venerdì 15 aprile 2011

GOLD - Capitolo n. 134

Capitolo n. 134 – gold




“Cole sei giá a letto? Non ti trovavo piú…”
“I ragazzi se ne sono andati?”
“No, dormono qui, Josh era gia´ in camera di Yari, si adorano…”
“Sí, lo vedo.” – sorrise, rannicchiandosi nudo tra le lenzuola colore viola.
Jared lo osservó per qualche secondo, poi sparí in bagno per mettersi in pigiama e lavarsi i denti.
Tornó, senza accendere luci, era sufficiente qualche led sparso per la stanza.
“Sono a pezzi e non ho fatto nulla di che…” – disse allungandosi al fianco di Colin, che non si mosse.
Sembrava in eterna attesa di lui, terrorizzato di sbagliare ancora con Jared, che gli sorrise, dandogli un bacio leggero – “Buonanotte tesoro…”
“Notte Jay… ah, Brandon e Kurt ti salutano.” – disse con l’esigenza di proseguire in qualche modo la conversazione con lui.
“Tutto a posto nella grande mela?”
“Sí… credo di sí, soprattutto Brandon, mi raccontava di una nuova ricerca con un’equipe europea, ma non ci ho capito molto… in effetti non lo stavo a sentire…”
“È iperattivo il nostro dottor Cody, secondo me è Kurt che lo ringiovanisce…”
“Forse quando si ha qualche anno in piú ci si preoccupa… cioè si hanno delle insicurezze…” – balbettó un discorso, senza sapere dove andava a parare, ma Jared sembrava interessato.
“Mmm puó darsi Colin, c’è uno scambio… Kurt gli trasmette nuovi entusiasmi e Brandon si impegna il doppio nel farlo stare al meglio… Sí, dev’essere cosí.”
“Non succede sempre, peró… Guarda Glam e Kevin…”
Jared aggrottó la fronte, sentendo una punta di gelosia nei confronti del bassista dei Red Close, ma non intese il ragionamento di Colin, non subito.
“Cioè…?”
“Glam ha la certezza assoluta su di lui, non lo perderá mai, anche se Kevin ha venti anni meno di lui… non sono pochi.” – tossí, conscio di avere imboccato un vicolo chiuso.
“Suppongo di sí… con uno come Chris accanto, non cedere… Colin, scusa, ma di cosa stiamo parlando? Di fedeltá?”
“Forse… No, non lo so Jared, forse non volevo dormire, mi piace parlare con te… di tutto…”
“Di coppie che funzionano, di disastri sentimentali… sí, capisco, potremmo farci mattina, l’argomento è vastissimo.” – rise nervosamente, dandogli le spalle.
Colin ci posó un timido bacio – “Notte Jay…” – sussurró rassegnato, voltandosi dall’altra parte.
Trascorsero meno di due minuti: Jared si mise seduto, battendo i pugni sul materasso – “Finiscila con quest’aria da cane bastonato cazzo!!” – esclamó, arrabbiato, tremante.
Colin si sollevó, fissandolo impaurito – “Co… cosa?”
Jared scoppió a piangere.
“Non sto fingendo… io mi sento proprio cosí Jay…” – sembró giustificarsi, ma l’altro si alzó, indossando i pantaloni di una tuta ed una felpa con il cappuccio – “Faccio due passi, scusami… scusami Colin…” – ed uscí trafelato, in una mano il cellulare e nell’altra una bottiglietta di minerale.

La panchina era sempre la stessa ed anche il tavolo, dove appoggió quei due oggetti, dai quali non si separava mai.
I passi di Farrell erano leggeri.
Si avvicinava, una sigaretta accesa e spenta subito, prima di sedersi di fronte a lui.
“Domani pomeriggio parto per l’Irlanda, con i bambini, li porto dai nonni. Jude viene con me, facciamo un pezzo di strada insieme… poi prosegue per Londra, intanto Robert torna in Messico.”
Jared si strofinó la faccia.
“E… e quando lo hai deciso? Te la senti di viaggiare?” – domandó preoccupato.
“Ci pensavo prima di ricoverarmi, era in programma e stasera ho pensato fosse la cosa migliore. Ci saluteremo in aeroporto, c’è un volo per Haiti nello stesso orario, il biglietto lo trovi nel cassetto del comodino… Sai, volevo farti… una sorpresa…” – scrolló le spalle, tirando sú dal naso – “Non mi sono mai sentito tanto fallito come adesso, sai Jared?” – disse serio, maturo quasi.
“Fai sentire cosí anche me.” – replicó Jared, senza rendersi conto di averlo umiliato ancora.
“Bene. Era il fondo che dovevo toccare Jay…Vado a dormire al terzo piano, ci vediamo a colazione, riposati.”
Jared si morse le labbra, il respiro mozzato.

“Sei davvero sicuro di volerlo accompagnare Judsie?”
Glielo chiese, massaggiandogli la cervicale.
Avevano fatto l’amore a lungo, prima di allontanarsi per quelle tre settimane.
“Sí Robert…aveva una voce quando… mi sembrava una supplica…”
“Jared scalpita per tornare da Geffen e lui si arrende, mi sembra palese.” – mormoró stendendosi, per poi stringere sul petto Jude, che respiró forte.
“Sono incazzato con lui, non posso nascondertelo Rob…”
“Ma hai promesso a Jared di perdonarlo, giusto?”
Law annuí, aggrappandosi ancora di piú a lui, che non desiderava di meglio, ricominciando a baciarlo.

I piccoli sciolsero i nodi che Jared aveva in gola, baciandolo e facendogli mille raccomandazioni.
Seppur in tenerá etá, comprendevano quanto l’isola fosse un posto pericoloso.
Jude sembrava affogare nell’incavo del collo di Robert, che lo avvolgeva con un amore, che sembrava essersi invece spento nei cuori di Jared e Colin: si sentivano estranei, polverizzati negli sguardi sfuggenti, colmi di imbarazzo.
“Abbi cura di te e…” – “Colin…”
I suoi zigomi tremavano, avevano chiamato il suo volo, il primo avviso.
“Cosa c’è adesso, Jay?” – glielo disse, sfiorandogli il volto, con una carezza gelida, era in piena crisi, le iridi scure, che si facevano liquide, non esisteva alcun ritegno quando ci si riduce in quel modo, pensó Colin.
Erano rimasti soli nella saletta d’attesa, in veritá erano soli al mondo.
Si frantumarono in un abbraccio improvviso, in un bacio frenetico ed appassionato.
Jared infiló le proprie dita sotto alla camicia di Colin, che fece altrettanto, come in preda ad uno spasmo totale, che si era impadronito dei loro sensi e di quel briciolo di razionalitá rimasta accesa.
Senza sapere come, Colin spinse Jared contro ad una porta dietro di loro, che si aprí, facendoli cadere in uno stanzino illuminato unicamente dalla luce che filtrava da una grata venti per venti, che altro non era che una presa d’aria.
Precipitarono sul pavimento e quasi istintivamente Farrell diede una pedata a quell’uscio sottile, chiudendolo.
Il contatto rimase tale e quale, le gambe di Colin tra quelle di Jared, che ansimava, strofinandosi contro di lui, che stava per esplodere, sentendo la reciproca eccitazione.
Era sconvolgente.
Stavano facendo l’amore, senza invadersi, perché sarebbe stato solo quello, mentre invece era indispensabile appartenersi.
Prima o poi sarebbero tornati in quello stato di grazia, volevano crederci ad ogni costo.
“Co… Cole… sto… sto venendo…” – il suo urlo si mescoló a quello del compagno – “Anc… anch’ioo Diooo!!”
Tremavano, bagnati e caldi, guardandosi finalmente.
Erano spiazzati, confusi, ma sorridevano.
“Ti amo… ti amo Colin…”
Farrell non diceva nulla, il fiato divorato da quello di Jared, che lo bació di nuovo, con estrema dolcezza.
Era tempo di andare.

“Che diavolo hai combinato Colin?!”
“Eh… perché scusa?”
Jude lo squadró – “Ma… ma hai fatto sesso?!” – gli sibiló sottovoce, come se fosse la cosa piú scandalosa possibile.
Farrell rise, nascondendo gli occhi arrossati sotto alla mascherina – “Non so come ti vengano certe idee…” – e si rintanó sotto alla coperta in dotazione.
“Ecco bravo irish buddy, copriti e vatti a pulire possibilmente.” – ridacchió, controllando che i bimbi fossero abbastanza distratti dalle chiacchiere di miss Wong, che si era aggregata con il marito alla spedizione verso Dublino.
Colin si giró sul fianco, verso di lui, scoprendosi lo sguardo – “Abbiamo… ci siamo voluti bene… in uno sgabuzzino… non era la prima volta, credo di averli visitati quasi tutti, al Lax, con Jay…” – confidó radioso.
Jude sbuffó – “Contenti voi.” – poi rise – “Sono contento… davvero.” – e gli diede un bacio sulla fronte, lasciandolo poi in pace con i suoi sogni.



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