tutti
pazzi”
“Come sei tu, starai
una meraviglia quindi, in mezzo a questo bailamme, quasi lo capisco, sai?” –
provocò ironico.
Geffen inclinò il
capo, osservandolo per bene.
“Che c’è?” – sbottò
Downey, avvampando.
“Sei dimagrito?”
“Affatto … E’ che ho
messo la prima cosa che ho trovato nell’armadio e sono vestiti di qualche anno
fa, quando ero più robusto …” – si giustificò.
“Non lo sei mai
stato” – e gli si avvicinò, brandendo i suoi fianchi – “Ah eccolo qui … il
corpicino che conosco …” – disse suadente, facendolo innervosire ulteriormente.
“Glam vuoi
piantarla!?”
“E questo pizzetto,
il taglio dei capelli … Ma cosa hai fatto Rob? Sei sempre più bello …” –
sospirò, senza alcuna enfasi.
Diceva semplicemente
la verità.
In quel modo, che
mandava in tilt ogni buona intenzione di chiunque, figurarsi di Robert.
“Vestiti, ti porto a
casa Glam”
“A che titolo dovrei
darti retta?” – ribatté sarcastico.
“Devi curarti e non
peggiorare le cose! A che titolo!? E me lo chiedi pure! A titolo personale, perché
tu c’eri quando la mia vita era appesa ad un filo e non hai mai perso la
speranza! Così non farò io, sino alla fine, ok?!”
Le sue iridi vennero invase da un pianto lacerante, ma c’era così tanta dignità in lui, ogni volta, da fare crollare tutte le difese di Glam, anche le più giustificate dalle sue condizioni irreversibili.
“Io … ti voglio così
bene Robert …” – e lo prese a sé, per sentire ogni parte di lui, senza fermarsi
alla superficie, perché il semplice contatto della loro pelle, apriva un varco
tra i rispettivi confini fortificati, che nessuna guerra e probabile sconfitta,
in quel caso, avrebbero potuto fare altrettanto.
“Torna insieme a me …
dai tuoi figli, da chi ti adora Glam … ti supplico … Sei ancora indispensabile,
come neppure immagini, sai?” – e gli sorrise, accarezzandogli le guancie con la
propria fronte, come a rifuggire un bacio, desiderato da ambo le parti.
Un bacio che li unì,
inevitabilmente.
Ancora una volta.
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