sabato 3 agosto 2013

ZEN - CAPITOLO N. 162

Capitolo n. 162 – zen


Il jet di Meliti sorvolava l’oceano, diretto nel sud della Francia.

“Biot … Mi sembra incredibile” – sospirò Geffen, girandosi di poco verso Scott, seduto accanto a lui.
“Lo conosci quel paesino?”
“Sì, ci sono andato spesso e … ha un significato particolare per me”
“Ho quasi paura a chiederti quale Glam …” – replicò esitante.
“Riguarda Rob … In un’altra vita, lì saremmo stati felici, lo abbiamo pensato, per un attimo non abbastanza lungo” – spiegò senza intristirsi, perché i ricordi, a volte, lo confortavano meglio di qualunque parola, anche se detta da un amico fedele quanto il medico.

“Dove hai detto che è andato Jimmy, scusa?”
“A Dublino … Per un corso di formazione, vorrebbe fare lo chef … Poi lì’ ci sono Brian e Justin, anche se non li conosce bene, ma faranno amicizia, ne sono certo” – rivelò assorto.
Geffen non sembrò convinto e provò ad insistere – “Ed in California non c’era una scuola all’altezza?”
“No è che …” – poi Scott deglutì a vuoto – “Ci siamo presi una pausa …”
“Avete litigato?”
“Assolutamente … E’ stato uno dei giorni più dolci della nostra relazione … L’ho lasciato andare Glam, semplicemente questo, anche se potrà sempre ritrovarmi … Se tornasse” – sorrise triste, gli occhi lucidi.
“Mi dispiace …” – e gli prese la mano.
Scott la intrecciò alla sua e, chinando la testa, chiuse le palpebre, provando a dormire, per non pensare più a Jimmy.

Harry notò quel gesto amorevole dell’avvocato, ma fu solo la distrazione di un attimo, perché tutti gli altri si erano concentrati su Louis, seduto nella parte opposta alla sua, ad un paio di metri, con di fronte Vincent e Sylvie, che in un francese musicale, stavano dialogando tranquilli.

Lux aveva ricevuto importanti informazioni da un vecchio collega: erano entrambi in polizia, un secolo prima, quando Vincent conduceva una vita normale.
Si erano mantenuti in contatto, anche se l’altro, promosso a commissario, concluse la carriera con un arresto esemplare, ingabbiando il più grande trafficante di droga in attività a Parigi.
La capitale, però, ormai andava stretta a Jerome Renoir, per cui la Provenza divenne il suo rifugio per la pensione.


“Quindi il suo conoscente le ha detto che i miei zii sono morti …” – domandò inquieta la ragazza.
“Diamoci del tu, vuole?” – bissò galante, per poi lanciare un’occhiata a Louis, sorridendogli e facendolo arrossire.
Le stesse fiamme avvamparono sugli zigomi di Harry, che faceva finta di consultare un elenco di norme internazionali, da sfruttare al momento opportuno, come gli aveva richiesto Geffen.

“D’accordo Vincent … Comunque sono in pensiero per questa triste novità e non comprendo come mai la mia famiglia ne fosse all’oscuro”
“Credo che questa coppia fosse in fuga e letteralmente nascosta a Biot, dove ha trovato un destino avverso … Con il tuo bimbo, che dovrebbe essere sopravvissuto all’incidente, di cui mi accennava Jerome. Lui, comunque, ci dettaglierà all’arrivo, stai tranquilla”
Louis tolse le cuffiette dell’iPod, fissando Harry, che tornò veloce a guardare il proprio tablet.
Erano buffi, ma il loro dolore era così evidente, da ogni respiro, da ogni movimento, anche il più banale.

Glam li sorvegliava, ma pensando già a come risolvere quella diatriba.
Hopper, invece, si era rilassato, guardando un video di un balletto di Jamie, pronto a debuttare a Natale, per una produzione indipendente, ma determinata.
Marc ne fu felice ed angosciato al tempo stesso: Jam non doveva raccogliere una delusione, ma il timore che ciò avvenisse era lecito.
Fuori forma e leggermente ingrassato, tornare ad allenarsi con disciplina ed abnegazione, avrebbe potuto procurargli dei disturbi non indifferenti.
Hopper si sentiva in bilico tra il pregarlo di rinunciare e l’esortarlo ad avere fiducia nelle proprie doti e nel talento, che nessuno gli aveva mai contestato.
I loro bimbi erano entusiasti per quella novità e, in un rimescolio agrodolce, l’ultima settimana era trascorsa con qualche notte in bianco, a parlare della prima, senza farsi mancare amplessi passionali, utili, secondo Jam, anche a perdere peso.
Un ottimo compromesso per entrambi.

“Ecco qui Glam, spero sia sufficiente …”
Harry gli passò un dossier, appena stampato e completo dei suoi appunti, che il legale notò come davvero notevoli.
Si distrasse poi sull’espressione di Louis, un misto di sofferenza per abbandono e qualche sprazzo di serenità a sorpresa, per il clima protettivo, creato intorno a lui da Lux, senza eccessi od interferenze palesi.

Harry stava tremando e sbottò, a bassa voce, con una richiesta di delucidazioni, anche sensata.
“Glam che ruolo dovrebbe avere Louis in questa missione?”
Geffen rise contenuto – “La tua o è cattiveria pura o stupidità infantile senza limiti?”
Haz sbiancò, strinse i pugni e lasciò cadere il suo palmare: si inginocchiò subito per raccoglierlo, provando una fitta al fianco destro.
La sua appendice, di tanto in tanto, lo tormentava, specialmente quando era sotto stress od esami e mangiava schifezze di corsa.
Louis scattò in piedi, raggiungendolo svelto, per cingerlo e sollevarlo – “Hai portato il Mantiax?”
“No” – si lamentò, irrigidendosi e provando a staccarsi, senza alcuna autentica intenzione.
“Che zuccone che sei …” – disse flebile Lou.

Scott intervenne bonario – “Ed io che ci sto a fare qui, secondo voi?”
Estrasse poi quel farmaco dalla sua valigetta, mentre Vincent provvedeva a riempire un bicchiere d’acqua.
Harry lo afferrò mordendosi le labbra serrate, anche per quella fitta fastidiosa.

“La mamma non ti ha insegnato a dire grazie, Haz?” – scherzò aspro Louis, con lo sguardo di chi si stava prendendo una rivincita, anche se superficiale.
“Vai al diavolo Lou, tu e questo ceffo!” – e si alzò, tornando a posto.

Louis fece altrettanto, le mani gelide, mentre Vincent non smise di fissare Harry, per un ulteriore, interminabile minuto.
Lux poteva essere davvero pericoloso oppure innocuo, il giovane non lo sapeva affatto.
L’uomo volle incedere abbastanza perché solo quell’avversario in erba, potesse ascoltare ciò che aveva da dirgli, a denti stretti.

“Sarò anche un ceffo, ma se avessi nella mia vita una persona che mi ama così tanto, non la tratterei mai così. Chiaro?”
Harry resse il suo sguardo severo, ma nulla di più.
Si diressero poi in direzioni opposte.
Il primo verso la toilette, per dare di stomaco, come accadeva puntualmente durante le sue crisi di appendice e non solo.
Il secondo tornò da Louis, che provava a nascondere la sua emozione ed un pianto incipiente, dietro a dei Ray-Ban, regalo di Harry, dai quali non si separava mai.
Vincent gli diede una carezza paterna ed un buffetto, sulla gota vermiglia, così leggero, ma da sembrargli colmo di affetto e presenza.
Ciò che non ti saresti mai aspettati da Vincent Lux, pensò Geffen.


Tim completò l’iscrizione per l’esame del giorno successivo.
Era maledettamente importante passarlo con il massimo dei voti, per arricchire la sua tabella di marcia, verso un traguardo insperato all’inizio di quell’avventura universitaria.

Percorse il corridoio affollato, salutando qualche studente, si fermò alla macchinetta del caffè, prese il suo beverone e controllò la bacheca degli annunci, per vedere se qualcuno vendeva una moto usata.
Voleva fare una sorpresa a Kevin, acquistandone una per aggregarsi a lui, in qualche gita fuori Los Angeles.

Nel vetro scorse un riflesso di sfuggita, si voltò, ma quella marea di gente gli sembrò uguale ad un secondo prima.
Riprese il cammino verso l’uscita, era un po’ tardi ed aveva promesso a Lula di andare a prenderlo a fine lezioni, per poi pranzare insieme da Barny.

Lo scalone centrale aveva delle nicchie, con tanto di vetrata sui giardini esterni: degli angoli particolari, dove ci si poteva anche nascondere a pomiciare o fare una telefonata in piena riservatezza.
Da una di esse, sbucò improvvisa una mano, che lo afferrò per un braccio, trascinandolo dentro e spaventandolo a morte.
Mai quanto le iridi di Steadman, puntate su di lui, adesso, come due pugnali.

“Cosa ci fai tu qui??!” – esclamò il giovane, divincolandosi.
“Ciao Tim … Ci lavoravo, sai?”
“Sì lo so perfettamente, così come so che ti hanno sollevato dal tuo incarico o sbaglio?” – replicò acre.
“No, è corretto, però vedi, c’erano dei documenti da ritirare e sono stato convocato: un’occasione fortuita non credi? Anche incrociarti” – e sorrise bieco.
“Tu mi stavi pedinando!”
“Pensala come vuoi” – aggiunse più sommesso, mantenendo la minima distanza.
“Devo andare”
Ivo allungò il braccio, come una sbarra, tra Tim e la soglia, bloccandolo.
“Non prima di ascoltarmi, ok? E se non lo farai qui, dove se no? Almeno in ateneo non li fanno entrare quei due armadi celebro lesi” – e sogghignando, rivolse lo sguardo al parco, dove Ivan ed Amos stavano aspettando Tim.
“Loro sono migliori di te sotto ogni punto di vista!” – protestò.
Steadman lo scrutò – “Ti fai scopare anche da loro?”
“Sei un fottuto bastardo, lasciami andare oppure”
“OPPURE COSA?? NEMMENO TI STO TOCCANDO!”
Tim ebbe un tremito, poi prese fiato – “Cosa diavolo vuoi da me?”
“Farti un favore, ci crederesti?”
“Farnetichi …”
“No, assolutamente: il mio legale vuole portare Kevin in aula, ad ogni costo, parla di un risarcimento milionario, anche perché la vostra caccia alle streghe mi ha rovinato, rammenti?” – disse con una calma irritante.
“Tu sei una persona orrenda Ivo, fattene una ragione, serial killer o meno …”
“E tu sei uno stupido, se credi che il mio mastino mollerà, la sua percentuale sarebbe altissima e non mi riferisco unicamente alla parcella, ma soprattutto al successo in tribunale, quindi …”
“Quindi cosa??!”
“Quindi salviamo il soldato Ryan …” – ed inspirando, fece un passo avanti – “Una notte … solo una, tu ed io e poi sparirò, come un fantasma, come se non fossi esistito mai ed il tuo maritino si eviterà la galera per aggressione, nonché un’innumerevole serie di guai, non ultima la fedina penale infangata irrimediabilmente” – sibilò sul finale, la sua bocca troppo vicina all’orecchio sinistro di Tim.
I loro profili erano quasi incastrati e diversamente turbati.
Ivo dall’attrazione che sentiva per lui, pulsante e terribile.
Tim da un disagio profondo ed angosciante.

“Correremo il rischio, abbiamo lo studio Geffen a nostra difesa e”
“Nostra Tim? Quanto sei carino, tu e Kevin, una persona sola …” – lo canzonò appena.
“SI’ PERCHE’? NE SONO DEGNO E LUI DI ME, OK??!” – ruggì, riallontanandosi, le spalle al muro.
Steadman sorrise – “Pensaci, in carcere il tuo Kevin morirebbe dopo mezza giornata, se lo contenderebbero come dei selvaggi … E Geffen, se sapesse che non l’hai salvato, ti odierebbe, almeno quanto Lula …”

“Che … Che garanzie avrei …” – disse smarrito.
“La mia parola d’onore” – ribatté convinto il Paleontologo, prendendogli le mani, con garbo amorevole, così dissonante dal suo atteggiamento principale.
“Io …”
“Quello sciacallo non potrà procedere senza la mia denuncia firmata ed il relativo incarico a rappresentarmi, te lo giuro Tim!”
“Ci … ci penserò …”
“Domani sera esigo la tua risposta: voglio andarmene da qui, ma non senza averti un’ultima volta …”
Tim annuì, in lacrime, liberandosi finalmente dalla sua presa, anche se non violenta.
“Io ti amo Tim …”
Sembrava persino sincero.


Jared allineò i farmaci sulla scrivania di Laurie.
“Assumevo queste … anche un po’ a casaccio … In Irlanda due delle mie preferite” – ed indicò il flacone di pillole rosse, le peggiori, secondo l’analista, ma non glielo disse; non subito.

“Bell’assortimento, complimenti mr Leto” – replicò serio.
“Avrei voluto incontrare Glam, ma era già partito per non so dove … per trovare il bimbo di Sylvie … Flora e Denny non mi hanno dato molte spiegazioni …”
“Motivo dell’incontro con Geffen?”
“Volevo … volevo sapere come si sente …”
“Posso dirtelo io”
Jared lo fissò – “Per via di Jim …? Non è corretto …”
“Francamente l’ho solo incontrato in ascensore, Glam intendo: si lagnava di un po’ di acciacchi, dell’età …”
“Mi prendi in giro … E non dai il giusto peso alla sua situazione …”
“Come stai facendo tu, Jared? Ovvio, non ne sono innamorato, io.” – bissò secco.
“Lui non può andarsene senza” – il cantante ebbe un moto di stizza.
“Di che parli? Del suo viaggio per lavoro o”
“NO!”
“Allora di cosa Jared?!?”


“Haz esci da lì …”
La richiesta di Louis era pacata, come il suo bussare.
La serratura scattò ed Harry sgusciò fuori dal bagno, come un burattino, a cui avevano tagliato i fili, spettinato, ma bellissimo.
“Lasciami in pace, Lou …” – disse debole.

“Vorrei solo parlare con te …” – e gli accarezzò l’addome.
“Di cosa …? Della notte passata fuori dalla nostra casa? Con lui?” – domandò a testa bassa, incrociando le braccia sul cuore.
“Non è successo niente, mi ha solo dato un passaggio sino a Palm Springs, te l’avevo scritto, nella mia e-mail …” – affermò inquieto.
Harry lo guardò – “Tu non hai mai perso tempo, Louis, è già capitato, quando io non venivo a letto con te … E mi dicevi delle balle e”
“Lo facevo per proteggerti, dalla gelosia, dalla rabbia e per farti svegliare, cazzo!!”
Harry si strofinò i palmi sulla faccia provata e stanca – “Ci sono modi diversi, per farlo, per volere bene a qualcuno … Bisogna crederci, anche se non si ha il meglio, materialmente, anche se gli altri ci calpestano o ci umiliano, perché più ricchi od agevolati da nepotismi volgari … Ci si stringe, si va avanti, insieme, uniti dall’amore, che quegli stronzi non conoscono … ed era ciò che noi avevamo, invece … Non l’hai mai considerato un valore aggiunto Louis”
Il suo tono era affranto, la sua analisi spietata ed incontrovertibile.

Louis gli passò oltre, il cuore a pezzi, in resa totale.
“Perdonami se ho sbagliato tutto, con te, Harry … O forse ti darà fastidio concedermi almeno questo, vero?”
E se ne andò, anche se non poteva andare da nessuna parte.







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