Capitolo n. 166 – zen
La notte era buia.
Il suo cuore a pezzi.
Tim camminava
sotto la pioggia, come se il suo corpo fosse senza vita propria, ma abbandonato
a fili oscuri, che lo stavano manovrando e spingendo alla deriva, dopo le ore
appena trascorse insieme al suo carnefice.
Ivo poteva
definirsi solo il questo modo, dopo una relazione fatta di litigi,
incomprensioni, botte, nonostante la passione ed il suo amore malato.
Certo era
stato bello dirgli di sì, nel momento in cui Steadman aveva domandato a Tim di
sposarlo: una reazione di getto, istintivamente vendicativa nei riguardi di un
Kevin ancora troppo legato a Geffen, per liberarsi dai fantasmi del passato e
dedicarsi totalmente al giovane compagno.
Era tutto
sbagliato, mentre Tim si specchiava in una pozzanghera ed un’auto inchiodava
alle sue spalle.
Glam preparò i
bagagli, controllando nel frattempo la posta elettronica.
C’era un breve
video di Jared, insieme ad Isotta e Lula, ospitato alla End House per
trascorrere qualche giorno con la sua adorata Violet.
Lo sguardo del
cantante era inequivocabile, ma era palese il suo sforzo di nascondere
un’angoscia, che ormai lo attanagliava da settimane.
I tre, riuniti
davanti al pc di Leto, salutavano Geffen, ricordandogli che doveva essere
presente alla preparazione del mega albero alla residenza del leader dei Mars,
nonostante quel Natale, tutti sarebbero andati in Irlanda, a casa Farrell, per
stare con i nonni, un po’ acciaccati per volare negli Stati Uniti.
Ovviamente
soldino fece mille faccine al suo papà per convincerlo a non mancare a
quell’appuntamento, per non lasciare da sola la sua mini fidanzata per le
feste, durante le quali Lula l’aveva invitata allo chalet in Svizzera, per
sciare e divertirsi sulla neve.
Il programma,
ma, soprattutto l’entusiasmo del figlio, lo fecero sorridere dolce.
Scott, poco
distante, affacciato al balcone sul torrente in piena, non diceva nulla.
Era come
intimidito da quelle tradizioni di famiglia, in cui Glam veniva coinvolto
puntualmente, però, al solo pensiero di Dublino, gli si strinse il cuore: prese
il cellulare ed inviò un sms a Jimmy, che rispose immediato.
§ Anche tu mi manchi, Scott … Ogni cosa di noi, ha
lasciato un vuoto incolmabile nel mio cuore, ma non smetterò di amarti, anche
se tu ora sei con lui, che ti farà unicamente del male e questo lo sai bene …
accidenti! … A presto, tuo Jimmy §
Il medico non
gli aveva nascosto nulla; sarebbe stato stupido ed inutile in quella fase, per
cui Jimmy sapeva di questa strana relazione,
ricreatasi tra Scott e Glam, ormai con la mente a Los Angeles, impaziente di
rivedere Jared e capire il suo disagio.
Qualunque
altra cosa o meglio persona, era sacrificabile.
Come sempre.
“Tim!!
Accidenti cosa …?”
Rossi lo
afferrò per le spalle, bloccandolo, un attimo prima che il ragazzo
attraversasse la strada, senza badare al traffico, che l’avrebbe travolto.
“Io … io ho
fatto una cosa terribile” – disse flebile; poi svenne.
Mason lo
auscultò, poi sorrise – “Sta bene, la febbre è quasi scomparsa … Hugh mi passi
lo sfigmomanometro? Grazie …”
L’analista
glielo porse gentile, facendo l’occhiolino a Tim, steso sopra il letto, nella
camera degli ospiti di Kurt.
Martin aveva
sistemato il vassoio con latte caldo e biscotti sul comodino, ringraziato da
David, che lo baciò tra i capelli scuri – “Tesoro ci sono i cartoni di là in
tv?”
“Sì zio Dave!”
– replicò allegro.
Kurt lo prese
in braccio, annuendo a Rossi – “Vediamo cosa trasmettono, ok scricciolo?”
“Ok papi …” –
e si allontanarono.
Laurie si
accomodò in poltrona, poco distante da Tim, senza mai smettere di fissarlo, per
cogliere ogni sua espressione; in realtà non aveva ancora spiegato cosa gli
fosse successo, ma David temeva il peggio.
“Vuoi che
telefoni a Kevin?” – domandò cauto.
“No … lo farò
io … domani mattina, quando torna” – ribatté agitandosi.
Jim gli fece
un’iniezione, un blando sedativo: Tim si rannicchiò in posizione fetale, come a
proteggersi dalla loro legittima curiosità, capendo comunque che non sarebbe
servito.
“Tim noi
vorremmo aiutarti …” – esordì delicatamente Hugh.
“Questo io lo
so …”
Kurt rientrò:
“E’ stato Ivo, giusto?” – chiese diretto.
Tim affondò il
volto. segnato dalle lacrime, nel cuscino, stritolandone il bordo destro con le
mani affusolate e tremanti, come il resto di sé.
Mason gli
spostò le ciocche dalla fronte, prendendo fiato – “Ti ha … ti ha stuprato?”
Quel termine
lo lacerava, anche se l’oncologo non aveva subito mai alcuna violenza.
Il vedere,
però, dei pazienti giungere al pronto soccorso, dopo essere stati violentati,
anni prima, lo aveva sconvolto ed inorridito.
Tim schiuse le
labbra, come alla ricerca di ossigeno – “No … No lui … Lui mi ha ricattato …
avrebbe mandato Kevin in galera ed io ho … ho ceduto” – singhiozzò.
Rossi inarcò
il sopracciglio sinistro, ma tacque: non era il momento dei rimproveri, ma di
comprendere i meccanismi di quella scelta, ormai irreversibile, che avrebbe
avuto conseguenze gravi, se mal gestita dai presenti.
Laurie
socchiuse le palpebre, dopo avere incrociato l’occhiata esaustiva del profiler,
senza fare commenti inopportuni.
Le sue battute
sarebbero state fuori luogo, anche se una sottile rabbia sembrò scavare nel suo
animo, perché in passato aveva fallito con pazienti vittime della stessa
problematica, una sorta di sindrome di Stoccolma, seppure Ivo avesse tenuto in
ostaggio solo simbolicamente Tim, anche quando lo studente si sentiva al sicuro
tra le braccia di Kevin.
Kurt convinse
Tim a nutrirsi un minimo e gli altri uscirono, raggiungendo Martin nel living.
Rimasto con
lui, il padre del bimbo non esitò a raccogliere il suo sfogo.
Strinse sul
petto Tim e non lo interruppe, mentre sputava fuori il proprio assurdo dolore.
“Ad un certo
punto … non capivo più niente Kurt … Mi piaceva, stavo bene, come se Ivo ed io
fossimo in simbiosi …” – rivelò, tornando repentino sotto le lenzuola, a pancia
in giù.
“A volte chi
ci fa del male, diventa come una droga … Con Crane, per me, era così, una sorta
di dipendenza, sia fisica che mentale” – ammise triste.
“Ivo a modo
suo mi voleva bene … credo …”
“Non è colpa
tua, anche se credi il contrario, perché vedi, quando mi prostituivo, Crane con
i suoi maltrattamenti e la sua cattiveria, era come se mi punisse ed io
espiavo, in un meccanismo contorto … alla fine mi ha quasi ammazzato”
“Forse Ivo ci
ha provato, ma io non lo ricordo … A Parigi intendo”
“Sì, certo …
adesso dormi Tim …”
“Cosa dirò a
Kevin …? Come farò … con lui …?” – e si assopì.
Rossi scortò
Martin in camera, non senza raccontargli una breve favola, come al solito.
Jim si affossò
sul divano, rifugiandosi sotto l’ala del consorte, che gli baciò la nuca, drogandosi
del suo buon odore, che gli faceva azzerare ogni malumore.
“E’ spaventato
… Dobbiamo prepararlo ad affrontare Kevin: cosa ne pensi Hugh?”
“Una patata
bollente, ecco cosa abbiamo tra le mani ed il tempo è il nostro avversario
peggiore, troppo esiguo per dargli un minimo di sicurezza”
“Eviterei di
raccontare bugie”
“Sarebbero a
fin di bene, così come voleva essere l’azione di Tim” – obiettò, ma senza
veemenza.
Guardava Jim,
come l’unica cosa bella al mondo ed il marito avrebbe voluto tornare a casa
immediatamente, a cercare gli scatoloni con gli addobbi nello sgabuzzino, per
litigarsi le luminarie, la sfera di cristallo con Kermit all’interno, il
puntale rappezzato con il nastro adesivo, ma che non avrebbero sostituito mai, perché
acquistato a Portobello, durante il loro primo viaggio a Londra.
Per la coppia
nessun loft extra lusso, come quello in cui si trovavano, tanto meno residenze
faraoniche, perché tra quelle pareti sembrava non esserci mai una concreta
felicità, simile a quella raggiunta da loro, non senza sacrifici ed amarezze,
ma, per questo, ancora più preziosa.
Kurt incrociò
Rossi nel corridoio e si precipitò ad
abbracciarlo.
“Tesoro …
calmati” – gli sussurrò l’uomo, per poi baciarlo intenso e caldo.
“Dave … Non
lasciarmi …”
“Come potrei?”
– gli sorrise – “Tu e Martin siete la mia vita … Non avere paura, non
permetterò a nessuno di farti soffrire ancora” – e sigillò le loro labbra, con
quella sua sicurezza assoluta, di cui Kurt si nutriva ad ogni respiro.
Louis portò
una ciotola di croccantini a Laika, sfiorando timido i suoi cuccioli appena
nati.
Quel
veterinario, simpatico ed affabile, aveva fatto un ottimo lavoro e Jerome lo
stava accompagnando al cancello, dopo avergli offerto una bevuta di sidro, di
sua produzione, un po’ azzardata ed altamente alcolica.
Vincent ne
aveva sorseggiato un po’, accarezzando con lo sguardo quello di Louis, ormai
arrivato da lui, per congedarsi.
“E’ tempo di
andare a casa, mon petit enfant”
“Sì … Harry scalpita”
“E così tu” –
bissò amorevole, dandogli una carezza sulle guance arrossate.
“Torni anche
tu? Con noi …?”
“Forse … Forse
per la vigilia Louis” – ribatté incerto.
“Così tardi?”
“Ti farò
sapere, lo prometto” – e lo strinse, senza trascendere, come avrebbe voluto.
Disperatamente.
“Ci andrai?”
“Cosa scusa …?”
Geffen era
concentrato sulla guida verso l’aeroporto di Nizza.
Si sentiva
meglio, forse per l’urgenza di rivedere Jared, pensò Scott.
“Ho ascoltato …
Non volevo origliare …” – aggiunse, scrutando il paesaggio ingrigitosi
improvviso, oltre il finestrino, umido di pioggia e qualche fiocco di neve.
“Non lo so …”
“Jared farà il
diavolo a quattro” – e rise nervoso – “Senza contare Lula” – e si morse le
nocche, appoggiando il gomito sul bordo interno dello sportello, chiudendo gli
occhi, esausto.
Glam accostò.
“Scotty …”
“E’ tutto a
posto, dai muoviti o”
Geffen lo
baciò, ma l’amico lo respinse lento – “Non ho più voglia di vivere ai margini
Glam …”
“Ho … spezzato
la corda, vero?”
“Io mi ci sono
impiccato …” – sorrise, affondando nel suo collo, avvolgendolo, lasciando che
Geffen facesse altrettanto, come se appassissero nella loro identica
malinconia.
Rossi rispose
a quella chiamata, non senza sorpresa.
“Garcia …? Ma
che succede?”
“So che è
tardi Dave, ma dovresti accendere il tablet, Hotch deve parlarti, ci sono delle
novità su Steadman”
“Dici sul serio?
In che senso?” – domandò mettendosi seduto sul bordo, svegliando Kurt, che lo
cercò accanto a sé, non senza un lieve, adorabile lamento.
“Posso solo
anticiparti che non vi creerà più alcun problema, te lo assicuro.”
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