Capitolo n. 200 – zen
Lux andò in cucina a
cercare qualcosa da bere per Louis.
Quando tornò nella
camera degli ospiti, ricavata nel soppalco del loft di Brendan, ci ritrovò
Harry, che teneva stretto sul petto un Louis in lacrime.
Il giovane non aveva mai
smesso.
Posò il bicchiere
sulla mensola e se ne andò in silenzio.
“Mi dispiace Haz …”
“Che dici scricciolo
…” – gli sorrise, cambiandogli la maglietta macchiata del sangue di
un’epistassi appena rimarginatasi.
“Devo dirti una cosa
e devo farlo subito”
Brendan gli fece una
lunga doccia, con estrema cura.
Brent non smetteva di
toccarlo in qualche modo, aggrappandosi al suo corpo bellissimo, caldo e
virile.
Si baciarono,
provando un’armonia ed una pace liberatoria, dopo quella gravosa confessione da
parte dell’ex capitano.
Brent chiudeva spesso
le palpebre, dove l’analista posava baci intensi e continui.
Così le sue carezze,
sulla schiena del ragazzo, che ora lo stava fissando, come in adorazione.
Brendan era il suo
punto di riferimento e non voleva più nascondergli nulla.
“Mi fido di te …” –
mormorò innamorato.
Laurie sorrise felice
– “Ed io di te, amore …”
Lo baciò nuovamente,
desiderandolo ad una profondità inaudita.
Uscirono dal box,
allungandosi sul tappeto in spugna, a rombi arancio e neri: l’urgenza di
congiungersi li stava come soffocando.
Fecero l’amore, con
una naturalezza inspiegabile, dopo tanta, drammatica, tensione.
Il mondo, oltre la
porta, sarebbe andato avanti anche senza di loro, almeno per
quell’indimenticabile ora.
Soltanto dopo, quando
le pulsazioni sarebbero tornate ad un ritmo normale ed i respiri regolari, solo
allora avrebbero affrontato Louis ed anche il colonnello Tomlinson, perché
Brent voleva spiegare ad entrambi, ciò che aveva rivelato a Brendan, cercando,
con il primo la propria rivalsa, affermandosi con dignità e con il secondo, l’indispensabile
comprensione.
Brent, con il
fratello, infatti, desiderava come rinascere, senza più alcuna paura o rimorso.
“Tu sei un pazzoide”
– gli sibilò all’orecchio, a tono basso, Jim Mason.
Geffen ridacchiò
sottile – “Il sergente ci sta spiando …”
“Allora dottore? Come
andiamo?”
“Bene!” – esclamò
l’oncologo, sollevandosi dalla lettiga, dove l’avvocato rimaneva disteso ed
attaccato ad un paio di monitor.
“Il cuore del
paziente è stabile, ma la pressione è ancora bassa, lo trattengo per
ventiquattrore, se non è un problema per lei” – aggiunse il medico.
“Guardi che il signor
Geffen non è in arresto … La sua assicurazione rifonderà i danni di quel
ristorante.”
“Certo … ovvio” – e
sorrise tirato.
“Comunque si tratta
di ritirargli o meno la patente, avrebbe potuto ammazzare qualcuno” – gli
bisbigliò e Jim lo accompagnò nella sala adiacente, per non farsi ascoltare da
Glam.
“Senta, temo che a
livello psicologico non sia il massimo, anche se comprendo le sue parole”
“Non posso chiudere
un occhio, non questa volta: ci sono dei verbali in archivio, dove sono state
registrate delle corse folli, probabilmente dovute ad una certa instabilità
mentale del soggetto” – replicò serio.
“Glam Geffen non è
pazzo! E’ malato!” – sbottò.
“Ed io sono un
ufficiale di polizia ed il permesso di guida viene ritirato per molto meno, mi
creda!”
“Ok … ok, di cosa ha
bisogno?”
“Semplicemente una
sua dichiarazione dove venga convalidata la diagnosi di Geffen, così da potere
motivare l’episodio e scagionarlo da qualsivoglia altra accusa, se mai la
proprietaria avesse intenzione di notificarla.”
“Questo lo ritengo
improbabile, comunque la accontenterò, del resto è tutto vero: dolorosamente
vero.”
“Tieni Jared …”
“Grazie Rob …”
“Una tazza di latte
caldo risolve sempre tutto … Lo dice Camilla” – sorrise.
“Lo pensavo anch’io
da piccolo, sai?” – disse assorto.
“Forse lo facevamo
tutti …”
“Dov’è Jude?”
“Credo sia al
telefono insieme a Colin”
“Cavoli dovevo
chiamarlo io” – sospirò in ansia.
“Tesoro non agitarti,
siamo una famiglia, non importa chi fa le chiamate: vedrai che tra poco sarà
qui e ti sentirai meglio, ok?”
“Ok Robert … Hai
notizie di Glam?”
“No, ma speriamo
regga quella storia che si è inventato” – e scrollò la testa dubbioso.
Jared rise un po’
nervoso – “Lui è capace di vendere davvero i cammelli al Polo Nord, quindi …
rassegniamoci”
“Al suo fascino?”
“Boo ne parliamo a
casa, non devi stressarti”
“No Haz, non posso …
Non devo rimandare.”
“Ok … Ok, ti
ascolto.”
“Jude hai una
sigaretta?”
“No Vincent ho smesso
… o quasi” – rise, appoggiandosi alla parete del corridoio.
“Meglio che vada …
Voglio passare da Meliti e capire cosa sta succedendo con quel maiale”
“Non credo sia una
buona idea, potresti avere delle reazioni poco convenzionali, dopo quanto ha
fatto a Louis, non credi?”
“Forse …” – ed esitò,
avvertendo i passi di qualcuno alle proprie spalle.
Si sentì afferrare
per quella destra, a sorpresa, tanto che non riuscì minimamente a parare un
pugno di Harry in pieno volto.
Law rimase di sasso,
seppure immaginasse la causa di quel comportamento, nonostante tra Harry e Lux
ci fosse stata, sino a quel momento, una sorta di amichevole tregua.
“Io mi fidavo di te!!
Come un coglione, certo, ma mi fidavo di te Vincent!!” – gli urlò ad un
centimetro dalla faccia arrossata e tumefatta.
Lux non reagì
minimamente, se non con un debole – “Mi dispiace Harry …”
“Ti dispiace, TI
DISPIACE??!! VI MERITATE A VICENDA TU E QUELLO STRONZO!!” – e scappò via,
lacerato dalle lacrime e dalla delusione.
Jared lo rincorse.
Tomlinson non si era
mosso dalla poltrona, dove Vassily e Peter lo avevano fatto educatamente accomodare.
“Questo è sequestro
di persona” – ringhiò, dopo un lungo silenzio.
I due non gli diedero
retta.
“E siete anche … dei
soldati, della marina … sommergibili, giusto? Quel tatuaggio non mente” – disse
aspro.
“Sì” – ribatté
distratto Vas.
“Cosa pensate di
ottenere?? Una denuncia come minimo!” – e provò ad alzarsi, ma il sovietico lo
rimise a posto, con un sorriso quasi beffardo.
“Adesso arriva il
signor Meliti: le vuole parlare.”
“Meliti?? E chi
diavolo è??”
“Sono io colonnello
Tomlinson e lei è mio … sgradito ospite, ovvio”
Antonio entrò nella
biblioteca, ma non da solo.
Appena Tomlinson
senior vide il generale ‘O Major, ebbe un sussulto e scattò in piedi,
sull’attenti.
Anche Vas e Peter gli
fecero il saluto militare, al quale il maturo conoscente di Meliti e Geffen,
rispose cordiale – “Riposo, riposo ... Buonasera Brent”
“Buonasera signore”
“In verità siamo noi
che dobbiamo parlare” – affermò con durezza.
“Di cosa, signore?”
“Di argomenti
incresciosi, sui quali io non posso e non devo più sorvolare.”
Il giovane stringeva
la balaustra, della terrazza naturale affacciata sull’oceano, come a
stritolarla.
Jared gli si
avvicinò, cauto.
“Vuoi andare da
qualche parte, Harry?”
“A fare cosa?!”
“A distrarti da
questa rabbia e ritrovare il buon senso per capire che ora Louis ha bisogno di
te, più che mai.”
Harry lo guardò,
stravolto – “Lui ha Vincent! Ti eri perso questo dettaglio??!!”
“No. Vincent è stato
importante nel percorso di Louis, di sicuro una parte di loro non potrà mai
cancellare l’amore che sentono l’uno per l’altro e so di cosa sto parlando,
nessuno quanto me può capirlo”
“Già … tu sei in
bilico da una vita tra Colin e Glam” – sottolineò sarcastico, tamponandosi le
guancie con i palmi tremanti.
Jared sorrise – “Infatti,
lo sanno anche le pietre e temo tu mi stia giudicando, come hai fatto con
Louis, ma non ne hai il diritto Harry, nessuno ce l’ha”
“Tu la fai facile, lo
fate tutti nel vostro ambiente! E sì, vi giudico, come farebbe chiunque, ma
almeno assumetevi il peso delle vostre responsabilità, delle vostre scelte!”
“Non è facile
scegliere, quando si ha il cuore spaccato a metà” – obiettò limpido.
“E pensi di cavartela
così?! Non conoscete la vergogna, non sapete cosa voglia dire il rispetto, la
decenza, la fedeltà!”
“Sei così giovane e
pensi che tutto sia assoluto, rigido, come una di quelle leggi, che la scuola
ed il mestiere vorrebbero importi come insindacabili, ma la vita è un’altra
cosa Harry, un’altra fottutissima cosa! E se ti senti immune da un futuro
sbaglio, plausibile credimi, allora sei un folle od uno stupido!”
Haz non gli volle più
dare ascolto e fuggì via.
Inghiottito dalla
notte imminente.
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