Capitolo n. 210 – zen
Louis si asciugò una
lacrima dispettosa.
Ripiegò il foglio,
diligentemente, restituendolo a Brent, che lo stava fissando.
Brendan ed Harry stavano
in disparte.
“Io non ci riesco …
Non ancora, mi dispiace”
“Boo …” – e lo
strinse, non senza fare pungere qualcosa nello stomaco di Haz, perché quel
nomignolo, con il quale la madre dei ragazzi chiavava il più piccolo dei
Tomlinson, credeva fosse una sua esclusiva, come se avesse preso in consegna la
tenerezza di quella donna, al pari di un’eredità preziosa, da non fare mancare
mai a Louis.
L’analista si
avvicinò con garbo, avvolgendoli entrambi e lasciando Harry in quell’angolo,
dove gli occhi di Louis corsero subito, quasi ad invocarne l’aiuto e la
presenza.
Il giovane non esitò,
attirando a sé Louis, senza alcun impeto o maleducazione.
Brent era talmente
concentrato ed amorevole sul fratello, che Haz si vergognò un po’ di esserne
così geloso.
“Un passo alla volta”
– esordì Laurie – “Che ne dite?”
“Ok …” – rispose
sommesso l’ex capitano.
Louis si limitò ad
annuire, affondando poi la bocca ed il respiro rovente nel collo del fidanzato.
“Hai la febbre Boo? …
Tesoro, guardami”
“No, sto bene …
possiamo restare da soli?”
“Ok … ehi gente,
magari ci si vede a cena, scusateci, noi restiamo qui per un po’”
Erano già nella loro
camera; congedarono Brent e Brendan, piuttosto perplessi.
Forse le parole
scritte dal primo avevano fatto troppo male a Louis.
Quella rabbia del
primogenito, quel livore nel ricordare come il padre lo avesse spinto ad odiare
il “mio Louis”, sembravano echeggiare
nella mente del futuro paleontologo, sconvolgendolo come mai prima.
Allo stesso modo,
scorrere la narrazione di quell’abuso, ai danni di Brent, che si era deciso a
rivelarlo nei minimi dettagli, come a fare pesare al vecchio Tomlinson ogni
carezza sporca, ogni minuto di quello stupro, dove quei due bastardi avevano ucciso
i suoi sogni e la dignità, sino all’incontro con Brendan.
“Un
miracolo, al quale pensavo di non avere diritto, per quanto mi sentivo sudicio ed
inadeguato … la peggiore merce di scambio, papà”
Probabilmente, quel
suo riuscire ancora a chiamarlo papà,
feriva Louis ad una profondità, che il giovane odiava esplorare, sentendosi
ulteriormente escluso dal mondo di Brent senior e Brent junior: loro erano i
soldati, lui la checca schifosa.
Quegli insulti lo
laceravano ancora.
Dopo anni, purtroppo.
Downey era
rattrappito, dalla nuca ai polpacci, mentre scendeva verso la funivia, che
aveva intenzione di prendere al volo, per l’ultima corsa.
Quando vide Jude, tra
quella piccola folla di sciatori colorati e chiassosi, il tempo sembrò
fermarsi, così il suo cuore.
C’erano solo gli
occhi del marito, tra quelle decine di sguardi, anche un po’ curiosi.
Erano terribilmente
famosi, ma altrettanto indifferenti alle reazioni del prossimo, davanti a
sentimenti, che nessuno essere umano avrebbe potuto nascondere.
Law lo abbracciò e l’americano
non si rese neppure conto di come l’altro fosse arrivato a lui, come in uno
strano sortilegio, dove il tempo e lo spazio andavano a dilatarsi, fino ad
annullare contorni e suoni, ormai ovattati.
Downey ebbe la
sensazione di stare per svenire, invece era lucido e percepiva il tocco di
Jude, i suoi baci, le sue carezze, il sapore delle sue lacrime.
“Amore … Mio Dio
perdonami Rob … Ti prometto che non accadrà più, mai più”
“Ju Jude …” –
balbettò inerme, mentre le sue gambe si muovevano verso il rifugio, sotto l’ala
dell’inglese, che lo stava come stritolando, per la gioia di averlo ritrovato.
Il passaggio da quei
cumuli di neve, tra fiaccole accese dalle guide, canti e falò, per festeggiare
la fine delle vacanze, ad una stanza accogliente, gli sembrò come un sogno,
quasi un'allucinazione.
Forse aveva
immaginato anche l’incontro insieme a Chris, forse si era ubriacato di brandy,
sentendo le narici impregnate del suo aroma, ma sbagliava.
La missiva del
cantante era nella sua tasca ed appena Jude si assentò per un minuto, ritirando
il carrello della cena nel corridoio, Downey la gettò nel fuoco del camino,
mordendosi le nocche della mano sinistra ed inghiottendo un singulto di dolore
atroce, che gli stava divorando il petto.
“Tesoro vieni,
mangiamo qualcosa … sei così pallido”
“Co cosa …?” –
continuava ad esitare, nel discorrere, nel pensare, non sapeva neppure più dov’era.
Voleva farsi, dopo
secoli o bere, sino a stordirsi, per dimenticare.
Dimenticare …
Jimmy sgattaiolò
nella suite di Geffen.
“Ehi piccolino, non
ci speravo più”
“Se lo sapesse Scott
mi ammazzerebbe” – sibilò angosciato.
“Secondo te a chi
potevo chiedere una cosa del genere?” – Glam rise, versandogli un aperitivo.
Si era fatto portare
anche dei salatini, molto allettanti e dei salumi, per lo più italiani, uniche
cibarie che lo stimolavano a nutrirsi un minimo.
“Eccola qui … erba di
prima scelta, ne ho sempre una scorta, sai con Tim fumiamo, raramente … e solo
quello!” – precisò allegro.
Si era
tranquillizzato.
“Primo passo, poi la
morfina, ma alla mia dose quotidiana penserà Scotty o Jim … me ne procurerò una
cisterna, se necessario … Sarò talmente rincoglionito da non riconoscere più me
stesso allo specchio … Tanto avrò un aspetto vomitevole, meglio così” – pensava
ad alta voce, a ruota libera.
Jimmy, ora, lo
fissava triste.
“Ti fa passare i
dolori alla schiena?” – chiese mesto, riallacciandosi il giubbino, pronto ad
andarsene.
“Sì tesoro … ecco,
qui ci sono mille dollari …”
“Ma sei matto?” –
rise – “Quanta te ne devo procurare?”
“Più che puoi Jimmy …
Più che puoi, grazie.”
Louis si aggrappò
alle spalle di Harry, poi alle sbarre del letto, schiudendosi come una magnolia
d’autunno.
“Scopami … scopami
forte Haz …”
Implorò.
Voleva sentire male,
voleva sanguinare, materializzando quella visione, che aveva della propria
anima, di quel cuore, martoriato di spine, chiodi, strali immaginari, che gli
erano come esplosi dentro, in una sequenza ininterrotta e malevola, dal
pestaggio, alle percosse degli ex amanti, a come lo usava Ivo Steadman,
costringendolo spesso a rapporti nei luoghi più impensati.
Sodomizzato e
lasciato in affanno, dentro un cesso dell’università o all’aeroporto, mentre
quello fumava o rideva al telefono con Tim.
Dopo.
Lo prendeva, lo
sbatteva e lo gettava.
Louis era spazzatura.
Per suo padre.
Per Brent.
Per tutti.
No.
No, non tutti: anche
se Harry, la sua dose di rimproveri e disprezzo non gliela aveva negata.
Bastardo … bastardo
anche lui …
“Lasciami!!”
Se lo tolse di dosso,
urlando, strepitando.
“Lou … Louis!!??”
Il suo grido, per
riportarlo alla realtà, non servì’ a niente.
Louis fuggì nel
bagno, chiudendosi dentro.
Vetri rotti,
singhiozzi.
Un tonfo.
Harry aveva buttato
giù la porta con una spallata, appena in tempo per impedire il peggio.
Le iridi di Boo
tremavano, come la rugiada sulle foglie, che non si decide mai a cadere.
Brilla, inquieta, con
la voglia spasmodica di rimanere lì, di non staccarsi mai.
“Harry …”
“Cristo che male!!
CHE MALE CAZZO!!”
Tom gli diede un
colpo secco, ma se Chris non l’avesse tenuto fermo, con l’aiuto di Vincent, il
suo intervento sarebbe stato vano.
Le ossa rientrarono
in sede ed Harry riprese colore, non senza vomitare un secondo dopo.
“Miseria … una bella
botta …” – sospirò il terapista.
Il tenente lo strinse
– “Sei un fenomeno amore”
“Vi ringrazio …” – si
intromise debole Louis, mentre Lux gli stava chiedendo, senza parlare, cosa
diavolo fosse successo.
Appena rimasero loro
tre da soli, Louis si aprì come un fiume in piena, cullato da Harry, spaventato
a morte e confortato da Vincent, che faticava a realizzare qualcosa di
inconcepibile, per la sua indole combattiva.
“Mon petit se ti
azzarderai mai a ripetere una cosa del genere, a pensarla … ti ammazzo con
queste mani, le vedi??” – ringhiò esasperato.
E terrorizzato.
Le sue mani, capaci di portarlo oltre il cielo,
di farlo sentire cielo. ***
Louis cercò anche il
suo abbraccio, condividendolo insieme ad Harry, che si sentiva al sicuro, quanto
lui, in presenza di Lux.
L’uomo non li avrebbe
abbandonati mai.
Mai.
***
Ringrazio l’amica Friendorfoe per questa definizione su Louis.
Un bel bacio tra Brent e Brendan
Louis
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