lunedì 18 aprile 2011

GOLD - Capitolo n. 135

Capitolo n. 135 – gold



Jared si fece una doccia ed indossó delle bragacce ed una t-shirt bianche, una volta rientrato nel suo alloggio a Port au Prince.
Mandó un secondo sms a Geffen, dopo avergli confermato dal Lax, che stava per decollare, senza avere alcuna risposta.
§ Sono a casa… Avete bisogno di me alla mensa per la cena? Un bacio… §
Su quella parola “casa” ebbe un fremito, poi sul “bisogno” era semplicemente rivolto a lui, con un sottointeso “Glam ho bisogno io di te…” che non gli scrisse.
Suonarono alla porta.
Jared sorrise, pensando che fosse Geffen, come sempre, ma quando aprí ebbe un sussulto di delusione – “Pamela…?! Ciao…”
“Ciao ninio! Mi aiuti?” – chiese porgendogli uno scatolone colmo delle solite provviste fresche.
“Sí… scusami! Prego, entra, come stai?” – abbozzó una finta disinvoltura, che non ingannó la donna, in splendida forma e fasciata in jeans chiari e camicia con scollo profondo, che esaltavano il suo fisico sempre fresco ed abbronzato.
“Meglio di te, ma quanto sei sciupato! El maldido ti sgriderá di sicuro! Ahahahhah… Mmmm pensavi fosse lui, giusto?”
Jared si mise su di una sedia in cucina, assorto nei propri pensieri tristi – “Sí, certo…”
“Come sta … tuo… il tuo compagno?” – domandó quasi timidamente, viste le sue reazioni.
“È andato dai suoi in Irlanda con i nostri bambini, si sente meglio, speriamo non ci ricaschi… non lo sopporterei.” – aggrottó la fronte sull’ultima parola, per poi socchiudere le palpebre, sentendosi stanco all’improvviso – “Scusami Pam, vado a stendermi…”
“Ti preparo qualcosa?”
“No Pam ti ringrazio, hai giá fatto cosí tanto, per me, per Syria e la nostra bambina… domani la accompagno per l’ecografia, ci siamo sentiti mentre venivo qui in taxi.”
“Allora ci vediamo per un caffè…”
“Ovviamente, buona serata, saluta le ragazze.” – e la congedó velocemente.
Voleva restare da solo, con il pianto che lo stava soffocando.

Pamela aprí lo sportello dalla parte del guidatore.
“Avanti Geffen, scendi!”
“Come… come sta?”
“Hai presente uno straccio? No, peggio!”
Glam sbuffó, assecondandola.
“Vai da lui! Non capisci quanto questo ninio soffra per te? È assurdo, dovrebbe farsi da parte, perché c’è Kevin, ma soprattutto per la sua famiglia e Farrell, ma non ci riesce.” – sentenzió mettendo in moto.
“Credi che io non lo sappia, cazzo!!” – replicó, stringendo i denti.
Pamela lo squadró – “Lui vi fa impazzire, drogare, urlare e combinare un sacco di casini, ma è pur sempre il vostro… angelo…” – e sorrise, facendogli l’occhiolino.

Jude sistemó le proprie cose nella camera degli ospiti di casa Farrell.
Cambió idea sul fermarsi con Colin per un paio di giorni, anziché andare subito a Londra dai figli.
L’attore irlandese ne fu felice.
Con un balzo saltó sul letto, ridendo entusiasta – “Oggi ti porto a fare un bel giro, contento?!”
“Andiamo a perderci in qualche bosco Colin?” – ribatté un po’ rigido.
“Puó darsi… con Jared ci perdiamo sempre, ma ho comprato un nuovo navigatore e…”
“Scusami, faccio una telefonata a Robert e poi andiamo.”
“Ma se lo hai chiamato dieci minuti fa…” – sembró protestare, ma con estrema simpatia, come a canzonarlo.
“Mi sono dimenticato di dirgli una cosa.” – disse nervosamente.
Colin si alzó, grattandosi la testa – “Jude cosa ti succede?”
“Niente.”
“Lo sai che non è vero, ti conosco troppo bene.”
“Anch’io pensavo di conoscerti Colin.” – esclamó secco.
“Ok… ok ho capito Jude. Credevo che ci fossimo chiariti o… o non lo so neppure io, sono stato ottimista…”
Furono interrotti dal padre di Colin, che gli chiese la cortesia di andare allo chalet, dove c’era stato un guasto all’impianto elettrico ed i tecnici stavano aspettando qualcuno per procedere alla riparazione.
“Mi… mi accompagni Jude?”
“D’accordo, andiamo.”

Geffen compose il numero di Jared, una volta che Pamela se n’era andata.
Ci mise un po’ a rispondere, ma poi un “Ciao…” strozzato gli confermó quanto l’altro fosse a pezzi.
“Jay...”
“Sto… sto bene…”
“Posso salire?”
“Ma sei qui sotto?” – disse cambiando tono all’istante, trasmettendo subito una gioia palpabile.
Jared non fingeva od ostentava oppure manipolava, con il suo dolore spontaneo, lui era cosí, dipendeva da Glam come se fosse essenziale per dare un senso alla propria vita, soprattutto in quel periodo incredibile.
Bastarono pochi minuti per annullare quella distanza tra loro.
Jared si perse nel suo abbraccio, tremando sul cuore di Glam, come avvenne in ospedale durante gli esami di Violet a Los Angeles.
“Non… non riesco a lasciarti in pace…” – singhiozzó cercando le sue mani grandi, baciandone i palmi caldi, distribuendone altri sulla sua bocca, dando l’idea a Geffen che si nutrisse di lui, tornando a respirare.
Glam riprese a stento il controllo, notando un pallore che non gli piaceva affatto – “Hai… hai mangiato piccolo?”
“No… non me ne ricordo nemmeno…”
“Sei uno sciagurato Jay Jay Leto…” – sorrise, sollevandolo.
“Ma… ma tu mi ami lo stesso, vero?”
“Se ora non mastichi qualcosa di solido non solo non ti ameró piú, ma ti faró ricoverare in ospedale, ok?” – sbottó con quella severitá, che faceva sentire Jared amato e considerato.
Annuí, come impaurito da quelle inconsistenti minacce.
Geffen lo imboccó, pensando che neppure Lula era tanto visceralmente attaccato a lui: la cosa lo rendeva semplicemente felice ed appagato.
Negli occhi di quel giovane uomo si agitava un mare di emozioni ed istintive passioni, che lo travolgevano ogni volta che incrociavano le loro esistenze, senza certezze, ma con un infinito amore.

Jude mandava sms a chiunque, pur di non dovere affrontare lo sguardo di Colin, che sembrava rassegnato alla piega che aveva preso la loro amicizia.
“Se vuoi ti porto all’aeroporto, cosí te ne vai a Londra senza dovermi sopportare oltre.” – disse con un sorriso amaro, fermi ad un semaforo.
“Sopportare …? È un verbo orribile…”
“No, quello orribile ormai sono io, ai tuoi occhi e temo non solo ai tuoi.”
“In fondo deve importarti solo di ció che pensa Jared, noi non abbiamo alcun diritto Colin.” – disse mesto, fissandolo adesso.
Farrell accostó, erano arrivati.
“Ne parliamo dopo, se vuoi Jude…”
Silenzio.
Scese guardandosi intorno.
Entrarono e Colin diede alcune disposizioni.
Jude curiosó al piano superiore, infilandosi in una camera da letto, cercando tracce di Jared, visibili solo in alcuni oggetti, ricordi di viaggio e palesemente in parecchie foto.
Una lo colpí.
Risaliva a diversi anni prima, Jared aveva i capelli lunghi, Colin invece con un taglio simile a quello del presente, immersi tra le onde, nudi, splendidi, si baciavano.
“Avevamo programmato una serie di autoscatti… non avrei permesso a nessuno di condividere quel momento con noi.”
Jude si voltó con uno scatto colpevole – “Non volevo essere inopportuno Colin, ma questa immagine è bellissima.”
“Si, lo è Jude…” – disse dolcemente, prendendo quel ricordo incorniciato in un argento prezioso.
Andó a sedersi sul bordo del letto.
“Allora Judsie, vogliamo parlare…? Posso chiamarti cosí?”
“Sí… anche se suona strano…”
“Ok, riserva privata di Robert. Capito.” – scrolló le spalle, sgranando i carboni, accesi di commozione.
“Vorrei portare indietro il tempo irish buddy…”
“Questo è impossibile, almeno quanto cancellare quello che ho fatto al mio compagno, ma non voglio… non vorrei vedere uscire dalla mia vita nessuno di voi. Credi che potró mai farcela Jude?”


Nessun commento:

Posta un commento