Capitolo n. 145 – gold
Brown stava armeggiando con il proprio computer per scaricare qualche file, inerente Glam Geffen.
La collega, di grado inferiore, non aveva le credenziali necessarie per accedervi.
“Accesso negato… mmm proviamo con l’altra password… negato anche qui… Che cazzo! Livello otto?!”
Il capo della polizia arrivava al sette.
L’agente Costa arrivó negli uffici di Los Angeles direttamente da San Francisco, dove era stato destinato da un paio di anni.
Ascoltó con attenzione i fatti da Brown, che gli spiegó come i due dipartimenti avessero incrociato le informazioni e rilevato la corrispondenza dei dna dei due “… disgraziati appesi come dei maiali, a testa in giú… Capisce, un’esecuzione di stampo mafioso, temo.”
Costa sorrise – “O di una gang. Erano spacciatori, in un giro di prostituzione anche maschile, quindi non escluderei nessuno.”
“Ma qui stiamo parlando di Antonio Meliti e di questo dannato Geffen!”
“Il … dannato Geffen gode di immunitá, ha aiutato il nostro ufficio e gli Stati Uniti d’America ad ingabbiare il peggiore dei Meliti e non è Antonio.”
Brown sbuffó – “Comunque era il suo… ragazzo, quello violentato, come si chiama… Kevin, sí Kevin, mentre l’altro non è collegato a Geffen, penso.”
“Guardi che Glam Geffen è molto stimato per il suo operato ad Haiti, le sue relazioni personali sono private e posso dirle che si è tolto tutte le soddisfazioni possibili.” – rise divertito in modo simpatico.
“Lo vedo, tre mogli, sei figli… un nipote… ha adottato anche un altro figlio?”
“Sí con il suo ragazzo, come lo chiama lei Brown.”
“Fatti suoi, ma io non dico che sia l’esecutore materiale, ma il mandante. Con l’appoggio di Meliti.”
Costa si alzó, riprendendo i suoi dossier.
“Lasci perdere Brown, quei due non li piangerá nessuno.”
“Un omicidio resta un omicidio ed è un crimine gravissimo e va perseguito e punito chi ne è responsabile!” – protestó.
“Anche stuprare, pestare ed accoltellare due ragazzi innocenti, per il puro gusto di farlo, drogati fino al midollo come sono risultati quei due bastardi è un vero delitto. Ed è stato punito.”
Meliti ascoltava divertito i racconti dei bambini, dopo un pranzo abbondante.
Kevin era tranquillo in sua presenza, Chris persino riconoscente, una volta che aveva letto sul giornale che avevano trovato i responsabili, ma non riveló niente agli altri.
I reporter non li avevano collegati ai fatti di New York
ovviamente, Brown era il solo a saperlo, insieme al suo braccio destro ed avevano mantenuto il massimo riserbo.
Si diressero alla End House, per informarli di questa svolta nelle indagini e tastare il terreno.
Erano tutti presenti.
Tutti tranne Jared, che preferí non raggiungere Colin a Los Angeles, per rispetto a Kevin ed evitare di rivedere Glam, per non deludere nessuno e provocare inutili sofferenze.
I due detective si guardarono intorno, una volta ricevuti da miss Wong, che li fece passare nel salone, dove era stato appena portato il caffè.
Furono accolti con una certa circospezione.
Colin diede loro il benvenuto. “Accomodatevi, ne volete una tazza anche voi?” – chiese gentile.
Loro annuirono.
Brown si rivolse subito a Geffen.
“Dovrei darvi delle comunicazioni delicate.”
Glam cercó lo sguardo di Kevin e poi di Chris, che strinse la mano a Tomo, seduto accanto a lui sul divano.
Meliti restó sprofondato in poltrona, mentre Jude e Robert in piedi davanti al caminetto spento, Brandon alla finestra e Kurt sul seggiolino del pianoforte, dove Jared suonava sempre a Natale.
Shannon ed Owen rimasero a tavola.
I bimbi furono accompagnati in giardino.
“Parli pure, non ci sono segreti tra noi.”
“D’accordo, come vuole.”
Snoccioló la sequenza di foto e dati anagrafici.
“Eccoli qui. Diciamo che qualcuno è arrivato prima di noi.”
Geffen scrolló le spalle, scolando poi il suo secondo whisky – “Chiunque sia, datemi il suo nome e lo copriró d’oro.”
Brown scosse la testa, grattandosi poi i capelli radi.
“Lei è veramente un… fenomeno.”
“Prego?”
“Si sente intoccabile, ma non è cosí signor Geffen.”
“Mi ricordo di essere anche un avvocato. Se ha qualcosa mi arresti, diversamente la ringrazio per averci aggiornato e… arrivederci.” – sorrise, da canaglia, come era abituato a fare in tribunale.
Brandon scostó i tendaggi, scrutando fuori: “Colin ci sono Vassily e Peter…” – intervenne sorridendo.
“Cosa? Vassily e Peter?!”
Erano davvero loro.
Entrarono posando gli zaini mimetici, come il tessuto delle loro divise.
Meliti sogghignó – “Mi mancavano i due armadi di casa!”
Brown ed il suo socio si girarono, sentendo i loro passi pesanti.
Colin voló tra le loro braccia.
Erano sempre uguali.
Strinsero o meglio stritolarono le mani a tutti, compresi i due funzionari.
“Dov’è Jared?” – chiese Vassily.
“Ad Haiti…” – rispose Colin con aria smarrita, alla quale il russo non diede peso.
“I signori chi sono?” – proseguí avvicinandosi e vedendo le istantanee rimaste su di uno scrittoio.
“Ragazzi è successa una cosa, ve la spiego se venite di là un attimo…” – mormoró Colin.
Kevin si alzó di scatto – “Quei due hanno stuprato me e Chris.” – disse in un unico respiro.
“Cosa…?” – sussurró Peter.
“Chris?...”
Kevin si morse il labbro – “È lui… è il cantante del mio gruppo… perdonami Chris io…”
“Stai tranquillo Kevin, è la veritá…”
“Vassily e Peter sono parte della nostra famiglia…” – sembró giustificarsi, ma Chris lo abbracció, per rassicurarlo.
Vassily si rivolse a Brown – “Voi avete provveduto, vedo. Ottimo lavoro.”
“Co… cosa? Ma chi diavolo siete?? Cosa cazzo state dicendo?!”
“Ufficiali della marina sovietica. Imbarcati su di un sommergibile nucleare, ma non mi chieda altro, la nostra unitá sorveglia e protegge…” – sorrise, indicando il distintivo di Brown.
“Fantastico! Ma… ma cosa siete…? Voi cosa siete? Un clan, una setta? Tutti quei bambini… cos’è questo posto?!”
Brandon si fece avanti – “Io sono il dottor Cody, psicologo e psichiatra, lei credo sia sull’orlo di una crisi di nervi.” – ironizzó, mentre gli altri li stavano fissando.
“Senta detective Brown, alcuni di noi sono piuttosto famosi e questa è la mia casa, mia e di Jared Leto, che è il mio compagno e padre dei nostri cinque figli.” – disse alterandosi Colin.
“Signor Farrell so chi è lei e chi è il signor Downey Junior, il signor Law, ci vado al cinema ed ascolto anche la musica, forse non quella del signor Leto, ma non sono rincoglionito del tutto, non ancora almeno!” – sbottó.
“Allora abbia rispetto della nostra famiglia.” – sentenzió Meliti, sollevandosi – “E per le sue accuse, che non esprime con chiarezza, servono prove. Quei due erano dei fottuti bastardi, avevano rubato una partita di droga a New York, a quelli di Mendes, uno dei trafficanti piú in vista della cittá da almeno cinque anni. Si parla di quattro milioni di dollari, se tagliata bene, anche se l’eroina e la cocaina non sono piú di moda, hanno ancora un ottimo mercato in sud America. Euforici per l’ottima riuscita del colpo, anziché tornarsene di corsa a Los Angeles, si sono infognati in quel club, dopo avere provato un po’ di quella roba. Il resto lo sappiamo.”
“E a lei chi ha detto queste cose Meliti?”
“Un uccellino… Avete mai visto Mendes incazzato? Credo di no, ma cosa importa? Senza contare tutti i piedi che hanno pestato nei paraggi di Sunset Boulevard… Secondo me, si davano gli spintoni quelli che volevano farli fuori. Avete l’imbarazzo della scelta.”
Brown prese una sedia e vi crolló sopra.
“A me… a me dispiace che siano morti… avrei voluto chiedergli il motivo, ma se erano in quello stato…Io non ricordo… non…”
“Kevin…” – Glam si precipitó da lui, abbracciandolo e riportandolo a sedere.
Chris aveva gli occhi persi nel vuoto da diversi minuti.
“Io li ho visti… ho visto e… e sentito tutto...”
Brandon gli prese dell’acqua – “Chris non me lo avevi detto.”
“No… Hanno tramortito Kevin, era svenuto, lo stesso pensavano di me, ma non era cosí…C’era della droga nei nostri drink, ce li avevano offerti nel locale ed io mi sentivo inerme, paralizzato…Non completamente… è stato orribile, perché assistevo a quello che stavano facendo a me, attraverso ció che stava subendo lui… Era come un incubo troppo reale. Quando si sono resi conto che ero cosciente, mi hanno dato quella coltellata, ma della gente che stava arrivando li ha messi in fuga. È l’ultima cosa di cui mi sono reso conto.”
Due lacrime rigarono il suo viso bellissimo.
Si accasció sul petto di Tomo, seguendolo poi in camera con l’aiuto di Peter, che sosteneva entrambi.
Vassily disse qualcosa in russo, direttamente a Brown.
“Io non parlo…”
“Ha detto se non le sembra il caso di lasciare in pace questi due ragazzi, dopo tutto quello che hanno passato.” – si intromise Rice, che parlava correttamente sei lingue.
Simon chiese permesso e bisbiglió qualcosa a Colin.
“Adesso…?”
“Sí Colin… andiamo?”
“Prendo il passaporto, vengo subito. Chiedo scusa, ma devo andare. Vi telefono stasera.”
Salutó i piccoli e salí sul suv, insieme al body guard sorridente, per la loro destinazione.
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