Capitolo n. 140 – gold
Colin si era addormentato sul ventre di Jared.
Lui era sveglio, gli accarezzava i capelli.
Ne vide alcuni grigi.
Farrell era stressato, non invecchiato, ma stanco dentro, mentre fuori era un bellissimo quarantenne.
Jared sentí il tremito delle sue labbra tumide.
Si destó sorridendo.
“Sei davvero qui... pensavo fosse stato un sogno Jay...”- disse senza spostarsi.
“È l’alba Cole... una bellissima alba d’estate a New York...” – disse mestamente.
“Sei triste...?”
“Sono in ansia per Kevin...”
“Ti accompagno da lui... tra poco... Non vuole vedere nessuno, ma con te sará diverso Jared…”
“Non voglio tormentarlo...” – respiró forte, sollevando gli addominali scolpiti ed asciutti.
Colin li bació, affondandoci le dita – “Vorrei... vorrei un altro bambino insieme a te Jay...”- mormoró all’improvviso.
Il compagno chiuse gli occhi, pensando a Syria ed alla bambina che sarebbe nata.
“Per... per Natale torno a casa Colin... Anzi prima... all’inizio di novembre...”
Farrell salí verso di lui, come se avesse ricevuto una scossa elettrica.
Il suo viso si illuminó –“Non... non scherzi vero? No, non lo faresti mai su una cosa del genere...!” – disse stringendogli la nuca, per poi baciarlo intensamente.
Colin sentí una fitta nel cuore, gli venne un dubbio.
“Jay... Jay ma torni... solo per le feste, per i bambini...?”
Jared si sollevó, puntandosi sulle mani, per stringerlo a sé – “No Colin, torno da te... se mi vuoi ancora... se mi... se mi vorrai ancora...”
“Io non solo ti voglio e ti vorró sempre, ma... ma ti saró fedele, come ho fatto sino ad oggi, non faró piú stronzate con i farmaci... Dopo la clinica Sheppard solo qualcosa per dormire, prescritto da Cody.”
“Fallo per me... per i nostri figli...” – inizió a piangere, voleva dirgli di Syria e della bambina soprattutto, ma non ci riuscí.
I suoi progetti erano immutati: l’avrebbe convinta a trasferirsi a Los Angeles, una nuova casa, un lavoro se voleva, sarebbe stato presente con la figlia, cosí come Colin lo era con Henry e James, anche se non vivevano sotto allo stesso tetto.
Farrell, poi, avrebbe adorato quella cucciolina, ne era certo.
Lui avrebbe capito.
Anche Glam avrebbe capito le sue scelte.
In quel momento Jared si convinse che sarebbe tornato con Kevin, che tutto stava già cambiando, ma lui voleva fare ancora qualcosa per i profughi ad Haiti.
Lo confermò a Colin.
“Ora... ora te ne andrai via di nuovo quindi...?”
“Sí Cole... devo... ci sono cose e persone, che mi aspettano ad Haiti e non parlo di Glam...”
“Io... io so che tu lo ami... Ho ingannato me stesso credendo che tu avessi ucciso questi sentimenti Jared...”
Singhiozzando cercó di consolarlo – “Non è cosí semplice Colin... A gennaio non sapevo piú chi ero... volevo solo andarmene da Los Angeles e mettere della distanza tra noi due... L’idea di Haiti e di Glam mi rassicurava...”
“Sai una cosa...? Sei un amore anche con i capelli alti mezzo centimetro... e... e poi non devi darmi spiegazioni... Fai solo attenzione... Vivo nel terrore da quando ci sei andato...”
“Aiutare gli altri dá tanta gioia...”
“Lo so Jared... ti amo da impazzire...” – lo strinse di nuovo.
“Ti amo anch’io Cole... ti amo... ti amo...” – il suo pianto divenne piú silenzioso.
Fecero l’amore sotto alla doccia, poi sul divano davanti al caminetto, non riuscivano a smettere.
Kevin prese le vitamine che la dottoressa gli aveva prescritto.
Brandon se n’era appena andato.
Kurt era rimasto a casa con il piccolo Martin.
Colin e Jared arrivarono, con l’idea di portare a pranzo Glam, ma erano certi che non li avrebbe seguiti.
“Vorrei tanto parlare con Kevin... pensi che sia una cattiva idea Cole?”
“No... penso che sará felice di vederti... Glam comunque non penso sappia che tu sia qui, a meno che tu non lo abbia avvisato...”
“No, non l’ho fatto. Entriamo...?”
“Ok Jay, andiamo.”
Kevin fissó entrambi, accennando un sorriso.
Geffen rimase interdetto per pochi istanti – “Jared... ma quando sei arrivato...?”
“Sono arrivato ieri sera. Alla fondazione è tutto a posto... Ciao Kevin come stai?” – disse avvicinandosi.
Lui si mise seduto e gli tese le braccia.
Jared affondó sé stesso in quel corpo usurpato, mescolando le sue lacrime a quelle di Kevin.
Colin e Glam uscirono.
Andarono a sedersi, con un caffè in mano.
Farrell scrutava il vuoto.
Geffen stritoló il bicchiere di carta, lanciandolo poi nel cestino davanti a loro.
“Hai il nome di Jared inciso ovunque...” – disse con voce incolore.
Colin cercó il suo sguardo – “Jared tornerá ad Haiti e ti spiegherá tutto. E sí... sí, abbiamo fatto l’amore tutta la notte... Lo trovi cosí strano?” – domandó non certo per sfidarlo, anzi, era sofferente.
“No Colin. No.”
Kevin passava il palmo della mano sulla testa di Jared – “Sembri piú giovane cosí... nessuno direbbe che hai quarantaquattro anni Jared...”
“Quasi quarantacinque...” – replicó ridendo.
“Non fa differenza...” – anche Kevin sorrise.
“Ti... ti fa male... da qualche parte...?”
“Ho... ho un nodo qui... non riesco a scioglierlo...” – mormoró indicando un punto alla bocca dello stomaco, poi proseguí – “... Non so quando potró fare l’amore ancora ... con Glam...”
“Presto... prima di quanto credi e poi perché non dovresti...?”
“La vergogna mi soffoca... Brandon dice che è un trauma e che lo supereró... ma io... io... io amo solo Glam, gli sono sempre stato devoto... non sono mai finito in un altro letto, neppure con Chris ... Erano in due e ci hanno... ci hanno... non riesco neppure a dirlo!” – chiuse i pugni, per poi passarsi le mani tra i capelli – “Li voglio tagliare anch’io... ti prego Jared, chiama qualcuno che lo possa fare... subito!”
“Cosa...? Sí... scusami, va bene, chiamo un amico... verrá immediatamente se vuoi...”
“Sí... sí... grazie Jared.”
Marco accese la macchinetta.
“Me li fai come Jared...? Come un marine...”
“Ok... stai fermo mi raccomando...”
Kevin si era seduto su di una sedia a rotelle, mentre Colin e Glam ascoltavano la spiegazione di quanto stava accadendo da Jared.
“Credo sia... come una punizione... lui adora i suoi capelli...” – disse Glam, sconvolto.
“È solo una fase... ci vuole del tempo...” – intervenne Colin, con le mani in tasca.
Arrivó la dottoressa.
“Buongiorno a tutti... allora le analisi sono a posto... La scientifica ci ha confermato che i due... i due soggetti non avevano malattie veneree e questa è una bella notizia... Ma ne ho un’altra: Kevin puó tornare a casa, se vuole...”
“È un’ottima notizia... Lo riporto a Los Angeles, a casa nostra. Sempre se ci vorrá andare.”
“Ha dei parenti...? Cioè mi perdoni signor Geffen, ma io sapevo che lei risiedeva ad Haiti e Kevin non dovrebbe rimanere da solo.”
“Non lo sará, resteró io con lui, non si preoccupi.”
“Perfetto. Le dimissioni sono giá firmate, ora vado da Kevin per informarlo.”
Jared ricevette una telefonata.
Era Syria.
Si allontanó per chiederle se andava tutto bene.
Lei era agitata per la nuova ecografia, ma riuscí a calmarla, assicurandole che sarebbe rientrato al piú presto.
Tornó poi da Colin – “Ho un aereo tra due ore... mi accompagni all’aeroporto?”
“Sí amore... certo...” – rispose, accarezzandogli le guance rigate e pallide.
Jared guardó poi Geffen – “Salutami Kevin, digli ... che gli voglio bene... ciao Glam, ti scriveró... abbiate cura di voi...”
Lui lo strinse sul cuore, trattenendo la sua afflizione – “Ciao Jared... grazie.”
Farrell fermó il suv nel parcheggio sotterraneo del J.F. Kennedy, cercando di respirare regolarmente.
Aveva bisogno di impasticcarsi, ma non l’avrebbe fatto per nulla al mondo.
Pensó al sorriso dei loro bambini e si ricordó all’improvviso di una cosa: una memory card.
La prese dal portafogli, passandola poi a Jared.
“Tieni... ci sono le foto del compleanno di Becki... ed altre... anche dei gatti, di Spanki e Dado... Manchi a tutti, ci... ci manchi da morire Jared...” – la sua disperazione dilagó, ma non voleva assillarlo, glielo disse, ma Leto gli chiese di sfogarsi liberamente.
Lo bació a lungo, poi reclinó i sedili, spogliandosi velocemente e mettendo le sicure.
Liberó Colin dai jeans e dai boxer, calandoli quel poco necessario a permettergli di possederlo, restandogli sotto, mentre lui spingeva il suo sesso dentro a Jared, senza mai smettere di succhiargli la lingua, poi la bocca, unendosi ai suoi gemiti.
Colin afferró i bordi del sedile di Jared, aderendo a lui il piú possibile, scopandolo forte a quel punto, poi piú dolcemente, poi di nuovo con tanta foga, fino a svuotarsi in lui, sentendosi perduto e ritrovato, prima di salutarlo senza che Jared si voltasse piú indietro.
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