Capitolo n. 173 – zen
“Che succede?”
Lo sguardo di Harry
si conficcò in quello di Louis, appoggiato alla penisola del living di Geffen,
rimasto nello studio accanto, incuriosito da quell’incontro richiesto da Lux,
seduto sul davanzale.
“E lui cosa vuole?” –
insistette Haz, in quella richiesta di chiarimenti immediati.
“Lui ha un nome:
Vincent. Ed è una brava persona” – precisò fissandolo Louis, immobile e
pallido.
“Non stai bene …?” –
chiese Harry, notando il suo pallore, facendogli vibrare l’addome.
“Oggi doveva essere
una giornata speciale”
Lou sembrò cominciare
quel discorso, prendendo le distanze, non solo fisiche dal compagno, ma,
soprattutto, dalle proprie emozioni tumultuose.
Lux non diceva nulla.
Li osservava.
“In che senso, Lou?”
“Nel senso che
avremmo fatto qualcosa di straordinario, tu ed io, non senza l’aiuto di
Vincent, ma a ciò c’è una spiegazione plausibile e pulita.”
“Non … non capisco”
“Si chiamava Jacques,
suo figlio intendo: parlo al passato, perché Vincent l’ha perso in un
incidente, una disgrazia dalla quale non si è mai ripreso completamente.”
“Mi dispiace …” –
mormorò Haz, senza comunque guardare Lux direttamente.
“In me ha rivisto
Jacques, tanto da non mancarmi mai di rispetto, anzi, al suo posto, chiunque
avrebbe approfittato della nostra crisi, prima della Francia, però lui non l’ha
fatto e si è prodigato affinché io tornassi da te, con …” – Louis sorrise amaro
– “… con una specie di dote, molto sostanziosa, di cui disporre liberamente,
senza compromessi”
Harry inarcò il
sopracciglio sinistro, chiudendo le dita a pugno, ma per poco.
“So cosa stai
pensando, è più forte di te, vero Haz? Neppure ora hai fiducia in ciò che dico”
“Io vorrei crederti …
se solo capissi cosa state tramando” – replicò asciutto.
“Nessuna congiura,
nessun tranello, nemmeno la benché minima sorpresa, semplicemente onestà,
Harry: quella che è mancata a te, da quando siamo insieme”
“Onestà su cosa?? Ma
che diavolo dici, Lou??”
“A volte sai …” – la sua
voce si incrinò – “… le cose avvengono per un preciso motivo e forse, l’avere
colto la tua conversazione insieme a Sylvie e quella sconosciuta, su di voi,
sul bambino, su quella patetica asserzione di paternità … Ha un senso, ecco” –
e lo puntò, le iridi increspate di rabbia e pianto.
Harry si mise le mani
tra i capelli, tirandoseli via dalla fronte un po’ sudata.
“Quindi ci spiavi?”
“Cosa …?” – sibilò
Louis, facendo un passo avanti.
Harry non si mosse.
“E come lo
definiresti il tuo comportamento?”
“Io ero passato dallo
studio per portarti dal notaio, per intestare anche a te la casa che volevo
acquistare!!” – inveii furente.
“Quale casa …?”
“Dio … O sei stupido
o semplicemente non te ne frega un cazzo Harry!!”
Il giovane avvampò – “Potevi
parlarmene, doveva essere una decisione comune e poi con i soldi di quello
stronzo io non ci avrei mai comprato una casa, nemmeno con te Louis!! E’ denaro
lurido, fatto chissà in quale modo!!”
La sua difesa apparve
puerile anche a Lux, che fece fatica a tacere, ma almeno una precisazione era
dovuta.
“Cosa credi? Che mi
sia arricchito spacciando od ammazzando qualcuno?? Sei così ottuso da non
crederci ed arrogante come nessuno!!” – gli gridò in faccia, ma Harry lo spinse
via, ritrovandosi poi a terra, strattonato con vigore da Louis – “Lascialo
stare!!”
Harry lo lacerò con
un’occhiata altrettanto ferita: “Da quando frequenti questo bastardo non cerchi
altro che accaparrarti la sua attenzione!! Anche tu non cambierai mai Louis,
sei marcio come la sua reputazione!!”
Tutto trascese,
apparendo irrecuperabile ai presenti ed a chi stava seguendo a breve distanza
quello scontro esacerbato dal rancore e dalla gelosia.
Geffen, poco dopo,
infatti, dovette intervenire per separarli, aiutato da un Lux oltremodo deluso
e sconvolto per come Harry aveva reagito.
Fuori la notte era
così buia.
“Saremo aperti sino
alla vigilia di Natale, per raccogliere più fondi possibili, a favore dell’orfanotrofio
Saint Claire, per cui venite numerosi: cucineremo vegan, ma anche classico,
cibo da asporto e pizze fantastiche”
Jared spiegò il
progetto del Dark blue, che sarebbe rinato durante quell’unica settimana prima
del Natale, ad un’attenta ed entusiasta giornalista del Los Angeles news.
“Mio fratello Shan
preparerà patatine e caffè, le sue specialità, poi Tomo penserà ai mofo dolci
ed il mio Colin servirà ai tavoli, dove io l’affiancherò”
“Splendida idea …
quindi apertura domenica sera? Dopo domani Jared?”
“Sì, infatti, non
vediamo l’ora e vi aspettiamo numerosi!” – e con una smorfia delle sue, si
congedò da quella cronista piuttosto avvenente.
Appena furono soli, i
Mars si squadrarono: poi iniziarono a frignare, saltellando idioti per la
stanza, mentre Colin li guardava sconfortato ed oberato di faccende, sembrando
l’unico a lavorare con abnegazione.
Li richiamò all’ordine
suonando una campana, usata dall’anziana proprietaria per decretare la chiusura
dopo la mezzanotte, perfetta per l’uso che ne stava facendo ora l’irlandese.
“Non ce la faremo mai
Cole!!” – starnazzò Jared, facendo ridere gli amici ed il proprio uomo, che lo
sollevò sulla spalla sinistra, come fosse un tappeto, sculacciandolo
sonoramente.
“Ed ora mettiamoci
sotto, se no col cavolo che sbarcheremo il lunario, disgraziati!!”
Louis non ricordava
come ci era arrivato.
Giaceva sopra un
comodo letto, in una camera illuminata unicamente da un caminetto.
Era solo ed a poco a poco
ricostruì nella mente, quanto accorsogli non più tardi di un paio d’ore prima:
era salito faticosamente sull’auto di Lux, che di diresse alla sua villa di Los
Feliz, non senza il consenso esplicito del ragazzo.
Lou rammentava il
sapore delle lacrime e della pelle del sedile, dove si era come abbarbicato, in
preda ad una convulsione diffusa e sgradevole.
Voleva morire, morire
sul serio.
Harry gli aveva
strappato il cuore, con le sue barriere, le sue accuse, il livore, che mai l’avevano
abbandonato: senza neppure dargli una spiegazione su quel comportamento
assurdo, avuto con Sylvie ed Alain.
Probabilmente aveva
perso i sensi o quasi.
C’erano stati poi degli
scalini, quelli per salire al primo piano: ci inciampò, sostenuto da Vincent, che
lo confortava con dei baci sfuggenti tra i capelli, dicendo che si sarebbe
risolto tutto.
“Invece
non si sarebbe risolto proprio un bel niente …”
Louis era certo di
averglielo sussurrato, prima di stendersi, senza che l’uomo lo spogliasse, se
non delle scarpe e del maglione, lasciandolo in jeans e maglietta, oltre a dei
calzini multicolore, che fecero sorridere il francese.
Ispezionando l’ambiente
circostante, Lou si sollevò, togliendosi quei pochi indumenti, con l’idea di
farsi una doccia.
Vincent non c’era e
questo turbò Louis.
Si lavò velocemente
e, con un semplice telo addosso, iniziò a girovagare per i corridoi, sino ad
arrivare al terzo piano dell’edificio.
C’era come un’anticamera
e poi un enorme spazio senza arredi, a parte costosi tappeti ed un focolare in
pietra, che dal fondo illuminava tutto il resto, immerso nell’oscurità, tranne
un angolo, dove Lux era in posizione yoga, seminudo, abbronzato e tonico, a
palpebre chiuse, in meditazione.
Aveva acceso decine
di candele e bruciava incensi, senza aprire gli occhi, dicendo qualcosa, che
Louis non riusciva a percepire.
Quindi gli si
avvicinò.
“Tesoro …”
Vincent si accorse di
lui da subito.
“Scusami … Non volevo
… rovinare questa perfezione” – gli sorrise, accovacciandosi.
Lux tese le braccia,
poi l’avvolse amorevole – “Scusami tu, per non essere rimasto, ma ormai dormivi
e volevo lasciarti in pace” – e gli sorrise.
“In pace …? Tu non
dovresti mai staccarti da me … Io sono una frana, combino solo pasticci” – e sgranò
gli occhi grandi, incantevoli, sforzandosi di essere ironico, per alleggerire
quei momenti così cupi, per la sua dignità, schiacciata dalle invettive di
Harry, che ancora sembrarono rimbombargli nel cuore.
“Ok, lo farò … come
un francobollo, che ne dici?” – e, spostandogli le ciocche dal volto segnato e
vermiglio, gli marcò gli zigomi con i pollici.
Aveva un buon
profumo; probabilmente derivava dall’unguento che Lux aveva usato, anche per il
resto del suo corpo.
Lou abbassò lo
sguardo, mordendosi le labbra.
“Vincent io …”
“No, non adesso … E’
troppo presto” – e lo strinse, per poi cullarlo.
Il giovane si
abbandonò completamente a lui, alla sua saggezza, mentre la propria intimità,
rivelata da quell’asciugamano ormai scivolato via, si stava come ribellando,
acerba, ma virtuosa, reagendo al tocco, seppure innocente, di Lux.
Si allungarono, Louis
a pancia in su, Vincent girato sul fianco sinistro, come ad ammirarlo.
Lou deglutì,
vibrando, mentre la propria mano non voleva rinunciare a quelle carezze, che l’altro
gli stava dolcemente negando.
“Vincent …”
“Non posso impedirtelo
…” – disse pacato, penetrandolo con gli occhi, con i respiri, che accelerarono,
impercettibili, nell’assistere a quella meraviglia, cristallizzata in Louis, nella
sua purezza, sebbene sfrontata ed erotica.
I singulti che ne
seguirono, intossicarono l’aria: il suo petit enfant, si stava toccando, quasi
come se un orgasmo solitario potesse sedare lo sconforto, che albergava in ogni
sua espressione, in ogni movimento, anche il più banale.
Louis non si era mai
sentito così inadeguato, dopo lo scontro con Harry e così a proprio agio, come in
quel frangente di assoluta serenità, accanto ad una persona incredibile, quale
gli appariva Lux, sempre di più.
Mentre veniva, Louis
girò il viso verso il petto di Vincent, troppo vicino per sfuggire alla sua
bocca, schiusasi ansimante, all’altezza del suo cuore, ormai in fiamme.
Poi pianse.
E con lui, anche
Vincent stesso.
Si riaggrovigliarono,
promettendosi tacitamente che non si sarebbero mai più lasciati.
A loro non servivano
parole; non più, da quel preciso istante.
Geffen lo
riaccompagnò.
Harry aveva
dimenticato tutto in ufficio, dal tablet, al cellulare, ma almeno le chiavi gli
erano rimaste nella tasca del cappotto.
“Ora calmati” – disse
pacato Glam, ma non servì.
Haz scese repentino,
andando a vomitare in un angolo, contro un muro pieno di scritte e graffiti
volgari; non era un quartiere molto chic, in effetti.
Geffen sbuffò.
Lo raggiunse,
porgendogli dell’acqua.
“Grazie … Vai pure,
saprò cavarmela …”
“In queste condizioni?
Risali, andiamocene, ti porto da Antonio”
“No, voglio stare
qui, magari Louis torna e”
“Non dire stronzate!”
Harry scoppiò a
piangere – “Perché mi date tutti contro??”
Glam colse la sua
afflizione e lo abbracciò paterno.
“Avanti … Nessuno ce
l’ha con te, a parte Louis … Sylvie mi ha spiegato”
“Co cosa?”
“Mentre vi scannavate
l’ho chiamata, sentendola nominare nei vostri discorsi”
“Capisco … Comunque
Glam, io voglio rimanere … E’ questa la nostra casa … E’ di Lou veramente …”
“Mentre quella che
avrebbe comprato, sarebbe stata vostra: possibile tu non comprenda il
suo gesto, carico d’amore? Ha sempre voluto il meglio per te, non so più come
dirtelo, accidenti”
“Ma non con la
sponsorizzazione di quel … di quel maiale!” – ruggì esasperato.
“Vincent poteva
giocare sporco, invece non l’ha fatto e sarebbe la seconda occasione, che il
fato gli mette sotto il naso: sei un coglione, lascia che te lo dica Harry!”
“Io sono … sono solo
innamorato di Louis … ed è lui che voglio nella mia vita, non Sylvie o chissà
quale altra ragazza … Cosa pretendevate? Che io dicessi a quella signora che
sono gay e che convivo con Lou e che” – il fiato gli si bruciò in gola.
“La verità rende
liberi, ma, in questo caso, un doveroso silenzio avrebbe salvato capra e cavoli
…” – Geffen sorrise mesto.
“Non mi vergogno di
noi, cazzo!!”
“Gli eventi
raccontano una verità differente, Haz.” – controbatté severo.
“E che … che
scherzavo … No, no, è una bugia …” – arrossì.
“Appunto”
“Eppure Glam, tu
conosci la discriminazione nel nostro ambiente: potrei anche essere costretto a
calarmi in una vita, che non mi appartiene, rinnegando me stesso, per fare
carriera, per realizzare i miei progetti!”
“Non con me, non
finché sarò io il capo! Quel dannato studio legale è della mia famiglia da tre
generazioni e, con tutte le riserve del caso, l’ultima resta la migliore!” –
affermò convinto.
Harry tornò sull’hummer,
a testa china.
Si era persuaso a
seguire Geffen.
Ormai era quasi l’una
ed il traffico scorrevole verso Palm Springs.
Cambiarono meta,
pensando anche a Lula, che avrebbe trascorso il week end lì, insieme a Kevin e
Tim, già arrivati con il bimbo sull’oceano.
Il vetro era gelido,
la tempia di Harry pulsante, mentre i chilometri scorrevano nei suoi occhi
stanchi.
L’alba sembrava non
arrivare mai.
Mai.
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