giovedì 3 ottobre 2013

ZEN - CAPITOLO N. 193

Capitolo n. 193 – zen


Jim sorrise, mostrando quel foglio, che aveva divorato nel contenuto, a Hugh, altrettanto trepidante di conoscerne i dettagli.

“Amore guarda, le analisi di Nasir sono davvero buone … E’ … è un miracolo”
Laurie lo strinse forte a sé – “Di sicuro, ma diamo a Cesare quel che è di Cesare … Quella canaglia di Geffen, gli saremo grati a vita” – poi lo guardò sollevato – “Ci conviene?”
Mason annuì ridendo – “Può chiedermi anche un rene … Accidenti … Ehi Preston mi cercavi?”
Il medico oltrepassò la soglia dello studio del collega, porgendogli una seconda cartella clinica – “Dovremmo parlare di questo Jim … E’ importante”
“Si tratta di Nasir?” – chiese allarmato Laurie.
“No, assolutamente no”


“Hanno semplicemente tentato di liberarsi di me per l’ennesima volta, ma, come potete vedere hanno fatto cilecca”
Geffen rise, tenendo sul petto Lula, mentre Jared, Colin, Kevin e Tim accerchiavano il suo capezzale, carico di disegni e biglietti di auguri.

“Sei una roccia e poi ti vedo in forma, sai?” – disse Farrell.
“Anche tu non sei male” – e gli diede un pugno leggero sul braccio, dando poi un buffetto a Jared – “Ti sei mangiato tutte le unghie tu, vero?” – e lo abbracciò.
“Taci, mi costerai una cifra in manicure!” – rimbrottò Leto, lasciando poi il posto a Tim e Kevin, che quasi si accucciolarono tra le ali dell’avvocato, dopo che soldino era corso al davanzale, per sistemare dei fiori, dono di Pamela.

“Daddy per la convalescenza verrai da noi, vero Tim?”
“Certo, non ti mancherà niente promesso” – e gli sorrise carico di emozione.

“No, me ne andrò a Palm Springs, forse ingaggio un infermiere …”
“Di ottant’anni mi raccomando” – sibilò Colin e tutti risero.


Brendan lo stava guardando da un paio d’ore, abbracciato al proprio cuscino, mentre Brent era steso supino, accanto a lui, avvolto dal piumone, che rivelava solo in parte i loro busti nudi.
Si erano tenuti addosso l’intimo, dormendo abbracciati, senza che accadesse nulla di più, di quell’unico bacio.

Avevano mangiato qualcosa, prima di coricarsi, provati dalla giornata e dalle notizie giunte da Hugh, sull’ottima ripresa di Nasir.

Il resto sembrò potere o dovere aspettare, tra di loro; anche quelle parole non dette, incagliate in fondo ai loro cuori, segnati da cicatrici indelebili.

“Ehi …” – Brent gli sorrise.
“Ciao … ti ho disturbato?”
“No … anzi …” – e si stiracchiò – “Il tuo materasso è una pacchia” – e si raggomitolò, girandosi sul fianco, per scrutarlo meglio.
“Meglio di qualsiasi branda, lo immagino …”
“Puoi dirlo forte …” – sospirò, strofinandosi la faccia.

Era bellissimo.

“Ti preparo la colazione?”
“No, resta qui Brendan … ancora un po’”
“Ok” – disse rapito, senza comunque prendere alcuna iniziativa.
Ci pensò Brent.

Gli diede un bacio ai lati della bocca, poi uno più vero, pienamente corrisposto dall’analista.
Avrebbe potuto contare i propri battiti, tanto gli martellavano nel cervello.

“Grazie Brent …”
“Per cosa?”
“Essere qui …”
Il giovane sorrise, tornando alla posizione iniziale – “Grazie anche a te allora”
“Per cosa?” – e rise compiaciuto.
“Sei sempre così gentiluomo?”
“No” – bissò schietto.
“Ah ecco …” – e, sollevandosi, l’ex marine si appoggiò allo schienale imbottito.
“Ti dispiace, adesso?” – domandò più serio Laurie.
“Affatto … E poi io non sono mai …”

Silenzio.

Anche Brendan si tirò su - “Tu non sei mai …?”
Brent deglutì un paio di volte – “Mai avuto rapporti … Oh miseria, io ce l’avevo un ragazzo, però”
“Ho capito, ho capito” – lo interruppe dolcemente – “Non occorre un disegnino, ma se vuoi lo faccio” – provò a scherzare, ma Brent si incupì.
“Non mi è mai piaciuto … come lo facevamo e neppure a Matt … ne sono certo.”
“Ok … parliamone, se vuoi”

Brent si alzò brusco, cercando i propri abiti, tutti nell’asciugatrice, ma non poteva saperlo.

“Non voglio essere un tuo paziente, cazzo!”
“Stiamo solo parlando tra”
“Tra amici?? Gli amici non si baciano!”

Laurie uscì dalle coperte con calma, prendendo da un cassetto una tuta – “Ti starà comoda, sei la metà di me, però meglio che niente. Vado a fare del caffè, sono in cucina se mi vuoi.” – e sparì nel corridoio, senza più guardarlo.


Mason stringeva quel fascicolo, senza smettere di guardare Geffen.
Aveva fatto uscire tutti.
Hugh era rimasto con lui.

“Glielo dico io Jim …” – esordì cauto.
“No … No, è mio dovere e tu dovresti unirti agli altri …” – disse composto, la gola asciutta.

“Rimani doc” – Glam inspirò – “Sentiamo, sono pessime notizie, vero?”

“Non voglio e posso nasconderti nulla Glam …”
Hugh tirò la tenda, senza potere udire le proteste di Jared, stampato contro quel vetro, un po’ come il resto dei presenti, fatti accomodare nella saletta adiacente la camera di Geffen.

“Abbiamo capito cos’hai … La tua malattia ecco”
“Lo immaginavo”
“Ci sono volute analisi, che mai avrei pensato di fare, ma sono di nuova generazione e la nostra struttura le ha introdotte proprio per i trapianti, capisci?”
“Certo” – disse fermo.
“E’ emersa una rarissima forma di tumore alle ossa: è stata scoperta due anni fa ed i casi censiti sono veramente pochi”
“Bene, non avrei mai accettato un cancro banale, vero Hugh?”

Laurie era impietrito e di sicuro non abituato ad esserlo, anche di fronte alle situazioni peggiori.

“Quindi come risolviamo questo casino?” – chiese Glam, non senza che la voce gli tremasse nell’addome, perché consapevole della risposta.

“Al momento esistono solo dei protocolli sperimentali, per rallentarne la diffusione delle metastasi”
“Mi sottoporrò ad essi, nessun problema” – ed una lacrima rigò il suo zigomo sinistro.
“Glam ti rimangono dieci, undici mesi … i primi nove, grazie a questi farmaci, dovrebbero essere sopportabili …”
“Mentre per il gran finale come mi ridurrò?” – anche le sue iridi ebbero un fremito.

Di rabbia.
Le dita della mano sinistra stavano stritolando il lenzuolo.

Mason tacque.

“ALLORA??!” – ruggì Glam, senza più celare una disperazione, che gli stava divorando ogni senso.

“Soffrirai … sarà un epilogo doloroso …”
“Uno scempio, quindi? Diverrò una larva, il fantasma di me stesso? Correggimi se sbaglio …” – e rise in preda ad una nevrosi lacerante.
“No non sbagli” – replicò in lacrime Jim.
Accadeva di rado che si lasciasse andare davanti ad un paziente, ma Geffen non era semplicemente questo: era l’uomo, che aveva ridato la vita al loro Nasir.

“Glam io ti aiuterò in ogni modo, cercherò una soluzione, anche per alleviare gli effetti devastanti di questo male …”

“So che farai del tuo meglio Jim, ma adesso uscite e dite alla mia famiglia cosa accadrà, perché non sono stupidi quelli là fuori, sapete? Sono le persone che amo e … e mandatemi Lula, nessun altro, loro comprenderanno e siate premurosi con Jared e Kevin, conto anche su di te Hugh” – affermò quasi gelido, dopo essersi asciugato dignitosamente il pianto, che stava illuminando il suo volto, ancora terribilmente affascinante.

“Conta su di me …” – mormorò afflitto Laurie.
“Non ho dubbi … Ed ora scusatemi, devo fare un paio di telefonate.”


Louis era entrato nella prima toilette del reparto, per darsi una rinfrescata.
Quando uscì, vide Harry, in giacca e cravatta, fermo a parlare con Vincent, mentre Flora passava oltre lui, senza neppure accorgersi della sua presenza, tanto era assorta.

Lou le fece un cenno di saluto, ma senza riscontro.

Haz si sfilò la cravatta, non sopportandola, cosa assai nota a Louis e che, stranamente, lo accomunava a Lux, che preferiva un abbigliamento sportivo.
Il francese rise e gliela sistemò dai lati del collo sino sotto il bavero, dicendo – “Se no la perdi, io ne ho seminate decine tra l’Europa e gli Stati Uniti, sai?” – ed aggiunse una scompigliata di capelli, a quella premura simpatica.

Louis restò immobile, vedendo la reazione di Harry, gratificato dalla presenza di Vincent e dal suo atteggiamento da fratello maggiore o tuttalpiù paterno.

Era una carenza che albergava anche nel passato e nel presente di Harry: con Louis non ne parlavano mai.
Sbagliando.

“Mon petit che combini? Credevo ti fossi perso”
“Amore ciao” – esclamò Harry, andandogli incontro per stringerlo a sé e dargli un bacio profondo e sentito.

“Ehi … cosa ci fai qui Haz?”
“Ho dovuto accompagnare Flora …”
“Per Glam? Sta meglio?”
“Sembrava di sì …”
“Come sembrava?” – Lux si intromise.
“L’ho vista un po’ tesa dopo una chiamata del boss … A proposito devo raggiungerla e consegnare a Glam questi”
“Cosa sono, vestiti?” – “Sì Louis ed in questa valigetta ci sono contanti e qualche accessorio … Venite con me?”


“Prima …”
La voce gli morì in gola: Brent era come cristallizzato alle spalle di Brendan e stava parlando alla sua schiena spaziosa e ben delineata dal vogatore, che l’analista stava indossando.

Si voltò di botto, con un'arancia nella mano sinistra ed il coltello nella destra: la caraffa per le spremute era quasi a metà.

“Stammi a sentire Brent: io non ti obbligherò mai ad avere rapporti con me e forse anche con quel bacio sono andato oltre una linea di confine ben delineata dalle tue insicurezze e dal senso di inadeguatezza, che quel fottuto stronzo ha inculcato in te dalla nascita.”
“Quel …” – balbettò.
“Sì, tuo padre e non penso di offendere nessuno, tanto meno il giovane che ha passato la notte tra le mie braccia, sorridendo mentre sognava, forse e ripeto FORSE, per la prima volta senza spettri, capaci solo di tormentarlo!” – inveii, ma con una compostezza, che gli faceva mantenere i toni bassi, ma carichi di risentimento verso quella figura genitoriale, portatrice di danni all’apparenza irreversibili.

“Io … mi dispiace Brendan … Io non sono pronto …” – replicò inerme.
“Cosa ti spaventa?”
“Co cosa …?”
“Brent cerca di crescere ed affronta la realtà: sei gay, quanto me, ma te ne vergogni al punto da trattare come un coglione il sottoscritto o come un bastardo, quale non sono! Non con te, chiaro!?”
“E … e con gli altri …? Ce ne sono stati parecchi?” – domandò asciutto, odiando già la risposta di Laurie.

“Di storie serie poche … due … no, tre” – spiegò un po’ spiazzato.
“Tre? Io ho avuto solo Matt e lo trattavo male, quando scopavamo, quando io lo scopavo … e mi sentivo una merda, dopo”
“Lo picchiavi?”
“NO!” – ribatté con gli occhi lucidi.

“Eppure qualcosa accadeva per farti provare una cosa simile”

Brent indietreggiò, poi fece un passo avanti, quindi azzerò la distanza.
“Io … io non sono mai stato capace di fare l’amore … io ero sporco, perché lo desideravo, pensavo a lui, ma poi non riuscivo a dirgli un cazzo di tutto questo bene che gli volevo accidenti a me …” – iniziò a piangere.

Brendan lo raccolse sul proprio cuore, che batteva all’impazzata.

“Non mandarmi via …”
“Non lo farei mai Brent … Mai.”


Lula gli diede una carezza a mano aperta, sorridendogli commosso – “Hai paura papà?”
“No tesoro … Conto su di te, ok …? Sarai il mio punto di riferimento, più che in ogni altra occasione …”
“Certo” – e si appese a lui, che quasi lo stritolò, con il suo amore sconfinato.

“Posso?”
“Ehi Flora, benvenuta … Hai portato tutto?”
“Ovvio che sì, ci tengo al mio posto di lavoro, mica penserai che andrò in pensione, capo” – ed inghiottì un singulto, provando a celare quanto fosse sconvolta.
“Harry?”
“E’ con il resto della truppa: è scoppiato una specie di delirio collettivo, sappilo.”
“Tipico di me, solo casini baby …” – e fece l’occhiolino a Lula, che sorrise mesto.

Geffen si sollevò, mentre Mason e Laurie sopraggiungevano nuovamente.

“Glam tu dovresti parlare con loro …” – disse Laurie, in imbarazzo.
“Lo farò quando sarò presentabile … Flora mi aiuti?”
“No problem, non è la prima volta che ti vedo in mutande disgraziato”
“Puoi dirlo, mai quanto ora” – e rise, calzando i pantaloni scuri, la camicia bianca, la giacca in tinta, calzini e scarpe, impeccabile e sfrontato.

“Glam non ti senti debole?”
“Assolutamente no: quando inizio le nuove chemio o quello che sono?”
“Tra dieci giorni, non prima, è impossibile”

Geffen scosse la testa, lisciandosi le gote ben rasate dal mattino, quando era riuscito anche a farsi una doccia.

“Un tempo, sapete, quel termine, impossibile, non faceva parte del mio vocabolario: lo ribadivo a chiunque mi affidasse un patrocinio, anche il più ostico … Poi, sono cresciuto.”

“Glam qui ci sono i contanti e … occhiali da sole, cellulare, portadocumenti … Uno scotch invecchiato quattordici anni ed il tuo bicchiere di ordinanza” – la donna sorrise complice.

Il legale dei vip ne versò una quantità abbondante, senza accorgersi del vocio sempre più prossimo alla soglia, varcata da lì a poco da Jared e gli altri.

“Glam … co cosa diavolo stai facendo …?” – chiese lui al limite di una crisi di nervi.

“Faccio un brindisi … A me stesso, prosit!” – e scolò quel liquido dorato in un solo respiro.

Avvampò, ma non si scompose.

“Mon Dieu …”
“Vincent, vecchio mio, giusto di te avevo bisogno” – e lo puntò.
“Di me?”
“Vuoi seguirmi? Una settimana, non so ancora dove ci porterà la mia principessa, ma ti assicuro che ci divertiremo” – ed infilò le mazzette di dollari in ogni tasca libera.

“Daddy … Tu … tu sei sotto shock … Cosa stai facendo maledizione?!” – si frappose tra loro Kevin, esasperato.




“Tesoro mio … Il tuo daddy si sta mettendo in viaggio e qui mi dicono sia l’ultimo: tu ci credi?” – e gli afferrò le spalle magre, non senza guardare anche Jared, ormai al fianco del bassista.

Incluse anche lui nel suo tocco, incollandoli, mentre li guardava in un modo che né Jared, né Kevin, né nessuno, conoscevano.

“Daddy …”
“Glam …”

“L’ultima cosa che avrei voluto era vedervi piangere ancora una volta a causa mia, sapete …?”
Il silenzio nella stanza si intossicò di tensione, rammarico, angoscia.

“Io vi ho amati, vi amo e vi amerò per sempre”
Quindi guardò Colin e Tim, anch’essi vicini, nell’assistere a quella scena quasi surreale.

“Scusatemi ragazzi” – disse loro.
Baciò sulle labbra sia Kevin che Jared, a stampo, rapido, ma con l’intensità di un marchio definitivo.

Ancora una carezza, poi passò tra i due, cristallizzati in una sensazione lancinante.

Inforcò i Ray-ban, dirigendosi agli ascensori, insieme a Lux.

“No, facciamo le scale, sono solo due rampe, sino al parcheggio”
“Come vuoi Glam … Io non ho bagaglio”
“Compreremo il necessario strada facendo” – e spalancò le porte di emergenza, uscendo a respirare l’aria e lo smog di Los Angeles.

Geffen diede una lunga boccata, poi sbloccò le sicure della sua Ferrari, non senza sorridere al destino, prima di salirci sopra, con l’amico, pronto a seguirlo ovunque.


CHRIS MELONI E LA SUA FAMIGLIA . 2013




 EMMETT J. SCANLAN E KIERON RICHARDSON, I NS BRENDAN E BRENT, MOLTO UNITI ANCHE NELLA VITA REALE 




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