Capitolo n. 203 – zen
Colin ammassò gli
zaini e l’attrezzatura da sci nell’armadio, lasciando a Jared la consueta
incombenza di sistemare ogni cosa al proprio posto.
Leto sorrise,
cambiando Amy e Flo.
“Sei stanco …?” –
chiese il cantante, vedendo il marito un po’ giù di corda.
“No Jay … Ho preso le
vitamine, però non funzionano un granché” – replicò sconfortato, affossandosi
nella poltrona, per guardare il panorama e la nevicata in corso.
Jared gli si
avvicinò, dopo avere sistemato le bimbe nel box, con parecchi giochi.
“Spettacolo
incantevole … la neve cancella tutto”
“O lo rende
semplicemente uguale Jay … E’ solo uno stupido inganno”
“Credi?” – mormorò
distratto rialzandosi, per recuperare un plaid, con cui coprì l’irlandese.
“Accudisci anche me?”
– disse dolce, allungandogli una carezza sul fianco magro.
“Certo Cole … Ci
provo almeno” – rise leggero.
Era bellissimo.
Farrell lo fissò –
“Ci riesci benissimo … Forse non lo merito”
“Che dici?”
“Le tue attenzioni
per Glam mi feriscono ed io non riesco a concepire ciò che gli sta accadendo,
così non metabolizzo la tua naturale reazione … e ne sono geloso, terribilmente
geloso, Jared” – chiarì serio.
Leto si adombrò,
sedendosi sul bordo del letto, a breve distanza, che comunque sembrava volere
mantenere, nonostante il cuore lo spingesse a stringersi al suo uomo, che mai
come ora lo stava adorando e, suo malgrado, accettando.
“Credo di avertelo
già detto Colin … Siamo scioccati e non pronti a perderlo” – ribatté triste.
“Sì, questo è
evidente, ma sono lacerato da quella parte di me che pensa al dopo, a quando, finalmente, il suo peggiore rivale si
toglierà di mezzo … Il resto ne esce sconfitto, perché se l’unico modo per
averti al cento per cento, è vedere morire Glam, allora sono un miserabile”
“Stai sviscerando il
problema, il tuo stato d’animo, sei sincero, non posso che rendertene merito
Colin, forse ne abbiamo bisogno, di dire le cose come stanno, di chiamarle con
il loro nome”
“E dove ci porterà
tutto questo?” – chiese con gli occhi lucidi.
“Cole … Non penserai
mica che io me ne vada, che ti lasci per Glam, proprio adesso?” – bissò
smarrito, tornando da lui e brandendo il suo volto tirato.
“E se fosse la cosa
giusta? Per te, per noi??”
“Non dirlo …”
“E se dovessi
lasciarti andare?”
“Glam vivrebbe la mia
scelta come un segno di pietà assoluta e ci detesterebbe entrambi!” – quasi si
difese, nonostante trovasse realistiche le affermazioni di Farrell.
“Ma tu lo ami … e lui
lo sa … lo sappiamo tutti” – e sgusciò via, ma Jared lo trattenne, sollevandosi
ed abbracciandolo forte.
“Non andartene Colin
… Non lasciarmi”
“Non vado da nessuna
parte … Sarò sempre con te, in un modo o nell’altro.”
Scott controllò le
pupille di Louis, poi recuperò lo stetoscopio, auscultandogli il cuore e
tastando l’addome, nei punti in cui erano ancora evidenti i lividi del
pestaggio, da parte di Tomlinson.
“Fa male?”
“No … sì …” – e nel
sussurrarlo, il giovane cerco la mano di Harry, inginocchiato nel mezzo del
letto, mentre Brent stava ai piedi del fratello, massaggiandoli perché un po’
freddi, nonostante dei buffi calzettoni.
Jimmy sistemava le
cose di Scott nella valigetta, durante quella visita di controllo e Brendan era
rannicchiato sul davanzale, ad osservare la scena.
“Ok tirati su,
controlliamo i polmoni … respira a fondo …”
“E’ gelido” – si
lamentò infantile ed Harry gli diede una coccola tra i capelli, dove posò anche
un bacio intenso – “Non lamentarti Boo … Ha quasi finito” – e gli sorrise,
fermando il tempo ed il mondo.
Brent rise,
sbirciando il compagno, che annuì sereno al suo occhiolino.
Louis era come un
bimbo, che stava recuperando un oceano d’amore in un’unica soluzione
meravigliosa.
“Ok, per il resto
nessun problema: metti ancora questa pomata e non fare sforzi particolari: le
tue costole non presentano danni, lo sapevamo già dalle lastre, ma meglio non
rischiare” – e gli sorrise paterno.
Scott era di un
fascino da togliere il fiato e Jimmy non gli toglieva gli occhi da dosso,
sperando che se ne tornassero in fretta nella loro suite.
“Grazie doc”
“Prego Harry e, mi
raccomando, fallo mangiare, qui siete un po’ anoressici a quanto vedo” –
scherzò congedandosi.
Brendan li accompagnò
nel corridoio, scorgendo Lux.
“Bonjour … Bene
arrivati”
“Ciao Vincent, eri
sulle piste?” – lo salutò Laurie.
“No, in quota c’è
quasi una bufera, ho fatto giusto un giro in funivia” – ed appoggiò lo snow
board al muro, lasciando passare Scott e Jimmy, che andavano di fretta.
“Qualcuno sta male,
Brendan?”
“No, si tratta di
Louis, era solo una … verifica sulle sue condizioni” – spiegò calmo, notando
l’ansia nel suo interlocutore.
“E’ lì dentro?”
“Certo … Ci sono
Harry e Brent con lui … Meglio lasciarli in pace, non credi?” – propose
garbato.
“Sì … sì ovvio, ma
mon petit si sta riprendendo, giusto?”
“E’ sano come un
pesce … E circondato da affetto, premure, insomma ha ciò che voleva da un
pezzo”
“Ed io non servo più,
vero Brendan?” – replicò con un filo di polemica stizzita nel tono.
“Affatto: tu sei
parte del suo mondo e l’amore che vi lega non può sciogliersi come quei fiocchi,
lo so io, lo sai tu, lo sa Harry …”
“Sarebbe meglio
disimpararle certe cose” – provò a scherzare, sentendosi un nodo alla gola,
mentre riprendeva la tavola.
“Impossibile Vincent
… Impossibile.”
La sua bocca era
calda e scivolosa, nel collo di Jared.
La penombra, fatta di
stille dorate, che oscillavano nelle sue iridi, gli rimandavano un’immagine di
Colin, quasi onirica.
Il suo membro,
invece, si ingrossava ad ogni spinta, facendo gemere il leader dei Mars, così
avvinghiato al corpo di Farrell, da sembrarne un riflesso perfetto in uno
specchio immaginario.
Anche l’irlandese era
dimagrito parecchio in quei mesi e l’intervento per aiutare Nasir, l’aveva
ulteriormente debilitato.
L’inappetenza a
singhiozzo, però, aveva altre radici.
Più profonde, più
remote.
Avrebbero potuto
scambiarsi anche gli abiti, oltre agli umori, tanto apparivano simili: se non
fosse stato per quel busto più massiccio, quei bicipiti febbrili e scolpiti da
lunghe ore in palestra, con i quali Colin si distingueva ancora un minimo da
Jared, allora le loro anime gemelle, avrebbero trovato una giusta fusione con i
rispettivi sembianti, ormai identici.
I fianchi di Colin
scattarono un paio di volte, convulsi, frenetici, mentre si svuotava,
masturbando Jared, con la mano destra infilata tra i loro inguini sudati e
glabri, in un’esplosione di piacere e disperazione, spettatrice silenziosa di
quegli anni tormentati e gioiosi, che, forse, nessuno dei due avrebbe cambiato,
né nella forma e tanto meno nella sostanza, per la paura di perdersi: per
sempre.
“Ehi sei qui …”
“Ciao tesoro … Ho
incrociato Lux”
“Cavoli … Guai in
vista?”
“No Brent, non credo:
Vincent ha buon senso, anche se quando si è innamorati si rischia di smarrirlo
per strada …”
Il giovane si appese
al suo collo, scrutandolo simpatico – “Ogni riferimento è puramente casuale? Ad
esempio un certo psicologo di mia conoscenza …?” – e lo baciò tenero.
“Già …” – Laurie prese
un lungo respiro, dopo.
“Che c’è Brendan …?”
“Devo parlarti
piccolo, non posso rimandare”
“Sembra … grave …”
“No Brent, è un fatto
che mi riguarda e tu devi saperlo: rammenti? Ci fidiamo e non dobbiamo
nasconderci nulla.”
“Certo … ti ascolto
dunque …”
“Vieni, andiamo in
camera, staremo più tranquilli.”
Geffen infilò il pile
a soldino, arruffandogli poi i capelli.
“Vuoi andare a
pattinare Lula?”
“No, resto qui con te
papi …”
“E papake? Tim?”
“Sono sotto il
piumone e”
“Ok, capito” – l’uomo
rise.
“Sei migliorato da
stamattina!”
“Un pochino cucciolo …
Grazie alla tua presenza …”
“Faccio il possibile”
– ed ammiccò, raggomitolandosi sul suo petto.
“Lula quando
comincerò a”
“Non pensarci papà” –
lo interruppe secco.
“Sarà … deprimente …”
“Avrai tanto amore
intorno …”
“A me basti tu Lula” –
e sospirò cupo.
“Credi che gli altri
ti stiano accanto per un senso di pena?”
“Infatti e mi
arrabbio: non ci sono abituato Lula”
“Avrai bisogno di chi
ora rifuggi …” – bisbigliò quasi poetico, facendo una delle sue faccine
adorabili.
Geffen si asciugò una
lacrima – “Mi manchi così tanto soldino …”
“Ma se sono qui!” – e
sorrise, accarezzandogli le guance arrossate.
“Lo so … ti vedo …”
“E mi senti?” –
cominciò a fargli il solletico.
“Lula smettila …
ahahahahh …”
Qualcuno bussò.
“Avanti!”
Era Downey, con un
vassoio.
“Ciao Robert … Entra
dai …”
“Ho portato dei
viveri alle truppe”
“Zio Rob! Stavamo
giusto parlando di te!”
“Spero nel migliore
dei modi, se no porto via il rancio!” – scherzò solare, senza mai smettere di
guardare Geffen.
“No, no, solo cose
belle …” – e nel dirlo suadente, Lula allungò le manine sui pasticcini.
“Tu non prendi
niente, Glam?”
“Magari questa … con
la marmellata, ti ringrazio, sei così caro”
“Ecco vedi zio, che
ti dicevo?” – e la sua risata si diffuse per la stanza, come una eco
ridondante.
Robert provò un
brivido: le dita di Geffen erano incerte, in preda ad un tremore diffuso.
“Aspetta ti aiuto
Glam …”
“Non voglio essere
imboccato come un poppante!” – sbottò aspro.
Downey non si perse d’animo.
“Volevo solo
zuccherarti il tè … ecco …” – e sgranò i suoi quarzi.
Innocente.
Soldino diede un
pizzicotto al padre – “Non diventare cattivo, non serve” – lo rimproverò
deciso.
Geffen avvampò – “Perdonami
Rob … E’ che …”
“Non ha importanza,
non agitarti” – e gli diede un bacio sulla tempia, con piena approvazione da
parte di Lula.
“Ora vado da Jude e
le principesse … Domani tutti in slittino, Lula?”
“Certo! E ci viene
anche papà!”
“Ovvio …” – sussurrò l’attore
benevolo, intrecciando le proprie dita a quelle di Glam.
“Ti voglio bene Rob …”
– disse mortificato.
“Anch’io … e lo sai.
Sogni d’oro.”
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