Capitolo n. 172 – zen
Sara Parker aveva
sigillato la serranda del Dark blue con un lucchetto, che Colin faticò ad
aprire.
“Dio … è arrugginito Jared!”
“Lo vedo … ecco ci
sei riuscito!”- e rise, inginocchiato, per poi sollevare quell’unica barriera
tra loro ed il vecchio locale, così caro al leader dei Mars.
Sara, coetanea di sua
madre, fu la prima a dargli una mano, appena Leto giunse in città.
Si pagava una camera
scalcinata, al motel di fronte, con il salario di lavapiatti, che la donna gli
assicurava settimanalmente, oltre ad un ottimo cibo vegetariano, al quale lui
si stava appassionando, anche per mantenere una forma invidiabile.
Farrell lo scrutò,
appena Jared accese le luci.
“Strano, sembra
funzionare tutto …” – e provò anche i rubinetti ed i fornelli in cucina.
“Come ci vengono
certe idee, Jay?”
“Non lo so
amore …” – e si guardò intorno, notando anche una discreta pulizia generale.
Lanciò uno
scopettone all’irlandese ed esclamò – “Al lavoro, tra due giorni siamo di
scena!”
“Come diavolo
faremo per il cibo, le bibite …!?!”
“Sara mi ha
dato una lista di fornitori di fiducia ed io mi attacco subito al telefono” –
spiegò solenne.
Colin aggrottò
la fronte – “Ehm … tesoro … come mai tu agli approvvigionamenti ed io … ai
pavimenti??!” – e ringhiò, recuperando anche un paio di secchi.
“Non
brontolare, qui si tratta di talento e tu … ne hai molto in certe cose” – e gli
fece un occhiolino esaustivo.
“Ma Jay!!”
Lux rispose al
telefono con una voce cavernosa.
“Sì … chi è
…?”
“Ciao sono io
… Ti disturbo?”
Il tono
squillante di Louis quasi lo fece sobbalzare.
“Mon petit …
No, no” – e tossendo si mise seduto, controllando l’ora.
Erano appena
le otto.
“Sai pensavo
una cosa …” – mormorò esitante.
“Dimmi tesoro”
Lou sorrise –
“E’ per la casa”
“Non la vuoi
più?”
“No, anzi, ma
preferirei coinvolgere Harry, dal notaio insomma, per intestare la proprietà ad
entrambi, ma volevo lo sapessi ed avere la tua approvazione”
“La mia …?”
“Sì, i soldi
me li hai dati tu”
“L’ho fatto
perché realizzassi i tuoi sogni, Louis, senza dovermi chiedere il permesso” –
replicò dolce, accendendosi una sigaretta.
“Non fumare, è
così presto”
“Louis …” –
arrise alla sua premura e la spense.
“Bravo!” –
esclamò il ragazzo, parcheggiando nei pressi della sede di Geffen.
“Anche tu, a
condividere questo progetto con il tuo Harry, fai benissimo” – affermò sincero.
“Ok … Ora lo
farò più soddisfatto”
“Meno male …
Dove sei?”
“Sotto
l’ufficio di Harry, arriva presto, io sono uscito un po’ prima, mi crede in
università … Gli farò una sorpresa”
“Splendido
piano … A che ora vai in agenzia?”
“Per le dieci,
Vincent, poi ti faccio sapere …”
“Magari
pranziamo insieme, se sei solo Lou”
“Penso di sì,
Haz è oberato di impegni e poi gli farò perdere tempo per le firme dell’atto”
“Sarà tempo
prezioso, lo apprezzerà molto, vedrai” – ed allegro si diresse verso il box
doccia.
“Ti lascio,
sta arrivando … ah c’è Sylvie con Alain, lo starà portando all’asilo, dopo la
colazione al bar con Harry: lui la salta sempre a casa se io non ci sono … si
trattano bene” – sibilò divertito.
“Buona fortuna
angelo mio … a dopo, se vorrai”
“Certo … Ti
ringrazio, per tutto Vincent … Ti aggiorno quanto prima, ciao!” – e, sceso
dall’auto, andò a piazzarsi dietro la prima colonna sul suo cammino, in attesa
che Sylvie proseguisse, lasciandogli campo libero con Harry, che dialogava
sereno insieme alla collega, concentrata a tenere saldamente per mano il
figlio, piuttosto vivace.
Sopraggiunse
una signora, carica di borse, che quasi travolse il terzetto, lasciando cadere
un paio di pacchetti, che Harry si affrettò a raccogliere.
Alain fece un
saltello, ridendo per quell’imprevisto: Sylvie lo prese in braccio,
rimproverandolo per l’eccessivo chiasso, ma l’anziana donna gli diede un
buffetto, approvando la sua esaltazione genuina.
“E’ splendido,
che occhi, tutto il suo papà” – e puntò Harry, che rimase interdetto per un
istante.
“Certo poi la
somiglianza con la mamma è notevole” – precisò lei e Sylvie arrossì,
compiaciuta.
“Siete davvero
una splendida coppia e lei ha un consorte davvero educato e lei una splendida
moglie, per non parlare di questo gioiello” – e scompigliò i capelli di Alain,
che non diceva nulla, quasi infastidito da quell’esuberante sconosciuta.
Imparagonabile
a quello che stava provando Louis, soprattutto nell’ascoltare il compagno, che,
ossequioso, se ne uscì con un – “La ringrazio, è troppo gentile”
“Dico solo ciò
che vedo, buona giornata”
“Salve …” –
concluse flebile Harry, sotto lo sguardo interdetto di Sylvie, che, appena
rimasero nuovamente soli, non esitò a fargli un sonoro appunto.
“Ehi, ma sei
impazzito?” – chiese piano, per non turbare Alain.
“In che
senso?”
“Spacciarti
per il padre di Alain, per … mio marito??”
“Mi parli come
se fossi un mostro!” – protestò aspro.
“Assolutamente,
però cosa diavolo ti è preso? Giocare alla bella famigliola, non so se ti
rendi conto”
“Quante
storie, ne fai una tragedia, quella tizia era talmente affabile, mi spiaceva
contraddirla” – si giustificò inconsistente.
Sylvie strizzò
le palpebre – “Farò finta che non sia successo, comunque rifletti su come
reagirebbe Louis se sapesse”
“Non dire
cavolate!” – ed avvampò.
“Forse sei
confuso Harry, così arguto ed avanti nel tuo lavoro, ma probabilmente immaturo
per il resto ed incosciente, ammettilo”
“Dovresti
essere lusingata ed invece mi fai la predica, non ti capisco proprio!”
La ragazza
scrollò la testa, severa – “Quello che deve schiarirsi le idee, qui, sei
unicamente tu, fattene una ragione.” – e se ne andò.
Harry si
grattò la nuca, imbarazzato; si appoggiò al muro, senza sapere che al lato
opposto restava Louis, immobile, mortificato e derubato da ogni respiro.
I palmi di Lou
erano aperti sull’intonaco bianco, come a sostenersi, le labbra serrate, incapaci
ormai di trattenere un urlo di sconforto ed umiliazione.
Eppure Louis
non disse niente; si ossigenò, per non svenire, poi fuggì via.
“Sai Jay, quando
realizzammo Una casa alla fine del mondo,
la trama prevedeva appunto di aprire un ristorante, recuperando un ambiente
ridotto piuttosto male”
“Sì, ricordo
il film, eri magnifico, eri semplicemente
tu … Il vero, autentico Colin
James Farrell, puro, sensibile, volenteroso, altruista e … molto gay” – Leto sorrise
innamorato, abbracciandolo, per dargli un bacio, con il cuore nella sua bocca
generosa.
Si guardarono.
Una lacrima
rigò il volto abbronzato dell’attore.
“Cole …”
“E’ passato
così tanto tempo …”
“Cosa”
“Non tornerà
più Jay” – lo interruppe sorridendo, per poi stringerlo, con immensa tenerezza.
“Noi siamo
ancora qui Cole …” – anche il cantante si commosse.
“Nessuno mi
aveva mai guardato, come facevi tu, ogni mattina, quando mi salutavi, anche se
il tuo impegno per rendere al meglio sul set di Oliver assorbiva ogni tua
energia, avevi sempre una parola per me … Una carezza … Mi sfioravi le mani, la
schiena, mi tenevi con te, anche se c’erano decine di persone tra noi e ci
spiavamo a distanza, rammenti?”
“Sì Colin … le
mie pulsazioni erano a mille e provavo a mantenere la calma … impossibile … Mi
scavavi dentro e se avevamo appena trascorso la notte insieme, la mia
agitazione cresceva … Dimenticavo le battute”
“Ed io
inciampavo ovunque per guardarti”
Risero.
Farrell prese
un lungo respiro – “Eri e sei bellissimo, Jared”
“Ti amo Colin”
“Ti amo anch’io”
– e si baciarono di nuovo.
“Ehi dove le
metto le birre?! Ops … scusatemi …”
Un omone
piombò nell’ingresso ed i due artisti ebbero un sussulto.
Leto inarcò un
sopracciglio.
“Arthur …? Sei
tu …?”
“Jared …? … L’usignolo
chitarrista, non posso crederci, ma cosa diavolo …”
“Arthur!” – e
si precipitò a salutarlo, trascinando per mano Colin.
“Quando mi
hanno passato l’ordinazione pensavo fosse uno scherzo, Sara ha chiuso da anni,
poi ho visto che c’era l’insegna accesa … Tu dovresti essere in collina o
sbaglio?” – scherzò bonariamente.
“Sì, in
effetti … Ti presento mio marito, Colin Farrell”
“Piacere …” –
e gli diede la mano – “Lo conosco bene” – rise.
“Certo che sì …
Non dovresti essere in pensione?”
“No Jay,
volevo fare studiare anche il mio quarto figlio”
“Fantastico …
Per le bibite tu sai cosa fare, qui è tutto uguale …”
“L’aiuto” –
disse Colin gentile.
“Dammi del tu …
Recupero un altro carrello e torno subito”
Jared lo seguì
con lo sguardo – “E’ una brava persona”
“Sì e tu sei
adorabile, con chiunque incontri …”
“Ho imparato
da te, Colin e questo lo sai” – replicò rapito dai suoi quarzi liquidi, che
sembravano avvolgerlo e custodirlo, senza mai avere smesso di farlo, dal
principio della loro unione.
Il citofono lo
distrasse dalla sua vana intenzione di sistemare l’armadio.
Lux gettò l’ennesima
camicia nel mucchio, creatosi pericolosamente sopra ad una poltrona del
settecento ed andò a vedere chi fosse.
Lo schermo si
accese, rivelando la presenza di Louis.
“Tesoro …”
“Perdonami,
non volevo disturbarti … Non sapevo dove andare …”
Vincent gli
aprì immediatamente, precipitandosi giù dalle scale, sino all’ingresso della
sua residenza.
Il giovane
richiuse la blindata alle sue spalle, collidendo poi con l’uomo, che lo
avvolse, sollevandolo quasi – “Louis, tesoro, cosa ti prende?” – domandò angosciato.
“Non … non mi
sento bene …”
“Mio Dio
chiamo un’ambulanza, che cos’hai??”
“Ho … ho sete …
non chiamare nessuno, ti prego” – disse in affanno.
Lux lo portò
sul divano della sala adiacente, recuperando in fretta una bottiglietta di
Evian, che Louis assaggiò appena.
“Bevine
ancora, ti preparo un caffè o vuoi un’aspirina, ti supplico spiegami mon petit
enfant o potrei impazzire” – e gli raccolse gli zigomi, fissandolo, mentre il
colorito del ragazzo migliorava.
Geffen lo
aveva visto partire con una fretta indiavolata, ma ciò che lo colpì, fu l’espressione
sconvolta di Louis, oltre al suo stritolare il volante, prima di ingranare la
marcia ed allontanarsi.
Ora,
affacciato alle vetrate, Glam di interrogava sulle cause di quella reazione,
considerata la calma di Harry nello svolgere le proprie mansioni.
Flora fece
accomodare Tom, atteso dall’avvocato per istruire la pratica di adozione all’orfanotrofio
dove Robert e Jude avevano accolto tra le loro braccia Diamond.
“Ciao, Chris
non c’è?” – chiese con un bel sorriso, mentre il terapista si sedeva emozionato
all’altro capo della scrivania.
“Arriva tra un
quarto d’ora, abbi pazienza Glam”
“Nessun
problema … Dunque siamo pronti?”
“Sono …
terrorizzato”
“Lo ero anch’io,
quando Lula entrò nella mia vita, scegliendo di renderla straordinaria, Tommy”
“Tu ne sei così
… innamorato Glam e lui vive per te”
“Hai ragione,
come neppure immagini” – ed il suo sguardo si posò su uno dei tanti scatti incorniciati di sé con soldino, esaltati
da un’aurea particolare.
Vincent gli
baciò teneramente le tempie, asciugando quel pianto, che sembrava non dare
cenno di fermarsi.
“E’ stato un
equivoco, mon petit enfant, null’altro che questo” – gli disse quasi sommesso,
guardandolo.
Louis gli
aveva narrato i dettagli di quello spiacevole incontro.
“No … No, tu
non l’hai visto, i suoi occhi, il tono … Il suo adirarsi con Sylvie, che mi
vuole bene e mi ha difeso inconsapevole sulla mia presenza” – obiettò,
mettendosi seduto sopra il divano, dove Lux lo stava consolando.
“Lei è stata …
logica, irruente, forse, un po’ come sei tu amore” – e rise pacato.
“No”
L’ex
poliziotto scosse il capo, inspirando – “Risolviamo questo pasticcio, devi
parlare con Harry, avanti …”
“Per sentirmi
dire che cosa?? Che mi hai dato il denaro per l’acquisto della villa, perché mi
sono di certo venduto a te??!”
La sua
alterazione era dura, ma senza infantilismi, nonostante Lux lo stesse trattando
come un cucciolo ferito.
“Ti
accompagnerò e spiegherò che il mio è stato un semplice dono, come quello di un
padre ad un figlio, al mio Jacques che non c’è più: anche Harry dovrà
comprendere le mie ragioni” – ribatté serio, senza mai abbandonare il corpo di
Louis, che sembrava aggrapparsi a lui, ad ogni sua parola, ad ogni respiro di
Vincent.
“La mia
delusione è pari alla sorpresa di ascoltare Harry esprimersi in quel modo,
rivelando forse ciò a cui aspira e che non ha mai avuto il coraggio di
ammettere”
“Una vita da
etero? Una bella donna al fianco, la paternità? Semmai avviene il contrario,
Louis, non credi?”
“Paradossi
esistenziali, io li definisco così” – ed accennò un broncio, capace di fare
impazzire ogni senso di Lux.
Questi,
comunque, mantenne un’integrità notevole.
“Sai cosa
potrebbe invece dirti Haz? Che hai colto la palla al balzo per mandarlo al
diavolo e preferirgli il sottoscritto: idem su di me, se io appoggiassi la tua
presa di posizione, approfittandomi della situazione come il peggiore degli
avvoltoi!”
“Tu la
vedresti così, se fossi lui?” – bissò secco.
Lux annuì
deciso – “Al cento per cento Lou”
Il giovane
sorrise – “Amo la tua schiettezza … Amo tante cose di te e sono sicuro che non
potrai contraddirmi almeno su una, la più speciale”
“E … quale
sarebbe mon petit enfant …?” – chiese assorto.
“Tu mi ami
come io ho sempre desiderato, Vincent. Sai tutto del mio passato eppure non c’è
un’ombra, una sfumatura amara, nel tuo donarti a me … Ed io vorrei ricambiare
questo miracolo, che forse non merito neppure, sai?” – e il suo respiro si
spezzò.
Lux lo
strinse, strizzando le palpebre, il cuore imploso in milioni di schegge, che
gli arrivarono dal petto agli occhi, colmi di lacrime, anche per lui, adesso.
“Telefona ad
Harry … Incontriamolo in un luogo appartato, magari il loft di Geffen, è
attiguo al suo studio … Se vuoi lo avviso io, ma non puoi rimanere qui, senza
fare ciò che va fatto, Louis …”
“D’accordo,
come vuoi … Anche se non so cosa Haz potrà inventarsi per salvare la nostra
storia questa volta: non sono disposto a perdonarlo e non tornerò indietro così
facilmente” – affermò risoluto.
Lux tremò,
pensando che da quel giorno Louis poteva entrare a giusta ragione nel suo
quotidiano, come ambiva, ma altresì non osava neppure chiedere alla buona sorte,
giratasi a suo favore, meravigliosamente inaspettata ed improvvisa.
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