Capitolo n. 204 – zen
Brendan posò la tazza
di tè, dando poi una carezza al volto luminoso di Brent, seduto accanto a lui
sopra un comodo divano, foderato in tinte scozzesi, rosse, verdi e nere.
“Ok …” – l’analista
prese fiato – “E’ successo quattro anni fa, a Londra”
Brent sorrise, anche
per tranquillizzarlo – “Riguarda il tuo lavoro?”
“Sì … sì infatti, è
una storia triste, legata ad uno dei miei pazienti, di nome Jason, vent’anni
appena”
“Molto giovane per
rivolgersi ad un analista”
“E con parecchi
problemi, tipici della sua età: forse i suoi genitori mi avevano scelto perché omosessuale
quanto lui: non avevo mai nascosto il mio orientamento, lo ritenevo stupido,
così, ad ogni occasione buona, ne parlavo con naturalezza a chi ne fosse
incuriosito”
“Sei stato coraggioso”
– replicò dolce, dandogli un bacio sulla spalla.
Brendan lo fissò per
un lungo istante – “Tu sei il dono che la vita mi ha fatto … sei così prezioso
Brent, che non riesco neppure a trovare le parole per descriverti i miei
sentimenti” – disse commosso.
“So cosa provi, perché
sta succedendo anche a me, da quando ti ho visto la prima volta … anche se ero
spaventato da emozioni, che non avrei mai più voluto provare e tu puoi
comprendere le mie ragioni”
“Certo piccolo … e
speravo anche di farlo con Jason, sostenendolo nel suo percorso di
accettazione, sai? Fui professionale in ogni senso, ma lui perse la testa per
me: mi scriveva lettere colme di amore, anche se in molteplici passaggi
imperava una sorta di malsana paranoia, di morbosa attenzione nei miei
riguardi, che ben presto si trasformò in un’autentica azione di stalking”
“E tu ne parlasti con
la sua famiglia?”
“No, non subito:
tentai di farlo ragionare, chiamai in mio soccorso persino Hugh … e forse fu
anche peggio, non certo per colpa sua, anzi, gli parlò più come un padre, che
in qualità di psicologo, ma Jason reagì male, scagliandosi contro di me, appena
mi vide, per di più in un locale, la sera stessa in cui mio fratello lo
affrontò per fargli accettare il fatto che con me non c’era alcun futuro”
“Tu non provavi nulla
per lui? Era davvero tanto impossibile avere una relazione?” – domandò incuriosito
Brent.
“Ti ripeto, sentivo
solo energie negative, mi angosciava … e poi era un ragazzino”
“Ok … E come finì?”
“Nel peggiore dei
modi … Dopo avermi insultato e persino schiaffeggiato in quel pub, corse via,
in preda ad una crisi isterica … Provai ad inseguirlo, ma lui, in sella ad una
moto mi seminò facilmente: raggiunse la ferrovia e si gettò sotto ad un treno,
urlandomi da un ponte, che mi sarei portato sulla coscienza la sua scelta, per
sempre … Perché era mia la responsabilità … solo mia” – rivelò affranto.
Brent lo strinse
forte.
“Se non ci fosse
stato Hugh, sarei impazzito, credimi … Venni qualche settimana qui a Los
Angeles, conobbi Jim, facendogli una pessima impressione … Mi ubriacavo, ero
molesto, sgradevole … Poi mi ripresi, tornai in Inghilterra, affrontai anche la
famiglia di Jason, spiegando gli avvenimenti … Furono comprensivi, perché il
figlio li aveva come ossessionati, per spingerli a dissuadermi nel mio rifiuto,
fidanzandomi con lui … Pare dicesse loro che ci saremmo sposati, che avremmo
adottato dei bambini, che niente avesse più senso, senza di me”
“Credo che Hugh per
primo ti abbia persuaso a non sentirti responsabile, anche se temo non sia
bastato …”
“E’ come un demone,
un incubo, che di tanto in tanto ritorna … Ed una sconfitta per ciò che amo,
dopo di te, ovvero questo mestiere spesso assurdo …”
“Sei di una tenerezza
infinita, Brendan …” – e lo baciò – “Grazie per esserti confidato”
“No Brent … grazie a
te per come sei … ti voglio così bene” – e lo abbracciò intenso, allungandosi e
restando lì, sino all’alba, dormendo serenamente.
iiii
Kevin rise, infilando
gli scarponi a Lula.
“Incredibile daddy,
gli vanno bene quelli dell’anno scorso”
Geffen sorrise,
guardando il figlio – “Si vede che non mangia abbastanza pizze …”
“Allora rimediamo a
pranzo papi! E tu papake, con i dollaroni che hai risparmiato per la mia nuova
attrezzatura, farai un bell’assegno alla fondazione di Haiti!” – esclamò allegro,
mentre Glam e Kevin lo guardavano ammirati, seduti sul bordo del letto dell’avvocato.
“D’accordo angelo mio
…” – e gli sistemò il giubbotto, amorevole.
Geffen seguiva ogni
suo gesto.
Soldino fece un
saltello ed assunse una posa da rapper, molto comica, incrociando le braccia
sul petto e mettendosi di traverso.
“Dovete farmi una
promessa voi due!”
Glam sbirciò Kevin,
che annuì – “Ok sentiamo …”
“Vi dovrete volere
bene per tutta la vita!”
Kevin arrossì – “Ovvio
che sì Lula …”
“Con me sfondi una
porta aperta” – Geffen rise.
“E poiiiii”
“Sì?” – anche Kevin
sorrise.
“Poi dovrete volere
un mondo di bene a Tim!”
“Agli ordini soldino …”
– dissero in coro.
“Tu papake, però, un
pochino di più!” – e si appese al suo collo.
“Tesoro mio …” –
sospirò il bassista, chiudendo gli occhi.
Per pochi secondi
vide la spiaggia dell’isola, bianca, profumata di sale, ma riuscì anche a
distinguere una coppia di orme, di cui una più minuta rispetto all’altra.
Alzò lo sguardo, ma
la luce divenne ancora più accecante.
Spalancò le palpebre
e Lula era sparito dal suo petto.
“Soldino …?”
“E’ già in corridoio,
con Tim … Tutto bene Kevin?” – e gli sfiorò la schiena con il palmo destro,
caldo, affettuoso.
“Sì … ho avuto come …
Ma lasciamo stare, tu come stai in compenso daddy?”
“Discretamente …
Andiamo?”
“Ok … Con Jared
dobbiamo dare la rivincita a Dean e Sam”
“Va bene, però ho una
commissione da sbrigare, vi raggiungo alle piste tra un’ora”
“Come vuoi …” –
replicò perplesso – “A dopo, ciao Glam.”
Downey si stava
grattando nervosamente la nuca, quindi passò all’addome asciutto e ben
delineato dalla t-shirt attillata.
I suoi capezzoli si
inturgidirono ed i turchesi di Geffen vi si posarono per un secondo di troppo.
Deglutì a vuoto,
pervaso da una sensazione piacevole.
“Ma non hai freddo
Rob?”
“Eh? Sì un po’,
finisco di vestirmi … scusa Glam se ti rompo le palle con questa cosa, ma se la
racconto a Jude mi sa che si incazza …” – disse trafelato, recuperando un
maglione pesante.
Glam lo aiutò ad
infilarlo, dopo essersi schiodato dalla poltrona, mosso anche da un’attrazione
viscerale verso l’attore.
“Aspetta … ecco fatto”
– e gli sorrise, baciandolo sul naso.
Downey avvampò, non
senza ricambiare quel sorriso.
“E’ per Chris … ed
Ivan”
“Cosa?!”
“Sì, pare strano
anche a me, visto ciò che lega mio figlio a Steven, senza contare la loro
Clarissa”
“Mi fa sempre un
certo effetto quando lo definisci così, anche se non potrebbe avere padre
migliore”
“Ti ringrazio …
eppure sento che mi sta nascondendo qualcosa”
“Una relazione con
Ivan? Pensavo che non fosse gay”
“E chi lo sa Glam?
Christopher farebbe perdere la testa a chiunque, ammettiamolo” – affermò risoluto.
“Non lo nego, però
pensavo anche alla timidezza di Ivan, alla sua riservatezza ed a quanto tenga
al proprio incarico: non penso se lo giocherebbe in questa maniera, a meno che …”
“A meno che non si
sia innamorato?”
“Appunto Rob …”
“Steven arriva
sabato?”
Ivan lo domandò
timido, mentre cinque minuti prima stava scopando Chris, capace di farlo urlare
e dimenare, in preda ad un secondo, incredibile, orgasmo.
Il leader dei Red
Close si accese una sigaretta; non fumava mai in presenza della bimba e tanto
meno di Boydon.
“Forse venerdì sera,
dipende da un congresso … ad Atlanta” – e tossì, rimettendosi i boxer.
La stanza del
sovietico era in ordine: un’abitudine militare dura a morire.
“Vieni a sciare?” –
finalmente si voltò a guardarlo, anche se sembrava sforzare una certa
indifferenza.
Era come se lo
infastidisse il modo in cui Ivan lo faceva venire: Chris avrebbe detto sentire,
nel caso ne avesse parlato a qualcuno, per un pudore stupido.
Ed ipocrita.
“No, devo vigilare
sui pargoli di Farrell … Mi ha chiesto un favore, credo voglia fare una gita in
slitta con il marito …” – e si alzò, per andarsi a fare una doccia.
“Non potevano farlo
Vas e Peter? Od Amos?” – obiettò, schiacciando la Camel in un posacenere di
marmo, ancora mezzo nudo.
“Il mio socio ha la
giornata libera, mentre loro salgono al rifugio, per chi fa lo snow board …
almeno credo”
“Volevo”
“Cosa Christopher?” –
lo interruppe un po’ brusco.
“No … niente …” – si ammutolì.
“Perfetto. Ci vediamo
a cena. Se vuoi” – e si chiuse la porta del bagno alle spalle, non senza
sbatterla.
Chris se ne andò
mesto, imprecando sotto voce.
“Devi proprio andarci
Haz? Le previsioni sono pessime, anche gli altri hanno rinunciato!”
Le lamentele di Louis
gli sembrarono quelle di un cucciolo spaurito.
Harry lo avvolse,
inghiottendolo con la sua altezza ed il corpo statuario ed allenato.
“Quante storie Boo …
Mi svago in quota, ci sono dei paesaggi pazzeschi, farò delle foto e poi ti
chiamo … se c’è campo” – rise – “… e ti posto le immagini, che tu questo giro
non potrai vedere, come se fossi con me … sempre” – e lo baciò innamorato.
“D’accordo … mi hai
convinto, però non essere spericolato …”
“Sì mamma chioccia …
Ops ecco la cabina, si va!” – e si affrettò a salire.
Appena chiusero gli
sportelli, Haz si appiccicò al vetro, per una boccaccia a Lou ed un’espressione
buffa.
“Ciao peste …” –
mormorò il ragazzo, per poi accorgersi che il fidanzato aveva dimenticato lo
zainetto con il bberry, il portafogli e la borraccia di energetico.
Tentò di dire al
manovratore da terra di bloccare la funivia, ma quello ridacchiò antipatico.
Louis lo mandò al
diavolo e si diresse al palazzo dello sport, dove di sicuro avrebbe trovato
compagnia.
Brent e Brendan,
infatti, erano già sul ghiaccio, impeccabile il primo, imbranato e comico il
secondo.
Kieron Richardson, BRENT, perfetto anche on ice XD
Il mitico Crixus della serie Spartacus, Manu Bennett, è IVAN
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