Capitolo n. 218 – zen
Jared si affossò
nella poltroncina davanti la scrivania, sulla quale aveva aperto il pc, per
scaricare la posta elettronica.
Colin entrò nella
loro camera, senza fare rumore.
“Tesoro come stai?” –
chiese con una sorta di circospezione.
Mai come in quell’istante
aveva il timore di perderlo.
Era una situazione
assurda, aveva ragione Jude, così come il gravitare intorno al destino di
Geffen, schiacciati dalla sua condanna a morte, così prematura e crudele.
“Ehi … sono un po’
stanco … e demotivato” – rispose tendendogli la mano, dopo a avere roteato la
seggiola nella direzione del marito, che si avvicinò, come rincuorato dal suo
sorriso.
Farrell, però, scorse
un arrossamento sul collo esile di Jared, che inarcò un sopracciglio,
vedendogli mutare espressione.
“Che succede Cole?”
“Niente … No, niente”
– e si bloccò, traendo conclusioni sbagliate.
Isotta aveva
semplicemente giocato con una bambola, urtando la pelle delicatissima del
padre, che si era pure lamentato, senza comunque rimproverarla.
Leto si massaggiò il
punto incriminato, ridendo nervoso – “Cosa
credi, che sia andato da Glam per scopare e prendermi gioco di te, Colin?!” –
sbottò esagerato, quanto l’atteggiamento del compagno.
“No, io non credo più
a niente, da quando ci è capitata questa disgrazia Jay” – ribattè asciutto,
restandosene impalato, quando invece Jared sperava in un abbraccio.
Detestavano entrambi
quella tensione, quel rimanere sospesi ed impotenti, ma, soprattutto fragili al
pensiero di dipendere così tanto da Glam, dalla sua presenza, senza la quale,
forse, la loro coppia si sarebbe disgregata senza appello.
Geffen rappresentava
un collante.
Assurdo, ma autentico
nel suo decidere per le sorti altrui, sacrificando la propria felicità, per la
quale, in maniera dissennata, Farrell voleva fare qualcosa in extremis.
Era tardi per tutto.
“Colin non voglio
litigare”
“Nessuno lo vuole, ma
finiamo sempre per farlo quando si tratta di lui”
“Forse dovevi andarci
tu, da Glam! Forse era quello che volevi, che non hai il coraggio di ammettere!
Ed io sto impazzendo, perché LUI ha reagito con fastidio, mentre TU, ora, ti
stai pentendo per avermi spinto ad assisterlo, ad essere presente, come se ci
facessi un favore!” – inveii, perdendo il controllo, sentendo estranea la
propria voce, che sputava sentenze velenose ed inopportune.
Farrell lo artigliò
per le spalle, scuotendolo veemente – “Dove vuoi andare a parare con questo
discorso del cazzo!!? Potrei saperlo??!”
Il profilo di Louis,
stagliato contro l’oceano increspato dal sole, fece perdere un battito ad
Harry, che lo raggiunse per quell’appuntamento fuori programma.
Avrebbero dovuto
pranzare a casa, prima di recarsi al locale di Brent, in prospettiva della serata
inaugurale, già tutta esaurita nelle prenotazioni.
“Ehi … ciao Boo,
tutto bene?”
Lo avvolse, sedendosi
sulla panchina, per poi dargli un bacio intenso, senza curarsi del mondo
circostante.
C’era un’aria di
festa, con tante persone innamorate per strada, a tenersi per mano, consumando
zucchero filato e pop corn, mentre dei saltimbanchi divertivano i nugoli di bimbi,
a spasso sul lungo mare, con i genitori altrettanto spensierati.
Lo sguardo di Louis
era commosso ed imbarazzato.
“Harry senti … Non so
da dove cominciare”
“Dal principio” –
rise poco disinvolto.
“Già … Avrei voluto
realizzare i tuoi sogni, vederti sereno, senza più preoccuparsi di come
riempire il frigorifero o pagare l’affitto …”
“L’hai fatto Boo,
anche se spero di avere partecipato anch’io a questo … successo” – provò a
scherzare.
“E’ l’aspetto
materiale, quello meno importante, ma per me contava più di qualsiasi altro
fattore, era un’ossessione, sai?”
“Certo, ne abbiamo
parlato spesso …”
“Diciamo anche
discusso, per i miei metodi poco ortodossi, Harry” – rise impacciato.
“Dio, non torniamo
sui certe questioni Boo, è acqua passata, non credi?” – bissò fermo.
“No è … è ciò che
sono io, che ero almeno … Ciò che sono diventato per colpa di mio padre, non ci
sono alternative, non possono esserci, perché altrimenti mi detesterei … Usare
il mio corpo, per ottenere quanto indispensabile a sopravvivere e poi … poi
sporcare la mia vita, la nostra vita, per raggiungere un traguardo negli studi,
sfruttando scorciatoie di ogni tipo, non mi fa onore” – affermò serio,
scrutando l’orizzonte.
“Hai fatto ciò che
credevi giusto Louis, hai preso delle decisioni, probabilmente avventate e
rischiose, ma poi, alla fine … tu hai scelto me … hai scelto noi” – e gli
accarezzò le guance arrossate.
“Sì … e la mia
intenzione di sposarti era sincera … Solo che poi … Quella lettera … Ho
cominciato a riflettere, a soppesare le mie reazioni … Sono in guerra con me
stesso, con l’odio ed il rancore, che mio padre ha fatto germogliare in me,
rifiutandomi, vomitando le sue verità, il suo disprezzo ...”
“Volevi il matrimonio
per prenderti una rivincita su di lui? Per dimostrargli qualcosa, di cui,
invece, non sei affatto persuaso?”
“Non arrabbiarti Haz …”
– mormorò, tamponandosi il viso sfigurato da un dolore crescente.
Avrebbero dovuto essere
leggeri, come le bolle di sapone sparate ovunque dai giocolieri, erano giovani,
avevano tutta una vita davanti, che adesso, appariva ad entrambi colma di
ostacoli e di cose non dette.
“Io non mi sto
arrabbiando! Cerco solo di capirti Louis! Di decifrare i tuoi enigmi!” – e senza
neppure rendersene conto, Harry si stava tormentando la vera del loro
fidanzamento.
Louis se ne accorse.
“Ti amo Haz …” –
respirò a fatica, afferrandogli i polsi.
“Allora cosa sta
succedendo Lou?? Non è neppure per le nozze, sai cosa mi frega di andare
davanti ad un pastore, che legittima la nostra unione!” – esplose livido, gli
occhi pieni di lacrime.
Gli
importava da impazzire.
Jared schiuse le
labbra, in un moto di stupore.
Di senso dell’inconcepibile.
E dell’inaccettabile.
Equivoci non ce ne
potevano essere: i loro corpi, intrecciati e madidi, le espressioni appagate e
felici, anche se stavano dormendo profondamente, ogni dettaglio trasudava
amore, appartenenza, intesa.
Robert e Glam,
apparvero a Leto come un quadro di Caravaggio, tra le lenzuola porpora, i
soprammobili a contorno rossi e viola, gli sprazzi di oro, rimandati dalla
luce, che andava ad infrangersi su ripiani e quadri preziosi, in un insieme
statico e perfetto.
Così perfetto da
fargli male ad ogni centimetro di pelle, di nervo, scoperto da quella brutale
scoperta, come se fosse una lama, con cui un essere invisibile stava infierendo
sulle sue carni, ma mai quanto sulla sua anima, esposta ad un ludibrio impietoso.
Il leader dei Mars
fece un passo indietro, poi uno successivo, finché raggiunse la scala, che
percorse senza neppure rendersene conto, ritrovandosi sull’auto, dove si
barricò, scalciando ed imprecando.
Era fuggito da Colin,
per andare da Glam e qui era stato come cacciato dal regno.
Senza patria, senza
dimora alcuna, per la sua piccola, inutile vita.
Aveva girato e
rigirato intorno a sbagli, ad addii e ritorni, rimescolato nei sensi e
soppiantato dall’inquietudine, che nessuna droga e nessun legame, erano stati
in grado di sedare e sconfiggere.
Il suo baratro
camminava con lui, non lo abbandonava mai.
Forse gli era più
fedele di chiunque uomo, Jared avesse amato.
Una constatazione
tanto sconsolata, quanto nitida.
Rice passò a
prenderlo puntuale.
Christopher aveva
accettato il suo passaggio al Dark blue con un entusiasmo pacato, ma anche
sereno.
“Ehi splendore …”
“Ciao Owen, come
stai?” – lo salutò, abbracciandolo appena salito sull’ultimo modello sportivo
di Rolls-Royce acquistato dal gallerista.
“In forma, ma tu non
sei da meno … Allora andiamo? Non mi aspettavo di ricevere l’invito: un San
Valentino fuori programma direi …”
“Già, peraltro
credevo avessi una fidanzata …”
“E’ incinta, utero in
affitto, non crederai mica che io mi sia innamorato di una donna?” – rise un po’
cinico.
“Diventerai papà,
Owen?!”
“Julie voleva una
sorellina ed io l’ho accontentata”
“E Shan, che ne
pensa?” – chiese perplesso.
“Non lo sa … Glielo
dico stasera, ammesso che ci sia”
“Credo di sì, Tomo me
l’ha confermato”
Rice aggrottò la
fronte – “Lo frequenti di nuovo …?”
“Solo amici, come tu
ed io, intesi bell’uomo?” – rise.
“Intesi, intesi …
Anche se faticherò un minimo” – ed ammiccando, arrivò nel parcheggio del
ristorante di Brent e Louis.
Contemporaneamente ad
Ivan, che appena li notò, sembrò gelarsi.
Christopher gli fece
un cenno, ma il body guard non gli diede retta, dirigendosi spedito verso l’ingresso.
Amos non si era
aggregato, per quanto detestava la ricorrenza in sé.
Ivan non aveva voglia
di ammuffire davanti alla solita partita di basket, che il socio preferiva a
qualsiasi altro svago, da quando erano a Los Angeles; certo era scontato
ritrovarsi davanti l’ex di Steven, ma scoprirlo in coppia con il miliardario,
che un tempo Chris doveva pure sposare, fu la prima doccia fredda della serata.
Jude passò a prendere
Colin.
“E Rob?”
“E Jared?” – gli fece
una smorfia l’inglese.
“Ok, lasciamo
perdere, muoviamoci dai …”
“Siamo già incazzati
irish buddy?” – domandò avviando il suv, dopo avere lasciato le bimbe alle cure
dei Wong.
“Tu cosa dici? Jared
è passato da casa ed abbiamo discusso … Senza risolvere un tubo”
“E cosa c’era da
risolvere, accidenti?”
“Le mie insicurezze
Jude, mescolate al suo disappunto per come Geffen ha accolto la nostra brillante idea!” – spiegò contratto.
“Nessun ponte d’oro
od altarino votivo a Jared?” – rise sguaiato.
Il suo alito non
mentiva.
“Cazzo Jude, ma hai
bevuto??”
“Nulla che non possa
reggere, Cole!” – gli sussurrò alticcio.
“Fermati! Non voglio
avere guai, né scandali! C’è un sacco di polizia in giro!”
“Ok … Non sono
ubriaco … ci vuole ben altro”
“Lo so che sei un
osso duro, che reggi litri di alcolici, ma dobbiamo mettere un freno a questo
stillicidio!”
“Ok … chiama un taxi
intanto … Io provo a telefonare a Robert … Non so nemmeno dove sia …”
“Ma dai i numeri??
Come non sai dov’è??!”
Lux sventagliò i dvd
sul tavolino del soggiorno, sbuffando indeciso su cosa scegliere.
“Romantico … no …
film di fantascienza? Mmmm mai uoi” – sospirò annoiato.
Il campanello lo fece
sobbalzare: non aspettava nessuno.
Tranne Harry.
“Ciao Vincent … è un
brutto momento? Sei solo o …?”
“Cosa ci fai tu qui?
Stasera poi …” – gli sorrise, lasciandolo avanzare, le mani in tasca del
soprabito scuro, elegantissimo, come ogni cosa del giovane.
“Devo parlarti …”
“D’accordo … Bevi
qualcosa? Hai mangiato?”
Haz sorrise, per l’innato
senso paterno, che il francese dimostrava ad ogni occasione.
Era chiaro come mai
Louis lo adorasse.
“Sono a digiuno ed a
secco … Magari una tonica, grazie”
“Eccola … Bièn, di
che si tratta?”
“Di ciò che più
conta, per me, da quando sono al mondo Vincent … E tu sai di chi sto parlando … Giusto?”
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