Capitolo n. 197 – zen
Jared arrivò puntuale
all’appuntamento.
Così Brent.
“Ciao!” – lo salutò
il cantante, alzando la serranda del Dark Blue.
“Salve … sei stato
molto gentile Jared …”
“Figurati, entriamo
dai, fa un freddo oggi … cavoli” – e si precipitò ad accendere il
riscaldamento.
“Carino” – Brent si
guardò intorno, le mani nelle tasche del giubbotto attillato, così come i jeans
sbiaditi, che non riempiva neppure.
Leto lo studiò
velocemente, poi accese le luci del locale – “Ok, funziona tutto ora
spegniamole, è ancora chiaro fuori” – e rise.
“E le scorte?”
“C’è ancora parecchia
roba, comunque è pagata stai tranquillo”
“Sì, ma devo
regolarizzare con qualcuno e”
“Basterà una
donazione a Mrs. Gramble, per l’orfanotrofio, poi al resto penserete tu e Louis
…”
“E per l’affitto?”
“Quello lo pagherai
alla proprietaria del locale, una mia vecchia amica … Te la presenterò domani”
“Ok … Devo dirlo a
Louis”
“Certo … Ah guarda c’è
una macchina, abbiamo già dei clienti” – e sorrise, indicando una berlina
sconosciuta.
Ne discese Geffen.
“Glam …” – il leader
dei Mars perse un battito.
L’uomo entrò,
sorridendo a metà.
Era in imbarazzo.
Jared volò da lui,
lasciandosi stringere e cominciando a piangere.
Forte.
Vincent brandì le sue
caviglie magre, baciandole e succhiandole, poi le sue mani virtuose risalirono
veloci l’esterno delle gambe di Louis, così il suo corpo sembrò attraversarle,
per tornare ad incollarsi a quello del giovane, rientrando in lui per la
seconda volta.
Lou si inarcò,
sentendosi come intrappolato, ma felice: si appese al busto di Lux, che
spingeva e piangeva, trattenendolo a sé, come se fossero un unico animale in
preda ad istinti primordiali incontrollabili.
Vincent si girò,
crollando di schiena sul letto e sollevando Louis, come una piuma, tanto era
parte di sé, come una seconda pelle.
Il ragazzo si ritrovò
seduto, a cavalcioni su Vincent, infilzato da lui, che non smetteva di ergere i
propri fianchi, poi a cadere, a risalire, in preda ad una smania, che quasi lo
costrinse a stringere i capezzoli di Louis, quindi a riportarlo alla sua bocca,
dopo averlo afferrato per la nuca, come se ci fosse bisogno di costringerlo a
fare qualcosa, mentre invece lui avrebbe fatto di tutto insieme al francese.
Vennero di nuovo e
poi provarono a calmarsi, regolarizzando il respiro.
Guardandosi.
Per poco.
L’ossigeno era
finito, l’avevano bruciato letteralmente, tra ansiti e sudore.
Quello di Vincent
impiastricciava i capelli di Louis.
Le dita dell’affarista
provarono a spostarli ai lati di quel volto, appagato e sereno.
Ne baciò il contorno,
infine Lux si sollevò, prendendo in braccio il suo petit.
Fecero un breve
idromassaggio, senza mai smettere di baciarsi e toccarsi: Louis si prese cura
di Vincent, come non aveva mai fatto, frizionandogli la schiena, dove sparse
altri baci e morsi appena accennati, con la stessa frenesia di un cucciolo; poi
tornò a guardarlo, rimarcando quel paragone, attraverso i propri occhi grandi,
tremolanti, anche se consapevoli di ogni gesto stessero consumando in quel
pomeriggio, durante il quale avevano perso ogni freno.
“E’ sbagliato Louis …
è tutto maledettamente sbagliato”
Lux lo ripeteva, ma
il suo avvinghiarsi al giovane, pienamente ricambiato, non riusciva a fermare
nessuno dei due.
In alcun modo.
“Avanti dannazione,
sputa fuori questa maledetta lattina!”
Per Brendan
arrabbiarsi con il distributore sotto quel pergolato deserto, assestandovi poi
un calcio risolutorio, non era una consuetudine, vista la sua educazione.
Eppure funzionò,
tranne che a fargli passare il nervosismo, che ormai rivestiva ogni sua azione,
da quando Brent se n’era andato da casa sua.
Camminare sulla
spiaggia, andarsene poi al lavoro, vedere l’allegria degli altri, persino di un
paio di pazienti paranoici, passatigli da Hugh durante il periodo di
aspettativa che si era preso per seguire Nasir, fu quasi un paradosso.
Quella giornata
sembrava non volere finire mai.
“Credo sia da
revisionare …”
La voce, quella voce,
lo fece voltare di colpo.
“Brent …?”
“Ciao … Stavo sistemando
la cucina … ed ho sentito questo casino, pensavo fosse un teppista …” – sorrise
arrossendo.
“In effetti lo potrei
anche diventare, da quando sono a Los Angeles … Non me ne va bene una, sai?” –
e ridacchiò sorseggiando la tonica piuttosto calda.
“Bleah … Dio che
schifo, è un brodo!” – esclamò, per poi gettarla nei rifiuti.
“Che ti dicevo? Ok …
io vado”
“Non entri?” – chiese
asciugandosi le mani nel grembiule, un po’ ansiosamente.
“Dove scusa? Ah … Ho
capito, è il tuo ristorante …”
“Sì, infatti, era … E’
di una signora, conosce Jared, è lui che mi ha proposto di prenderlo in
gestione, ecco …” – spiegò, avvicinandosi di poco.
“Le cose procedono in
fretta, sei soddisfatto?” – chiese puntandogli le iridi azzurre dritte nel
petto.
“Non … non lo so
ancora Brendan”
“Già, tu non sai mai
niente” – mormorò aspro, ma sconfortato, provando ad andarsene.
Brent gli andò dietro
e l’analista avrebbe voluto dirgli un’altra cattiveria, sul tipo “che fai mi segui come un cagnolino, eh
Brent?” ma non ne ebbe la forza: le iridi gli si riempirono di lacrime, il
cuore sembrava scoppiargli nelle orecchie.
Aveva capito che ogni
volta, ogni fottutissima volta l’avesse incontrato, avrebbe provato quelle
sensazioni.
Inforcò i Ray-Ban ed
abbozzò un sorriso – “Ho fretta, devo tornare in reparto, a vedere Nasir”
Era una scusa, ci
aveva passato un’ora con il bimbo e non poteva trattenersi oltre, per le regole
della sezione dei trapiantati.
“Come sta tuo nipote?”
“Meglio … Grazie …” –
e prese una boccata d’aria, cercando una sigaretta nella tasca del cappotto in
pelle.
“Cazzo … le ho finite”
– ringhiò.
“Aspetta … Aspettami
qui, non andartene ok?” – esclamò Brent, tornando nel bar per prendere qualcosa
nel cassetto.
Tornò con un sorriso,
che spaccò l’addome di Brendan in mille pezzi.
Sembrarono volargli
nello stomaco, come le classiche farfalle: avrebbe voluto sparire.
“Le deve avere
dimenticate qualcuno, anche se non dovrei dartele …”
“Grazie Brent … Ti
devo un favore” – e se ne accese subito una.
“No … non sono mica
mie …”
Laurie si sfilò gli
occhiali, asciugandosi con i palmi il pianto, di cui solo allora Brent si
accorse, gettò la Camel e gli artigliò gli zigomi, baciandolo con una veemenza,
che non poteva lasciare alternative né al giovane e tanto meno a sé stesso.
“Ciao Robert …
Bentornato”
“Amore …”
Downey gli corse
incontro, per abbracciarlo e baciarlo, mentre le bimbe erano sul divano a
giocare con dei pupazzetti di peluche.
“Come stai?” – chiese
Law guardandolo sereno.
“Un po’ …
scombussolato …” – replicò tremando.
Jude lo strinse di
nuovo, cullandolo – “E’ tutto a posto Rob … anche se adesso le cose sembrano
essere senza speranza, noi non dobbiamo smettere di credere in un miracolo …
Glam ci ha abituati e non può perdere il vizio, no?” – e si commosse, quanto l’americano.
Robert scosse la
testa – “A sentire Jim non abbiamo chance …”
“E noi ruberemo al
destino l’ultimo sogno … angelo mio” – e tornò a baciarlo, con un affetto
smisurato, così come la sua comprensione.
“Questo posto rimarrà
il mio preferito … in eterno …”
Jared lo disse lieve,
steso sul letto, a fianco di Geffen, tenendosi per mano, vestiti e concentrati
sul soffitto.
“Non parlarmi di
eternità … Ho scritto su di un foglio tutti i termini che non voglio più
sentire per il resto … che mi resta” – e rise.
“Cosa hai fatto?” –
anche Jared rise, inghiottendo un singulto.
“Sì insomma ero in
aereo, con Robert ed avevamo un notes, pieno di disegni, di Cami e Dady …
Prendo una penna, traccio una riga nel mezzo di una pagina bianca e poi
comincio con l’elenco … è stato persino divertente”
“Allora sentiamoli” –
disse girandosi su di un fianco ed abbracciando il cuscino.
“Eterno ad esempio,
eternità, paradiso, inferno, attesa, illusione … Cose così insomma Jay …”
“Cambierebbe qualcosa
pronunciarle Glam?”
“No, non credo” – ed anche
lui assunse la medesima posizione di Leto.
“Tu lotterai sino
alla fine e noi ti saremo vicini, ok?” – e gli diede una carezza sulla guancia
sinistra.
“Fine è una di quelle …” – e fece una smorfia buffa.
Jared rise solare.
Faceva poca fatica a
mantenere quella sorta di tranquillità, sembrava un sortilegio ed il merito
andava a Geffen, che in quel breve tratto di strada verso le colline, sino al loro cottage gli aveva chiesto di non
piangere e di non svilirsi più.
Gli aveva anche
riferito la conversazione avuta con Downey, dove aveva sbottato con quelle, che
anche l’attore aveva definito come pure cattiverie nei riguardi di Jared.
Era stato un
colloquio strano, mentre l’artista guidava assorto ed in affanno, per le sorti
del suo secondo amore assoluto.
“Ed ora se vuoi
chiama la polizia, cacciami a pedate, fai quello che ti pare!” – gli ansimò
nella bocca Brendan, mentre Brent lo teneva comunque a sé per i fianchi.
“Non lo farei mai …” –
ribatté sopraffatto dall’emozione.
“Ok … ok piccolo …”
“Tu … tu mi vuoi bene
… L’ho detto a Meliti …”
“A Meliti?”
“Sì, voleva sapere se
stavamo insieme … ed io gli ho risposto di no … e lui mi ha chiesto se avevi
fatto qualcosa, così glielo ho detto, perché tu non mi hai fatto nulla di male …”
– e si ritrasse, incrociando le braccia, come a difendersi da un nemico
invisibile.
Tutto di Brent urlava
che avrebbe voluto saldarsi a Brendan, alla sua figura, al suo cuore,
donandogli il proprio, come lo psicologo aveva fatto dal primo momento con lui,
senza riserve.
Anche se tutto
sembrava essere accaduto troppo in fretta, ma era ciò che rendeva più speciale
il loro legame, quasi istintivo, simbiotico.
Eppure Brent non ci
riusciva.
Era come
cristallizzato.
“Tesoro io … io mi
sono innamorato di te” – replicò Brendan con il fiato mozzato.
“Sì … sì io questo lo
so” – ed annuì convulso.
“Brent potremo stare
bene, non ti farò mancare mai niente …” – e provò ad annullare la distanza, ma
l’ex capitano scivolò verso l’ingresso, varcando la soglia di poco, ma
abbastanza da fare capire all’altro che quello era il confine.
“Meliti è stato
generoso, mi ha dato dei soldi, un prestito dice e poi un loft, nel tuo palazzo
… Non lo trovi buffo …?” – e cominciò a piangere.
“Brent … ti prego”
La porta si chiuse.
A chiave.
Brent vi si accasciò
contro, rannicchiandosi come un bambino impaurito.
Quel mondo là fuori,
da qualche parte, gli aveva fatto davvero del male.
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