lunedì 26 agosto 2013

ZEN - CAPITOLO N. 171

 Capitolo n. 171 – zen


Robert abbandonò la tavola per andare incontro a Jude.
L’inglese era da solo.
“Amore dov’è Colin?”
Anche Jared sembrò chiedergli lo stesso, mentre li raggiungeva.
“E’ di sopra, ha un’emicrania insopportabile …” – e fissò Leto, che oltrepassò la coppia, sotto lo sguardo incuriosito dei presenti.

Tim era al centro della massima attenzione, accarezzato e sostenuto da Kevin, nel raccontare come le vicissitudini causate da Steadman erano giunte finalmente all’epilogo, anche se tragico.

Geffen si ritrovò incastrato nella doppia sensazione di serenità verso l’ex, riconciliato con il marito, ma, soprattutto, di apprensione per Jared, troppo taciturno nei suoi riguardi ed insofferente anche alle piccole cose.

Avrebbe voluto seguirlo, ascoltare la sua conversazione insieme a Farrell, riverso sul letto, nella camera che con Jared condivideva dal nonno, da sempre, spesso spettatrice di notti appassionate tra lui ed il leader dei Mars.
I suoi zaffiri si erano posati sul corpo del marito, nudo tra le lenzuola, perché accaldato, ma anche immobile, in un dormiveglia nervoso e sgradevole.
Almeno finché non si avvide della sua presenza: tese le mani a Jared, che si precipitò da lui, il cuore in gola.

“Che è successo Cole?”
“Ho bevuto Jay … Due birre, ma mi hanno ridotto così” – mormorò affranto, sollevandosi a fatica.
“Tesoro ...” – e lo strinse forte, inginocchiandosi sul materasso.
“Mi mancavi … e non capisco più cosa non funziona tra noi … Dopo il Marocco io credevo”
“Colin ascolta” – e gli afferrò il viso per gli zigomi, fissandolo intenso.
“E’ … è colpa mia?” – chiese l’attore, le iridi tremanti.
“No Cole … no, ma ho tanta paura anch’io … ogni giorno,  di perderti”
Chiusero gli occhi, vedendosi anche in quel modo, saldando poi le fronti madide.
I loro respiri ed ogni centimetro della pelle di entrambi, erano talmente noti l’un l’altro, da confermare un’appartenenza assoluta.

“Perché continui a credere che io possa lasciarti, Jay? Non sono mai stato così innamorato di te, come in questo ultimo anno e non che nei precedenti lo fossi di meno, sia chiaro” – sorrise timido, con il terrore costante di dire qualcosa di inopportuno.
Leto lo percepì, quel disagio, quanto meno assurdo.
“Ci siamo fottuti la nostra complicità, sai Cole? Me ne rendo conto, quando ti sento tremare in questa maniera, quando credi di essere sotto esame continuo, per il mio carattere di merda, per questo egocentrismo da vittima, di cui dovrei vergognarmi a morte, con un compagno come sei tu … amore mio adorato” – e lo baciò, arrivando a quella profondità, dove si erano promessi e scelti, senza una scadenza, senza più incertezze.

Era la loro fetta di paradiso: peccato non riconoscerla più, tra le pieghe della quotidianità, degli incontri, degli amici, scambiati per potenziali avversari, senza più naturalezza, ma unicamente schiavi di ossessioni, di quel senso del possesso malato e non intrigante, che, invece, avrebbe fatto un bene immenso alla loro unione, di per sé già irripetibile.

“Andiamo via Jay … Stiamo per conto nostro, ma senza fughe … Ogni volta che si apre una di queste voragini, dopo mesi di serenità, di abitudini rassicuranti, per me è come impazzire e ricadere nella peggiore delle dipendenze … Io non voglio più che accada, non voglio rifugiarmi nell’oblio di farmaci od alcolici”
“Ed io meno di te” – Leto gli sorrise, baciandolo ancora.
Colin lo spogliò e, dopo qualche istante, intrecciati e silenziosi, si addormentarono, senza più incubi.


Si incontrarono in un posto segreto e da lì salirono alle colline, con la fuoriserie di Lux.
L’uomo non era disturbato minimamente da jet lag, al contrario delle volte precedenti, in cui rientrava in California dall’amata Europa.
Si sentiva il sangue scorrere a mille, la parlantina sciolta, le farfalle nello stomaco, alla stregua della più classica delle cotte.

Invece era amore.
Amore puro.

Lo disegnava in arabeschi invisibili, ogni volta che il suo sguardo si posava sul volto di Louis, tra i suoi capelli mossi e profumati, lungo la linea del suo fisico esile, ma tonico, proporzionato ed attraente.
Il punto migliore restava tra la sua vita, sottile, giù per i fianchi, intorno a quelle due colline disegnate da un artista ispirato, evidenziate da jeans aderenti e senza nulla sotto: a Vincent sembrò plausibile paragonare Lou ad una creatura magnifica, dono insperato da parte di un sarcastico destino: un fato in cui c’era infatti scritto, esclusivamente, il nome di Harry e non il suo.

“Siamo arrivati mon petit enfant … L’agente è quello?”
“Sì, ci siamo parlati stamattina, è puntuale … Come noi!” – e, facendogli l’occhiolino, il giovane saltò giù dall’auto, senza aprire neppure la portiera.
Lux scese invece con calma, inforcando gli occhiali scuri, per poi dirigersi verso quel funzionario un po’ impettito, stringendogli educatamente la mano.

“Vi faccio strada, è una proprietà di livello, ad un prezzo modico … L’offerta, purtroppo, supera la richiesta da anni …”
“In effetti ho qualche dubbio” – affermò Louis, controllando i serramenti.
“A che proposito, scusi?”
“Troppo bello per essere vero: posizione invidiabile, arredata con gusto, super accessoriata … Vero papi?” – chiese approvazione a Vincent, stupendolo con quell’appellativo, scaturito tempo prima, anche nei riguardi di Geffen.

Lux abbozzò – “In effetti, così sembrerebbe, ma … La società del signor Hermans,  è estremamente seria e quotata a Los Angeles” – affermò il francese, togliendosi i Ray-Ban, guardando amorevole in direzione di Louis.
“Dia ascolto a suo padre, è un uomo informato!” – sentenziò quel tizio, troppo ingessato e stitico, ma così divertente, senza neppure saperlo.

Louis si avvicinò a Vincent, fermandosi a qualche centimetro dalla sua faccia incuriosita.
“Mio padre sa quello che dice, concordo mr Hermans”
“Bene, proseguiamo nel tour” – e si allontanò.

Vincent strizzò le palpebre – “Sfacciato …” – bisbigliò divertito.
Lou avvampò – “Cavoli … ho esagerato, vero? Sono un coglione, uno scemo, un”
Lux lo avvolse, tappandogli la bocca con il palmo sinistro – “Mon Dieux quanto chiacchieri cucciolo!” – e rise solare.
Louis si appese a lui, riconoscente – “E’ merito tuo … mi hai dato fiducia, senza compromessi, senza farmi sentire inadeguato … opportunista e …”
“Non dire mai più quella parola e niente di simile, angelo mio …” – replicò assorto e dolce.
Il ragazzo si commosse.
Vincent si morse il labbro inferiore, inspirando, mentre mr Hermans li sollecitava dalla mansarda.

“Non viverla male, Louis, però … Io … ti amo tanto”
“Anch’io ti … ti amo” – balbettò, ritornando tra le sue ali, in un’overdose di affetto e gioia, che non aveva provato mai.

Lux capì quanto gli mancasse una figura genitoriale maschile, quanto Louis fosse carente anche di una semplice coccola, di un ti voglio bene, arrivato mai, da chi il giovane sperava.
Avrebbe voluto conoscere chi lo aveva messo al mondo, per spiegargli quanto Louis fosse speciale, quanto sia il padre che la madre dovessero pentirsi per non avergli dato l’amore ed il rispetto, che il figlio meritava a pieno.
Lux provava rabbia, però avrebbe sopperito a qualsiasi mancanza, non c’erano problemi di sorta.
Se non una crudele, perenne, malinconia.


“Daddy sei qui …”
“Ehi ciao tesoro, stavo guardando la galleria di Antonio” – disse l’avvocato, scorrendo una serie di foto, allineate sopra una lunga mensola in marmo bianco, nella saletta per fumatori, affacciata sull’ala est della residenza Meliti.

“Non dovresti …” – sussurrò il bassista, togliendo la Camel dalla bocca di Geffen, senza che lui protestasse.
“Ok ...”
“Stai per diventare papà per … un tot di volte”
Risero, accomodandosi sul divano.
“Bevi qualcosa Kevin? E Tim?”
“E’ con Lula, gli sta assemblando quel trenino, il nonno glielo ha comprato in anticipo”
“Non riesce a dirgli mai di no …”
“E noi allora? Soldino ci tiene in pugno, Glam”
“Hai ragione … Tutto a posto dunque? Ne sono felice”
“Anch’io daddy … Ho compreso le ragioni di Tim e mi sono reso conto del suo sacrificio: pensare che fosse comunque attratto da Ivo, sì insomma, potrebbe anche essere logico ed io sono l’ultimo a potermi lamentare, visto quanto sono legate a te, con le dovute differenze, tra il mio daddy e Steadman, ovvio” – ammise senza alcuna enfasi.
“Il tuo daddy è un po’ a pezzi, sai? Almeno vedervi riuniti è stato un sollievo; se così non fosse stato, credimi, ne avrei sofferto parecchio”
“Mi dispiace Glam, però avevo bisogno dello spazio e del tempo necessari a metabolizzare quanto avvenuto …”
“Ne avevi ogni diritto Kevin” – e si rialzò, scorgendo Jared e Colin andarsene, tenendosi per mano.

L’ex lo affiancò, senza dire nulla.
Geffen lo scrutò, poi sorrise – “Tutto bene quel che finisce bene … a quanto pare” – e trangugiando l’ultimo sorso di cognac, si congedò, senza fare troppo rumore.


Tom raccolse gli abiti sparsi dalla poltrona alla testata del letto, brontolando qualcosa.
Chris, in accappatoio, sorrise, spiandolo dalla cucina, dove aveva preparato delle uova al tegamino, sature di aceto.

“Lo so, faccio sempre casino …”
“Meno male che lo ammetti” – disse rigido il terapista, aggiungendo un mesto – “In effetti non abbiamo bisogno di un figlio, il bimbo per casa c’è già” – e sparì nel bagno di servizio, a caricare la lavatrice, lo sguardo lucido e nascosto alla vista del tenente.
Chris lo seguì, improvvisamente teso.

“Tommy … stai bene?” – chiese cauto.
“Certo, perché me lo chiedi?” – ribatté senza voltarsi.
“No è che non ne abbiamo più parlato …”
“Di cosa?” – e si girò di scatto, fissandolo con una durezza inconsueta.
“Del … del bambino …”
Il fiato gli si spezzò, ma Tom non voleva frignare, non davanti a quello che i colleghi definivano “vichingo”, così granitico e pronto a risolvere ogni situazione.
Tranne una.

“L’adozione è un argomento off limits, giusto? Laurie, che peraltro è volato ad Haiti insieme a Mason per accogliere Nasir nel loro menage, ti ha raccomandato di starne alla larga, sottolineando che non siamo pronti” – obiettò asciutto.
“Nasir …?”
“Sì, è …” – poi Tom prese fiato – “E’ il loro bambino …” – e si commosse, inevitabilmente.

Hemsworth lo strinse forte, facendogli cadere i panni, che Tom stava come stritolando.
“Chris …” – singhiozzò, arrendendosi alle proprie emozioni.
“Non devi farne una questione per dividerci, per litigare … Io lo voglio un figlio insieme a te, possibile tu non l’abbia ancora capito …?”
Glielo disse con tenerezza, guardandolo poi in adorazione.
Si baciarono.
Il momento era giunto, anche per loro: non restava che coglierlo, senza più indugi od insicurezze.
Lo pensarono, senza dirselo; bastò uno sguardo e poi, ancora un bacio.


“Così glielo ho detto … Non che cambi le cose, anzi, sono stato uno stupido, sai Glam?”
Geffen scosse il capo, prendendo un’altra fetta di Saint honorè: Vincent ne andava ghiotto ed era capace di mangiarsene una intera, quando gli prendevano le crisi di inedia e svilimento, come in quel preciso frangente.
Erano a casa di Lux, dove Glam era passato a salutarlo, dopo una strana telefonata da parte dell’amico d’oltralpe.

“Esattamente cosa gli hai detto?”
“Una cosa sul tipo … non avertene a male, ma io ti amo Louis … Ecco” – e fece spallucce, buffo nel suo lamentarsi, da vecchio stupido innamorato, come si auto definì.
“E lui …?”
“Mon petit enfant, per accontentare questo scemo, ha detto di amarmi, anche lui, capisci?” – e sgranò gli occhi su Glam, che sorrise bonario.
“Quel ragazzino ti adora, sei un papà e”
“Mi ha chiamato papi!”
“Uhm … anche a me, una volta, ma non certo per le stesse ragioni o meglio, non mosso dai medesimi sentimenti … Giocava ed Harry si è incazzato” – rise.
“Merd, allora è un riciclaggio!” – e rise a sua volta, rendendosi conto di come prendeva sul serio ogni sillaba pronunciata da Louis.
“Cosa vuoi, veramente, Vincent? Cosa ti aspetti da tutta questa storia?” – domandò l’avvocato, più serio.
Lux respirò, quindi deglutì a vuoto – “Che Lou sia felice … Solo questo, giuro!” – e si mise il palmo destro sul cuore, carico di battiti per il suo ragazzino.
“Allora lascia che sia … Che tutto capiti, per amore o per forza …”
“Cosa intendi Glam? Non capisco …”
“Voglio dire che se è scritto, tu e Louis avrete la vostra occasione, a meno che entrambi non forziate gli eventi”
“Mai … No, mai, non creerò problemi a Lou ed Haz, sia chiaro!”
“La tua correttezza verrà oltremodo apprezzata da Louis, credo tu lo sappia e che non sia una posa, uno stratagemma, vero Vincent?” – sorrise, un po’ canaglia.
“Non sono mai stato così sincero Glam … E mi sento bene, mi sento … libero, autentico, come se vivessi davvero, dopo un lungo sonno” – spiegò rapito da mille pensieri.
“Vi auguro il meglio, anche se non potrete mai essere tutti e tre soddisfatti … E che non diventi un’agonia, come la mia con Jared, ad esempio …” – e sbuffò, stanco.
“Jared? … Dove si trova, ora?”
“Con il marito, verso nuovi orizzonti … Scappano regolarmente, quando il mondo crolla intorno”
“Scappano da te, mon ami?”
“Può darsi … Può darsi.”











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