mercoledì 13 aprile 2011

GOLD - Capitolo n. 132

Capitolo n. 132 – gold



Geffen aveva acquistato il monolocale adiacente all’alloggio di Pamela, ricavandone una cameretta tutta per Lula, un living dove potere dormire in un comodo letto ed un angolo cottura, oltre ad un bagno solo per loro: “Cosí non dovremo litigare ogni mattina con quelle signorine di lá, visto che non bastano tre docce, tre vasche e tutto il resto, vero tesoro?”
“Sí papá!” – e scoppió a ridere, sistemandosi sotto al trapuntino griffato Disney.
Faticava a staccarsi da Glam, massacrandolo di bacetti, come diceva lui, facendo mille faccine buffe.
Quel piccolo angelo lo aiutava ad andare avanti, anche se ogni sera versava un pianto triste prima di dormire, guardando le foto e brevi filmati sia di Kevin che di Jared.
Syria bussó piano alla porta scorrevole comunicante, che era stata installata tra i due appartamenti.
“Posso…?”
“Ciao cucciola, vieni pure.” – le disse sorridendo, togliendosi gli occhialini da lettura e posando il tablet.
“Il bimbo dorme giá?”
“Fa solo finta, tra poco arriverá qui con una scusa, come ha fatto per tutta la settimana…” – rise, accogliendola nel suo abbraccio, per scambiarsi la buona notte, come abitudine.
Le sfioró la pancia – “E la nostra principessa come sta?”
“Dorme Glam… ma prima scalciava…”
“Stai buona Isotta, lascia dormire la mamma, se no niente giocattoli.”
“Giá le prometti dei doni… sei meraviglioso Glam.”
“No piccola, sono uno stupido… rimango qui e non do spazio a chi mi ama con tutto sé stesso, lasciandomi andare a questo dolore senza fine.”
“Chi ti ama non riesce a smettere tanto facilmente sai? E non parlo solo di Kevin e di Jared…” – sorrise schernendosi.
Glam le diede un bacio tra i capelli, ma lei cercó le labbra di lui, che ricambió, stringendola e scendendo poi sui suoi seni, dove prolungó quel contatto.
“Vai a dormire adesso Syria…”
“Grazie Glam…”
“Per cosa?”
“Perché sei uno sprazzo di gioia, nei miei giorni vuoti.”

Scoppió un temporale, cosí Lula ebbe un buon motivo per intrufolarsi nel lettone con il padre, che lo coccoló ripetendogli quanto lo amasse.
“Io non ti lasceró mai papá…”
“Lo so… faremo tante cose insieme…”
“E con papá Kevin!”
“Sí… te lo assicuro, dovesse costarmi una vita…”

Jared lesse la posta a Colin, che, accoccolato sul suo ventre, tendeva l’orecchio per cogliere i battiti del cuore, attraverso il cotone della maglietta, la mano sulla sua pelle, ad accarezzarlo timidamente.
“Sei il mio angelo custode Jay…”
“Non sono piú di quanto sei stato tu Cole, quando ho avuto bisogno di te…” – replicó sfiorandogli la nuca, per poi posarvi un bacio.
Colin chiuse le palpebre, respirando intensamente.
“Tutto bene?” – gli domandó Jared, abbassandosi a guardarlo, mettendosi sul fianco, cosí com’era il compagno.
“Tra due giorni mi dimettono…”
“E non sei contento?” – sorrise.
“No… cioè sí… ma tu andrai via… forse subito…”
“Andró soltanto se ti sentirai in forze, per riprendere le tue abitudini…”
“Sono debolissimo…” – rise, dandogli un bacio sulla guancia, per poi ritrarsi, visto che aveva preso un’iniziativa.
“Che succede Colin?”
“Nulla… nulla. Io aspetto che tu…devi essere tu a…”
“Ho capito. Ora non me la sento… di fare… di fare sesso…” – abbassó i suoi zaffiri, correggendosi subito – “Di fare l’amore Cole…”
“Ti capisco… assolutamente…” – ribatté angosciato, ma Jared lo cinse all’altezza dei fianchi – “Devo fare dei piccoli passi… Colin sono come bloccato, è orribile… una parte di me ti desidera, ma l’altra è ancora troppo scossa… frammentata in mille scaglie di sofferenza, fisica e mentale...”
“Sei… sei arrabbiato con me, vero Jay?”
In risposta lo bació, abbassandogli i boxer, facendolo tremare.
Prese con esitazione il suo sesso, che non tardó ad eccitarsi: lo massaggió con cura, senza separarsi da Colin, che non riusciva a calmarsi, sopraffatto da spasmi di felicitá e rimorso.
Con il telecomando portó il buio nella stanza, aumentando di poco il ritmo di quella masturbazione inaspettata.
La luce azzurra di sicurezza si accese dopo un minuto, permettendo a Jared di scrutare le espressioni di Colin, che si fondevano con le sue.
“Ti… ti faró stare bene amore…” – ansimó, stimolando e stringendo la punta bagnata del membro di Colin, che affossó il volto nel cuscino, asciugandosi il sudore, mescolato alle lacrime di pura letizia dei sensi.
Venne dopo alcuni istanti, svuotandosi completamente nel palmo di Jared, che gli mordeva e succhiava il collo, per poi finirlo con un bacio profondo.

Jude e Robert dormirono per tutto il pomeriggio.
Si alzarono solo per una doccia, un pasto leggero e poi tornarono a coricarsi, il biondo alle spalle dell’americano, che intrecció le proprie dita alle sue, compiacendosi del suo respiro caldo sulle proprie spalle nude.
Era da poco passata la mezzanotte ed un suono destó bruscamente Jude, che aveva un sonno piú leggero rispetto a Downey.
Era il motore del frigorifero, un vecchio modello recuperato in un negozio di modernariato, come molti altri pezzi dell’arredamento, una mania di Robert, condivisa anche da Jude, che comunque preferiva le antichitá inglesi, come l’argenteria od il vasellame francese.
Imprecó mentalmente, andando poi a spiare divertito le smorfie dell’altro, che stava sognando.
Inizió a stuzzicargli il lobo sinistro, soffiandoci sopra dispettoso – “Sei soffice Rob…” – bisbiglió suadente.
Downey spinse leggermente il bacino verso il suo, aderendovi al meglio ed ancorandosi con la mano, schiudendola sul gluteo fresco di Jude, che sussultó, aumentando la respirazione – “Rob…”
“Cosa…?” – finalmente gli diede retta.
“Ho voglia…”
“Volevi farmi… mentre dormivo?” – sussurró provocante, premendo piú forte contro di lui, che precipitó tra le sue gambe, farfugliando un “Cazzo… sí, puoi scommetterci…”.
Lo penetró con la lingua, spingendosi piú a fondo possibile.
Robert urló, si sentí come spaccato a metá, avvinghiato a pancia in giú al cuscino, pronto a ricevere Jude in tutti i modi.
Gli aprí i glutei, stimolandolo anche con i pollici, facendoli entrare insieme al resto – “Voglio sentirti bagnato prima di scoparti…” – ringhió, ma poi, senza rimandare e con un’unica spinta, glielo fece sentire fino in gola, per l’intensitá con cui lo prese.
“Ju…Jud…sie…no…no…mio Dio…”
“Prendilo tutto, lo so che ti piace…” – la sua voce roca, glielo fece indurire allo spasimo: Robert inizió a toccarsi, ma Jude gli mise sotto un secondo guanciale, bloccandolo per i polsi ed incrociandoglieli dietro alla schiena, mentre continuava a colpire duro.
Robert spalancó la bocca e Jude ne approfittó per infilarci l’indice ed il medio – “Succhia avanti!” – e lui lo fece, mentre un rigagnolo salato scivoló dai suoi piccoli laghi di pece e quarzo.
Lo liberó, permettendogli di venire insieme a lui, che era al limite ormai.
Jude lo riempí, ma prima che anche Robert potesse godere, lo voltó a sé, ingoiando il suo piacere immenso, portandolo ad un’estasi incredibile.

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