Capitolo n. 205 – zen
Jude scosse la testa,
aggiustandosi meglio sotto la coperta insieme a Colin.
“Ora ho capito perché
quei due ci hanno fatti sedere da questa parte della slitta, cavoli!” – esclamò
l’inglese.
Farrell ridacchiò
annuendo – “In effetti Jared ne sa più di me sul meteorismo … equino”
“Anche Rob … a quanto
pare” – ringhiò, fissando il consorte, che insieme a Leto li stava sfottendo,
comodamente sistemato accanto al leader dei Mars, che rideva a crepapelle ad
ogni rumore sinistro, proveniente dai due splendidi esemplari da tiro, che li
stavano portando ad una baita, dove più tardi avrebbero cenato in santa pace,
lontani da pannolini, biberon e schiamazzi dell’adorata prole.
Era un’abitudine per
loro recarsi almeno una volta l’anno, in quella radura incantata, dove sorgeva
un edificio vecchio di almeno cento anni, ospitale e carico di atmosfera.
Nubi sature di neve,
in compenso, stavano oscurando l’orizzonte.
“Qualcuno è salito
alle piste nere?” – chiese Downey scendendo.
“Credo Harry … e
forse Lux, ci va da quando siamo qui … E’ un solitario” – disse Jared assorto,
pensando che non fosse stata una buona idea, almeno per quel pomeriggio, assai
ventoso per giunta.
“Miseria la mia
attrezzatura … Non potrò fare le foto per Louis …”
Haz si lamentò, in
piena solitudine, allacciandosi lo snow board agli scarponi ed osservando la
prima discesa, che avrebbe affrontato senza pensieri.
Era la meno ostica.
“Forse è meglio
tornare, però … Che tempaccio …” – e si lanciò, con un urletto da fanatico
dello sci.
Un paio di slalom,
poi un derrapage tra dei pini, infine si bloccò su di uno spuntone,
presumibilmente di roccia.
Il tratto successivo
era di certo meno semplice.
“Ok … ancora questo e
poi me ne torno dal mio Boo …” – e deglutì a vuoto, provando un senso di
inquietudine.
L’aria era pungente e
la gola disidratata.
Per fortuna aveva un
mignon con sé, ma di vodka.
“Non sarà acqua, ma va
giù bene …” – un sorso e via.
La neve celava molte
insidie ed una buca, forse la tana di qualche animale in letargo, gli fu
fatale.
Un volo di qualche
metro ed un tonfo, gli riempirono le orecchie e l’addome, come se avesse
ricevuto un bel calcio.
Il sapore di ghiaccio
gli invase la bocca; tossì, provando a rialzarsi, ma la caviglia sinistra gli
doleva troppo.
“Accidenti!! Si può
essere così imbranati!” – inveii contro la brezza, sempre più gelida.
Gli occhi gli
colavano, forse di qualche lacrima, di cui si vergognò, guardandosi intorno.
Avrebbe voluto gridare
aiuto, ma gli sembrò inutile.
Un fischio lo
distrasse.
C’era un secondo
sciatore, per miracolo, pensò Harry.
“Ehi …!!”
Appena l’uomo si
tolse il casco di protezione e si scese il bavero del passamontagna in pile
grigio, Harry lo riconobbe.
“Petit garcon! Cos’hai
combinato?”
Lux sorrise,
vedendolo in difficoltà.
“Che Dio ti benedica
Vincent, ero già nel panico, senza telefonino, né soldi … né borraccia!” –
spiegò arrossato, aggrappandosi al suo collo.
“Un attimo … ecco,
appoggiati, fa male?”
“Sì … cazzo …” – e zoppicando
si allontanò dalla tavola.
“Chiamo i soccorsi,
sta arrivando un temporale, volevo giusto rientrare”
“Abbiamo avuto la
stessa idea allora … a me è andata peggio” – e rise nervoso.
“Non stancarti,
siediti qui” – e gli pulì un tronco, aprendogli un telo impermeabile.
“Hai tutto in quello
zaino Vincent …”
“Su, mangia questa e
bevi … hai uno strano alito Harry” – e gli porse una barretta energetica, con
una bottiglia di Evian.
Il suo accento
francese era inebriante.
“Sai il bicchierino
della staffa … L’ho rubato al bar ieri sera” – confidò buffo.
“Una fortuna … Ok, c’è
linea …”
L’affarista diede le
coordinate, attivando anche il proprio segnalatore gps e dal rifugio a diverse
centinaia di metri più in alto, scesero subito un paio di motoslitte di
soccorso.
“Lo vedi quel
lampeggiante rosso, Harry? Giù alla funivia”
“Sì …”
“E’ l’ultima corsa,
la stanno chiudendo … Temo che dovremo passare la notte in alta quota, per cui
avvisiamo a casa …” – sorrise, dandogli il satellitare – “Chiama subito Louis,
sarà in pensiero”
“Ti ringrazio … Lo
faccio immediatamente, poi te lo passo, ok?” – gli sorrise.
“Ok … grazie a te.”
Jamie e Kurt
avrebbero dovuto occuparsi della vestizione dei figli del primo, ma toccò ad
Hopper sbrigare quell’incombenza, visto che i due bff stavano spettegolando sul
divano della suite affittata del socio di Glam, relegato nella cameretta dei
bimbi.
Martin era a
pattinare con Lula, insieme a Rossi e Geffen, raggiunto anche da Pamela e le
gemelle, per trascorrere insieme quella vacanza, che in tanti pensavano come
ultima.
“Quindi lo pensi
anche tu Jam?!” – bisbigliò il moro, sistemando sulla capoccia bionda dell’amico un berretto in lana, anni ottanta, con
la coda lunghissima.
Jamie fece
altrettanto – “Puro vintage, guarda che colori!”
“Dunque …?”
“Sì, sì, Kurt, non ho
dubbi, si guardano, si sfiorano, ammiccano … Se Boydon se ne accorge, come
minimo ammazza Chris …”
“Pensi sia così
geloso e guerrafondaio?” – domandò perplesso.
“Certo che fargli le
corna con quell’armadio Kurt …”
“Ivan non è male … Un
po’ orso, forse ha paura di dire cazzate, meglio tacere, lo dovrebbero imitare
in parecchi” – e rise complice.
“Glam come ti sembra?”
“Mmm non sta così
male, forse Lula sta compiendo un miracolo … Vorrei tanto potere scherzare su
questo fatto, sai? Vedo Jared in seria difficoltà …”
“E tu con lui? Hai
seppellito l’ascia di … guerra? Anzi amore” – e sorrise limpido.
“Gli voglio bene … E’
da un pezzo che non parliamo, che non facciamo niente, una gita, un giro
insomma … In moto o senza, andavamo al planetario, sai?”
“Ci hai portato anche
me!” – replicò simpatico.
“Già … il mio
zuccotto preferito!” – e cominciò a fargli il solletico, interrotto solo dall’improvvisa
presenza di Hopper, che con una scodella di biscotti e latte, arrivati sul suo
maglione nuovo, per ragioni misteriose, li stava letteralmente polverizzando
con lo sguardo d’acciaio fuso.
“Piedini ciccioni ha
colpito ancora!” – Jamie rise fragoroso, così Kurt.
“Insomma!!” – urlò
Marc.
Kurt si precipitò a
sistemare quel casino, seguito a ruota dall’ex ballerino, che fece una piroetta
e svanì nel corridoio, come un folletto dispettoso.
“Ma ti sei fatto
male?? Dove??!”
“Tesoro calmati, è
una slogatura o forse neppure questa, tra poco arrivano i medici … ah eccoli,
ti passo Vincent … Ti amo, ci vediamo domani, mi dispiace Boo” – disse mortificato.
“Ok … Ok amore, abbi
cura di te …”
Lux prese l’apparecchio
– “Ehi mon petit, qui siamo al sicuro, ok?” – lo tranquillizzò.
“Meno male che ci sei
tu …”
“E’ stato un caso …
Ora andiamo al riparo, la bufera si avvicina, tu stai bene?”
“Sì, sono a
pattinare, con Brent, Brendan, Geffen, c’è un sacco di gente … Mancate solo
voi, perché siete testardi ed incoscienti!” – si lagnò commuovendosi.
A Vincent si riempì
il cuore di emozione, avrebbe voluto cullarlo e vederlo sempre felice.
“Louis non temere,
vedrai che queste ore passeranno in un soffio, ok …?”
“Ok … Riposatevi … E
fallo mangiare!”
“Oui, oui, pas
problem!”
“Te la cavi … Io
sembro un tronco!”
Brent rise di gusto
alla battuta di Brendan, avvinghiato alla balaustra di sicurezza, a bordo pista.
“Ho fatto un corso …
Portavo anche delle belle colleghe, sai?” – si pavoneggiò.
“Ah buono a sapersi” –
ansimò lo psicologo, tremando sulle gambe incerte.
“Pensa che quel
coglione di mio padre credeva che ne avrei portata a casa una” – aggiunse il
giovane, non senza adombrarsi un secondo dopo averlo detto.
Laurie gli accarezzò
la nuca, avvicinandolo a sé, per poi baciarlo dolcemente.
“E’ da un po’ che non
ne parli … questa pausa ti sta facendo bene Brent …”
“Trovi? … Sì, forse …”
“Io ci sono Brent …
Per qualsiasi dubbio o”
“Lo so Brendan” – e si
strinse maggiormente a lui – “Lo so” – volle ripetere, inspirando greve.
“Vuoi tornare in
albergo piccolo?”
“Sì … Voglio fare l’amore
con te …” – disse fissandolo.
“Lo desidero anch’io
Brent … Ogni momento” – e lo baciò ancora, prima di andarsene entrambi verso il
resort, poco distante.
“Una matrimoniale, è
ciò che ci resta monsieur Lux”
“Très bièn … Se non c’è
altro …”
“Vi piacerà, a lei ed
a suo figlio, c’è spazio per entrambi” – precisò l’incaricato all’accettazione,
scrutando Harry già con le stampelle ed una vistosa fasciatura.
“No, no, non è mio
figlio …” – precisò l’uomo, firmando i documenti e saldando il conto in
anticipo, per non perdere tempo la mattina seguente.
“Mi scusi … Notavo
una certa somiglianza …”
Vincent ed Harry si
scrutarono e questi sussurrò divertito – “Ma dove …?”
Lux rise bonario – “Siamo
amici, ma vorrei un figlio così, glielo assicuro”
Haz avvampò,
compiaciuto da quell’uscita, estremamente sincera.
Si diressero agli
ascensori, senza dirsi nulla.
Avrebbero cenato in
stanza, bevendo anche un’ottima bottiglia di rosso, selezionata da Lux, da una
lista piuttosto ricca, per un ambiente del genere.
La serata era appena
all’inizio.
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