sabato 9 novembre 2013

ZEN - CAPITOLO N. 211

Capitolo n. 211 – zen



Era buio.
In quella stanza.
Nel suo cuore.
Dentro di sé, dove Jude si muoveva dolcemente, baciandogli le tempie, rassicurandolo, su cosa, neppure Robert lo sapeva.
O capiva.

Era frastornato, pieno di lui, del suo seme, copioso, ora.

Delle carezze, sparse sul suo addome, poi più in basso.

Il piacere indotto, provocato dal massaggio energico, a tratti, poi più profondo, di Law, esperto, metodico, conoscitore di ogni centimetro di pelle del suo sposo.

La spiaggia, le loro nozze: un flash, al sapore di agrumi, schegge di mare, sparse nell’oceano, spettatore silenzioso di un’unione all’apparenza inscindibile.

Invece Rob si sentiva a pezzi, come i coriandoli lanciati dai bambini al loro passaggio, tra applausi, schizzi di riso, petali di rose.

Poteva essere l’ultima notte, per come si sentiva morire Downey.

Invece sarebbero andati avanti.

Lui facendo finta che non fosse accaduto niente e Jude chiudendo gli occhi, davanti al suo disagio, confondendolo con il malessere provato dal marito per le sorti di Geffen.


Pietre, su pietre, in quella sepoltura progressiva ed arcaica, delle loro emozioni, di una promessa, fatta di purezza, ma perduta nel passato, verso il quale era pericoloso affacciarsi.

A vedere così tanta gioia, smarrita con orgoglio, stupidità, avventatezza, c’era da vergognarsi.

Unicamente vergognarsi.



Chris chiuse il trolley.

Si era fatto una doccia, in piena solitudine.
Di Steven e Clarissa era rimasto solo un messaggio sul suo tablet.

Sgranocchiò un’altra fetta biscottata, cosparsa di miele e frutti di bosco.

Sorrise.

Aveva parlato brevemente con Geffen, al telefono, sentendolo peraltro stranito.

Gli chiese semplicemente assistenza per l’affido condiviso della figlia con Boydon.

Glam disse che non ci sarebbero stati problemi e che qualcuno, allo studio, si sarebbe fatto carico della sua pratica, appena rientrati a Los Angeles.

Bussarono.
Un tocco leggero.

“Ivan … ciao, entra pure”

Il sovietico si guardò intorno, notando il bagaglio del cantante.

“Saresti andato via senza salutarmi?”

“No, affatto. Accomodati, vuoi una birra? Fammi compagnia”



Harry barcollò in boxer e maglietta sino alla porta, strofinandosi la faccia.
L’orologio a muro segnava la mezzanotte.

“Jared …?”
“Ciao, scusa per l’ora, stavamo salendo dopo la cena e Tom mi ha detto di Louis” – disse trafelato, con il fiato corto, impaziente di sincerarsi delle condizioni del giovane.

“Accomodati … Siamo crollati”

Leto gettò un occhio verso la camera, constatando che c’era anche Vincent assopito accanto a Louis.

“Gli ho chiesto io di rimanere ...” – spiegò calmo Harry e Jared annuì.

“Hai fatto bene … Siete le persone più importanti della sua vita” – mormorò fissando Boo, che schiuse le palpebre, non senza avere un lieve sussulto, nell’accorgersi di Lux.

“Harry …” – e gli tese le mani.
“Sono qui, c’è Jared, è venuto a trovarti” – gli sorrise, mentre con il leader dei Mars, si avvicinò a lui.

Vincent fece una smorfia – “Mon Dieux, cosa …?!” – e scattò seduto.

Louis rise pulito – “Siete tutti matti …”

Il francese era completamente vestito, tranne le scarpe, di cui si era liberato senza ricordarsene.

“Volevo parlare con Louis, pochi minuti, poi me ne vado, promesso”
“Ok …” – disse Harry e Lux si alzò, non senza scompigliare i capelli a son petit.



Ivan deglutì a vuoto, scrutando Chris, mentre raccoglieva le ultime cose in uno zaino arancio e viola.

La sacca era imbrattata di scritte, stemmi, spilline: ricordi di concerti, tappe della band, viaggi adolescenziali.
Christopher la conservava gelosamente: c’era un po’ della sua vita in quell’oggetto, forse la parte migliore, quando non prendeva più nulla sul serio e voleva divertirsi, in fuga dalla sua altolocata e soffocante famiglia d’origine.

“Ti accompagno” – azzardò il body guard.
“No, meglio di no” – replico sereno il ragazzo.

“E con Steven? L’hai rivisto?”
“No. Mi ha scritto poche righe, dicendo che Clarissa rimarrà dai nonni”
“Un po’ poco … sei preoccupato?”
“Affatto. Risolverò questa cosa, è anche mia figlia, ho trascorso più tempo insieme a lei di chiunque, suoceri inclusi.”

“Ok Chris … Io pensavo”
“No Ivan, ti farei solo del male e non voglio: hai tutto il mio rispetto”
“E’ molto … Sì, è importante, per me, te lo assicuro, ma vorrei avere almeno una possibilità” – ribatté schietto.

“Anch’io la voglio e me la sono presa, forse per la coda, in extremis, però è ciò che desidero: imparare di nuovo a stare bene con me stesso, amarmi, come non ho mai fatto davvero. Mi sono affidato a persone come Steven, credendo che avrebbero risolto i miei casini, che mi avrebbero persino guarito, ma ho detto basta, chiuso, si cambia” – sorrise.

“Ed io sono di troppo?” – chiese mesto.

“Assolutamente no, Ivan. Tu sei un punto di riferimento, so di potere contare su di te, ma devo stare da solo, almeno per un po’.”

“Io ci tengo a te … Ti voglio bene Chris …” – gli diede una carezza “Io … io ti”

Christopher lo fermò con un bacio, a stampo – “Arrivederci Ivan”



Leto gli aggiustò la t-shirt dei Mars, sfiorando poi con l’indice la mini triad, che Louis aveva tatuata sul polso.

“Noi avremo cura di te, questo è assodato, però credo tu abbia bisogno di un’unica conferma, sai?” – affermò calmo.

“So cosa intendi Jared”
“Ci sono passato anch’io, però mio padre è morto Louis, mentre con il tuo puoi ancora parlare, affrontarlo … Ho cercato spesso, nelle figure maschili più disparate, i suoi abbracci, i suoi consensi”

Jared, non senza difficoltà, gli raccontò dell’orribile episodio, che lo segnò a quindici anni, rammentando quello zio acquisito, che abusò di lui, dopo averlo fatto affezionare a sé, con lucida e spietata premeditazione.

“Mi sembrava incredibile che trascorresse del tempo insieme a me, sai Lou? Che andassimo a pesca, che facessimo delle cose, che apprezzasse i miei disegni od ogni stupida cosa potessi inventarmi, per attirare il suo interesse: peccato che quei sorrisi celassero un mostro"

Louis, con gli occhi lucidi, lo abbracciò.

“Appena arrivato a Los Angeles … Avevo pochi soldi, cercavo di non spenderli, mi servivano a trovare una sistemazione … ed una sera un tizio mi ha offerto hamburger e patatine, non senza che …”
“Ho capito Louis” – gli sorrise, commuovendosi.
“Non l’ho mai detto a nessuno … nemmeno ad Harry, né a Vincent, temevo il loro giudizio … Ho spesso usato il mio corpo per … era semplice, ecco … Annullavo me stesso, non importava a nessuno se avessi una personalità o meno”

“Questo è terribilmente ingiusto Louis”

“Puoi chiamarmi Boo” – sorrise – “Lo faceva mia mamma … e poi Harry … Vincent no, lui dice sempre mon petit … è … è carino” – e tirò su dal naso.

“Lux è il tuo papà ideale?”
“No … non lo so …” – arrossì, poi sottovoce aggiunse – “Li vorrei entrambi, nella mia vita, in qualche modo … Tu sai cosa intendo?” – domandò innocente.
“Ti capisco, ma posso anche dirti che non è giusto … Non lo è mai …”
“Glam è straordinario”
“Con chi ama, sì, senza dubbio” – bissò a testa bassa, come sconsolato.

“Harry, però, è come Colin: io non potrei mai vivere senza di lui … Mai, Jared”



“Ma che cazzo … Glam!”
“Cosa gridi … miseria Scott … rompi cazzo che non sei altro” – Geffen rise, stendendosi meglio sopra al divano.

Il medico notò un paio di mozziconi nel posacenere, abbandonato sul parquet, avvertendo nitido l’odore inconfondibile della marijuana.

“Se vuoi rollo una canna anche per te … come se non te ne fossi mai fatta una, ipocrita” – l’avvocato ridacchiò, ergendosi malamente.

“Stai fermo, accidenti! Vuoi che ti arrestino, comunque?” – ringhiò iroso.
“Uso personale, anzi terapeutico! Rilasciami un certificato, please”

“Sei impossibile Glam!”
“E tu carino … da morire Scotty” – bascicò.

“Piantala … Dio … Ero qui per somministrarti il calmante, però vedo che hai provveduto diversamente: sei uno”
“Stronzo? Ahahhah”

“Me ne vado” – ribatté secco e scocciato.

“No rimani qualche minuto” – e divenne serio, all’improvviso.

“Per cosa? Per vederti in questo stato?”
“Non temere, peggiorerò, così la mia sofferenza … La mia espiazione”

“Ora farnetichi Glam o sei già arrivato ai bilanci in anticipo? Dovresti invece concentrarti sulla terapia, sull’alimentazione” – lo rimproverò esausto.

“Se avessi uno scopo, forse …”
“Mai perdere la speranza, cazzo!”

“Jim e Mason non sbagliano, quindi non mi resta altro che rassegnarmi ed arrancare sino alla fine … E’ di questo che volevo chiederti … sapere se avevi cambiato idea, doc” – e lo scrutò severo.

“No Glam, non se ne parla.”
“Pagherò qualcuno, allora, anche se fatto da te avrebbe avuto un senso … Mi sentirò solo e credo che sarà la lezione finale …” – ed inspirò greve, tornando ad allungarsi.

“Combinerai solo cazzate, vero? Sino a …”

“Vedi, neppure hai il coraggio di dirlo e sei un dottore, Scott”

“No, sono una persona, che per giunta ti ha amato … assurdamente Glam” – e si tamponò con i palmi tremanti, gli zigomi bagnati.

Geffen lo guardò amorevole, raggiungendolo, incurante degli spilli infuocati, che sembravano bombardargli le scapole e l’addome.

“Mi sta … divorando … questa malattia … Ed è come un monito, per ciò che io ho fatto con i sentimenti di esseri meravigliosi come sei tu, Scott” – e lo avvolse dolcemente – “Perdonami”

“Glam …” – scoppiò a piangere, aggrappandosi a lui.

“Non potrò andarmene, senza che ognuno di voi lo abbia fatto …” – disse flebile, cercando le sue labbra, per baciarle timoroso, ad occhi aperti.

Turchesi smarriti in quei laghi screziati, fusi per un attimo, che sapeva di loro, del bene che si volevano.

Incondizionatamente.

Fuori era buio.
Come in quella stanza.

Come nei loro cuori.

Così, dentro le rispettive anime, speculari e disperate.

Senza rimedio.










UN BELLO SCATTO PER CHRIS MELONI CON IL FIGLIO DANTE, SUL PONTILE DEL LAGHETTO, DAVANTI ALLA LORO CASA PER LE VACANZE. DADDY MELONI CI FA SCI D'ACQUA, UNO DEI SUOI SPORT PREFERITI :)

Nessun commento:

Posta un commento