Capitolo n. 201 – zen
Geffen scese
dall’auto di Mason, che si preoccupò di accompagnarlo personalmente a
destinazione.
Il cottage in
collina, dove Jared lo stava aspettando.
Il cantante lo guardò
scendere dall’auto, nella luce del tramonto di febbraio.
L’avvocato aveva
l’aria un po’ stanca, ma il suo fisico sembrava reggere ai danni del tempo,
della malattia e delle cure.
La sua camicia
grigia, aperta sino a sopra lo sterno, rivelava muscoli tonici ed abbronzati:
Jared si chiese se Glam non avesse freddo, ma ormai aveva imparato quanto
quell’uomo riuscisse a sfidare qualsiasi avversità.
Tranne, forse, la
sfortuna in amore.
Ogni parola era come
una spina, che Brent stava togliendo dal cuore di Louis, sempre più
sanguinante, di rammarico ed afflizione.
“Ti … ti hanno fatto
del male … ti hanno fatto impazzire Brent”
L’ex soldato annuì,
mentre Brendan non lo aveva lasciato solo un attimo, seduto alle sue spalle,
sul bordo del letto, dove Louis si stava tormentando le mani, al loro ingresso
nella stanza, mani nelle quali le due fedi di fidanzamento collidevano in un
rimescolio di lacrime e pensieri ad alta voce.
“Quella notte Lou, ho
rivisto ogni fotogramma scorrermi nel cervello, come una scossa elettrica: mi
sentivo in balia di quei ricordi, come se fossero demoni e l’unico modo per
cacciarli era sfogarmi su di te, assecondando quel bastardo di nostro padre …”
– disse piangendo, ma composto.
Lou si avvicinò del
tutto, abbracciandolo e Brent cominciò a singhiozzare, a sfogarsi finalmente
anche con lui.
Nessun carnefice,
solo due vittime, due cuccioli, che quel padre non aveva saputo né difendere e
tanto meno amare.
“Sai Brent, mentre tu
gli puntavi la pistola, lui non aveva il benché minimo riguardo per me, che non
riuscivo neppure a respirare … vedevo che tu avresti voluto soccorrermi, ma era
più importante tenerlo sotto tiro … ed hai fatto bene, tu mi hai salvato,
perché forse mi avrebbe ucciso questa volta” – e si guardarono sconvolti.
Si strinsero ancora
di più.
“L’hai detto ad Harry
…?”
“No … No, gli ho
detto altre cose e lui mi ha lasciato … Non meritavo altro, ho tradito i suoi
sogni, come quel vigliacco ha fatto con noi Brent … Forse io sono più simile a
lui di quanto voglia ammettere … e mi faccio schifo … schifo da morire” – e
fissò Lux, che non se n’era mai andato.
In fondo erano gli
stessi termini che il francese aveva usato durante il loro litigio, il
pomeriggio in cui avevano fatto l’amore, senza pensare che a loro stessi,
egoisticamente, follemente.
Un giudizio spietato,
ma autentico.
“Ti sbagli Louis … Tu
non hai nulla a che spartire con quel verme”
“Haz …?!”
“Scusami … scusatemi
anche voi, ma vorrei parlare da solo con Louis”
“Certo …” – Brent si
alzò, così Laurie, mentre Vincent non si mosse.
“Ho detto da solo …
anche se ti ringrazio per avere aiutato Louis, mentre io non c’ero” – aggiunse
freddo, rivolgendosi a Lux.
“Farei qualsiasi cosa
per lui, anche imperdonabili errori … purtroppo.”
“Tu non sei una
persona cattiva, Vincent e quando siamo andati alla base, sei stato corretto,
quasi un amico anche per me, una figura solida, ora posso anche dirtelo e lo
faccio anche con Louis, perché si stava creando un qualcosa di bello, di
inaspettato tra noi … I genitori, per me, sono sempre stati inconsistenti, ad
essere sinceri mi credevo un peso e neppure ora mi cercano o mi vogliono bene,
quasi invidiosi dei miei traguardi, della mia intelligenza … Nessuno è mai
stato fiero di me”
Lou ebbe un sussulto.
“Tranne il ragazzo
che amo e che voleva sposarmi” – lo interruppe subito Haz, guardandolo dritto
negli occhi lucidi ed arrossati.
“Io … voglio sposarti
… Lo voglio e non penso ad altro Harry …” – disse flebile, ma sincero.
“Con quello che mi
hai fatto, cosa dovrei risponderti?”
Louis si rannicchiò
contro lo schienale, nascondendo la faccia tra le braccia livide di quelle
botte, ossigenandosi a fatica, per il dolore all’addome, che non sarebbe
sparito molto presto.
“Dovresti mandarmi al
diavolo … come hai fatto prima Haz …”
“Lo so Boo sarebbe il
minimo …” – replicò commosso, per come lo vedeva debole, maltrattato, in balia
di quelle stesse mancanze, che lui conosceva bene, le stesse che li avevano
uniti, nella solitudine, facendoli sentire meno inadeguati, meno “di troppo” in
un mondo di adulti, dove nessuno sapeva amarli senza usarli o disprezzarli.
Louis tremò nel
proprio pianto, colmo di amarezza, tenendo però ben strette nel palmo sinistro
le loro vere.
Harry si avvicinò,
sciogliendo quella morsa e quel groviglio fatto di ossa, carne, pelle
profumata, che avrebbe baciato per ogni millimetro, di quella bocca e di quegli
occhi, così belli, così veri.
Baciò Louis,
rimettendo al proprio posto gli anelli, trovando anche ad occhi chiusi le dita
giuste ed anche un giusto silenzio.
Ed in questo, senza
fare rumore, Vincent scivolò via.
Si allungarono poi
sul materasso ampio, dove presto Brent li raggiunse, stando nel mezzo come
Louis, custodito da Brendan, nello stesso identico modo, con il quale Harry
stava avvolgendo il suo Boo Bear adorato.
Si addormentarono
tutti e quattro, verso un giorno nuovo, senza sapere nulla di più se non che si amavano terribilmente.
E ciò sarebbe
bastato.
“Se io potessi”
Il fiato di Jared si
spezzò, mentre Glam lo teneva a sé, baciandogli i capelli lunghi e sfumati di
un colore castano biondo.
“Cosa?”
“Cambiare le cose …
Fare tornare indietro il tempo … rimediare”
Geffen sorrise,
alzandogli il mento con l’indice sinistro, per guardarlo al meglio.
“Rimediare? Ai nostri
errori Jay? Impossibile”
“Tu … tu mi sembri
così sereno …”
“E non a pezzi come
dovrei?” – replicò inarcando il sopracciglio destro.
“E’ Lula? E’ merito
suo?” – chiese il leader dei Mars incuriosito, quasi trepidante.
“No … anzi sì, lui
non smette mai di assistermi, però credo che questa volta siano le medicine di
Mason a sostenermi, a ridarmi energia, ma è una fase: lui me l’ha già detto” –
rivelò mesto, alzandosi, per mettersi seduto sul bordo e controllare l’ora sul
cronografo, lasciato sopra al comodino.
Si allacciò la
camicia, che Jared gli aveva aperto, per incollarsi al suo busto ancora
massiccio.
Leto fece lo stesso,
rinfilandosi la maglietta e coprendo la sua pelle tatuata, liscia, invitante.
Si erano liberati
unicamente di quegli indumenti, perché nessuno dei due aveva il coraggio di
chiedere all’altro un’occasione, che sentivano come ultima, quasi estrema: fare
l’amore, ancora una volta.
Una, almeno.
“Devo andare Jay …
Kevin mi aspetta, devo spiegargli cosa è successo oggi con Tomlinson … e tu
devi tornare a casa”
“Sì … Colin farà
tardi, è agli studi e devono finire di girare un film, hanno un tassativo …”
“Ecco perché sei qui
dunque, sono stato fortunato” – sospirò, recuperando un maglione dall’armadio.
“Sarei venuto lo
stesso Glam” – puntualizzò triste.
“Lo so Jared” –
ribatté voltandosi – “So ogni cosa di te … di noi”
“Kevin puoi chiamarlo
ed io … nessuno mi aspetta” – e tirò su dal naso, sgranando i suoi zaffiri, in
quel modo, che aveva sempre fatto capitolare Geffen.
Quasi sempre.
“Ci sono i bimbi,
loro sono più importanti di me e lo sai” – ormai era pronto a lasciare quel
luogo così caro ad entrambi.
“Come vuoi, però ci
vediamo, domani, vero?”
“Domani …? Andiamo in
montagna o sbaglio?”
“Sì, sì certo”
“Ci sarò, voglio
vedervi un” – poi si morse il labbro, scuotendo il capo.
“Glam …”
Jared bruciò quel
breve spazio, appendendosi al suo collo, baciandolo in lacrime.
Un bacio profondo,
totale.
Geffen rivide in un
flash le scorribande in auto, con Jared, la sua bici, le sue piroette sulla
poltrona in studio, le risate …
Come un bambino, con
le sue corse in spiaggia, tutto, tutto di nuovo conficcato nella mente e nel
cuore, come un uragano.
Poi il buio.
Le palpebre chiuse
troppo strette, da fare male, quasi ad impedire a quei ricordi di volare via.
Di spegnersi, come
stava accadendo a lui.
Un urlo frantumò il
silenzio.
“IO NON VOGLIO
MORIRE!!”
E si accasciò a
terra, quasi stritolando tra le sue ali robuste un Jared impaurito, adesso.
Piangevano.
Cullandosi.
Nessuno poteva
risolvere quella situazione, nessuno poteva tornare indietro, cambiare le cose.
Rimediare.
Il generale si accese
un sigaro, offertogli da Meliti.
Tomlinson lo rifiutò.
“Ho raccolto delle
testimonianze colonnello, su fatti molto gravi, risalenti ad alcuni anni fa: la
riguardano e coinvolgono anche i suoi figli.”
“A cosa si riferisce,
signore?” – domandò rigido.
“A ciò che è accaduto
anche stasera: al motivo per il quale Louis è andato via da casa, dopo essere
stato picchiato selvaggiamente da lei, come poche ore fa in quel locale o l’ha
già scordato o cancellato, come ha fatto con suo figlio minore?”
“Sono questioni
personali, di famiglia e” – provò a giustificarsi.
“Sono questioni
vergognose!” – tuonò l’alto ufficiale.
Tomlinson si
ammutolì.
Nel suo sguardo,
però, c’era unicamente lo stupore di ricevere un simile rimprovero, come se non
lo riguardasse, come se il suo delittuoso comportamento, non fosse così
rilevante.
“E’ deplorevole
quanto mi è stato riferito: l’ho sempre creduta un soldato rigido, ma anche una
persona corretta Brent” – disse come sconsolato.
“La mia mentalità è
questo generale, che le piaccia o no!” – replicò in un moto di stupido
orgoglio.
“Le costerà cara, questa
sua grettezza, appena Louis la denuncerà. Ma mi creda, se dovesse rinunciare,
la porterò io davanti ad una commissione interna ed aprirò un’indagine per
eventuali abusi su altri ragazzi alla base!”
“Non ho mai torto un
capello a nessuno!!” – esclamò livido.
“Lo vedremo
Tomlinson. Lo vedremo.”
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