lunedì 19 agosto 2013

ZEN - CAPITOLO N. 166

Capitolo n. 166 – zen


La notte era buia.
Il suo cuore a pezzi.

Tim camminava sotto la pioggia, come se il suo corpo fosse senza vita propria, ma abbandonato a fili oscuri, che lo stavano manovrando e spingendo alla deriva, dopo le ore appena trascorse insieme al suo carnefice.

Ivo poteva definirsi solo il questo modo, dopo una relazione fatta di litigi, incomprensioni, botte, nonostante la passione ed il suo amore malato.

Certo era stato bello dirgli di sì, nel momento in cui Steadman aveva domandato a Tim di sposarlo: una reazione di getto, istintivamente vendicativa nei riguardi di un Kevin ancora troppo legato a Geffen, per liberarsi dai fantasmi del passato e dedicarsi totalmente al giovane compagno.

Era tutto sbagliato, mentre Tim si specchiava in una pozzanghera ed un’auto inchiodava alle sue spalle.


Glam preparò i bagagli, controllando nel frattempo la posta elettronica.
C’era un breve video di Jared, insieme ad Isotta e Lula, ospitato alla End House per trascorrere qualche giorno con la sua adorata Violet.

Lo sguardo del cantante era inequivocabile, ma era palese il suo sforzo di nascondere un’angoscia, che ormai lo attanagliava da settimane.
I tre, riuniti davanti al pc di Leto, salutavano Geffen, ricordandogli che doveva essere presente alla preparazione del mega albero alla residenza del leader dei Mars, nonostante quel Natale, tutti sarebbero andati in Irlanda, a casa Farrell, per stare con i nonni, un po’ acciaccati per volare negli Stati Uniti.
Ovviamente soldino fece mille faccine al suo papà per convincerlo a non mancare a quell’appuntamento, per non lasciare da sola la sua mini fidanzata per le feste, durante le quali Lula l’aveva invitata allo chalet in Svizzera, per sciare e divertirsi sulla neve.
Il programma, ma, soprattutto l’entusiasmo del figlio, lo fecero sorridere dolce.

Scott, poco distante, affacciato al balcone sul torrente in piena, non diceva nulla.
Era come intimidito da quelle tradizioni di famiglia, in cui Glam veniva coinvolto puntualmente, però, al solo pensiero di Dublino, gli si strinse il cuore: prese il cellulare ed inviò un sms a Jimmy, che rispose immediato.

§ Anche tu mi manchi, Scott … Ogni cosa di noi, ha lasciato un vuoto incolmabile nel mio cuore, ma non smetterò di amarti, anche se tu ora sei con lui, che ti farà unicamente del male e questo lo sai bene … accidenti! … A presto, tuo Jimmy §

Il medico non gli aveva nascosto nulla; sarebbe stato stupido ed inutile in quella fase, per cui Jimmy sapeva di questa strana relazione, ricreatasi tra Scott e Glam, ormai con la mente a Los Angeles, impaziente di rivedere Jared e capire il suo disagio.
Qualunque altra cosa o meglio persona, era sacrificabile.
Come sempre.


“Tim!! Accidenti cosa …?”
Rossi lo afferrò per le spalle, bloccandolo, un attimo prima che il ragazzo attraversasse la strada, senza badare al traffico, che l’avrebbe travolto.
“Io … io ho fatto una cosa terribile” – disse flebile; poi svenne.


Mason lo auscultò, poi sorrise – “Sta bene, la febbre è quasi scomparsa … Hugh mi passi lo sfigmomanometro? Grazie …”
L’analista glielo porse gentile, facendo l’occhiolino a Tim, steso sopra il letto, nella camera degli ospiti di Kurt.
Martin aveva sistemato il vassoio con latte caldo e biscotti sul comodino, ringraziato da David, che lo baciò tra i capelli scuri – “Tesoro ci sono i cartoni di là in tv?”
“Sì zio Dave!” – replicò allegro.
Kurt lo prese in braccio, annuendo a Rossi – “Vediamo cosa trasmettono, ok scricciolo?”
“Ok papi …” – e si allontanarono.

Laurie si accomodò in poltrona, poco distante da Tim, senza mai smettere di fissarlo, per cogliere ogni sua espressione; in realtà non aveva ancora spiegato cosa gli fosse successo, ma David temeva il peggio.

“Vuoi che telefoni a Kevin?” – domandò cauto.
“No … lo farò io … domani mattina, quando torna” – ribatté agitandosi.
Jim gli fece un’iniezione, un blando sedativo: Tim si rannicchiò in posizione fetale, come a proteggersi dalla loro legittima curiosità, capendo comunque che non sarebbe servito.

“Tim noi vorremmo aiutarti …” – esordì delicatamente Hugh.
“Questo io lo so …”

Kurt rientrò: “E’ stato Ivo, giusto?” – chiese diretto.
Tim affondò il volto. segnato dalle lacrime, nel cuscino, stritolandone il bordo destro con le mani affusolate e tremanti, come il resto di sé.

Mason gli spostò le ciocche dalla fronte, prendendo fiato – “Ti ha … ti ha stuprato?”
Quel termine lo lacerava, anche se l’oncologo non aveva subito mai alcuna violenza.
Il vedere, però, dei pazienti giungere al pronto soccorso, dopo essere stati violentati, anni prima, lo aveva sconvolto ed inorridito.

Tim schiuse le labbra, come alla ricerca di ossigeno – “No … No lui … Lui mi ha ricattato … avrebbe mandato Kevin in galera ed io ho … ho ceduto” – singhiozzò.
Rossi inarcò il sopracciglio sinistro, ma tacque: non era il momento dei rimproveri, ma di comprendere i meccanismi di quella scelta, ormai irreversibile, che avrebbe avuto conseguenze gravi, se mal gestita dai presenti.
Laurie socchiuse le palpebre, dopo avere incrociato l’occhiata esaustiva del profiler, senza fare commenti inopportuni.
Le sue battute sarebbero state fuori luogo, anche se una sottile rabbia sembrò scavare nel suo animo, perché in passato aveva fallito con pazienti vittime della stessa problematica, una sorta di sindrome di Stoccolma, seppure Ivo avesse tenuto in ostaggio solo simbolicamente Tim, anche quando lo studente si sentiva al sicuro tra le braccia di Kevin.

Kurt convinse Tim a nutrirsi un minimo e gli altri uscirono, raggiungendo Martin nel living.

Rimasto con lui, il padre del bimbo non esitò a raccogliere il suo sfogo.
Strinse sul petto Tim e non lo interruppe, mentre sputava fuori il proprio assurdo dolore.

“Ad un certo punto … non capivo più niente Kurt … Mi piaceva, stavo bene, come se Ivo ed io fossimo in simbiosi …” – rivelò, tornando repentino sotto le lenzuola, a pancia in giù.

“A volte chi ci fa del male, diventa come una droga … Con Crane, per me, era così, una sorta di dipendenza, sia fisica che mentale” – ammise triste.
“Ivo a modo suo mi voleva bene … credo …”
“Non è colpa tua, anche se credi il contrario, perché vedi, quando mi prostituivo, Crane con i suoi maltrattamenti e la sua cattiveria, era come se mi punisse ed io espiavo, in un meccanismo contorto … alla fine mi ha quasi ammazzato”
“Forse Ivo ci ha provato, ma io non lo ricordo … A Parigi intendo”
“Sì, certo … adesso dormi Tim …”
“Cosa dirò a Kevin …? Come farò … con lui …?” – e si assopì.


Rossi scortò Martin in camera, non senza raccontargli una breve favola, come al solito.
Jim si affossò sul divano, rifugiandosi sotto l’ala del consorte, che gli baciò la nuca, drogandosi del suo buon odore, che gli faceva azzerare ogni malumore.

“E’ spaventato … Dobbiamo prepararlo ad affrontare Kevin: cosa ne pensi Hugh?”
“Una patata bollente, ecco cosa abbiamo tra le mani ed il tempo è il nostro avversario peggiore, troppo esiguo per dargli un minimo di sicurezza”
“Eviterei di raccontare bugie”
“Sarebbero a fin di bene, così come voleva essere l’azione di Tim” – obiettò, ma senza veemenza.
Guardava Jim, come l’unica cosa bella al mondo ed il marito avrebbe voluto tornare a casa immediatamente, a cercare gli scatoloni con gli addobbi nello sgabuzzino, per litigarsi le luminarie, la sfera di cristallo con Kermit all’interno, il puntale rappezzato con il nastro adesivo, ma che non avrebbero sostituito mai, perché acquistato a Portobello, durante il loro primo viaggio a Londra.
Per la coppia nessun loft extra lusso, come quello in cui si trovavano, tanto meno residenze faraoniche, perché tra quelle pareti sembrava non esserci mai una concreta felicità, simile a quella raggiunta da loro, non senza sacrifici ed amarezze, ma, per questo, ancora più preziosa.

Kurt incrociò Rossi nel corridoio  e si precipitò ad abbracciarlo.
“Tesoro … calmati” – gli sussurrò l’uomo, per poi baciarlo intenso e caldo.
“Dave … Non lasciarmi …”
“Come potrei?” – gli sorrise – “Tu e Martin siete la mia vita … Non avere paura, non permetterò a nessuno di farti soffrire ancora” – e sigillò le loro labbra, con quella sua sicurezza assoluta, di cui Kurt si nutriva ad ogni respiro.


Louis portò una ciotola di croccantini a Laika, sfiorando timido i suoi cuccioli appena nati.
Quel veterinario, simpatico ed affabile, aveva fatto un ottimo lavoro e Jerome lo stava accompagnando al cancello, dopo avergli offerto una bevuta di sidro, di sua produzione, un po’ azzardata ed altamente alcolica.
Vincent ne aveva sorseggiato un po’, accarezzando con lo sguardo quello di Louis, ormai arrivato da lui, per congedarsi.

“E’ tempo di andare a casa, mon petit enfant”
“Sì … Harry scalpita”
“E così tu” – bissò amorevole, dandogli una carezza sulle guance arrossate.
“Torni anche tu? Con noi …?”
“Forse … Forse per la vigilia Louis” – ribatté incerto.
“Così tardi?”
“Ti farò sapere, lo prometto” – e lo strinse, senza trascendere, come avrebbe voluto.
Disperatamente.


“Ci andrai?”
“Cosa scusa …?”
Geffen era concentrato sulla guida verso l’aeroporto di Nizza.
Si sentiva meglio, forse per l’urgenza di rivedere Jared, pensò Scott.
“Ho ascoltato … Non volevo origliare …” – aggiunse, scrutando il paesaggio ingrigitosi improvviso, oltre il finestrino, umido di pioggia e qualche fiocco di neve.
“Non lo so …”
“Jared farà il diavolo a quattro” – e rise nervoso – “Senza contare Lula” – e si morse le nocche, appoggiando il gomito sul bordo interno dello sportello, chiudendo gli occhi, esausto.
Glam accostò.

“Scotty …”
“E’ tutto a posto, dai muoviti o”
Geffen lo baciò, ma l’amico lo respinse lento – “Non ho più voglia di vivere ai margini Glam …”
“Ho … spezzato la corda, vero?”
“Io mi ci sono impiccato …” – sorrise, affondando nel suo collo, avvolgendolo, lasciando che Geffen facesse altrettanto, come se appassissero nella loro identica malinconia.


Rossi rispose a quella chiamata, non senza sorpresa.
“Garcia …? Ma che succede?”
“So che è tardi Dave, ma dovresti accendere il tablet, Hotch deve parlarti, ci sono delle novità su Steadman”
“Dici sul serio? In che senso?” – domandò mettendosi seduto sul bordo, svegliando Kurt, che lo cercò accanto a sé, non senza un lieve, adorabile lamento.
“Posso solo anticiparti che non vi creerà più alcun problema, te lo assicuro.”













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