venerdì 23 agosto 2013

ZEN - CAPITOLO N. 170

Capitolo n. 170 – zen


Tom lo aiutò a mettersi seduto sul bordo della lettiga.
“Ecco, piano, così … bene” – il terapista gli sorrise e Tim ricambiò quel suo fare gentile, facendo altrettanto.
“Chris vorrebbe farti qualche domanda, è per il rapporto, sai … Il tuo gomito in compenso è intatto, ho qui le lastre”
“Il mio gomito …?”
“Sì, quando hai perso i sensi, ci sei crollato sopra, avevi un brutto livido” – spiegò Tom, con delicatezza, passando i vestiti al giovane, che cercò immediato con lo sguardo Kevin.

Intorno a loro, però, sembrava esserci il deserto.

Era certo di avere sentito la voce di Lula, mentre dormiva, le sue carezze amorevoli, persino le zampe di Brady.

“Soldino …” – e gli scese una lacrima, che Tom si affrettò ad asciugare con il pollice destro.
Era una persona adorabile.

“Nostro figlio ci sta aspettando a casa, Tim”
“Kevin …” – si illuminò, vedendolo sulla soglia, improvviso, dal nulla.
“Sono qui …” – sorrise impacciato, annullando la distanza, ormai insostenibile – “Scusaci Tom …”
“Figurati, è un piacere. Arrivederci ragazzi”

Riavere il suo abbraccio, fu per Tim come rinascere.
Singhiozzando entrambi, non trovarono le parole adatte per spiegarsi quanto male provavano e quale lacerazione si fosse aperta nei rispettivi cuori, per colpa di Ivo Steadman.
Ed era a lui che andava addossata ogni responsabilità, per Kevin questo era assodato ormai, dopo un breve isolamento da qualsiasi conversazione insieme a Lula e Glam, pronti a tutto per fare riconciliare la coppia.

“Ti amo … Io ti amo Tim …” – gli disse rapito dal suo sguardo lucido e tremolante, in cui si immerse, baciandolo profondamente.

Il tenente Hemsworth poteva attendere.


 “Glam io devo andare …”
“Co cosa …?”
L’avvocato si era assopito sul divano, con Downey addosso, artigliato da Glam, come se fosse il peluche di Lula.
“Jude mi sta aspettando da Meliti, vieni anche tu, per cena, rammenti?”
“Sì … asp aspetta” – e si elevò a fatica.
“Come ti senti?” – chiese preoccupato l’attore.
“Ho solo bisogno di una doccia … e di questo” – gli posò un bacio lieve sulle labbra, sorridendogli, nel fare scorrere le proprie iridi sul suo volto incantevole.
Geffen glielo disse, poi si eclissò in bagno.
Downey si massaggiò la faccia, bollente come il resto di sé, che avrebbe voluto seguire Glam, sotto quei getti freschi ed allettanti.
Il buon senso prevalse.

“Ci raggiungi allora?”
“Sì Robert, a dopo, ciao!” – esclamò dal box, fissando il vuoto.
Downey sparì.


“Papiii!!”
Lula corse loro incontro.
Tim e Kevin lo accolsero felici tra le loro braccia.
“Carmela ha fatto le lasagne!”
“D’accordo soldino, saliamo a sistemarci e poi ci vediamo all’aperitivo, non mangiare troppe patatine” – disse sereno il bassista, mentre Tim annuiva, strofinando il naso con quello del bambino.


Colin scolò la seconda birra, addossato alla portiera dell’auto di Law, che, dal posto di guida, lo stava osservando non senza ansia.

“Non dovresti …”
“Piantala con le prediche Jude! Non morirò per due di queste, cazzo …!” – bofonchiò alterato.
“Cosa pensi di risolvere, Colin?”
“Nulla … Un bel cazzo di nulla!! Cazzo!” – sbottò, dando un pugno sul vetro, per poi lamentarsi.
“Che idiota … andiamo a casa”
“A casa da chi?? Da Jared?? Bella prospettiva!!”
“Perché non vi chiarite una volta per tutte, andate in terapia, fatevi un viaggio, ma non di scopate e finto divertimento!”
“Scopate … già, hanno risolto spesso … tra noi …” – ribatté confuso, poi lo puntò stranito.
“Ju … Jude … senti, c’è un resort nel prossimo isolato … è carino, ci sono stato con … ok … sì con Jared, ovvio” – ridacchiò – “… andiamoci, tu ed io … solo per scopare, non voglio mica sposarti!” – rise più forte, poi iniziò a piangere.
Era completamente sbronzo.
“Oh signore … Ficcati le dita in gola e vomita questa merda adesso!!” – e lo trascinò giù dalla berlina, verso un fossato, non abbastanza profondo, pensò Farrell, per sfracellarsi e farla finita con quell’assurdo dolore.


Kevin lo fece scendere delicatamente tra i cuscini, accompagnando quel movimento fluido di Tim, che inclinò di poco il viso, appena percepì la seta sfiorargli la nuca, dove la mano del compagno lo cingeva con cura.
La sua bocca, poi, assaporò la pelle del suo acerbo sposo, in quelle porzioni così lisce e perfette, da renderlo eccitante senza che lui facesse niente.
Con la lingua, Kevin, senza fretta, risalì dal suo collo, al mento, mordendolo e succhiandolo intenso, così con gli zigomi, per poi finire tra le labbra di Tim, schiudendole alla propria invadente conquista.
Fu solo a quel punto, che lo sollevò, catturandolo per il busto, mentre le sue gambe si aggrappavano ai fianchi di Kevin, in crisi di ossigeno e piena eccitazione.

“Ti voglio così … ti prego Kevin …” – gli gemette nell’orecchio.
“Non voglio farti”
“Kevin …”

L’attrito dei loro corpi, fece inarcare Tim, poi tendere come una corda di violino, oltremodo vibrante nelle successive reazioni.
Gli umori di un primo orgasmo, dovuto anche all’eccessivo coinvolgimento, facilitarono il resto dell’amplesso, che aumentò in ritmo e spregiudicatezza da lì a poco.

Divennero un’unica persona, ancora una volta.
La migliore, da quando stavano insieme.
Si erano perdonati ogni sbaglio, ogni ingenuità; si meritavano un futuro senza ombre ed era proprio lì, ad un soffio da loro.


Harry rientrò in anticipo con una borsa del take away.
Louis nascose veloce le brochure dell’agenzia e si rimise sui libri, per rimediare ad un esame scritto, andato male prima della partenza per la Francia.

“Al rancio ho pensato io!” – disse allegro, salutando Lou, che con i suoi occhiali da nerd, le iridi grandi ed il sorriso stampato, lo accolse semi nudo, volandogli al collo.
“Credevo rimanessi in studio per quella riunione …”
“Geffen è andato da Antonio, Sylvie portava Alain dal pediatra, il resto dei convocati si è dileguato appena il boss ha dato il via libera, come me” – spiegò apparecchiando.
“Ok … fantastico, io ho quasi finito”
“Ultimo ostacolo prima delle vacanze natalizie?” – ed addentando una mela, diede un’occhiata alla serie di domande, che il fidanzato aveva sbagliato al primo giro.
“Sì preferisco darlo ora e non a gennaio …”
“Come mai?” – replicò curioso Haz, fissandolo.
Louis pensava già al loro trasloco, ma non poteva dirglielo.
“Così, tanto per … E poi avrò quattro tesine da preparare”
“Che incubo Lou! Ne ho sei e poi l’ufficio … Lunedì vado in tribunale, prima escursione autentica” – comunicò fiero.
“Con Glam?”
“E chi può saperlo … Sua maestà cambia idea alla velocità della luce, ma di certo ci sarà Hopper, è un grande anche lui, sai?”
“Per lavorare con Geffen è indispensabile …” – ribatté assorto.
La sua e-mail stava lampeggiando.
Era un messaggio di Lux.
Gli confermava l’arrivo nel pomeriggio seguente, in anticipo.
Louis sorrise raggiante.

Harry lo notò al volo – “Ehi che succede?”
“Pensavo che sarà un Natale straordinario!” – e lo baciò entusiasta.
Haz non chiedeva di meglio, anche se una punta di gelosia lo stava tormentando: solo Vincent accendeva in quella maniera Louis.
A parte lui, ovvio.


“E così Papake e papi Tim hanno fatto pace!”
“Magnifico Lula …” – Geffen sospirò.
“Quindi missione compiuta! … Anche se … Non abbiamo fatto granché papà … o no?”
“Direi che se la sono cavata alla grande, senza di noi soldino” – rise.
“Meglio così … Sono un po’ stanco …”
Glam lo strinse.
“Sei unico Lula … Sei la mia luce cucciolo” – e lo guardò ispirato.
“Io ci provo … Sarò sempre con te papà”
“Me l’hai giurato … Non ho dubbi, amore mio” – ed i suoi occhi si velarono.
Lula scivolò via, precipitandosi nel parco, dove stava arrivando Violet, accompagnata da un Jared solitario.

Geffen prese fiato, poi si decise a raggiungerli.

Robert stava parcheggiando; Diamond e Camilla salutavano i cugini, ancora allacciate ai loro seggiolini appositi.
Spuntarono Vassily e Peter, per aiutarlo a farle scendere con calma.
Violet prese per mano Lula e sparirono verso i laghetti.
Pamela suonò una campanella, che annunciava un happy hour coloratissimo, destinazione optata da Glam, che la salutò affettuoso.
“Come state, tutti e tre?”
“Meglio di te maldido … Uh scalciano, ti hanno riconosciuto!” – rise vivace.
Geffen le accarezzò la pancia – “A maggio?”
“Sì Glam, la scadenza è quella”
“Andrà tutto bene Pam … Ne sono certo”
“Ed a te come andrà?” – chiese più seria.
“Non lo so, ma ora voglio pensare positivo, a te, a questi monelli … Già li amo” – e sorrise, senza però distogliere lo sguardo da Jared, che allacciava le scarpine a Diamond, coccolando Camilla, mentre Rob telefonava a qualcuno, presumibilmente Jude.


Farrell si specchiò, poi andò a vomitare per la terza volta.
Si erano chiusi nel bagno di Barny, dopo avere ordinato una brocca di caffè al barista, che la lasciò oltre l’ingresso di quelle toilette in stile anni settanta.

“Bevi questo Colin … Vedrai che passa”
“Dio non posso andare dal nonno in questo stato” – quasi piagnucolò.
Law rispose a Robert, dicendogli almeno di tacere.

“Ciao amore lo so siamo in ritardo, ma abbiamo forato … No, nessun incidente, non agitarti, solo un chiodo nel pneumatico, ma l’assistenza l’ha già cambiato, quindi ci muoviamo tra dieci minuti, dopo avere preso una tonica da Barny, ok?”
Downey si tranquillizzò – “D’accordo, ci vediamo a tavola, ciao tesoro, ti amo”
“Anch’io ti amo Rob … Un bacio” – e riattaccò, turbato.

“Non mi piace dirgli balle, ok?” – inveii contro il suo irish buddy, ridotto un cencio, come la sua camicia sudata.

“Ho un cambio nel portabagagli, ora vado a prenderlo” – disse trafelato, ma Colin lo trattenne.
“Jude, perdonami … Vorrei mi prendessi a pugni, l’ultima cosa che desidero è farti litigare con Robert, voi siete così …” – e scoppiò a piangere.
Law lo strinse, senza ulteriori rimproveri.
Sarebbero stati completamente inutili.



“Mmm dunque, quella protuberanza sotto la tua braghetta dovrebbe essere un pannolino, Nasir?”
L’occhiata dubbiosa di Laurie, nonché la sua espressione buffa, fecero ridere di gusto sia l’assistente sociale, che lo stesso Mason, molto più pratico del consorte a cambiare il loro piccolo.

“Ho due sorelle minori, mi ci ero abituato, un secolo fa, ma è come andare in bicicletta, sai Hugh?”
Nasir rise, tendendo le manine a Jim, che lo prese sul petto, amorevole, per poi portarlo sul fasciatoio.
Erano bellissimi, Laurie ci si stava perdendo, mentre la signora Oxton finiva di compilare i moduli per l’adozione.
Nasir aveva un anno e mezzo, parlava poco, ma, grazie ad alcuni volontari statunitensi, sapeva già qualche parola di Inglese.

Jim gli baciava i piedini, facendo suoni disarticolati e “… ideali per un ricovero alla neuro deliri, è questo il tuo repertorio?” – chiese polemico e fintamente acido Laurie, accostatosi al suo uomo, che gli rispose con una boccaccia esilarante.
“Dai prendilo tu ora …” – gli sussurrò dolce l’oncologo e Hugh abbandonò il bastone, non senza una breve incertezza deambulatoria, che Jim risolse immediato sostenendolo – “Andrà tutto bene tesoro” – aggiunse limpido, guardando lui ed il loro cucciolo, felice di aggrapparsi al collo dell’analista.
Laurie chiuse le palpebre, sorridendo lieve – “Dio ti ringrazio … e ringrazio voi due, Jim … Nasir, vi amo da impazzire” – e li riunì entrambi sul proprio cuore in tumulto di gioia ed aspettative realizzate.










 HUGH AND JIM 






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