venerdì 25 ottobre 2013

ZEN - CAPITOLO N. 205

Capitolo n. 205 – zen


Jude scosse la testa, aggiustandosi meglio sotto la coperta insieme a Colin.

“Ora ho capito perché quei due ci hanno fatti sedere da questa parte della slitta, cavoli!” – esclamò l’inglese.

Farrell ridacchiò annuendo – “In effetti Jared ne sa più di me sul meteorismo … equino”

“Anche Rob … a quanto pare” – ringhiò, fissando il consorte, che insieme a Leto li stava sfottendo, comodamente sistemato accanto al leader dei Mars, che rideva a crepapelle ad ogni rumore sinistro, proveniente dai due splendidi esemplari da tiro, che li stavano portando ad una baita, dove più tardi avrebbero cenato in santa pace, lontani da pannolini, biberon e schiamazzi dell’adorata prole.

Era un’abitudine per loro recarsi almeno una volta l’anno, in quella radura incantata, dove sorgeva un edificio vecchio di almeno cento anni, ospitale e carico di atmosfera.

Nubi sature di neve, in compenso, stavano oscurando l’orizzonte.

“Qualcuno è salito alle piste nere?” – chiese Downey scendendo.
“Credo Harry … e forse Lux, ci va da quando siamo qui … E’ un solitario” – disse Jared assorto, pensando che non fosse stata una buona idea, almeno per quel pomeriggio, assai ventoso per giunta.


“Miseria la mia attrezzatura … Non potrò fare le foto per Louis …”
Haz si lamentò, in piena solitudine, allacciandosi lo snow board agli scarponi ed osservando la prima discesa, che avrebbe affrontato senza pensieri.

Era la meno ostica.

“Forse è meglio tornare, però … Che tempaccio …” – e si lanciò, con un urletto da fanatico dello sci.

Un paio di slalom, poi un derrapage tra dei pini, infine si bloccò su di uno spuntone, presumibilmente di roccia.

Il tratto successivo era di certo meno semplice.

“Ok … ancora questo e poi me ne torno dal mio Boo …” – e deglutì a vuoto, provando un senso di inquietudine.

L’aria era pungente e la gola disidratata.

Per fortuna aveva un mignon con sé, ma di vodka.

“Non sarà acqua, ma va giù bene …” – un sorso e via.

La neve celava molte insidie ed una buca, forse la tana di qualche animale in letargo, gli fu fatale.

Un volo di qualche metro ed un tonfo, gli riempirono le orecchie e l’addome, come se avesse ricevuto un bel calcio.

Il sapore di ghiaccio gli invase la bocca; tossì, provando a rialzarsi, ma la caviglia sinistra gli doleva troppo.

“Accidenti!! Si può essere così imbranati!” – inveii contro la brezza, sempre più gelida.

Gli occhi gli colavano, forse di qualche lacrima, di cui si vergognò, guardandosi intorno.

Avrebbe voluto gridare aiuto, ma gli sembrò inutile.

Un fischio lo distrasse.

C’era un secondo sciatore, per miracolo, pensò Harry.

“Ehi …!!”

Appena l’uomo si tolse il casco di protezione e si scese il bavero del passamontagna in pile grigio, Harry lo riconobbe.

“Petit garcon! Cos’hai combinato?”

Lux sorrise, vedendolo in difficoltà.

“Che Dio ti benedica Vincent, ero già nel panico, senza telefonino, né soldi … né borraccia!” – spiegò arrossato, aggrappandosi al suo collo.

“Un attimo … ecco, appoggiati, fa male?”
“Sì … cazzo …” – e zoppicando si allontanò dalla tavola.

“Chiamo i soccorsi, sta arrivando un temporale, volevo giusto rientrare”
“Abbiamo avuto la stessa idea allora … a me è andata peggio” – e rise nervoso.

“Non stancarti, siediti qui” – e gli pulì un tronco, aprendogli un telo impermeabile.

“Hai tutto in quello zaino Vincent …”
“Su, mangia questa e bevi … hai uno strano alito Harry” – e gli porse una barretta energetica, con una bottiglia di Evian.

Il suo accento francese era inebriante.

“Sai il bicchierino della staffa … L’ho rubato al bar ieri sera” – confidò buffo.

“Una fortuna … Ok, c’è linea …”

L’affarista diede le coordinate, attivando anche il proprio segnalatore gps e dal rifugio a diverse centinaia di metri più in alto, scesero subito un paio di motoslitte di soccorso.

“Lo vedi quel lampeggiante rosso, Harry? Giù alla funivia”
“Sì …”
“E’ l’ultima corsa, la stanno chiudendo … Temo che dovremo passare la notte in alta quota, per cui avvisiamo a casa …” – sorrise, dandogli il satellitare – “Chiama subito Louis, sarà in pensiero”

“Ti ringrazio … Lo faccio immediatamente, poi te lo passo, ok?” – gli sorrise.
“Ok … grazie a te.”


Jamie e Kurt avrebbero dovuto occuparsi della vestizione dei figli del primo, ma toccò ad Hopper sbrigare quell’incombenza, visto che i due bff stavano spettegolando sul divano della suite affittata del socio di Glam, relegato nella cameretta dei bimbi.

Martin era a pattinare con Lula, insieme a Rossi e Geffen, raggiunto anche da Pamela e le gemelle, per trascorrere insieme quella vacanza, che in tanti pensavano come ultima.

“Quindi lo pensi anche tu Jam?!” – bisbigliò il moro, sistemando sulla capoccia bionda dell’amico un berretto in lana, anni ottanta, con la coda lunghissima.

Jamie fece altrettanto – “Puro vintage, guarda che colori!”
“Dunque …?”
“Sì, sì, Kurt, non ho dubbi, si guardano, si sfiorano, ammiccano … Se Boydon se ne accorge, come minimo ammazza Chris …”
“Pensi sia così geloso e guerrafondaio?” – domandò perplesso.

“Certo che fargli le corna con quell’armadio Kurt …”
“Ivan non è male … Un po’ orso, forse ha paura di dire cazzate, meglio tacere, lo dovrebbero imitare in parecchi” – e rise complice.

“Glam come ti sembra?”
“Mmm non sta così male, forse Lula sta compiendo un miracolo … Vorrei tanto potere scherzare su questo fatto, sai? Vedo Jared in seria difficoltà …”
“E tu con lui? Hai seppellito l’ascia di … guerra? Anzi amore” – e sorrise limpido.

“Gli voglio bene … E’ da un pezzo che non parliamo, che non facciamo niente, una gita, un giro insomma … In moto o senza, andavamo al planetario, sai?”
“Ci hai portato anche me!” – replicò simpatico.

“Già … il mio zuccotto preferito!” – e cominciò a fargli il solletico, interrotto solo dall’improvvisa presenza di Hopper, che con una scodella di biscotti e latte, arrivati sul suo maglione nuovo, per ragioni misteriose, li stava letteralmente polverizzando con lo sguardo d’acciaio fuso.

“Piedini ciccioni ha colpito ancora!” – Jamie rise fragoroso, così Kurt.

“Insomma!!” – urlò Marc.
Kurt si precipitò a sistemare quel casino, seguito a ruota dall’ex ballerino, che fece una piroetta e svanì nel corridoio, come un folletto dispettoso.


“Ma ti sei fatto male?? Dove??!”
“Tesoro calmati, è una slogatura o forse neppure questa, tra poco arrivano i medici … ah eccoli, ti passo Vincent … Ti amo, ci vediamo domani, mi dispiace Boo” – disse mortificato.

“Ok … Ok amore, abbi cura di te …”

Lux prese l’apparecchio – “Ehi mon petit, qui siamo al sicuro, ok?” – lo tranquillizzò.

“Meno male che ci sei tu …”
“E’ stato un caso … Ora andiamo al riparo, la bufera si avvicina, tu stai bene?”
“Sì, sono a pattinare, con Brent, Brendan, Geffen, c’è un sacco di gente … Mancate solo voi, perché siete testardi ed incoscienti!” – si lagnò commuovendosi.

A Vincent si riempì il cuore di emozione, avrebbe voluto cullarlo e vederlo sempre felice.

“Louis non temere, vedrai che queste ore passeranno in un soffio, ok …?”
“Ok … Riposatevi … E fallo mangiare!”
“Oui, oui, pas problem!”


“Te la cavi … Io sembro un tronco!”
Brent rise di gusto alla battuta di Brendan, avvinghiato alla balaustra di sicurezza, a bordo pista.

“Ho fatto un corso … Portavo anche delle belle colleghe, sai?” – si pavoneggiò.
“Ah buono a sapersi” – ansimò lo psicologo, tremando sulle gambe incerte.

“Pensa che quel coglione di mio padre credeva che ne avrei portata a casa una” – aggiunse il giovane, non senza adombrarsi un secondo dopo averlo detto.

Laurie gli accarezzò la nuca, avvicinandolo a sé, per poi baciarlo dolcemente.

“E’ da un po’ che non ne parli … questa pausa ti sta facendo bene Brent …”
“Trovi? … Sì, forse …”
“Io ci sono Brent … Per qualsiasi dubbio o”
“Lo so Brendan” – e si strinse maggiormente a lui – “Lo so” – volle ripetere, inspirando greve.

“Vuoi tornare in albergo piccolo?”
“Sì … Voglio fare l’amore con te …” – disse fissandolo.

“Lo desidero anch’io Brent … Ogni momento” – e lo baciò ancora, prima di andarsene entrambi verso il resort, poco distante.


“Una matrimoniale, è ciò che ci resta monsieur Lux”

“Très bièn … Se non c’è altro …”

“Vi piacerà, a lei ed a suo figlio, c’è spazio per entrambi” – precisò l’incaricato all’accettazione, scrutando Harry già con le stampelle ed una vistosa fasciatura.

“No, no, non è mio figlio …” – precisò l’uomo, firmando i documenti e saldando il conto in anticipo, per non perdere tempo la mattina seguente.

“Mi scusi … Notavo una certa somiglianza …”

Vincent ed Harry si scrutarono e questi sussurrò divertito – “Ma dove …?”

Lux rise bonario – “Siamo amici, ma vorrei un figlio così, glielo assicuro”

Haz avvampò, compiaciuto da quell’uscita, estremamente sincera.

Si diressero agli ascensori, senza dirsi nulla.

Avrebbero cenato in stanza, bevendo anche un’ottima bottiglia di rosso, selezionata da Lux, da una lista piuttosto ricca, per un ambiente del genere.

La serata era appena all’inizio.












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