lunedì 7 ottobre 2013

ZEN - CAPITOLO N. 194

Capitolo n. 194 – zen


Brendan si sollevò sui gomiti, per non pesargli troppo, mentre Brent si era come aggrappato al suo collo, dove affondava baci, sempre più intensi.

Aderiva alla sua pelle un po’ ispida, con le labbra schiuse, come a percepirne il sapore, le pulsazioni, l’aroma di persona più adulta, talmente affascinante e libera, da rimescolargli i sensi.

Brendan era molto dolce, non aveva fretta e forse anche questa attesa sembrava oltre modo eccitarlo.
Come se non bastasse il fisico asciutto e proporzionato, i muscoli tesi e vibranti, lo sguardo azzurro cielo di Brent, che si increspava di emozioni su quel volto a dire poco perfetto, il suo sorriso, carico di aspettative, confluivano in un’immagine totalizzante e satura di armonia, quasi un miraggio per l’analista.

La sua leggerezza d’animo, il suo anticonformismo, avevano spesso creato degli equivoci con i partner, senza comunque negare evidenti colpe nel non volere mai fare sul serio.

Le tre storie importanti, rivelate a Brent, non lo erano state affatto; o quasi.

“Cosa stai facendo Brendan?”
La domanda arrivò diretta, così l’occhiata del ragazzo, un po’ sperduta tra la vista delle spalle larghe ed attraenti di Laurie e ciò che stava cercando nel cassetto del comodino.

“Il … il preservativo, pensavo che tu” – spiegò quasi in preda al panico per avere rovinato tutto.
Brent sorrise.
“Non mettere altre barriere tra noi … Ce ne sono già abbastanza, l’hai detto anche tu”
“Piccolo io …”

Brendan sentì come un’onda di emozioni invadergli il petto: avrebbe voluto proteggerlo anche dall’aria e mai aveva provato nulla di simile per un compagno.

“Voglio sentirti … Lo voglio e basta” – e lo baciò, persuasivo.


“E secondo te Vincent, uno prende e se ne va via così?? Senza una parola, una spiegazione e poi con quali premesse, siete due pazzi!”
Le urla di Louis rimbombavano tra le pareti della suite, che Lux e Geffen avevano affittato per un paio di notti al Bellagio di Las Vegas.

I componenti di quel duo inatteso, spaparanzato sul divano, ascoltavano la predica furibonda, scrutandosi ogni tanto, con aria brilla, dopo la prima bottiglia di champagne.

“Mon petit” – accennò Lux, per poi essere bruscamente messo a tacere dal suo interlocutore, strepitante in presenza di Harry, impegnato a preparare la cena.

“Mon petit un cazzo!”

“E’ proprio cotto” – bisbigliò Glam, ridacchiando e cascando sul tappeto; i farmaci che prendeva erano piuttosto incompatibili con gli alcolici, anche se non pericolosi.
Di solito reggeva le bevute in maniera straordinaria; quella, però, era un’altra vita.

“Lou calmati!” – sbottò il francese, ottenendo un po’ di silenzio.
“Ok …” – disse mesto.

“Noi siamo al sicuro e … e stiamo bene, non stare in pena, ok?”
“No”
“Perfetto, l’essenziale è capirsi mon petit” – e sorrise.
“Vincent perché lo hai assecondato?” – domandò più calmo.
“Perché è questo che fanno gli amici … E noi lo siamo da tempo, con Glam”
“Questo posso anche accettarlo, però …” – ed esitò.
“Però cosa?” – ed alzandosi Lux prese il palmare, annullando il viva voce, per poi spostarsi in camera da letto.

Il cellulare di Geffen vibrò quasi simultaneamente a quell’azione.
Era Robert.

“Sì pronto!” – rispose l’avvocato, senza minimamente preoccuparsi di mascherare la propria sbornia.
“Dammi un buon motivo per il quale non dovrei ammazzarti Glam”
“Ops … visto che morirò presto, non devi fare altro che avere un minimo di pazienza Rob … e non ti sporcherai nemmeno la coscienza” – rise.

“Dove sei?”
“Nella città del vizio … e dei casinò … Ho già bruciato centomila dollari, sai?”
“Spiccioli, vero? … Bravo, avresti potuto impegnarli in una maniera migliore”
“Onestamente amore mio, ho già dato e non smetterò, sia chiaro!” – ed un singhiozzo fastidioso intercalò il suo interagire.
“Oh Cristo …”
“Sì, sono ubriaco fradicio, meglio di Christal, che di chemio, non trovi? Le mie ossa gradiscono il primo, a quanto pare” – mormorò sconfortato.

“Torna a Los Angeles immediatamente”
“No”
“No? Guarda che abbiamo i mezzi e le persone capaci e pronte a venirti a prelevare e portarti di peso, se non mi dai retta, sono stato chiaro?!”
“Ah … ma dai … Ad occhio e croce, se trattasi di energumeni di mia conoscenza, direi che li ho a libro paga da anni e non andrebbero mai contro il volere del sottoscritto, Rob piccino di Geffen” – e scoppiò a ridere e poi a piangere.

“Glam … Te lo chiedo a nome di Lula”
“Non” - ribatté aspro, poi ridimensionò il tono.
“Non tirare in ballo soldino, lui sta già soffrendo abbastanza Robert e comunque riesce a capire le mie scelte, meglio di voi a quanto pare”
“Ho sempre rispettato le tue decisioni Glam, dovresti saperlo, quindi non parlare a sproposito”
“Non mi resta altro … E vorrei essere lasciato in pace, per pochi giorni, dopo di che Jim sa che andrò da lui per la terapia” – spiegò più lucido.
“Jared sta impazzendo, è in uno stato penoso”
“Fa sempre così … Ora almeno ha una ragione concreta per essere disperato: a me ne ha date più d’una, in passato, per attraversare lo stesso inferno di abbandono e perdita”
“Cosa diavolo dici, Glam? Questa è pura cattiveria!” – protestò allibito l’attore.
“Avrei dovuto essere altrettanto spietato quando era il momento opportuno: avrei evitato un sacco di dispiaceri a parecchia gente”
“Quello, almeno eri tu … Questo Glam io non lo riconosco, sai?” – replicò triste.
“E’ che non ho più scampo, Robert, nessuna alternativa, niente scialuppe di salvataggio: se mai avete avuto il meglio di me, un tempo, ora, probabilmente, arriverà il peggio …”
“Non te lo permetterò Glam: questa è una promessa, giuro.”


Il cuscino, che Brendan gli aveva sistemato sotto ai fianchi stretti, era spazioso e morbido al tatto: così come la lingua, caldissima, che l’analista stava facendo correre dall’inguine all’erezione di Brent, in pieno abbandono.

Quel preliminare assurdamente stimolante, giunse al termine: Brendan lo girò a pancia in giù, con delicatezza, proseguendo in quell’arabesco immaginario ed umido, sino al solco tra i glutei del giovane, non senza prima averli schiusi, ingordo ed appassionato.

Lo tormentò a lungo, prima di entrargli dentro anche con le dita, intrise di un qualche gel o pomata, Brent non li distingueva, ma quando cominciò a dilatarlo, quel supporto cremoso divenne un autentico sollievo per la sua prima volta.

Brendan sapeva cosa fare, ma mai era stato così attento ad ogni gemito del suo amante.

Si allungò sopra di lui, per baciargli la nuca: avrebbe voluto dirgli anche qualcosa, ma temeva di sbagliare: pensò che quello era un inconveniente su cui lavorare e trovare una soluzione tempestiva.

Brendan detestava riflettere prima di parlare a qualcuno che amava.

Amore …

Quello era l’unico termine, che gli rimbombava nella mente e nel cuore dal principio.
Ed era una sensazione magnifica.

La punta del suo membro esitò un minimo, poi iniziò un cammino verso l’estasi più profonda e pura, mescolandosi agli umori di Brent, che cercava appigli ed ansimava voluttuoso.

Brendan si fermò più volte, aggiustando il bacino dell’altro, in maniera tale da ridurre gli spasmi al minimo ed amplificare le percezioni migliori di quell’amplesso ormai giunto ad un ritmo fluido e sinergico, da parte di entrambi.

Le spinte si facevano via via più aggressive e pretenziose, ma le carezze ed i baci di Brendan, erano ciò che di più tenero Brent avesse mai riscontrato in un uomo.

Così le premure, affinché anch’egli traesse il massimo del piacere da quel rapporto: Brendan ci sapeva fare, ma a Brent sembrò di non avere il controllo su nulla.

Ebbe uno strano timore, sentendosi un minimo schiacciato non tanto dal corpo di Laurie, ma dalla sua prestanza e capacità di gestire a pieno quella situazione lussuriosa ed intima.

Quando, però, lo psicologo lo voltò per poi riprenderlo e venire insieme, guardandosi negli occhi, mentre si baciavano avidi ed un po’ confusi da quella felicità improvvisa, l’ex soldato si sentì al sicuro.

O almeno volle crederci, ad ogni costo.


Harry stava tagliando l’insalata, senza più riuscire ad intercettare il dialogo tra Vincent e Louis, uscito in terrazza.
Quando rientrò, l’aria perplessa, la prima cosa che vide era lo sguardo ferito di Haz, poi un lamento di botto: si era preso un dito, con la lama molto affilata.

“Miseria schifosa!” – esplose, gettando tutto nel lavandino.
“Harry tutto bene?” – chiese accorrendo Lou.
“No! E’ tutto da buttare!”

Louis fissò il misto di lattuga e pomodori, poi si sentì stupido.

Quella frase poteva avere più di un riferimento: “Harry senti …”
“Mi hai fatto imbastire tutto di corsa, per andare al cinema e poi ti perdi al telefono, senza alcun senso!” – protestò avvampando, mentre Lou gli aveva già afferrato il polso, sciacquando quello che sembrò ad entrambi un semplice graffio.

“Stai fermo” – e sorrise, provando a recuperare un cerotto dalla mensola sopra le loro teste, senza mollare la presa su Harry, rosso porpora per il nervoso.

“Non ho bisogno di un’infermiera, ci pensavo da solo a”
Un bacio di Louis lo fece tacere.

Anche se più basso di statura, mentre le loro bocche si erano ritrovate, Louis lo avvolse, stringendolo forte ed insistendo con quel bacio umido e perentorio.

Si stavano guardando, mentre dei lievi sussurri salivano dalle rispettive gole.

Quando sciolsero quel mirabile incastro, Louis illuminò i pensieri di Harry con un sorriso dei suoi, spontaneo e naturale.

“Presto cambieremo casa Haz”
“Ma … il locale …?”
“Andremo in affitto, ho già visto qualche inserzione, nei palazzi dove abitano anche Brendan e Marc Hopper, così sarai comodo per il tuo lavoro, del resto è un quartiere praticamente ad un passo dallo studio Geffen”
Haz si staccò, ma Louis lo trattenne per le mani.

“E quando hai preso queste decisioni …?” – chiese corrucciato in superficie, mentre invece la sua reazione interiore era ben diversa.

Quel progetto riguardava finalmente loro due.

“Veramente non faremo niente, senza il tuo consenso, infatti ne stiamo parlando, è uno dei sogni che vorrei realizzare insieme a te” – replicò tranquillo.
“Dei …?” – e sgranò quei fanali carichi di appartenenza a Louis, da fargli saltare il cuore in gola.

I capelli arruffati, la camicia nera aperta sui pettorali tatuati e tesi, senza contare quei jeans scuri ed un po’ stretti, perché rubati a Louis, per avere tutto di lui, anche prendere la forma, che lasciava agli abiti: quella visione di Harry bucava il cuore.

“Io voglio sposarti Haz” – rivelò sincero.

Tutto sembrò tremare intorno.
Forse Harry stava perdendo i sensi, per l’emozione, per come glielo aveva detto.

“Ti amo Lou”

Riuscì a pronunciare unicamente questa frase, poi crollò sul parquet, avvinghiato a Louis, trascinato in quella discesa fatta di risa e lacrime, quasi liberatorie, da parte di un Harry inedito.

Louis prese qualcosa dalla tasca della felpa: era un astuccio.
Conteneva le loro fedi di fidanzamento.

“Mio Dio …” – mormorò il futuro avvocato.
“Sono belle vero? E le ho comprate senza l’ausilio di nessuno, ok?” – ed ammiccò, riferendosi a Lux.

Harry annuì e se le infilarono a turno.

Le baciarono, per poi abbracciarsi nuovamente, cullandosi in quel limbo fatto di speranze colorate e possibili, che nessuno aveva il diritto di sottrarre loro, per alcuna ragione al mondo.

Nessuna.




 Louis and Harry engaged ;-)





 Brendan and Brent in love ...


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