Capitolo n. 211 – zen
Era buio.
In quella stanza.
Nel suo cuore.
Dentro di sé, dove
Jude si muoveva dolcemente, baciandogli le tempie, rassicurandolo, su cosa, neppure Robert lo sapeva.
O capiva.
Era frastornato,
pieno di lui, del suo seme, copioso, ora.
Delle carezze, sparse
sul suo addome, poi più in basso.
Il piacere indotto,
provocato dal massaggio energico, a tratti, poi più profondo, di Law, esperto,
metodico, conoscitore di ogni centimetro di pelle del suo sposo.
La spiaggia, le loro
nozze: un flash, al sapore di agrumi, schegge di mare, sparse nell’oceano,
spettatore silenzioso di un’unione all’apparenza inscindibile.
Invece Rob si sentiva
a pezzi, come i coriandoli lanciati dai bambini al loro passaggio, tra
applausi, schizzi di riso, petali di rose.
Poteva essere
l’ultima notte, per come si sentiva morire Downey.
Invece sarebbero
andati avanti.
Lui facendo finta che
non fosse accaduto niente e Jude chiudendo gli occhi, davanti al suo disagio,
confondendolo con il malessere provato dal marito per le sorti di Geffen.
Pietre, su pietre, in
quella sepoltura progressiva ed arcaica, delle loro emozioni, di una promessa,
fatta di purezza, ma perduta nel passato, verso il quale era pericoloso
affacciarsi.
A vedere così tanta
gioia, smarrita con orgoglio, stupidità, avventatezza, c’era da vergognarsi.
Unicamente
vergognarsi.
Chris chiuse il
trolley.
Si era fatto una
doccia, in piena solitudine.
Di Steven e Clarissa
era rimasto solo un messaggio sul suo tablet.
Sgranocchiò un’altra
fetta biscottata, cosparsa di miele e frutti di bosco.
Sorrise.
Aveva parlato
brevemente con Geffen, al telefono, sentendolo peraltro stranito.
Gli chiese
semplicemente assistenza per l’affido condiviso della figlia con Boydon.
Glam disse che non ci
sarebbero stati problemi e che qualcuno, allo studio, si sarebbe fatto carico
della sua pratica, appena rientrati a Los Angeles.
Bussarono.
Un tocco leggero.
“Ivan … ciao, entra
pure”
Il sovietico si
guardò intorno, notando il bagaglio del cantante.
“Saresti andato via
senza salutarmi?”
“No, affatto.
Accomodati, vuoi una birra? Fammi compagnia”
Harry barcollò in
boxer e maglietta sino alla porta, strofinandosi la faccia.
L’orologio a muro
segnava la mezzanotte.
“Jared …?”
“Ciao, scusa per l’ora,
stavamo salendo dopo la cena e Tom mi ha detto di Louis” – disse trafelato, con
il fiato corto, impaziente di sincerarsi delle condizioni del giovane.
“Accomodati … Siamo
crollati”
Leto gettò un occhio
verso la camera, constatando che c’era anche Vincent assopito accanto a Louis.
“Gli ho chiesto io di
rimanere ...” – spiegò calmo Harry e Jared annuì.
“Hai fatto bene …
Siete le persone più importanti della sua vita” – mormorò fissando Boo, che
schiuse le palpebre, non senza avere un lieve sussulto, nell’accorgersi di Lux.
“Harry …” – e gli
tese le mani.
“Sono qui, c’è Jared,
è venuto a trovarti” – gli sorrise, mentre con il leader dei Mars, si avvicinò
a lui.
Vincent fece una
smorfia – “Mon Dieux, cosa …?!” – e scattò seduto.
Louis rise pulito – “Siete
tutti matti …”
Il francese era
completamente vestito, tranne le scarpe, di cui si era liberato senza
ricordarsene.
“Volevo parlare con
Louis, pochi minuti, poi me ne vado, promesso”
“Ok …” – disse Harry
e Lux si alzò, non senza scompigliare i capelli a son petit.
Ivan deglutì a vuoto,
scrutando Chris, mentre raccoglieva le ultime cose in uno zaino arancio e
viola.
La sacca era imbrattata
di scritte, stemmi, spilline: ricordi di concerti, tappe della band, viaggi
adolescenziali.
Christopher la
conservava gelosamente: c’era un po’ della sua vita in quell’oggetto, forse la
parte migliore, quando non prendeva più nulla sul serio e voleva divertirsi, in
fuga dalla sua altolocata e soffocante famiglia d’origine.
“Ti accompagno” –
azzardò il body guard.
“No, meglio di no” –
replico sereno il ragazzo.
“E con Steven? L’hai
rivisto?”
“No. Mi ha scritto
poche righe, dicendo che Clarissa rimarrà dai nonni”
“Un po’ poco … sei
preoccupato?”
“Affatto. Risolverò
questa cosa, è anche mia figlia, ho trascorso più tempo insieme a lei di
chiunque, suoceri inclusi.”
“Ok Chris … Io
pensavo”
“No Ivan, ti farei
solo del male e non voglio: hai tutto il mio rispetto”
“E’ molto … Sì, è
importante, per me, te lo assicuro, ma vorrei avere almeno una possibilità” –
ribatté schietto.
“Anch’io la voglio e
me la sono presa, forse per la coda, in extremis, però è ciò che desidero:
imparare di nuovo a stare bene con me stesso, amarmi, come non ho mai fatto
davvero. Mi sono affidato a persone come Steven, credendo che avrebbero risolto
i miei casini, che mi avrebbero persino guarito, ma ho detto basta, chiuso, si
cambia” – sorrise.
“Ed io sono di
troppo?” – chiese mesto.
“Assolutamente no,
Ivan. Tu sei un punto di riferimento, so di potere contare su di te, ma devo
stare da solo, almeno per un po’.”
“Io ci tengo a te …
Ti voglio bene Chris …” – gli diede una carezza “Io … io ti”
Christopher lo fermò
con un bacio, a stampo – “Arrivederci Ivan”
Leto gli aggiustò la
t-shirt dei Mars, sfiorando poi con l’indice la mini triad, che Louis aveva
tatuata sul polso.
“Noi avremo cura di
te, questo è assodato, però credo tu abbia bisogno di un’unica conferma, sai?” –
affermò calmo.
“So cosa intendi
Jared”
“Ci sono passato anch’io,
però mio padre è morto Louis, mentre con il tuo puoi ancora parlare,
affrontarlo … Ho cercato spesso, nelle figure maschili più disparate, i suoi
abbracci, i suoi consensi”
Jared, non senza
difficoltà, gli raccontò dell’orribile episodio, che lo segnò a quindici anni,
rammentando quello zio acquisito, che abusò di lui, dopo averlo fatto
affezionare a sé, con lucida e spietata premeditazione.
“Mi sembrava
incredibile che trascorresse del tempo insieme a me, sai Lou? Che andassimo a
pesca, che facessimo delle cose, che apprezzasse i miei disegni od ogni stupida
cosa potessi inventarmi, per attirare il suo interesse: peccato che quei sorrisi
celassero un mostro"
Louis, con gli occhi
lucidi, lo abbracciò.
“Appena arrivato a
Los Angeles … Avevo pochi soldi, cercavo di non spenderli, mi servivano a
trovare una sistemazione … ed una sera un tizio mi ha offerto hamburger e
patatine, non senza che …”
“Ho capito Louis” –
gli sorrise, commuovendosi.
“Non l’ho mai detto a
nessuno … nemmeno ad Harry, né a Vincent, temevo il loro giudizio … Ho spesso
usato il mio corpo per … era semplice, ecco … Annullavo me stesso, non
importava a nessuno se avessi una personalità o meno”
“Questo è
terribilmente ingiusto Louis”
“Puoi chiamarmi Boo” –
sorrise – “Lo faceva mia mamma … e poi Harry … Vincent no, lui dice sempre mon petit … è … è carino” – e tirò su
dal naso.
“Lux è il tuo papà
ideale?”
“No … non lo so …” –
arrossì, poi sottovoce aggiunse – “Li vorrei entrambi, nella mia vita, in
qualche modo … Tu sai cosa intendo?” – domandò innocente.
“Ti capisco, ma posso
anche dirti che non è giusto … Non lo è mai …”
“Glam è straordinario”
“Con chi ama, sì, senza
dubbio” – bissò a testa bassa, come sconsolato.
“Harry, però, è come
Colin: io non potrei mai vivere senza di lui … Mai, Jared”
“Ma che cazzo … Glam!”
“Cosa gridi … miseria
Scott … rompi cazzo che non sei altro” – Geffen rise, stendendosi meglio sopra
al divano.
Il medico notò un
paio di mozziconi nel posacenere, abbandonato sul parquet, avvertendo nitido l’odore
inconfondibile della marijuana.
“Se vuoi rollo una
canna anche per te … come se non te ne fossi mai fatta una, ipocrita” – l’avvocato
ridacchiò, ergendosi malamente.
“Stai fermo,
accidenti! Vuoi che ti arrestino, comunque?” – ringhiò iroso.
“Uso personale, anzi
terapeutico! Rilasciami un certificato, please”
“Sei impossibile
Glam!”
“E tu carino … da
morire Scotty” – bascicò.
“Piantala … Dio … Ero
qui per somministrarti il calmante, però vedo che hai provveduto diversamente:
sei uno”
“Stronzo? Ahahhah”
“Me ne vado” –
ribatté secco e scocciato.
“No rimani qualche
minuto” – e divenne serio, all’improvviso.
“Per cosa? Per
vederti in questo stato?”
“Non temere,
peggiorerò, così la mia sofferenza … La mia espiazione”
“Ora farnetichi Glam
o sei già arrivato ai bilanci in anticipo? Dovresti invece concentrarti sulla
terapia, sull’alimentazione” – lo rimproverò esausto.
“Se avessi uno scopo,
forse …”
“Mai perdere la
speranza, cazzo!”
“Jim e Mason non
sbagliano, quindi non mi resta altro che rassegnarmi ed arrancare sino alla
fine … E’ di questo che volevo chiederti … sapere se avevi cambiato idea, doc” –
e lo scrutò severo.
“No Glam, non se ne
parla.”
“Pagherò qualcuno,
allora, anche se fatto da te avrebbe avuto un senso … Mi sentirò solo e credo
che sarà la lezione finale …” – ed inspirò greve, tornando ad allungarsi.
“Combinerai solo
cazzate, vero? Sino a …”
“Vedi, neppure hai il
coraggio di dirlo e sei un dottore, Scott”
“No, sono una
persona, che per giunta ti ha amato … assurdamente Glam” – e si tamponò con i
palmi tremanti, gli zigomi bagnati.
Geffen lo guardò
amorevole, raggiungendolo, incurante degli spilli infuocati, che sembravano
bombardargli le scapole e l’addome.
“Mi sta … divorando …
questa malattia … Ed è come un monito, per ciò che io ho fatto con i sentimenti
di esseri meravigliosi come sei tu, Scott” – e lo avvolse dolcemente – “Perdonami”
“Glam …” – scoppiò a
piangere, aggrappandosi a lui.
“Non potrò andarmene,
senza che ognuno di voi lo abbia fatto …” – disse flebile, cercando le sue
labbra, per baciarle timoroso, ad occhi aperti.
Turchesi smarriti in
quei laghi screziati, fusi per un attimo, che sapeva di loro, del bene che si
volevano.
Incondizionatamente.
Fuori era buio.
Come in quella
stanza.
Come nei loro cuori.
Così, dentro le
rispettive anime, speculari e disperate.
Senza rimedio.
UN BELLO SCATTO PER CHRIS MELONI CON IL FIGLIO DANTE, SUL PONTILE DEL LAGHETTO, DAVANTI ALLA LORO CASA PER LE VACANZE. DADDY MELONI CI FA SCI D'ACQUA, UNO DEI SUOI SPORT PREFERITI :)
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