Capitolo n. 170 – zen
Tom lo aiutò a
mettersi seduto sul bordo della lettiga.
“Ecco, piano, così …
bene” – il terapista gli sorrise e Tim ricambiò quel suo fare gentile, facendo
altrettanto.
“Chris vorrebbe farti
qualche domanda, è per il rapporto, sai … Il tuo gomito in compenso è intatto,
ho qui le lastre”
“Il mio gomito …?”
“Sì, quando hai perso
i sensi, ci sei crollato sopra, avevi un brutto livido” – spiegò Tom, con
delicatezza, passando i vestiti al giovane, che cercò immediato con lo sguardo
Kevin.
Intorno a loro, però,
sembrava esserci il deserto.
Era certo di avere
sentito la voce di Lula, mentre dormiva, le sue carezze amorevoli, persino le
zampe di Brady.
“Soldino …” – e gli
scese una lacrima, che Tom si affrettò ad asciugare con il pollice destro.
Era una persona
adorabile.
“Nostro figlio ci sta
aspettando a casa, Tim”
“Kevin …” – si illuminò,
vedendolo sulla soglia, improvviso, dal nulla.
“Sono qui …” –
sorrise impacciato, annullando la distanza, ormai insostenibile – “Scusaci Tom …”
“Figurati, è un
piacere. Arrivederci ragazzi”
Riavere il suo
abbraccio, fu per Tim come rinascere.
Singhiozzando
entrambi, non trovarono le parole adatte per spiegarsi quanto male provavano e
quale lacerazione si fosse aperta nei rispettivi cuori, per colpa di Ivo
Steadman.
Ed era a lui che
andava addossata ogni responsabilità, per Kevin questo era assodato ormai, dopo
un breve isolamento da qualsiasi conversazione insieme a Lula e Glam, pronti a
tutto per fare riconciliare la coppia.
“Ti amo … Io ti amo
Tim …” – gli disse rapito dal suo sguardo lucido e tremolante, in cui si
immerse, baciandolo profondamente.
Il tenente Hemsworth
poteva attendere.
“Glam io devo andare …”
“Co cosa …?”
L’avvocato si era
assopito sul divano, con Downey addosso, artigliato da Glam, come se fosse il
peluche di Lula.
“Jude mi sta
aspettando da Meliti, vieni anche tu, per cena, rammenti?”
“Sì … asp aspetta” –
e si elevò a fatica.
“Come ti senti?” –
chiese preoccupato l’attore.
“Ho solo bisogno di
una doccia … e di questo” – gli posò un bacio lieve sulle labbra,
sorridendogli, nel fare scorrere le proprie iridi sul suo volto incantevole.
Geffen glielo disse,
poi si eclissò in bagno.
Downey si massaggiò
la faccia, bollente come il resto di sé, che avrebbe voluto seguire Glam, sotto
quei getti freschi ed allettanti.
Il buon senso
prevalse.
“Ci raggiungi allora?”
“Sì Robert, a dopo,
ciao!” – esclamò dal box, fissando il vuoto.
Downey sparì.
“Papiii!!”
Lula corse loro
incontro.
Tim e Kevin lo
accolsero felici tra le loro braccia.
“Carmela ha fatto le
lasagne!”
“D’accordo soldino,
saliamo a sistemarci e poi ci vediamo all’aperitivo, non mangiare troppe
patatine” – disse sereno il bassista, mentre Tim annuiva, strofinando il naso
con quello del bambino.
Colin scolò la
seconda birra, addossato alla portiera dell’auto di Law, che, dal posto di
guida, lo stava osservando non senza ansia.
“Non dovresti …”
“Piantala con le
prediche Jude! Non morirò per due di queste, cazzo …!” – bofonchiò alterato.
“Cosa pensi di
risolvere, Colin?”
“Nulla … Un bel cazzo
di nulla!! Cazzo!” – sbottò, dando un pugno sul vetro, per poi lamentarsi.
“Che idiota … andiamo
a casa”
“A casa da chi?? Da
Jared?? Bella prospettiva!!”
“Perché non vi
chiarite una volta per tutte, andate in terapia, fatevi un viaggio, ma non di
scopate e finto divertimento!”
“Scopate … già, hanno
risolto spesso … tra noi …” – ribatté confuso, poi lo puntò stranito.
“Ju … Jude … senti, c’è
un resort nel prossimo isolato … è carino, ci sono stato con … ok … sì con
Jared, ovvio” – ridacchiò – “… andiamoci, tu ed io … solo per scopare, non
voglio mica sposarti!” – rise più forte, poi iniziò a piangere.
Era completamente
sbronzo.
“Oh signore … Ficcati
le dita in gola e vomita questa merda adesso!!” – e lo trascinò giù dalla
berlina, verso un fossato, non abbastanza profondo, pensò Farrell, per sfracellarsi
e farla finita con quell’assurdo dolore.
Kevin lo fece
scendere delicatamente tra i cuscini, accompagnando quel movimento fluido di
Tim, che inclinò di poco il viso, appena percepì la seta sfiorargli la nuca,
dove la mano del compagno lo cingeva con cura.
La sua bocca, poi,
assaporò la pelle del suo acerbo sposo, in quelle porzioni così lisce e
perfette, da renderlo eccitante senza che lui facesse niente.
Con la lingua, Kevin,
senza fretta, risalì dal suo collo, al mento, mordendolo e succhiandolo
intenso, così con gli zigomi, per poi finire tra le labbra di Tim, schiudendole
alla propria invadente conquista.
Fu solo a quel punto,
che lo sollevò, catturandolo per il busto, mentre le sue gambe si aggrappavano
ai fianchi di Kevin, in crisi di ossigeno e piena eccitazione.
“Ti voglio così … ti
prego Kevin …” – gli gemette nell’orecchio.
“Non voglio farti”
“Kevin …”
L’attrito dei loro
corpi, fece inarcare Tim, poi tendere come una corda di violino, oltremodo
vibrante nelle successive reazioni.
Gli umori di un primo
orgasmo, dovuto anche all’eccessivo coinvolgimento, facilitarono il resto dell’amplesso,
che aumentò in ritmo e spregiudicatezza da lì a poco.
Divennero un’unica
persona, ancora una volta.
La migliore, da
quando stavano insieme.
Si erano perdonati
ogni sbaglio, ogni ingenuità; si meritavano un futuro senza ombre ed era
proprio lì, ad un soffio da loro.
Harry rientrò in
anticipo con una borsa del take away.
Louis nascose veloce
le brochure dell’agenzia e si rimise sui libri, per rimediare ad un esame
scritto, andato male prima della partenza per la Francia.
“Al rancio ho pensato
io!” – disse allegro, salutando Lou, che con i suoi occhiali da nerd, le iridi
grandi ed il sorriso stampato, lo accolse semi nudo, volandogli al collo.
“Credevo rimanessi in
studio per quella riunione …”
“Geffen è andato da
Antonio, Sylvie portava Alain dal pediatra, il resto dei convocati si è
dileguato appena il boss ha dato il via libera, come me” – spiegò apparecchiando.
“Ok … fantastico, io
ho quasi finito”
“Ultimo ostacolo
prima delle vacanze natalizie?” – ed addentando una mela, diede un’occhiata
alla serie di domande, che il fidanzato aveva sbagliato al primo giro.
“Sì preferisco darlo
ora e non a gennaio …”
“Come mai?” – replicò
curioso Haz, fissandolo.
Louis pensava già al
loro trasloco, ma non poteva dirglielo.
“Così, tanto per … E
poi avrò quattro tesine da preparare”
“Che incubo Lou! Ne
ho sei e poi l’ufficio … Lunedì vado in tribunale, prima escursione autentica” –
comunicò fiero.
“Con Glam?”
“E chi può saperlo …
Sua maestà cambia idea alla velocità della luce, ma di certo ci sarà Hopper, è
un grande anche lui, sai?”
“Per lavorare con
Geffen è indispensabile …” – ribatté assorto.
La sua e-mail stava
lampeggiando.
Era un messaggio di
Lux.
Gli confermava l’arrivo
nel pomeriggio seguente, in anticipo.
Louis sorrise
raggiante.
Harry lo notò al volo
– “Ehi che succede?”
“Pensavo che sarà un
Natale straordinario!” – e lo baciò entusiasta.
Haz non chiedeva di
meglio, anche se una punta di gelosia lo stava tormentando: solo Vincent
accendeva in quella maniera Louis.
A parte lui, ovvio.
“E così Papake e papi
Tim hanno fatto pace!”
“Magnifico Lula …” –
Geffen sospirò.
“Quindi missione
compiuta! … Anche se … Non abbiamo fatto granché papà … o no?”
“Direi che se la sono
cavata alla grande, senza di noi soldino” – rise.
“Meglio così … Sono
un po’ stanco …”
Glam lo strinse.
“Sei unico Lula … Sei
la mia luce cucciolo” – e lo guardò ispirato.
“Io ci provo … Sarò
sempre con te papà”
“Me l’hai giurato …
Non ho dubbi, amore mio” – ed i suoi occhi si velarono.
Lula scivolò via,
precipitandosi nel parco, dove stava arrivando Violet, accompagnata da un Jared
solitario.
Geffen prese fiato,
poi si decise a raggiungerli.
Robert stava
parcheggiando; Diamond e Camilla salutavano i cugini, ancora allacciate ai loro
seggiolini appositi.
Spuntarono Vassily e
Peter, per aiutarlo a farle scendere con calma.
Violet prese per mano
Lula e sparirono verso i laghetti.
Pamela suonò una
campanella, che annunciava un happy hour coloratissimo, destinazione optata da
Glam, che la salutò affettuoso.
“Come state, tutti e
tre?”
“Meglio di te maldido
… Uh scalciano, ti hanno riconosciuto!” – rise vivace.
Geffen le accarezzò
la pancia – “A maggio?”
“Sì Glam, la scadenza
è quella”
“Andrà tutto bene Pam
… Ne sono certo”
“Ed a te come andrà?”
– chiese più seria.
“Non lo so, ma ora
voglio pensare positivo, a te, a questi monelli … Già li amo” – e sorrise,
senza però distogliere lo sguardo da Jared, che allacciava le scarpine a
Diamond, coccolando Camilla, mentre Rob telefonava a qualcuno, presumibilmente
Jude.
Farrell si specchiò,
poi andò a vomitare per la terza volta.
Si erano chiusi nel
bagno di Barny, dopo avere ordinato una brocca di caffè al barista, che la
lasciò oltre l’ingresso di quelle toilette in stile anni settanta.
“Bevi questo Colin …
Vedrai che passa”
“Dio non posso andare
dal nonno in questo stato” – quasi piagnucolò.
Law rispose a Robert,
dicendogli almeno di tacere.
“Ciao amore lo so
siamo in ritardo, ma abbiamo forato … No, nessun incidente, non agitarti, solo
un chiodo nel pneumatico, ma l’assistenza l’ha già cambiato, quindi ci muoviamo
tra dieci minuti, dopo avere preso una tonica da Barny, ok?”
Downey si
tranquillizzò – “D’accordo, ci vediamo a tavola, ciao tesoro, ti amo”
“Anch’io ti amo Rob …
Un bacio” – e riattaccò, turbato.
“Non mi piace dirgli
balle, ok?” – inveii contro il suo irish buddy, ridotto un cencio, come la sua
camicia sudata.
“Ho un cambio nel
portabagagli, ora vado a prenderlo” – disse trafelato, ma Colin lo trattenne.
“Jude, perdonami …
Vorrei mi prendessi a pugni, l’ultima cosa che desidero è farti litigare con
Robert, voi siete così …” – e scoppiò a piangere.
Law lo strinse, senza
ulteriori rimproveri.
Sarebbero stati completamente
inutili.
“Mmm dunque, quella
protuberanza sotto la tua braghetta dovrebbe essere un pannolino, Nasir?”
L’occhiata dubbiosa
di Laurie, nonché la sua espressione buffa, fecero ridere di gusto sia l’assistente
sociale, che lo stesso Mason, molto più pratico del consorte a cambiare il loro
piccolo.
“Ho due sorelle
minori, mi ci ero abituato, un secolo fa, ma è come andare in bicicletta, sai
Hugh?”
Nasir rise, tendendo
le manine a Jim, che lo prese sul petto, amorevole, per poi portarlo sul
fasciatoio.
Erano bellissimi,
Laurie ci si stava perdendo, mentre la signora Oxton finiva di compilare i
moduli per l’adozione.
Nasir aveva un anno e
mezzo, parlava poco, ma, grazie ad alcuni volontari statunitensi, sapeva già qualche
parola di Inglese.
Jim gli baciava i
piedini, facendo suoni disarticolati e “… ideali per un ricovero alla neuro
deliri, è questo il tuo repertorio?” – chiese polemico e fintamente acido
Laurie, accostatosi al suo uomo, che gli rispose con una boccaccia esilarante.
“Dai prendilo tu ora …”
– gli sussurrò dolce l’oncologo e Hugh abbandonò il bastone, non senza una
breve incertezza deambulatoria, che Jim risolse immediato sostenendolo – “Andrà
tutto bene tesoro” – aggiunse limpido, guardando lui ed il loro cucciolo,
felice di aggrapparsi al collo dell’analista.
Laurie chiuse le
palpebre, sorridendo lieve – “Dio ti ringrazio … e ringrazio voi due, Jim …
Nasir, vi amo da impazzire” – e li riunì entrambi sul proprio cuore in tumulto
di gioia ed aspettative realizzate.
HUGH AND JIM
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