Capitolo n. 129 – gold
Jonathan fece capolino nella camera di Colin, dopo essersi sincerato che Jared se ne andasse dalla clinica.
Aspettando camuffato come un ladro nella sua Lotus nuova fiammante, all’interno del parcheggio antistante la Sheppard, aveva seguito i movimenti del cantante dei Mars, sperando che non tornasse subito.
Aveva tra le mani una scatola di cioccolatini e biscotti, che sapeva piacere a Farrell, da quando era bambino.
L’irlandese stava dormendo, con due flebo attaccate al braccio sinistro.
Era pallido, la barba lunga.
Il medico lo aveva pregato di non disturbarlo troppo, visto che era giornata di terapia pesante, la definí in quel modo, che scosse Jo.
“Posso?... Ciao Cole…”
“Jonathan… ehi, ma cosa…?”
“Se vuoi me ne vado, ma… ma ho assolutamente bisogno di dirti quanto sono mortificato…”
“Entra… non sono arrabbiato con te… Come va lá fuori?”
Ryes si accomodó sul bordo del letto, abbracciandolo facendo attenzione ad aghi e tubicini.
“Chi ti ha detto che ero qui?” – domandó Colin stupito.
“Tua sorella… l’ho torturata… ricattata… mi mancava solo di rincorrerla con una mannaia ahhaahh…”
“La perdoneró…”
“E tu… tu mi perdoni Colin per quella sera del cazzo?”
“Certo… eravamo fuori…Guarda che l’ho detto a Jared… è appena andato via.”
“Sí l’ho visto… non è casuale che sia qui dopo di lui… non vorrei essere preso giustamente a pedate.”
“È un momento complicato… ma lo supereró, Jared è presente e mi ama… lui mi ama, nonostante tutto.”
“Nonostante cosa? Sei il compagno migliore che un ragazzo possa avere…” – disse con tenerezza, la stessa con cui stava accarezzando la fronte e gli zigomi sofferenti di Colin, che annuí – “Sí… come no… guarda è una lunga storia, ma ho commesso degli sbagli con Jared…”
“È tanto grave?”
“Sí Jo, ma passerá…”
“Ok…tu sei un uomo generoso, lui capirá e supererá gli errori che puoi avere fatto… Adesso scappo, devo prendere un aereo…Ti voglio bene buddy…”
Owen continuava a mettere a posto le posate dal gambo in vetro colorato.
Era una tavola allegra, apparecchiata ad arte per portare un sorriso ed una vena curiosa per gli accessori ed i dettagli particolari.
Il locale era stato appena inaugurato ed era di quel Mel, amico di Rice, che invitó a pranzo Shan, che arrivó in moto.
Lo fissó, mentre chiudeva a chiave il suo bolide, togliendosi il casco ed aggiustandosi i capelli corti.
Aveva una t.shirt nera a maniche corte, sotto al giubbino in pelle, come i jeans e le scarpe.
Era bellissimo, ancora di piú quando si sfiló gli occhiali da sole, cercando con lo sguardo Owen, che gli fece un cenno ed un sorriso.
Si avvicinó, giocherellando nervosamente con le chiavi.
Rice si alzó, tendendosi per un abbraccio che non tardó ad arrivare.
Shan gli diede anche un bacio sulla guancia sinistra – “Ciao Owen, come stai?” – domandó con la solita voce calda.
“Bene. Grazie per essere qui, come state, tu e Josh?”
“Il piccolo ti saluta… voleva venire con me, ma gli ho promesso che ci faremo una pizza alla prima occasione.”
“Sí, promesso… ho ordinato del vino bianco e del pesce… per te va bene?” – chiese timidamente.
“Perfetto…conosci i miei gusti.”
“Abbastanza Shan… Ok, cosa mi racconti?”
“Jared è in cittá… Colin non è stato bene e mio fratello ha deciso di farlo ricoverare e di assisterlo…”
“Ma ora sta bene?”
“Insomma… sta migliorando… Tu… tu volevi vedermi per… Owen quale è il vero motivo?”
Robert borbottó divertito qualcosa, prima di rispondere al cellulare, chiedendosi di chi fosse quel numero.
Era solo in casa, a ripassare il copione e mangiare un doppio cheeseburger.
“Sí… pronto.” – farfuglió con la bocca piena.
“Ciao Robert… sono Chris… ti disturbo?”
“Chris…? Ciao, no, stavo solo ingozzandomi ed imparando a memoria una parte… Ma dove sei?” – rise.
“In Giappone, partiamo tra due ore ed io…io non sapevo con chi parlare…”
“Sono qui… ti ascolto Chris, sei giú di morale… posso aiutarti?”
“Non lo so Robert… sono distrutto… il lavoro va alla grande, ma mi manca Tomo… ed io non so bene cosa fare…”
“Sono contento che tu abbia pensato a me per sfogarti, sai che voglio bene a Tomo… Lui è tornato con Shan, peró non sono sicuro che sia stata la scelta giusta.”
“Lui dice di amarmi, lo ripete tutti i giorni, ci sentiamo per pochi minuti dopo che lui ha accompagnato il figlio a scuola…Ed io non riesco ad andare avanti… ti è mai successo?”
Downey rimase alcuni secondi in silenzio, ripercorrendo con la mente il proprio passato: “Sí…Con Jude ci siamo divisi tra le famiglie e la nostra storia d’amore, che era l’unica fonte di gioia per noi… ed alla fine abbiamo scelto di essere felici, ma per arrivarci abbiamo sofferto, io poi ho dovuto superare i suoi tradimenti, con altre donne, ma solo all’inizio, Judsie era confuso, beveva… Gli ho sempre creduto quando diceva di amarmi, anche se talvolta era praticamente un suicidio del cuore. La risposta è dentro di noi Chris, cosí alla fine avevo ragione a non demordere…”
“Dovrei combattere allora…? E se fossero solo mulini a vento Robert?”
“Lo scoprirai solo correndo incontro al tramonto Chris… sai cosa intendo?”
Il ragazzo tiró sú dal naso, asciugandosi il pianto dal viso meraviglioso – “Sí Robert, so cosa intendi… adesso lo so.”
“Ok… quando vuoi parlare cercami.”
“Grazie Robert, sei una persona fantastica…Tomo me lo aveva detto…”
“È un ragazzo in gamba, sempre detto ahahhah… Ti abbraccio, a presto.”
Jude aveva il fiato corto.
Mandó un sms a Jared, impegnato alla End House con i figli, ad organizzare una piccola festa con i compagni di scuola di Yari.
Ingaggió un dj ed un cattering stile McDonald, suscitando l’entusiasmo generale.
Jared lo richiamó – “Ehi, che succede Jude?”
“Ciao, non riesco a fare questi cazzo di cinquanta metri per arrivare alla stanza di Colin!” – disse stizzito.
“Non contarli e cammina…” – replicó sorridendo.
“Sí, hai ragione, te l’ho promesso… ho paura di sbottare ed insultarlo…io… io lo adoro, ma…”
“Allora stagli vicino, senza rancore…”
“Sí… certo…”
“A proposito, guarda che oggi aveva una dose di farmaci, che lo fanno vomitare in continuazione. Sicuro di volerlo vedere? Io arrivo tra venti minuti comunque… se non te la senti Jude…”
“No, vado subito allora… a dopo, ciao Jared.”
La porta era chiusa e c’era un led rosso acceso accanto al campanello.
L’infermiera che uscí spingeva un carrello pieno di lenzuola ed asciugamani da lavare.
“Signora mi scusi… posso fare visita al signor Farrell?” – domandó esitante.
“Sí… ora si è calmato, ha avuto una crisi, lei è un parente? Ma cosa dico, lei è l’attore… Law, giusto?” – sorrise.
“Esatto… è stato tanto male?”
“Pessima giornata, peró ha buttato fuori molte tossine ed ora dovrebbe restare tranquillo. Ci chiami se desse nuovamente di stomaco, non deve disidratarsi.”
“Lo faró…grazie.”
La stanza era immersa nella penombra, il condizionatore acceso, un profumo di pulito ed agrumi, proveniente da un diffusore a parete.
Colin aveva gli occhi chiusi, ma li aprí appena sentí entrare Jude, salutandolo con emozione.
“Uk buddy… Dio sei qui…”
“Ciao Cole...”
Law provó un nodo alla gola, poi voló da lui, stringendolo e scoppiando a piangere.
Colin si perse in quel fiume in piena di emozioni e dolore.
Era stato il carnefice di Jared, ma anche di tutti i suoi migliori amici, che portavano in fondo all’anima un fardello pesante ed incancellabile, avendo provato l’angoscia e la paura di essere posseduti per pura cattiveria e volgare materialitá.
Era come se li avesse violentati tutti, nell’essenza del loro spirito generoso e puro, ancora una volta.
Quello stato di cose gli apparve chiaramente come un cammino ad ostacoli e Colin doveva superarli uno ad uno, cercando il loro sincero perdono.
Un compito angosciante, ma che voleva portare a termine, a qualsiasi costo.
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