Capitolo n. 213 – zen
Downey provò a
riordinare le idee, dopo essersi svuotato il cuore ed il cervello, confessando
a Geffen, quanto accaduto insieme a Christopher ad Aspen.
Erano le parole che
aveva usato, ad avere colpito maggiormente Glam.
Quel suo esprimere un
amplesso a tratti animalesco, liberatorio, totalizzante, attraverso il quale il
giovane sembrava essersi affrancato da ogni catena e disagio, affossando
comunque quell’essere meraviglioso, che si ostinava a chiamare papà, in un gioco scabroso e dall’esito
inevitabile.
“Non riuscivo a
pensare ad altro … a lui, che aveva bisogno di me” – proseguì improvviso ed
angosciato, accanto a Glam, sopra il divano.
“Sai, mi sono trovato
più volte in situazioni simili, se ci penso … Mi viene in mente Matt, di quanto
dipendesse dalle mie attenzioni, dalla sua ossessione verso la figura
idealizzata del sottoscritto” – sorrise alienato.
Provava una sottile
rabbia ed un’insana gelosia, nel vedere Downey così coinvolto nello sviscerare
le proprie emozioni verso Chris.
Glielo disse, del
resto non avevano segreti, nessun giochetto.
“E non dimenticare
Kevin … Con profonde differenze …”
“Certo Rob, così
Jared, insomma c’è un denominatore comune e morboso: la carenza di una figura
paterna nel loro percorso, oltre ad una serie di traumi da sanare, provocati da
adulti senza scrupoli, senza … amore”
“Qui nessuno è
carnefice Glam, ma non voglio nemmeno sentirmi vittima, sai?” – bissò schietto.
“Dimentichi Jude …
Quando glielo dirai, non riesco ad immaginare la sua reazione, quindi accetta
un consiglio: per una volta, taci.”
Downey inspirò.
“Il nostro rapporto è
già saturo di crepe, sanate e rattoppate con determinazione, con Diamond ed
ancora prima con Camilla, non ci siamo risparmiati nulla, vorrei sapere il perché,
dopo essere partiti con il piede giusto, innamorati come nessuno” – e si tolse
una lacrima dal viso stanco.
Geffen gli accarezzò
la tempia sinistra, quindi vi posò un bacio, lento ed intenso.
“Non tormentarti sul
passato, guarda ad oggi ed al domani, con la tua famiglia Robert, non rovinarti
la salute: Chris sta bene ed è andato per la sua strada, non ce l’hai … tra i
piedi, ad assillarti di paranoie e crisi esistenziali: gliele hai risolte
tutte, a quanto pare”
“Non essere cinico,
non mi piaci così, non sei tu …”
“Non sono il tuo Glam, semmai” – rise lieve.
“Ti sei mai chiesto
quale è quello vero?” – gli domandò diretto, puntandolo – “Perché di me non so
più niente, sia chiaro”
Geffen scrollò le
spalle, alzandosi – “Sono ciò che … che gli altri vogliono, perché alla fine
faccio sempre ciò che decidono le persone che amo … Chi invece mi ama davvero,
non riesce ad ammansirmi neppure oggi, che sono a pezzi ed ad essere onesti,
nemmeno più ci prova”
“Parti di Scott, di
Kevin?”
“Sì, certo, sono
cresciuti, sono … guariti”
“Ti dispiace Glam?”
“La parte più egoista
di me, quella sì che è carica di rammarico, di … rimpianti.”
“La mia paura più
grande, questa volta, non è quella di perderti Jared, ma di non ritrovare in te
quella parte, che andrà a morire insieme a Glam”
Erano volati nel
Maryland, una destinazione a sorpresa, per il cantante dei Mars.
Di nuovo in quel
cottage, di nuovo appollaiati ed imbacuccati, sulle sedie a dondolo del patio.
Faceva freddo,
l’oceano era impraticabile, però il sole splendeva alto nel cielo; così nelle
iridi di Colin, ferme, nel raccontargli ciò che l’irlandese sentiva macerargli
dentro.
“Io non cambierò Cole
…”
“No, non è questo il
punto e poi tutto cambiamo, dopo un lutto” – spiegò calmo, artigliando le dita
alla tazza di tè bollente.
“Con Glam è già …
capitato, rammenti?”
“Dio, quel pasticcio
resterà il più assurdo del nostro cammino … Nostro, già, visto che Geffen è
parte di noi, di te e di me Jay, che ci piaccia o no, che ci aiuti o meno a
comprendere ed accettare questa … fine”
“Forse la stiamo
dando per scontata Colin od assodata, ma … se ci fosse un ma?” – e si irrigidì,
non certo per il clima.
La seduta era
diventata scomoda.
Per entrambi.
“Daresti qualcosa
perché ciò non avvenisse? Per un miracolo?” – gli domandò il moro, spostando lo
sguardo sulle tavole consumate del pavimento scricchiolante.
“Non di noi, te lo
assicuro, semmai metterei in gioco me stesso, con che so … Un anno di vita?
Basterebbe?”
Farrell rise triste.
“E’ un gioco stupido
… e crudele … Scusami” – e strizzò le palpebre.
“Lo sarebbe se tu,
Colin, immaginassi un’entità superiore, che mi ponesse delle alternative: tipo,
il tuo matrimonio? Uno dei vostri figli? L’esistenza di tuo marito?”
“Confido nella tua
benevolenza …” – provò a scherzare.
“Tu sai che non lo
farei mai: sacrificarvi. Siete tutto ciò a cui tengo, siete ciò che io ho
scelto” – affermò limpido.
Farrell rientrò, non
senza sfiorargli i capelli lunghi, che spuntavano spettinati da un berretto
rubato a Shannon.
In silenzio.
“Boo hanno suonato!”
Harry sciacquò
l’ultimo piatto, mentre Louis, in poltrona, aveva le cuffiette dell’i-pod nelle
orecchie piccole e perfette, immerso in un mondo a parte, gli occhiali da
secchione, il libro sui fossili tra le ginocchia, la testa china.
Haz gli passò davanti
sbuffando ed andò ad aprire.
Era Brent.
Da solo.
“Ciao … accomodati” –
lo invitò un po’ freddo il ragazzo di Louis, che gli volò al collo – “Ehi non
ti aspettavo!”
“Sono felice di
vederti in forma Boo, meno male” – lo salutò un po’ imbarazzato da
quell’accoglienza a doppia lama.
“Haz è un angelo,
merito suo” – e, passando a lui, gli si avvolse intorno al busto, approfittando
della sua statura, del suo calore appassionato, che in ogni occhiata si colmava
di tenerezza ed apprensione.
Il gesto minacciato
da Lou, aveva lasciato un nuovo segno nel loro rapporto, imparagonabile a
situazioni precedenti, purtroppo.
“La ragione della mia
visita è … questa … Ora farò un’altra cazzata, Brendan non sa che sono qui …” –
e mostrò un foglio, con quella che si rivelò una e-mail, stampata poche ore
prima dal pc, in casa dell’analista.
Alla fine anche Brent
aveva usato lo stesso sistema, più pratico e veloce di una missiva
tradizionale, per fare arrivare al padre quello che poteva sembrare molte cose:
una richiesta di attenzione, un grido di aiuto, una rivendicazione bella e
buona.
“Ti ha risposto” –
replicò algido Louis, sfiorandone i bordi, senza toglierla dalle dita del
fratello.
“Infatti … anche per
me è stata una sorpresa. Certo una reazione zero era impensabile”
Usava un gergo
militare, almeno così sembrò al secondogenito di Tomlinson.
“Me la leggeresti,
Brent?” – e lo fissò.
“Certo … vorrei
sedermi …”
“Torniamo nel living”
– si intromise Harry, indeciso su come proteggere Louis da quell’ennesima
prova.
Avrebbe voluto
prendere a calci Brent, non ammetteva quell’invasione, quel suo esistere così
assordante nei giorni di Boo: certo avevano lo stesso sangue, i medesimi
genitori, ma il cuore, l’anima di Louis, erano suoi.
Suoi e basta.
Strinse i pugni, ma
si avviò anche a preparare un caffè, facendo finta che andava bene anche a lui,
dopo che Louis, senza proferire parola, aveva reclamato anche la sua
approvazione, cercando nuovamente il suo abbraccio, prima di andarsi ad
accomodare davanti a Brent.
Boo sul tavolino, l’ex
capitano sul sofà, incasinato di libri, dvd e pop corn.
Jared non c’era; non
c’era proprio.
I polpastrelli di
Colin, premevano al centro della sua nuca, mentre lo teneva a sé baciandolo
delicatamente.
Al contrario, i
fianchi dell’irlandese, colpivano e si nutrivano, senza mai saziarsi, in quel
canale stretto e caldo, dove era bellissimo perdersi e fondersi a Jared, labbra
schiuse nel vuoto, pulsazioni in bilico e sparpagliate tra presente e futuro.
Gli sembrò di
annegare, come stava per finire Colin, mesi prima a poche centinaia di metri da
quell’abitazione piuttosto isolata.
Jared lo strinse più
convinto, tornando in quella stanza, sotto quel soffitto tremulo.
Le sue gambe esili, lo
attirarono, bloccandolo dopo l’orgasmo, percependone gli ultimi ansiti convulsi
e bagnati.
Leto prese un lungo
respiro, premendo gli zigomi nella clavicola di Colin, che disse qualcosa di
incomprensibile.
“Cole non …”
“Ti ho fatto male?” –
lo andò a ripetere, confuso.
“No … come ti viene
in mente?” – provò a riderne, ma il nodo alla gola lo stava soffocando.
Farrell lo scrutò,
inclinando il capo, corrucciando le sopracciglia, in quell’abituale espressione,
che poteva sedurti o distruggerti.
“Ci stiamo ammalando
tutti … un poco alla volta” – e se ne andò via da lui, senza veemenza, ma anche
senza ripensarci.
§
Ciao Brent,
sai,
con queste cose sono imbranato, con il pc, ecco …
ti
ringrazio per avermi scritto, dopo quel terribile pomeriggio, dove ho rischiato
di perderti.
Leggo
con orrore quanto ti è accaduto, per mano di quei due ufficiali: farò tutto
quanto in mio potere per renderti giustizia.
Per
prima cosa ho restituito i gradi o meglio ho avviato la pratica perché se li
riprendano, non li voglio a queste condizioni.
Sei
stato sacrificato quando invece avrebbero potuto scegliere chi ha corrotto le
loro libido malate, seduto al tavolo insieme a noi.
Ci
ho pensato a lungo, ci ho ragionato …
Non
ci sono altre spiegazioni, la tua innocenza è palese: tu non sei come lui, come
quel depravato, che non solo mi ricorda odiosamente vostra madre, nelle fattezze,
ma anche nella subdola personalità.
Lo
ha sempre difeso e tra simili ci si sceglie: puttana lei …
In
compenso la tua divisa è appesa nell’armadio, potrai riaverla quando vuoi Brent.
Ho
inviato questa mia alla residenza di quel ceffo, affinché anche quel finocchio
senza spina dorsale, possa leggerla quanto prima.
Non
riesco a definirlo figlio, per me è una disgrazia, ha rovinato anche te,
separandoci.
E’
un dolore di cui dovrà rendermi conto, prima o poi.
Vive
in un ambiente corrotto, non lasciarti coinvolgere.
Non
lasciarti sedurre.
Avrai
sempre un posto nel mio cuore, così in questa casa, che è casa tua Brent.
Questo
è il tuo mondo.
Ci
vedremo presto.
Promesso.
§
Brent arrivò all’ultima
riga senza mai interrompersi, avvampando e tremando.
“E’ un delirio Louis,
ma non volevo che ti arrivasse senza preavviso …” – disse a corto di ossigeno.
Louis era come
cristallizzato.
Ridacchiò frastornato.
“Ha … ha fatto
persino lo spiritoso, in principio, con quella storia del pc … e poi ha scritto
il tuo nome di continuo e …”
“Louis …? Boo” – Haz provò
a distrarlo – “Tesoro guardami, io sono qui!” – e lo afferrò per le braccia
magre, inginocchiandosi.
“La colpa è quindi
mia … se ti hanno stuprato …?”
“Louis ascolta”
“NO! Ascolta tu
Brent, ma cosa ti dice il cervello!!? Ti prenderei a calci nelle palle, per
questa tua iniziativa del cazzo!!” – gli urlò in faccia Harry, ormai fuori
controllo.
“La mia intenzione è
una sola, proteggere Louis, oltre me stesso, da quel pazzo! Ha scritto ci vedremo presto ed io al solo pensiero
mi sono sentito morire! E mi sono precipitato qui, senza mettere filtri tra
noi! So che potevo andare dal signor Meliti, metterlo in mezzo, però la mia
priorità è Boo, quindi Harry cerca di capirmi!”
“No … No, non la
accetto Brent, questa tua ingenuità!”
“SMETTETELA!!”
L’urlo di Louis ruppe
oltremodo l’aria.
Era esasperato,
sfinito, abusato anche da quell’ultimo, estremo sfregio inferto alla sua
dignità da quell’odiato genitore.
Tomlinson senior non
era un folle.
Era così: senza
scuse, senza uscita.
Louis lo aveva
imparato sulla propria pelle, guardandolo dritto negli occhi, implorando pietà
in singhiozzi, la bocca piena di sangue, indifeso e spezzato.
Nulla lo aveva
impietosito, né anni prima, né al locale sul boulevard.
Il ragazzino dal
sorriso luminoso, dai modi gentili, vivace di una spensieratezza contagiosa,
così diverso ed atipico in quell’ambiente rigido e sterile, era tutto ciò che
quell’uomo detestava e condannava come sbagliato, anzi putrido.
Era la morte, perché troppo
vivo.
Ed un po’ moriva,
Louis, per l’ennesima volta, anche in quel preciso istante.
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