venerdì 11 ottobre 2013

ZEN - CAPITOLO N. 197

Capitolo n. 197 – zen


Jared arrivò puntuale all’appuntamento.
Così Brent.

“Ciao!” – lo salutò il cantante, alzando la serranda del Dark Blue.
“Salve … sei stato molto gentile Jared …”
“Figurati, entriamo dai, fa un freddo oggi … cavoli” – e si precipitò ad accendere il riscaldamento.

“Carino” – Brent si guardò intorno, le mani nelle tasche del giubbotto attillato, così come i jeans sbiaditi, che non riempiva neppure.
Leto lo studiò velocemente, poi accese le luci del locale – “Ok, funziona tutto ora spegniamole, è ancora chiaro fuori” – e rise.

“E le scorte?”
“C’è ancora parecchia roba, comunque è pagata stai tranquillo”
“Sì, ma devo regolarizzare con qualcuno e”
“Basterà una donazione a Mrs. Gramble, per l’orfanotrofio, poi al resto penserete tu e Louis …”
“E per l’affitto?”
“Quello lo pagherai alla proprietaria del locale, una mia vecchia amica … Te la presenterò domani”
“Ok … Devo dirlo a Louis”
“Certo … Ah guarda c’è una macchina, abbiamo già dei clienti” – e sorrise, indicando una berlina sconosciuta.

Ne discese Geffen.

“Glam …” – il leader dei Mars perse un battito.

L’uomo entrò, sorridendo a metà.
Era in imbarazzo.
Jared volò da lui, lasciandosi stringere e cominciando a piangere.
Forte.


Vincent brandì le sue caviglie magre, baciandole e succhiandole, poi le sue mani virtuose risalirono veloci l’esterno delle gambe di Louis, così il suo corpo sembrò attraversarle, per tornare ad incollarsi a quello del giovane, rientrando in lui per la seconda volta.

Lou si inarcò, sentendosi come intrappolato, ma felice: si appese al busto di Lux, che spingeva e piangeva, trattenendolo a sé, come se fossero un unico animale in preda ad istinti primordiali incontrollabili.

Vincent si girò, crollando di schiena sul letto e sollevando Louis, come una piuma, tanto era parte di sé, come una seconda pelle.

Il ragazzo si ritrovò seduto, a cavalcioni su Vincent, infilzato da lui, che non smetteva di ergere i propri fianchi, poi a cadere, a risalire, in preda ad una smania, che quasi lo costrinse a stringere i capezzoli di Louis, quindi a riportarlo alla sua bocca, dopo averlo afferrato per la nuca, come se ci fosse bisogno di costringerlo a fare qualcosa, mentre invece lui avrebbe fatto di tutto insieme al francese.

Vennero di nuovo e poi provarono a calmarsi, regolarizzando il respiro.
Guardandosi.
Per poco.


L’ossigeno era finito, l’avevano bruciato letteralmente, tra ansiti e sudore.
Quello di Vincent impiastricciava i capelli di Louis.
Le dita dell’affarista provarono a spostarli ai lati di quel volto, appagato e sereno.
Ne baciò il contorno, infine Lux si sollevò, prendendo in braccio il suo petit.

Fecero un breve idromassaggio, senza mai smettere di baciarsi e toccarsi: Louis si prese cura di Vincent, come non aveva mai fatto, frizionandogli la schiena, dove sparse altri baci e morsi appena accennati, con la stessa frenesia di un cucciolo; poi tornò a guardarlo, rimarcando quel paragone, attraverso i propri occhi grandi, tremolanti, anche se consapevoli di ogni gesto stessero consumando in quel pomeriggio, durante il quale avevano perso ogni freno.

“E’ sbagliato Louis … è tutto maledettamente sbagliato”
Lux lo ripeteva, ma il suo avvinghiarsi al giovane, pienamente ricambiato, non riusciva a fermare nessuno dei due.

In alcun modo.




“Avanti dannazione, sputa fuori questa maledetta lattina!”
Per Brendan arrabbiarsi con il distributore sotto quel pergolato deserto, assestandovi poi un calcio risolutorio, non era una consuetudine, vista la sua educazione.
Eppure funzionò, tranne che a fargli passare il nervosismo, che ormai rivestiva ogni sua azione, da quando Brent se n’era andato da casa sua.

Camminare sulla spiaggia, andarsene poi al lavoro, vedere l’allegria degli altri, persino di un paio di pazienti paranoici, passatigli da Hugh durante il periodo di aspettativa che si era preso per seguire Nasir, fu quasi un paradosso.

Quella giornata sembrava non volere finire mai.

“Credo sia da revisionare …”

La voce, quella voce, lo fece voltare di colpo.

“Brent …?”
“Ciao … Stavo sistemando la cucina … ed ho sentito questo casino, pensavo fosse un teppista …” – sorrise arrossendo.
“In effetti lo potrei anche diventare, da quando sono a Los Angeles … Non me ne va bene una, sai?” – e ridacchiò sorseggiando la tonica piuttosto calda.
“Bleah … Dio che schifo, è un brodo!” – esclamò, per poi gettarla nei rifiuti.

“Che ti dicevo? Ok … io vado”
“Non entri?” – chiese asciugandosi le mani nel grembiule, un po’ ansiosamente.
“Dove scusa? Ah … Ho capito, è il tuo ristorante …”
“Sì, infatti, era … E’ di una signora, conosce Jared, è lui che mi ha proposto di prenderlo in gestione, ecco …” – spiegò, avvicinandosi di poco.

“Le cose procedono in fretta, sei soddisfatto?” – chiese puntandogli le iridi azzurre dritte nel petto.
“Non … non lo so ancora Brendan”
“Già, tu non sai mai niente” – mormorò aspro, ma sconfortato, provando ad andarsene.

Brent gli andò dietro e l’analista avrebbe voluto dirgli un’altra cattiveria, sul tipo “che fai mi segui come un cagnolino, eh Brent?” ma non ne ebbe la forza: le iridi gli si riempirono di lacrime, il cuore sembrava scoppiargli nelle orecchie.
Aveva capito che ogni volta, ogni fottutissima volta l’avesse incontrato, avrebbe provato quelle sensazioni.

Inforcò i Ray-Ban ed abbozzò un sorriso – “Ho fretta, devo tornare in reparto, a vedere Nasir”
Era una scusa, ci aveva passato un’ora con il bimbo e non poteva trattenersi oltre, per le regole della sezione dei trapiantati.

“Come sta tuo nipote?”
“Meglio … Grazie …” – e prese una boccata d’aria, cercando una sigaretta nella tasca del cappotto in pelle.

“Cazzo … le ho finite” – ringhiò.
“Aspetta … Aspettami qui, non andartene ok?” – esclamò Brent, tornando nel bar per prendere qualcosa nel cassetto.
Tornò con un sorriso, che spaccò l’addome di Brendan in mille pezzi.
Sembrarono volargli nello stomaco, come le classiche farfalle: avrebbe voluto sparire.

“Le deve avere dimenticate qualcuno, anche se non dovrei dartele …”
“Grazie Brent … Ti devo un favore” – e se ne accese subito una.

“No … non sono mica mie …”

Laurie si sfilò gli occhiali, asciugandosi con i palmi il pianto, di cui solo allora Brent si accorse, gettò la Camel e gli artigliò gli zigomi, baciandolo con una veemenza, che non poteva lasciare alternative né al giovane e tanto meno a sé stesso.


“Ciao Robert … Bentornato”
“Amore …”

Downey gli corse incontro, per abbracciarlo e baciarlo, mentre le bimbe erano sul divano a giocare con dei pupazzetti di peluche.

“Come stai?” – chiese Law guardandolo sereno.
“Un po’ … scombussolato …” – replicò tremando.
Jude lo strinse di nuovo, cullandolo – “E’ tutto a posto Rob … anche se adesso le cose sembrano essere senza speranza, noi non dobbiamo smettere di credere in un miracolo … Glam ci ha abituati e non può perdere il vizio, no?” – e si commosse, quanto l’americano.

Robert scosse la testa – “A sentire Jim non abbiamo chance …”
“E noi ruberemo al destino l’ultimo sogno … angelo mio” – e tornò a baciarlo, con un affetto smisurato, così come la sua comprensione.


“Questo posto rimarrà il mio preferito … in eterno …”
Jared lo disse lieve, steso sul letto, a fianco di Geffen, tenendosi per mano, vestiti e concentrati sul soffitto.

“Non parlarmi di eternità … Ho scritto su di un foglio tutti i termini che non voglio più sentire per il resto … che mi resta” – e rise.
“Cosa hai fatto?” – anche Jared rise, inghiottendo un singulto.

“Sì insomma ero in aereo, con Robert ed avevamo un notes, pieno di disegni, di Cami e Dady … Prendo una penna, traccio una riga nel mezzo di una pagina bianca e poi comincio con l’elenco … è stato persino divertente”
“Allora sentiamoli” – disse girandosi su di un fianco ed abbracciando il cuscino.

“Eterno ad esempio, eternità, paradiso, inferno, attesa, illusione … Cose così insomma Jay …”
“Cambierebbe qualcosa pronunciarle Glam?”
“No, non credo” – ed anche lui assunse la medesima posizione di Leto.

“Tu lotterai sino alla fine e noi ti saremo vicini, ok?” – e gli diede una carezza sulla guancia sinistra.
Fine è una di quelle …” – e fece una smorfia buffa.

Jared rise solare.

Faceva poca fatica a mantenere quella sorta di tranquillità, sembrava un sortilegio ed il merito andava a Geffen, che in quel breve tratto di strada verso le colline, sino al loro cottage gli aveva chiesto di non piangere e di non svilirsi più.
Gli aveva anche riferito la conversazione avuta con Downey, dove aveva sbottato con quelle, che anche l’attore aveva definito come pure cattiverie nei riguardi di Jared.

Era stato un colloquio strano, mentre l’artista guidava assorto ed in affanno, per le sorti del suo secondo amore assoluto.


“Ed ora se vuoi chiama la polizia, cacciami a pedate, fai quello che ti pare!” – gli ansimò nella bocca Brendan, mentre Brent lo teneva comunque a sé per i fianchi.

“Non lo farei mai …” – ribatté sopraffatto dall’emozione.
“Ok … ok piccolo …”
“Tu … tu mi vuoi bene … L’ho detto a Meliti …”
“A Meliti?”
“Sì, voleva sapere se stavamo insieme … ed io gli ho risposto di no … e lui mi ha chiesto se avevi fatto qualcosa, così glielo ho detto, perché tu non mi hai fatto nulla di male …” – e si ritrasse, incrociando le braccia, come a difendersi da un nemico invisibile.

Tutto di Brent urlava che avrebbe voluto saldarsi a Brendan, alla sua figura, al suo cuore, donandogli il proprio, come lo psicologo aveva fatto dal primo momento con lui, senza riserve.

Anche se tutto sembrava essere accaduto troppo in fretta, ma era ciò che rendeva più speciale il loro legame, quasi istintivo, simbiotico.

Eppure Brent non ci riusciva.

Era come cristallizzato.

“Tesoro io … io mi sono innamorato di te” – replicò Brendan con il fiato mozzato.
“Sì … sì io questo lo so” – ed annuì convulso.
“Brent potremo stare bene, non ti farò mancare mai niente …” – e provò ad annullare la distanza, ma l’ex capitano scivolò verso l’ingresso, varcando la soglia di poco, ma abbastanza da fare capire all’altro che quello era il confine.

“Meliti è stato generoso, mi ha dato dei soldi, un prestito dice e poi un loft, nel tuo palazzo … Non lo trovi buffo …?” – e cominciò a piangere.
“Brent … ti prego”

La porta si chiuse.
A chiave.

Brent vi si accasciò contro, rannicchiandosi come un bambino impaurito.

Quel mondo là fuori, da qualche parte, gli aveva fatto davvero del male.












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