mercoledì 28 agosto 2013

ZEN - CAPITOLO N. 172

Capitolo n. 172 – zen




Sara Parker aveva sigillato la serranda del Dark blue con un lucchetto, che Colin faticò ad aprire.
“Dio … è arrugginito Jared!”
“Lo vedo … ecco ci sei riuscito!”- e rise, inginocchiato, per poi sollevare quell’unica barriera tra loro ed il vecchio locale, così caro al leader dei Mars.
Sara, coetanea di sua madre, fu la prima a dargli una mano, appena Leto giunse in città.
Si pagava una camera scalcinata, al motel di fronte, con il salario di lavapiatti, che la donna gli assicurava settimanalmente, oltre ad un ottimo cibo vegetariano, al quale lui si stava appassionando, anche per mantenere una forma invidiabile.

Farrell lo scrutò, appena Jared accese le luci.
“Strano, sembra funzionare tutto …” – e provò anche i rubinetti ed i fornelli in cucina.
“Come ci vengono certe idee, Jay?”
“Non lo so amore …” – e si guardò intorno, notando anche una discreta pulizia generale.
Lanciò uno scopettone all’irlandese ed esclamò – “Al lavoro, tra due giorni siamo di scena!”
“Come diavolo faremo per il cibo, le bibite …!?!”
“Sara mi ha dato una lista di fornitori di fiducia ed io mi attacco subito al telefono” – spiegò solenne.
Colin aggrottò la fronte – “Ehm … tesoro … come mai tu agli approvvigionamenti ed io … ai pavimenti??!” – e ringhiò, recuperando anche un paio di secchi.
“Non brontolare, qui si tratta di talento e tu … ne hai molto in certe cose” – e gli fece un occhiolino esaustivo.
“Ma Jay!!”


Lux rispose al telefono con una voce cavernosa.
“Sì … chi è …?”
“Ciao sono io … Ti disturbo?”
Il tono squillante di Louis quasi lo fece sobbalzare.
“Mon petit … No, no” – e tossendo si mise seduto, controllando l’ora.
Erano appena le otto.
“Sai pensavo una cosa …” – mormorò esitante.
“Dimmi tesoro”
Lou sorrise – “E’ per la casa”
“Non la vuoi più?”
“No, anzi, ma preferirei coinvolgere Harry, dal notaio insomma, per intestare la proprietà ad entrambi, ma volevo lo sapessi ed avere la tua approvazione”
“La mia …?”
“Sì, i soldi me li hai dati tu”
“L’ho fatto perché realizzassi i tuoi sogni, Louis, senza dovermi chiedere il permesso” – replicò dolce, accendendosi una sigaretta.
“Non fumare, è così presto”
“Louis …” – arrise alla sua premura e la spense.
“Bravo!” – esclamò il ragazzo, parcheggiando nei pressi della sede di Geffen.
“Anche tu, a condividere questo progetto con il tuo Harry, fai benissimo” – affermò sincero.
“Ok … Ora lo farò più soddisfatto”
“Meno male … Dove sei?”
“Sotto l’ufficio di Harry, arriva presto, io sono uscito un po’ prima, mi crede in università … Gli farò una sorpresa”
“Splendido piano … A che ora vai in agenzia?”
“Per le dieci, Vincent, poi ti faccio sapere …”
“Magari pranziamo insieme, se sei solo Lou”
“Penso di sì, Haz è oberato di impegni e poi gli farò perdere tempo per le firme dell’atto”
“Sarà tempo prezioso, lo apprezzerà molto, vedrai” – ed allegro si diresse verso il box doccia.
“Ti lascio, sta arrivando … ah c’è Sylvie con Alain, lo starà portando all’asilo, dopo la colazione al bar con Harry: lui la salta sempre a casa se io non ci sono … si trattano bene” – sibilò divertito.
“Buona fortuna angelo mio … a dopo, se vorrai”
“Certo … Ti ringrazio, per tutto Vincent … Ti aggiorno quanto prima, ciao!” – e, sceso dall’auto, andò a piazzarsi dietro la prima colonna sul suo cammino, in attesa che Sylvie proseguisse, lasciandogli campo libero con Harry, che dialogava sereno insieme alla collega, concentrata a tenere saldamente per mano il figlio, piuttosto vivace.

Sopraggiunse una signora, carica di borse, che quasi travolse il terzetto, lasciando cadere un paio di pacchetti, che Harry si affrettò a raccogliere.
Alain fece un saltello, ridendo per quell’imprevisto: Sylvie lo prese in braccio, rimproverandolo per l’eccessivo chiasso, ma l’anziana donna gli diede un buffetto, approvando la sua esaltazione genuina.
“E’ splendido, che occhi, tutto il suo papà” – e puntò Harry, che rimase interdetto per un istante.
“Certo poi la somiglianza con la mamma è notevole” – precisò lei e Sylvie arrossì, compiaciuta.
“Siete davvero una splendida coppia e lei ha un consorte davvero educato e lei una splendida moglie, per non parlare di questo gioiello” – e scompigliò i capelli di Alain, che non diceva nulla, quasi infastidito da quell’esuberante sconosciuta.
Imparagonabile a quello che stava provando Louis, soprattutto nell’ascoltare il compagno, che, ossequioso, se ne uscì con un – “La ringrazio, è troppo gentile”
“Dico solo ciò che vedo, buona giornata”
“Salve …” – concluse flebile Harry, sotto lo sguardo interdetto di Sylvie, che, appena rimasero nuovamente soli, non esitò a fargli un sonoro appunto.
“Ehi, ma sei impazzito?” – chiese piano, per non turbare Alain.
“In che senso?”
“Spacciarti per il padre di Alain, per … mio marito??”
“Mi parli come se fossi un mostro!” – protestò aspro.
“Assolutamente, però cosa diavolo ti è preso? Giocare alla bella famigliola, non so se ti rendi conto”
“Quante storie, ne fai una tragedia, quella tizia era talmente affabile, mi spiaceva contraddirla” – si giustificò inconsistente.
Sylvie strizzò le palpebre – “Farò finta che non sia successo, comunque rifletti su come reagirebbe Louis se sapesse”
“Non dire cavolate!” – ed avvampò.
“Forse sei confuso Harry, così arguto ed avanti nel tuo lavoro, ma probabilmente immaturo per il resto ed incosciente, ammettilo”
“Dovresti essere lusingata ed invece mi fai la predica, non ti capisco proprio!”
La ragazza scrollò la testa, severa – “Quello che deve schiarirsi le idee, qui, sei unicamente tu, fattene una ragione.” – e se ne andò.
Harry si grattò la nuca, imbarazzato; si appoggiò al muro, senza sapere che al lato opposto restava Louis, immobile, mortificato e derubato da ogni respiro.
I palmi di Lou erano aperti sull’intonaco bianco, come a sostenersi, le labbra serrate, incapaci ormai di trattenere un urlo di sconforto ed umiliazione.
Eppure Louis non disse niente; si ossigenò, per non svenire, poi fuggì via.


“Sai Jay, quando realizzammo Una casa alla fine del mondo, la trama prevedeva appunto di aprire un ristorante, recuperando un ambiente ridotto piuttosto male”
“Sì, ricordo il film, eri magnifico, eri semplicemente  tu … Il vero, autentico Colin James Farrell, puro, sensibile, volenteroso, altruista e … molto gay” – Leto sorrise innamorato, abbracciandolo, per dargli un bacio, con il cuore nella sua bocca generosa.
Si guardarono.
Una lacrima rigò il volto abbronzato dell’attore.
“Cole …”
“E’ passato così tanto tempo …”
“Cosa”
“Non tornerà più Jay” – lo interruppe sorridendo, per poi stringerlo, con immensa tenerezza.
“Noi siamo ancora qui Cole …” – anche il cantante si commosse.
“Nessuno mi aveva mai guardato, come facevi tu, ogni mattina, quando mi salutavi, anche se il tuo impegno per rendere al meglio sul set di Oliver assorbiva ogni tua energia, avevi sempre una parola per me … Una carezza … Mi sfioravi le mani, la schiena, mi tenevi con te, anche se c’erano decine di persone tra noi e ci spiavamo a distanza, rammenti?”
“Sì Colin … le mie pulsazioni erano a mille e provavo a mantenere la calma … impossibile … Mi scavavi dentro e se avevamo appena trascorso la notte insieme, la mia agitazione cresceva … Dimenticavo le battute”
“Ed io inciampavo ovunque per guardarti”
Risero.
Farrell prese un lungo respiro – “Eri e sei bellissimo, Jared”
“Ti amo Colin”
“Ti amo anch’io” – e si baciarono di nuovo.

“Ehi dove le metto le birre?! Ops … scusatemi …”
Un omone piombò nell’ingresso ed i due artisti ebbero un sussulto.
Leto inarcò un sopracciglio.
“Arthur …? Sei tu …?”
“Jared …? … L’usignolo chitarrista, non posso crederci, ma cosa diavolo …”
“Arthur!” – e si precipitò a salutarlo, trascinando per mano Colin.
“Quando mi hanno passato l’ordinazione pensavo fosse uno scherzo, Sara ha chiuso da anni, poi ho visto che c’era l’insegna accesa … Tu dovresti essere in collina o sbaglio?” – scherzò bonariamente.
“Sì, in effetti … Ti presento mio marito, Colin Farrell”
“Piacere …” – e gli diede la mano – “Lo conosco bene” – rise.
“Certo che sì … Non dovresti essere in pensione?”
“No Jay, volevo fare studiare anche il mio quarto figlio”
“Fantastico … Per le bibite tu sai cosa fare, qui è tutto uguale …”
“L’aiuto” – disse Colin gentile.
“Dammi del tu … Recupero un altro carrello e torno subito”

Jared lo seguì con lo sguardo – “E’ una brava persona”
“Sì e tu sei adorabile, con chiunque incontri …”
“Ho imparato da te, Colin e questo lo sai” – replicò rapito dai suoi quarzi liquidi, che sembravano avvolgerlo e custodirlo, senza mai avere smesso di farlo, dal principio della loro unione.


Il citofono lo distrasse dalla sua vana intenzione di sistemare l’armadio.
Lux gettò l’ennesima camicia nel mucchio, creatosi pericolosamente sopra ad una poltrona del settecento ed andò a vedere chi fosse.
Lo schermo si accese, rivelando la presenza di Louis.
“Tesoro …”
“Perdonami, non volevo disturbarti … Non sapevo dove andare …”
Vincent gli aprì immediatamente, precipitandosi giù dalle scale, sino all’ingresso della sua residenza.
Il giovane richiuse la blindata alle sue spalle, collidendo poi con l’uomo, che lo avvolse, sollevandolo quasi – “Louis, tesoro, cosa ti prende?” – domandò angosciato.
“Non … non mi sento bene …”
“Mio Dio chiamo un’ambulanza, che cos’hai??”
“Ho … ho sete … non chiamare nessuno, ti prego” – disse in affanno.
Lux lo portò sul divano della sala adiacente, recuperando in fretta una bottiglietta di Evian, che Louis assaggiò appena.
“Bevine ancora, ti preparo un caffè o vuoi un’aspirina, ti supplico spiegami mon petit enfant o potrei impazzire” – e gli raccolse gli zigomi, fissandolo, mentre il colorito del ragazzo migliorava.


Geffen lo aveva visto partire con una fretta indiavolata, ma ciò che lo colpì, fu l’espressione sconvolta di Louis, oltre al suo stritolare il volante, prima di ingranare la marcia ed allontanarsi.
Ora, affacciato alle vetrate, Glam di interrogava sulle cause di quella reazione, considerata la calma di Harry nello svolgere le proprie mansioni.

Flora fece accomodare Tom, atteso dall’avvocato per istruire la pratica di adozione all’orfanotrofio dove Robert e Jude avevano accolto tra le loro braccia Diamond.

“Ciao, Chris non c’è?” – chiese con un bel sorriso, mentre il terapista si sedeva emozionato all’altro capo della scrivania.
“Arriva tra un quarto d’ora, abbi pazienza Glam”
“Nessun problema … Dunque siamo pronti?”
“Sono … terrorizzato”
“Lo ero anch’io, quando Lula entrò nella mia vita, scegliendo di renderla straordinaria, Tommy”
“Tu ne sei così … innamorato Glam e lui vive per te”
“Hai ragione, come neppure immagini” – ed il suo sguardo si posò su uno dei  tanti scatti incorniciati di sé con soldino, esaltati da un’aurea particolare.


Vincent gli baciò teneramente le tempie, asciugando quel pianto, che sembrava non dare cenno di fermarsi.
“E’ stato un equivoco, mon petit enfant, null’altro che questo” – gli disse quasi sommesso, guardandolo.
Louis gli aveva narrato i dettagli di quello spiacevole incontro.
“No … No, tu non l’hai visto, i suoi occhi, il tono … Il suo adirarsi con Sylvie, che mi vuole bene e mi ha difeso inconsapevole sulla mia presenza” – obiettò, mettendosi seduto sopra il divano, dove Lux lo stava consolando.
“Lei è stata … logica, irruente, forse, un po’ come sei tu amore” – e rise pacato.
“No”
L’ex poliziotto scosse il capo, inspirando – “Risolviamo questo pasticcio, devi parlare con Harry, avanti …”
“Per sentirmi dire che cosa?? Che mi hai dato il denaro per l’acquisto della villa, perché mi sono di certo venduto a te??!”

La sua alterazione era dura, ma senza infantilismi, nonostante Lux lo stesse trattando come un cucciolo ferito.

“Ti accompagnerò e spiegherò che il mio è stato un semplice dono, come quello di un padre ad un figlio, al mio Jacques che non c’è più: anche Harry dovrà comprendere le mie ragioni” – ribatté serio, senza mai abbandonare il corpo di Louis, che sembrava aggrapparsi a lui, ad ogni sua parola, ad ogni respiro di Vincent.

“La mia delusione è pari alla sorpresa di ascoltare Harry esprimersi in quel modo, rivelando forse ciò a cui aspira e che non ha mai avuto il coraggio di ammettere”
“Una vita da etero? Una bella donna al fianco, la paternità? Semmai avviene il contrario, Louis, non credi?”
“Paradossi esistenziali, io li definisco così” – ed accennò un broncio, capace di fare impazzire ogni senso di Lux.
Questi, comunque, mantenne un’integrità notevole.
“Sai cosa potrebbe invece dirti Haz? Che hai colto la palla al balzo per mandarlo al diavolo e preferirgli il sottoscritto: idem su di me, se io appoggiassi la tua presa di posizione, approfittandomi della situazione come il peggiore degli avvoltoi!”
“Tu la vedresti così, se fossi lui?” – bissò secco.
Lux annuì deciso – “Al cento per cento Lou”
Il giovane sorrise – “Amo la tua schiettezza … Amo tante cose di te e sono sicuro che non potrai contraddirmi almeno su una, la più speciale”
“E … quale sarebbe mon petit enfant …?” – chiese assorto.
“Tu mi ami come io ho sempre desiderato, Vincent. Sai tutto del mio passato eppure non c’è un’ombra, una sfumatura amara, nel tuo donarti a me … Ed io vorrei ricambiare questo miracolo, che forse non merito neppure, sai?” – e il suo respiro si spezzò.
Lux lo strinse, strizzando le palpebre, il cuore imploso in milioni di schegge, che gli arrivarono dal petto agli occhi, colmi di lacrime, anche per lui, adesso.

“Telefona ad Harry … Incontriamolo in un luogo appartato, magari il loft di Geffen, è attiguo al suo studio … Se vuoi lo avviso io, ma non puoi rimanere qui, senza fare ciò che va fatto, Louis …”
“D’accordo, come vuoi … Anche se non so cosa Haz potrà inventarsi per salvare la nostra storia questa volta: non sono disposto a perdonarlo e non tornerò indietro così facilmente” – affermò risoluto.

Lux tremò, pensando che da quel giorno Louis poteva entrare a giusta ragione nel suo quotidiano, come ambiva, ma altresì non osava neppure chiedere alla buona sorte, giratasi a suo favore, meravigliosamente inaspettata ed improvvisa.













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